A caccia di mostri: nascita delle galassie più massicce dell’Universo.

La settimana scorsa, giovedì 21 agosto 2014, il Prof. Danilo Marchesini della Tuft University di Boston (potete vedere la cartina qui in basso) è stato ospite presso l’Università di Siena per una conferenza come dal titolo.  Non perdo tempo e vi lascio subito a questa visione.
Ringrazio l’Università di Siena e la persona di Alessandro Marchini per aver reso pubblico  il video dell’incontro.

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Congiunzione Venere – Giove del 18 agosto 2014

Muovi il puntatore sulla figura per vedere le etichette.
Credit: Il Poliedrico

Finalmente la Congiunzione forse più attesa di quest’anno sono riuscito a vederla. Ammetto che è stata una levataccia, alle 04:45, ma ne è valsa la pena!
Purtroppo ho il telescopio guasto, probabilmente è solo un problema di alimentazione che risolverò nei prossimi giorni. La foto qui sopra infatti è stata scattata senza inseguimento, manovrando il tubo alla vecchia maniera come facevano gli astronomi del passato. Quindi anche se seccante, non è stata un’esperienza poi tanto male.
Qui sotto ci sono altre foto di stamani, divertitevi!

IMG_7327b Venus and Jupiter Jupiter and Venus

Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, la massa (metodo radiale)

 

metodo dopplerI metodi per l’individuazione degli esopianeti sono sostanzialmente due: il metodo dei transiti, cioè quello analizzato fin qui nelle scorse puntate e usato dal celebre telescopio spaziale Kepler, e il metodo delle velocità radiali, che consiste nell’individuare lievi spostamenti doppler periodici nelle linee spettrali di una stella provocati dalla presenza di uno o più pianeti in orbita.
I vantaggi di questo metodo sono che attraverso il metodo delle velocità radiali è possibile avere una stima molto più precisa delle velocità orbitali, tant’è che è – per ora – l’unico metodo abbastanza affidabile che consente di ottenere una stima della massa di un esopianeta.
Come il precedente, anche questo approccio per trovare la massa di un pianeta extrasolare è legato alla legge fisica chiamata la conservazione della quantità di moto 1. La legge di conservazione del momento dice che in ogni sistema chiuso (cioè, un sistema in cui le forze esterne sono trascurabili), la quantità di moto totale di tutti gli oggetti del sistema non può cambiare. Pertanto, quando gli oggetti all’interno di un sistema chiuso interagiscono uno con l’altro, la quantità di moto di un singolo oggetto può anche cambiare, ma la quantità di moto totale di tutti gli oggetti all’interno del sistema deve rimanere costante.
Per questo si può scrivere legittimamente la relazione \(p_{\bigstar} = p_{p}\) 2,ovvero:
\begin{equation}
m_{\bigstar}v_{\bigstar}=m_{p}v_{p}
\end{equation}
Da qui ne consegue che si può scrivere anche:
\begin{equation}
m_{p}= \frac{m_{\bigstar}v_{\bigstar}}{v_{p}}
\end{equation}

La massa della stella si ottiene come al solito dalla relazione temperatura/luminosità ricavabile dal diagramma di Hertzsprung-Russell che consente di risalire alla massa della stella 3.
Purtroppo l’equazione qui sopra chiede la velocità orbitale del pianeta mentre attraverso la periodicità dello spostamento spettrale (V. figura in alto) restituisce il periodo orbitale del pianeta \(P_{p}\) attorno al centro di massa del sistema. Ma semplificando la Terza legge di Keplero per la Legge di Gravitazione di Newton si può scrivere che:
\begin{equation}
P_{p}^2=\frac{a_{p}^3}{M_{\bigstar}}
\end{equation}
dove appunto \(a_{p}\) è il semiasse maggiore dell’orbita del pianeta. Assumendo come nel caso scorso che sia un’orbita perfettamente circolare, si può dire anche che \(a_{p}\) è uguale al raggio dell’orbita, pertanto la circonferenza orbitale è pari a \(a_{p}\cdot 2\pi\), mentre la velocità orbitale non è altro che questa distanza diviso per il suo periodo \(P_{p}\):
\begin{equation}
v_{p}=\frac{2\pi a_{p}}{P_{p}}
\end{equation}
ecco la nostra velocità orbitale del pianeta e di conseguenza la sua massa!

