Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, le altre proprietà

 Finisce qui il lungo capitolo “Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta“. Mi sono divertito un sacco a scriverlo come spero voi vi siate divertiti a leggerlo. È stato un argomento abbastanza impegnativo da trattare, dimostrare come un tenue affievolimento delle luce di una stella può sussurrare molte cose all’orecchio, o meglio all’occhio, di chi sa ascoltare e leggere il grande libro del cosmo. I metodi, le formule e i calcoli  da me illustrati non sono e non pretendono di essere esaustivi e precisi, ma vogliono essere semplicemente di stimolo alla curiosità del lettore. In fondo questo è lo scopo di questo Blog.

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exoplanetaUna volta scoperte le principali proprietà fisiche di un esopianeta, ossia raggio del pianeta, orbita, massa e temperatura di equilibrio, è possibile, in linea teorica risalire alle altre, come densità (questa è facile) struttura interna e in linea di massima pure la struttura dell’atmosfera, ovvero quali gas possono comporla dal punto di vista teorico.
Ovviamente non sarà mai possibile ottenere un quadro attendibile per questi ultimi due punti partendo dalla semplice osservazione dei transiti orbitali e basta, ma perlomeno così si ha un’indicazione su come proseguire nella ricerca.

Nel primo articolo [cite]http://ilpoliedrico.com/2014/07/come-ti-calcolo-le-proprieta-di-un-esopianeta-prima-parte.html[/cite] fu dimostrato come attorno ad una stella K7 orbitasse un pianeta grande quasi il doppio di Nettuno (42 000 km) a soli 44,6 milioni di chilometri dalla stella. e una temperatura di equilibrio di 263 °K.
La massa, finora indeterminata per via del metodo di rilevamento, viene infine stimata intorno alle 9,5 x 1026 kg,circa 159 volte la Terra.

La densità

Il calcolo della densità non è poi così difficile. Basta dividere la massa per il volume, ovvero:
δp=mp4πrp33


9,5×1026kg3,1×1023m3=3,06×103kg/m3

La velocità di fuga e la gravità superficiale

Anche se è nota al grande pubblico soprattutto per la sua importanza nella balistica e nella missilistica, in realtà essa domina la struttura e la composizione delle atmosfere planetarie assieme al parametro della temperatura di equilibrio [cite]http://ilpoliedrico.com/2013/05/lo-spessore-delle-atmosfere-planetarie.html[/cite]. La velocità di fuga si ha quando l’energia cinetica del corpo e il modulo della sua energia potenziale gravitazionale si equivalgono, e questo vale per un missile, un sasso, un atomo e un fotone, nel caso di un buco nero. Per un qualsiasi corpo, pianeta o stella che sia non è difficile da stabilire, basta conoscere la sua massa e il raggio.

vf=2GMR


29,5×1026kg(6,671011m3kgs2)4,2×107m=54,930km/s
Lo stesso discorso vale anche per la gravità superficiale:
gs=GMR2

(6,671011m3kgs2)9,5×1026kg(4,2×107m)2=35,921m/s2

Così si scopre che questo ipotetico esopianeta ha una densità simile alla Luna ma con una velocità di fuga che  è di poco inferiore a quella di Giove mentre la gravità alla superficie è una volta e mezza quella del ben noto gigante gassoso. Probabilmente è un grande mondo di silicati e un nucleo ferroso avvolto da una densa atmosfera. Quasi altrettanto certamente non è un buon posto per cercarvi forme di vita di tipo terrestre.

Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, la massa (metodo radiale)

 