equazione


Note:

 

Nubi mesoseriche polari e riscaldamento globale

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Nubi nottilucenti in streaming attraverso il cielo a Utrecht, Paesi Bassi il 16 giugno 2009 Credit: Robert Wielinga

Non è la prima volta che mi occupo delle nubi mesosferiche polari, più comunemente note come nubi nottilucenti [cite]http://ilpoliedrico.com/2011/11/le-nubi-nottilucenti-e-il-buco-nellozono-artico.html[/cite].
Il loro spettrale aspetto è dovuto alla particolare struttura delle particelle di ghiaccio d’acqua che le costituiscono: particelle che vanno dai 20 ai 70 miliardesimi di metro (nanometri), un decimo delle lunghezze d’onda visibili, che si formano quando la temperatura scende a -130° Celsius. A quella scala dimensionale lo scattering della luce solare diffonde infatti soltanto la luce blu, ed è quello appunto il colore con cui le vediamo.

Le prime osservazioni sicure di queste nubi particolari sono successive alla terribile eruzione del vulcano Krakatoa del 1883, tant’è che all’inizio si pensò che queste nubi mesosferiche fossero una conseguenza diretta della notevole esplosione e in genere delle molteplici attività vulcaniche del pianeta.
Oggi non è più così, o almeno non  lo è in parte. Lo spazio intorno alla Terra non è veramente vuoto. E in realtà polveroso, risultato della sublimazione delle comete nei pressi del Sole e dei detriti asteroidali non più grandi della di un chicco di riso . I risultati di questi fiumi di polvere li vediamo in queste ore d’estate guardando il cielo: lo sciame delle Perseidi  è uno di questi.

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 “Strane nuvole luminose non aurorali a NW” Estratto di un rapporto meteorologico dell’astronomo Romney Robinson’s riguardante  l’osservazione un fenomeno simile alle nubi mesosferiche polari del 1 e 4  maggio 1850.

Quando uno di questi granelli di polvere cade sotto l’influenza gravitazionale della Terra e raggiunge la quota tra i 90 e gli 80 chilometri si incendia e si disintegra in pulviscolo ancora più piccolo. Noi quaggiù vediamo la scia di ionizzazione dell’aria del granello che sublima e lo chiamiamo stella cadente.

Questo pulviscolo impiega poi mesi, ed addirittura anni, per depositarsi finalmente al suolo; si calcola che ogni giorno cadano sulla Terra così dalle 5 alle 300 tonnellate di materiale cosmico ogni giorno!
Ed è proprio questo pulviscolo che rimane in sospensione tra gli 80 e i 90 chilometra di quota (la mesosfera) a fungere da seme per i cristalli di ghiaccio d’acqua a quelle quote.

Appurata l’origine dei semi e la composizione delle nubi, resta da capire come il vapore acqueo arrivi fino a quote mesosferiche, un luogo dell’atmosfera estremamente freddo e asciutto è ancora un mistero, o quasi. Quello che è ormai appare quasi sicuro è che all’aumentare della temperatura troposferica corrisponde un aumento della concentrazione del vapore acqueo nella mesosfera. Una conferma indiretta arriva dalla frequenza delle osservazioni: Agli inizi del XX secolo per osservare questo straordinario fenomeno  accorreva recarsi nei pressi dei circoli polari, oggi stanno diventando abbastanza comuni anche a latitudini molto più basse, le nubi mesosferiche sono state osservate da paesi come la Germania, il Colorado e perfino dall’Italia! Anche il periodo di osservazione di questo peculiare tipo di nubi si è esteso dai primi giorni di maggio delle prime osservazioni fino al giugno e luglio di oggi.