metodo dopplerI metodi per l’individuazione degli esopianeti sono sostanzialmente due: il metodo dei transiti, cioè quello analizzato fin qui nelle scorse puntate e usato dal celebre telescopio spaziale Kepler, e il metodo delle velocità radiali, che consiste nell’individuare lievi spostamenti doppler periodici nelle linee spettrali di una stella provocati dalla presenza di uno o più pianeti in orbita.
I vantaggi di questo metodo sono che attraverso il metodo delle velocità radiali è possibile avere una stima molto più precisa delle velocità orbitali, tant’è che è – per ora – l’unico metodo abbastanza affidabile che consente di ottenere una stima della massa di un esopianeta.
Come il precedente, anche questo approccio per trovare la massa di un pianeta extrasolare è legato alla legge fisica chiamata la conservazione della quantità di moto 1. La legge di conservazione del momento dice che in ogni sistema chiuso (cioè, un sistema in cui le forze esterne sono trascurabili), la quantità di moto totale di tutti gli oggetti del sistema non può cambiare. Pertanto, quando gli oggetti all’interno di un sistema chiuso interagiscono uno con l’altro, la quantità di moto di un singolo oggetto può anche cambiare, ma la quantità di moto totale di tutti gli oggetti all’interno del sistema deve rimanere costante.
Per questo si può scrivere legittimamente la relazione p=pp 2,ovvero:
mv=mpvp
Da qui ne consegue che si può scrivere anche:
mp=mvvp

La massa della stella si ottiene come al solito dalla relazione temperatura/luminosità ricavabile dal diagramma di Hertzsprung-Russell che consente di risalire alla massa della stella 3.
Purtroppo l’equazione qui sopra chiede la velocità orbitale del pianeta mentre attraverso la periodicità dello spostamento spettrale (V. figura in alto) restituisce il periodo orbitale del pianeta Pp attorno al centro di massa del sistema. Ma semplificando la Terza legge di Keplero per la Legge di Gravitazione di Newton si può scrivere che:
P2p=a3pM
dove appunto ap è il semiasse maggiore dell’orbita del pianeta. Assumendo come nel caso scorso che sia un’orbita perfettamente circolare, si può dire anche che ap è uguale al raggio dell’orbita, pertanto la circonferenza orbitale è pari a ap2π, mentre la velocità orbitale non è altro che questa distanza diviso per il suo periodo Pp:
vp=2πapPp
ecco la nostra velocità orbitale del pianeta e di conseguenza la sua massa!

equazione


Note:

 

Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, la massa

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Nella prima parte ho dimostrato come si possono ottenere con dei semplici calcoli alcune proprietà di un ipotetico pianeta in orbita ad una stella remota. La parte più difficile è però calcolare la massa dell’esopianeta, una sfida difficile ma ricca di soddisfazioni.

Credit: Il Poliedrico.

Credit: Il Poliedrico.

La Seconda Legge del Moto di Newton e la Legge di Gravitazione Universale mostrano che esiste un elegante rapporto tra il semiasse maggiore dell’orbita e il periodo di rivoluzione di un qualsiasi pianeta.
Di conseguenza, conoscendo esattamente il periodo orbitale e la distanza che divide un pianeta dal suo centro di massa con la stella a cui appartiene è possibile estrapolarne la massa:
P2a3=4π2G(M+Mp)

Pertanto osservando le leggi universali del moto e della gravitazione di Newton potrebbe sembrare che sia abbastanza semplice estrapolare la massa di un esopianeta 1; quello che occorre è la conoscenza più accurata possibile degli elementi orbitali dell’esopianeta.
La distanza prospettica tra la proiezione della corda di transito e la corda del massimo transito è descritta matematicamente come $b=a \hspace{2} cos(i)$, dove $a$ è il raggio dell’orbita del pianeta, assumendo per assurdo che l’orbita dell’esopianeta osservato sia perfettamente circolare ($\varepsilon =0$ e velocità orbitale costante). Osservando la figura qui sotto si nota che il cateto $l$ opposto all’ipotenusa $R_{\bigstar}+R_{p}$ e pari alla metà del percorso del pianeta davanti alla sua stella, lo si può scrivere come :
\begin{equation} l=\sqrt{\left( R_{\bigstar} + R_{p}\right)^2 – b^2} \end{equation}.

Pertanto il percorso osservato del’esopianeta (A -> B) sul disco stellare è pari a 2$l$.
Osservando la figura all’inizio è evidente che l’esopianeta mentre transita davanti alla stella muovendosi tra A a  B  compie un angolo (espresso in radianti) $\alpha$ dove il centro è il centro di massa del sistema 2.
Così si ha per il triangolo $\overline{AB}$ e il centro di massa, la durata visibile del transito:
\begin{equation} sin \left( \frac{\alpha}{2}\right)=\frac{l}{a} \end{equation}\rightarrow\begin{equation} D_{transito}= P\frac{\alpha}{2\pi}=\frac{P}{\pi}sin^{-1} \left(\frac{l}{a}\right)=\frac{P}{\pi}sin^{-1} \left(\frac{\sqrt{\left( R_{\bigstar} + R_{p}\right)^2 – b^2 }}{a}\right) \end{equation}

Per procedere oltre, occorre stimare la durata massima del transito, come se si osservasse il piano orbitale  proprio di taglio, quando il pianeta cioè attraversa la stella sul suo equatore. Infatti la durata del transito osservato è generalmente minore rispetto a quella massima possibile che si avrebbe solo quando il piano planetario è parallelo all’osservatore, data la casualità dei piani planetari delle altre stelle rispetto all’osservatore.

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Come è possibile osservare nella figura qui sopra la proiezione del pianeta sul disco stellare è falsata dall’angolo $i$, inteso come l’angolo compreso tra la linea di vista e il piano orbitale effettivo dell’esopianeta ($i$=90° se il piano orbitale è sulla stessa linea di vista). Conoscere l’ampiezza dell’angolo $i$ restituisce l’idea di come è pertanto posizionato nello spazio il sistema planetario extrasolare rispetto all’osservatore. Quindi in realtà la durata del transito osservata sarà pari a $D_{transito}= D_{max} \cdot sin(i)$. Ma non solo, come è possibile osservare nella simulazione qui a fianco,  lo sviluppo del transito su una corda diversa dalla corda massima (il diametro) influenza anche la curva di transito osservata, accorciando il periodo del picco minimo osservabile e stirando i periodi parziali [cite]http://arxiv.org/abs/astro-ph/0210099[/cite].
Adesso la durata massima del transito si può descrivere matematicamente come:
\begin{equation} \frac{P\frac{\alpha}{2\pi}}{sin \left (i \right)} \end{equation}

perché la lunghezza della corda di transito è falsata (e quindi minore) rispetto alla corda massima disponibile dal $sin(i)$.
Quindi applicando la legge dell’anno siderale di Gauss  si scopre che:
\begin{equation} \frac{2\pi}{k}=D_{max}\frac{2\pi}{\alpha} \end{equation}\rightarrow
\begin{equation} \alpha / D_{max}=k \end{equation}

Il periodo orbitale rilevato dalla frequenza dei transiti restituisce la durata dell’anno siderale reale, ovvero quello che è prodotto con il contributo delle due masse, quella stellare e quella planetaria. Viceversa l’anno gaussiano del pianeta tiene conto solo della massa della stella. La differenza tra i due diversi periodi restituisce il contributo dovuto alla sola massa del pianeta.

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Il Telescopio nazionale Galileo – Credit: Sabrina Masiero[/fancybox]

La tecnologia osservativa attuale basata sui transiti non è ancora così precisa da consentire di rilevare differenze così piccole 3. Diversa storia invece per l’analisi spettrografica che consente con molta maggiore accuratezza di risolvere le velocità relative del sistema esoplanetario; per ora rimane infatti il solo modo per stabilire con sufficiente approssimazione la massa di un pianeta extrasolare.
Per questo strumenti spettroscopici di grandissima risoluzione sono ospitati nei maggiori complessi astronomici del mondo. Due di questi, gli HARPS sono ospitati in strutture europee: l’HARPS è ospitato presso l’Osservatorio di La Silla, in Cile sul telescopio da 3,6 metri dell’ESO fin dal 2002. L’altro, l’HARPS-N, è stato montato nel 2012 sul Telescopio Nazionale Galileo, all’Osservatorio del Roque de Los Muchachos nell’isola di La Palma, alle Canarie.
Il metodo delle velocità radiali rilevate spettroscopicamente  è molto simile a quello che qui è descritto, solo che è molto più efficace grazie a questa nuova classe di spettroscopi ultra precisi a cui gli HARPS appartengono. Se adesso è possibile fare una stima della massa ad un esopianeta lo si deve ad essi.