graficoIl meccanismo che porta il vapore acqueo nella mesosfera è in gran parte sconosciuto, ma il principale indiziato è il metano [cite]10.1007/978-94-015-9343-4_1[/cite].
Il metano sulla Terra è praticamente tutto di origine biologica, di cui la maggior parte sono legate alle attività umane. Dai carotaggi artici è dimostrato che la concentrazione di metano atmosferico negli ultimi 450 mila anni si è mantenuto pressoché costante tra i 450 e i 700 ppbv (Parts Per Billion by Volume – parti per miliardo in volume) raggiunti prima dell’Era Industriale [cite]http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23038470[/cite] fino agli oltre 1700 ppbv di oggi.
Attualmente vengono dispersi circa 66 teragrammi (66 milioni di tonnellate) di metano all’anno nell’atmosfera contribuendo così in modo significativo al riscaldamento globale. E più la tropospera (la parte dell’atmosfera in cui viviamo) si riscalda, che questa diventa umida per effetto dell’evaporazione degli oceani e si espande, portando il vapore acqueo nella troposfera e da qui anche nella mesosfera, accompagnata dal metano.
In quell’area il vapore acqueo viene scisso in ossidrile ($\cdot OH$) che attacca e distrugge lo scudo d’ozono che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette. Contemporaneamente l’ossigeno biatomico reso disponibile dalla distruzione dell’ozono si combina col metano restituendo ancora acqua e anidride carbonica: ${CH_4}_{(g)}+{2O_2}_{(g)} \rightarrow {CO_2}_{(g)}+{H_2O}_{(g)}$. Per il dettaglio delle trasformazioni chimiche rimando ai documenti citati in fondo alla pagina.

Come ho illustrato anche nel mio precedente articolo sullo stesso argomento, tutto questo è preoccupante. Fatevi un giro su Accuweather.com e guardatevi le temperature estive della Siberia. Le temperature insolitamente alte fino  a qualche decennio fa stanno diventando ormai la norma. Il permafrost siberiano che contiene miliardi di tonnellate di metano intrappolato nel ghiaccio si sta sempre più rapidamente sciogliendo da un anno all’altro [cite]http://www.greenreport.it/news/clima/siberia-scoperto-gigantesco-buco-nel-permafrost-non-finire-gallery/[/cite].
Le nubi mesosferiche polari potrebbero essere l’ennesimo campanello d’allarme che la natura ci mostra per avvertirci che ormai quaggiù ci sono sempre più cose che non vanno affatto bene riguardo la sostenibilità del pianeta. La vita sulla Terra certamente non scomparirà e tra qualche migliaio di anni la natura avrà trovato qualche altro equilibrio ecologico adatto ad essa. Peccato che probabilmente non ci sarà posto per il folle, predatore genere umano.


 

I catastrofismi di mezza estate

Sono diversi giorni che va in scena la favola del super brillamento solare, o evento Carrington , prossimo venturo.; tant’è che anche blasonate riviste scientifiche hanno abboccato, pur riconoscendo loro una correttezza nell’esporre i fatti che altre testate hanno tralasciato.
Un evento Carrington ha la probabilità di realizzarsi in media ogni 150 anni e la probabilità statistica che possa verificarsi di nuovo entro 10 anni è circa del 12%. L’ultima volta fu nel 1859 [cite]http://ilpoliedrico.com/2011/03/brillamenti-solari-e-tempeste-geomagnetiche.html[/cite]; da qui il teorema che tanto assilla in questi giorni d’estate.
Restando in tema catastrofico, ci si aspetta che il Vesuvio faccia un’eruzione di tipo pliniano da non so più quanti anni. Eppure continuano a costruire case fin quasi al cratere principale e, ci sono stato, scappare da lì è praticamente impossibile, ci sono pochissime strade che portano all’autostrada principale dopo un viaggio che normalmente richiede 40 minuti. Se dovesse accadere una eruzione pliniana al Vesuvio, i morti sarebbero milioni nel giro di molto meno tempo, mentre un evento Carrington potrà mettere in ginocchio forse un continente per un po’ ma non tutto il pianeta ….