Note:

Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta (prima parte)

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La scoperta di un enorme numero dei pianeti extrasolari in questi ultimi vent’anni ha sicuramente rivoluzionato l’idea di Cosmo. A giugno di quest’anno erano oltre 1100 i pianeti extrasolari scoperti e accertati nel catalogo di exoplanet.eu, facendo stimare, con le opportune cautele dovute a ogni dato statistico, a circa 60 miliardi di pianeti potenzialmente compatibili con la vita. Questo impressionante numero però non deve far credere immediatamente che 60 miliardi di mondi siano abitabili; Venere, che dimensionalmente è molto simile alla Terra, è totalmente incompatibile con la vita terrestre che, probabilmente, si troverebbe più a suo agio su Marte nonostante questo sia totalmente ricoperto da perossidi, continuamente esposto agli ultravioletti del Sole e molto più piccolo del nostro globo.

In concreto come si fa a calcolare i parametri fisici di un pianeta extrasolare? Prendiamo l’esempio più facile, quello dei transiti. Questo è il metodo usato dal satellite della NASA Kepler, che però soffre dell’handicap geometrico del piano planetario che deve giacere sulla stessa linea di vista della stella,o quasi. Ipotizziamo di stare osservando una debole stellina di 11a magnitudine, che però lo spettro indica come una K7:

 [table id=57 /]

diagramma di luce

La distanza

La tabella di Morgan-Keenan suggerisce per questo tipo di stella una massa di 0,6 masse solari,  una temperatura superficiale di appena 4000 K. e un raggio pari a 0,72 volte quello del Sole. Analizzando invece questo ipotetico diagramma del flusso di luce 1 proveniente dalla stella, appare evidente  la periodicità dell’affievolimento (qui esagerato) della sua luce.
Un periodo pari a 76,86 giorni terrestri, un classico evento tipico anche di una semplice binaria ad eclisse per esempio, solo molto più veloce. Un semplice calcolo consente di trasformare il periodo espresso qui in giorni in anni (o frazioni di esso). Pertanto il suo periodo rispetto agli anni terrestri è $76,86/365,25= 0,2104$. A questo punto è sufficiente applicare la terza Legge di Keplero per ottenere la distanza del pianeta dalla sua stella espresso in unità astronomiche:

\begin{equation} D_{UA}^3=P_y^2\cdot M_{\bigstar}= \sqrt[3]{0,2104^2 \cdot 0,.6}= 0,2983 \end{equation} Quindi l’esopianeta scoperto ha un periodo orbitale di soli 76,86 giorni e orbita a una distanza media di sole 0,2368 unità astronomiche dalla stella, ossia a poco più di 44.6 milioni di chilometri dalla stella. Una volta scoperto quanto dista il pianeta dalla stella è facile anche calcolare la temperatura di equilibrio del pianeta, per vedere se esso può – in linea di massima – essere in grado di sostenere l’acqua allo stato liquido.

La temperatura di equilibrio

\begin{equation}\frac{\pi R_p^2}{4\pi d^2} = \left ( \frac{R_p}{2d}\right )^2\end{equation} L’energia intercettata da un pianeta di raggio $R_p$ in orbita alla sua stella  a una distanza $d$

Per comodità di calcolo possiamo considerare una stella come un perfetto corpo nero ideale. La sua luminosità è perciò dettata dall’equazione: $L_{\bigstar}=4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4$, dove $\sigma$ è la  costante di Stefan-Boltzmann che vale  $5,67 \cdot{10^{-8}} W/m^2 K^4$). Qualsiasi pianeta di raggio $R_p$ che orbiti a distanza $d$ dalla stella cattura soltanto  l’energia intercettata pari alla sua sezione trasversale $\pi R_p^2$ per unità di tempo e  divisa per l’area della sfera alla distanza $d$ dalla sorgente. Pertanto si può stabilire che l’energia intercettata per unità di tempo dal pianeta è descritta dall’equazione: \begin{equation} 4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4\times \left ( \frac{R_p}{2d}\right )^2 \end{equation}

Ovviamente questo potrebbe essere vero se il pianeta assorbisse tutta l’energia incidente, cosa che per fortuna così non è, e riflette nello spazio parte di questa energia. Questa frazione si chiama albedo ed è generalmente indicata con la lettera $A$. Quindi la precedente formula va corretta così: \begin{equation} \left ( 1-A \right ) \times 4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4\times \left ( \frac{R_p}{2d}\right )^2 \end{equation}

Il pianeta (se questo fosse privo idealmente di una qualsiasi atmosfera) si trova così in uno stato di sostanziale equilibrio termico tra l’energia ricevuta, quella riflessa dall’albedo e la sua temperatura. L’energia espressa dal pianeta si può descrivere matematicamente così: $L_{p}= 4\pi R_{p}^2\sigma T_{p}^4$ e, anche qui per comodità  di calcolo, si può considerare questa emissione come quella di un qualsiasi corpo nero alla temperatura $T_p$. Pertanto la temperatura di equilibrio è: \begin{equation}

4\pi R_{p}^2\sigma T_{p}^4 =\left ( 1-A \right ) \times 4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4\times \left ( \frac{R_p}{2d}\right )^2 \end{equation}

Ora, semplificando quest’equazione si ottiene: \begin{equation} T_{p}^4= (1-A)T_{\bigstar}^4 \left ( \frac{R_{\bigstar}}{2d}\right )^2 \rightarrow T_{p}=T_{\bigstar}(1-A)^{1/4}\sqrt { \frac{R_{\bigstar}}{2d}} \end{equation}

Con i dati ottenuti in precedenza è quindi possibile stabilire la temperatura di equilibrio dell’ipotetico esopianeta ipotizzando un albedo di o,4: \begin{equation}

T_{p}=4000 \enskip K \cdot 0,6 ^{1/4}\sqrt { \frac{500 000 \enskip km}{2\cdot 4,46\cdot 10^7\enskip km}} =263,47 \enskip K.

\end{equation}

Risultato: l’esopianeta pare in equilibrio termico a -9,68 °C, a cui va aggiunto alla superficie l’effetto serra causato dall’atmosfera. Ma in fondo, anche le dimensioni contano …

Il raggio

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Il calo della luminosità indica le dimensioni dell’oggetto in transito: $r^2/R^2$

Nel momento del transito, si registra un calo della luminosità della stella.  L’ampiezza di questo calo rispetto alla luminosità standard della stella fornisce una stima della misura del raggio del pianeta. Il calo non è immediato, ma segue un andamento proporzionale alla superficie del pianeta occultante, uguale sia in ingresso che in  uscita. In base a queste osservazioni si possono ricavare i flussi di energia luminosa (indicati appunto dalla lettera $F$) provenienti nei momenti del transito. $F_{\bigstar}$ è la quantità di energia luminosa osservata nella fase di non transito, normalmente normalizzato a 1, mentre l’altra $F_{transito}$ rappresenta il flusso intercettato nel momento di massimo transito:. la differenza tra i due flussi ( $\frac{\Delta F}{F}=\frac{F_{\bigstar}-F_{transito}}{F_{\bigstar}}$) è uguale alla differenza tra i raggi della stella e del pianeta.

\begin{equation} R_p=R_{\bigstar}\sqrt{\frac{\Delta F}{F}} \end{equation}

Il diagramma (ipotetico) a destra nell’immagine qui sopra mostra che il punto più basso della luminosità è il 99,3% della luminosità totale. Risolvendo questa equazione per questo dato si ha: \begin{equation} \frac{R_{p}}{R_{\bigstar}}=\sqrt{\frac{\Delta F}{F}} =\sqrt{\Delta F} = \sqrt{1-0,993}=\sqrt{0,007}=0,08366 \end{equation}

Conoscendo il raggio della stella, 500000 km, risulta che l’esopianeta ha un raggio di quasi 42 mila chilometri,  quasi il doppio di Nettuno!

Seconda Parte

 

 Errata corrige

Un banale errore di calcolo successiva all’equazione (1) ha parzialmente compromesso il risultato finale dell’equazione (7) e del risultato della ricerca. Il valore della distanza del pianeta dalla sua stella è di 44,6 milioni di chilometri invece dei 35,4 milioni indicati in precedenza. Ci scusiamo con i lettori per questo spiacevole inconveniente prontamente risolto.


Note: