Il primo sistema di anelli attorno ad un asteroide

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eso1410c

L’asteroide Chariklo in una rappresentazione artistica con due anelli. Crediti: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser/Nick Risinger. Fonte ESO: http://www.eso.org/public/italy/images/eso1410c/

La grande scoperta è arrivata dall’ESO: il remoto asteroide Chariklo è circondato da due densi e stretti anelli. Telescopi in ben sette luoghi differenti nel Sud Ameria, tra cui il telescopio danese di 1,54 metri e il telescopio TRAPPIST all’Osservatorio di La Silla dell’ESO in Cile sono stati utilizzati per fare questa sorprendente scoperta ai confini del nostro Sistema Solare interno, ossia oltre l’orbita di Nettuno.

Questo risultato suscita grande interesse e dibattito dato che Chariklo rappresenta il più piccolo oggetto, oltre che estremamente lontano, all’interno del nostro Sistema Solare ad avere un sistema di anelli. E’ il primo asteroide ad avere questa caratteristica a parte i quattro pianeti giganti gassosi: Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

La scoperta è avvenuta durante un transito sul disco della stella … (continua su)

Echi da un lontano passato, la storia

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Nel Modello Cosmologico Standard  l’universo ha avuto inizio  partendo da una singolarità di densità infinita e raggio tendente a zero. Però questa è soltanto una descrizione che deriva della versione classica della Relatività Generale. Ma non ha senso applicare la Relatività Generale a tempi inferiori al tempo di Planck 1 e a energie così alte 2 quindi ha senso chiedersi quali fossero le proprietà dell’universo solo subito dopo il tempo di Planck; quelle sono le condizioni iniziali che chiamiamo Big Bang.

big_bangL’annuncio, preceduto da diversi rumors nella giornata precedente,  è arrivato lunedì scorso, 17 marzo 2014, alle 16:00 GMT (alle 17:00 locali).
Finalmente, è stata rilevata l’impronta lasciata dalle onde gravitazionali sulla radiazione cosmica di fondo (CMB), la luce più antica del nostro Universo, impressa in tutto lo spazio quando l’Universo aveva appena 380 mila anni.
>A lungo era stata cercata questa testimonianza, finora senza risultato. Ma per poter comprendere meglio quello che è stato scoperto è meglio partire dal principio, o meglio da Edwin Hubble e Milton Humason quando nel 1929 dimostrarono che tutte le galassie si stanno allontanando l’una dall’altra indistintamente, come se lo spazio si stesse espandendo.

Come conseguenza all’espansione appena scoperta, una volta l’Universo deve essere stato più piccolo, fino ad un momento in cui tutto lo spazio e la materia erano racchiusi in un punto.
Questa era la teoria dell’atomo primigenio del gesuita Georges Edouard Lemaître,  basata sulle equazioni della relatività generale di Albert Einstein e sul lavoro di Alexander Friedmann formulata un paio di anni prima della scoperta di Hubble e Humason.
Paradossalmente a dare il nome a questa teoria poi divenuta famosa, fu uno dei più acerrimi oppositori: l’astronomo britannico Fred Hoyle, strenuo sostenitore del modello dell’‘universo stazionario, che nel ’49 chiamò l’idea di Lemaître Big Bang.

Wilson e Pensias con la loro antenna scoprirono la Radiazione Cosmica di Fondo. Per questo vinsero il Premio Nobel nel 1978.

Wilson e Penzias con la loro antenna scoprirono la Radiazione Cosmica di Fondo.
Per questo vinsero il Premio Nobel nel 1978.

Fu solo dopo il 1964 che il dibattito tra queste due teorie si risolse in favore del Big Bang. In quell’anno infatti due ingegneri che lavoravano presso i  Bell Telephone Laboratory stavano mettendo a punto un’antenna per le comunicazioni satellitari ma avevano un problema: ovunque puntassero il loro corno – era la forma dell’antenna – ricevevano un segnale di disturbo. Anche dopo che una coppia di piccioni che aveva nidificato nell’antenna fu sloggiata (qualche malizioso suggerì che ci fu un succulento arrosto a base di piccioni in quei giorni a  Holmdel Township, nel New Jersey), il disturbo rimase. Eliminati ogni difetto intrinseco nell’impianto e scartato ogni altra ipotesi di origine terrena, non rimaneva che seguire l’esempio di Karl Jansky, affidarsi all’origine extraterrestre. Solo che questo disturbo era isotropo nel cielo, non seguiva il moto siderale del pianeta. Era stata scoperta la prima luce dopo il Big Bang che permeava il cosmo, la Radiazione Cosmica di Fondo (CMB).
La più grande prova della teoria del Big Bang, la CMB, fu anche la sua maledizione: perché questa radiazione è così isotropa? C’è da aspettarsi comunque una certa disomogeneità nel cosmo in seguito a questo evento così drammatico, eppure invece no.
In ogni istante e per qualsiasi osservatore nell’Universo esiste un raggio di universo osservabile chiamato orizzonte cosmologico, che corrisponde alla distanza che la luce ha percorso dall’istante del Big Bang, in questo momento per il nostro Universo è 13,82 miliardi di anni luce (ad esempio, 10 secondi dopo alla nascita dell’Universo l’orizzonte cosmologico era di soli 3 milioni di chilometri). In pratica, l’orizzonte cosmologico cresce insieme all’età dell’Universo. Questo significa quindi che per un qualsiasi osservatore è impossibile vedere, influenzare, o essere influenzato,  oltre questo limite.

Mentre l'osservatorepuò osservare una buona parte degli orizzonti cosmologici A e B, da questi solo un piccola parte dell'altro e concesso di vedere. Credit: Il Poliedrico

Mentre l’osservatore centrale può osservare una buona parte di spazio degli orizzonti cosmologici A e B, da questi solo un piccola parte dell’altro è concesso di vedere.
Credit: Il Poliedrico

Spingendo all’estremo di questo concetto, si nota che due regioni lontane fra loro nell’universo, oltre il proprio orizzonte cosmologico, semplicemente non possono conoscere nulla delle condizioni fisiche dell’altra. Eppure l’Universo appare nel suo complesso omogeneo e isotropo, come mostra la CMB. Stesse leggi e condizioni fisiche governano regioni che non possono mai avere contatto tra loro.
Poi un altro problema affliggeva il Big Bang originale: Perché l’Universo appare piatto?
Si sapeva che l’Universo era in espansione. Questo significa ovviamente che la sua densità media cambia nel tempo. Se la densità media fosse stata anche di poco superiore di una certa densità detta critica 3, l’Universo sarebbe collassato rapidamente su sé stesso sotto il suo peso; se fosse stata appena al di sotto l’Universo si sarebbe rapidamente espanso raffreddandosi  troppo velocemente impedendo così alla materia di coagularsi in stelle.
Dopo quasi 14 miliardi di anni  invece l’Universo ci mostra strutture complesse che vanno dai superammassi di galassie agli atomi sintetizzati dalle stelle, eppure nel suo complesso è sostanzialmente omogeneo e con un rapporto $\Omega$ molto prossimo a 1.
Queste erano le domande irrisolte della teoria dell’Atomo Primordiale fino alla metà degli anni ’70, quando in Unione Sovietica David Kirzhnits e il suo allievo Andrei Linde studiando le condizioni fisiche che erano prossime al Big Bang si accorsero che le leggi fondamentali di campo – di gauge – della fisica quantistica rispondevano e potevano essere scritte allo stesso modo 4 l’interazione forte, l’interazione debole e l’elettromagnetismo -e probabilmente anche la gravità -sembravano essere un’unica forza ancestrale nata col Big Bang 5. Da allora teorie simili ne sono uscite diverse, per spiegare l’asimmetria tra materia e antimateria, la gravità quantistica, etc.
Però gli studi sovietici erano in gran parte sconosciuti in Occidente, fino a che nel 1980 Alan Guth le riscoprì e le inserì in un contesto più ampio. Ipotizzando un processo d’espansione molto rapido dell’Universo appena nato, così si risolvevano in modo elegante tutti i difetti del Big Bang fino ad allora esposti.

big bang Secondo la teoria inflazionistica di Alan Guth, appena prima dell’evento Big Bang, ma comunque in un istante successivo al Tempo di Plank ($t_p$), una regione adimensionale di falso vuoto 6 dominata da un campo scalare chiamato inflatone, decade verso uno stato di minima energia per effetto di fluttuazioni quantistiche.  Una delle peculiarità del falso vuoto è la sua densità di energia, grande e negativa. Per la Relatività Generale una densità di energia positiva crea un campo gravitazionale attrattivo. La densità di energia negativa del falso vuoto crea quindi un campo gravitazionale repulsivo, il motore del fenomeno inflattivo.
Appena $10^{-35}$ secondi dopo la transizione di fase del falso vuoto la forza gravitazionale repulsiva porta questa regione ad espandersi e a raddoppiare il suo volume ogni $10^{-34}$ secondi. Questo fenomeno iperrafredda e stira le disomogeneità indotte dalle fluttuazioni quantistiche nella fase precedente, mentre rompe la simmetria che tiene unite le forze di gauge  in condizioni estreme di densità e temperatura.  .$10^{-32}$ secondi la densità di energia diviene positiva e  la gravità assume il ruolo di forza solo attrattiva e cessa quindi l’era inflattiva del Big Bang. Quando termina l’inflazione il campo inflatone raggiunge il suo minimo potenziale e decade in radiazione che riscalda nuovamente l’Universo.
L’Universo neonato adesso ha un rapporto di densità $\Omega$ prossimo a 1 qualunque sia stato il suo valore precedente, la sua geometria ora è prettamente euclidea e può espandersi all’infinito.

Continua …


Note:

Segnali di Materia Oscura nei pressi del nucleo galattico

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Una coppia di neutralini si annichila e decade in una pioggia di normali particelle elementari. Credit: Il Poliedrico

Una coppia di neutralini si annichila e decade in una pioggia di normali particelle elementari.
Credit: Il Poliedrico

All’interno del Modello Cosmologico Standard,  la Teoria della Nucleosintesi Primordiale descrive esattamente la composizione [cite]http://www.einstein-online.info/spotlights/BBN[/cite] della materia presente nell’Universo e indica che  l’84,54% di questa è di natura non barionica, cioè non è composta da leptoni e quark ma da una forma di materia totalmente sconosciuta che non possiede alcuna carica elettromagnetica o di colore chiamata WIMP (Weakly  Interacting  Massive  Particle). Questa è una classe di nuove e ipotetiche particelle con una massa compresa tra poche decine e un migliaio di $GeV/c^2$ (un $GeV/c^2$ è circa la massa di un atomo di idrogeno). L’esistenza di queste particelle è stata proposta per risolvere il problema della materia oscura teorizzata dal Modello Cosmologico Standard. L’esistenza delle WIMP non è stata ancora provata con certezza, però alcune delle caratteristiche fondamentali che queste particelle dovrebbero possedere indicano in quale direzione cercare.
L’esistenza stessa delle strutture a piccola scala come le galassie e gli ammassi di galassie esclude che da una fase inizialmente isotropa come quella descritta dalla radiazione cosmica di fondo queste si siano potute evolvere; la presenza di massicce quantità di materia oscura calda ($v >95\%  c$) avrebbe finito invece per dissolverle. Per questo, non escludendone a priori l’esistenza 1, l’esistenza di una sola forma di materia oscura calda è dubbia. A questo punto non resta che ipotizzare una forma di materia oscura che si muove a velocità non relativistiche, fino all’1 per cento di quella della luce.
Il problema nasce con il Modello Standard che non prevede altre forme di materia se non quelle finora conosciute. Per ovviare a questo inconveniente e ad altri problemi irrisolti dal Modello Standard 2 sono state elaborate dozzine di teorie alternative dette Beyond the Standard Model (BSM, ovvero oltre il Modello Standard) che propongono soluzioni – almeno in parte – i problemi menzionati nella nota e a quello oggetto di questo articolo.

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Un po’ tutte le BSM introducono nuove particelle, una di queste è la Supersimmetria. La Supersimmetria introduce una nuova classe di particelle chiamate superpartner all’interno del classico Modello Standard. Nonostante che il tentativo di identificare questi nuovi partner supersimmetrici – sparticelle – sia per ora fallito, le BSM riescono agevolmente a risolvere i problemi che il Modello Standard non è mai riuscito a superare.
Secondo queste teorie, i fermioni, che costituiscono la materia, hanno come superpartner altrettanti bosoni che trasmettono le forze, mentre i bosoni conosciuti hanno i loro fermioni superpartner. Poiché le particelle e le loro superpartner sono di tipo opposto, il loro contributo energetico al campo di Higgs si annulla.

Dalla tabella qui accanto si nota come per ogni bosone di gauge si ha un superpartner detto gaugino, mentre per il gravitone esiste il gravitino. Il problema essenziale è nella massa di questi superpartner che, almeno in teoria, dovrebbe essere la stessa delle altre particelle normali corrispondenti. In realtà non pare così. Finora nessuno di questi partner supersimmmetrici è stato ancora mai rilevato, tant’è che è stato supposto che anche per le superparticelle sia accaduto un fenomeno di rottura di simmetria, portando di fatto ad avere dei partner supersimmetrici molto più massicci dei loro corrispondenti di quanto ci si aspettasse, oltre il migliaio di $GeV$.
I più promettenti candidati della materia oscura fredda  sono quindi i più leggeri superpartners indicati dalle BSM. Escludendo i superpartners degli elettroni e dei quark che anch’essi dispongono di carica elettrica e di colore, rimangono disponibili lo zino (il superpartner fermionico del bosone Z), il fotino e l’higgsino, tutti altrettanti fermioni 3. Queste sparticelle in sé non sono rilevabili, interagiscono solo con l’interazione debole e la gravità ma possono legarsi tra loro formando una particella esotica molto particolare: il neutralino. In quanto miscela quantistica di diverse altre sparticelle, ne possono esistere fino a 4 tipi diversi di neutralini, tutti fermioni di Majorana e senza alcun tipo di carica, il più leggero dei quali è in genere ritenuto stabile. Il fatto che i neutralini  siano fermioni di Majorana è molto importante, perché dà in qualche modo la chiave per rilevarli, se esistono. Essendo sia particelle che antiparticelle di loro stessi, esiste la possibilità che due diversi neutralini dello stesso tipo si scontrino e si annichilino di conseguenza. Il risultato è una pioggia di radiazione gamma e di altre particelle elementari come sottoprodotti, esattamente come avviene per le particelle conosciute quando si scontrano  con le loro rispettive antiparticelle [cite]http://arxiv.org/abs/0806.2214[/cite].

 Le mappe a raggi gamma prima (a sinistra) e le mappe a cui è stato sottratto il piano galattico (a destra), in unità di photons/cm2 / s / sr.I telai destra contengono chiaramente significativo eccesso centrale e spazialmente esteso, con un picco a ~ 1-3 GeV. I risultati sono mostrati in coordinate galattiche, e tutte le mappe sono state levigate da una gaussiana 0,25

Le mappe a raggi gamma prima (a sinistra) e le mappe a cui è stato sottratto il piano galattico (a destra), in unità di fotoni/cm2/s/sr.
Le immagini sulla destra mostrano un significativo eccesso centrale e spazialmente esteso, con un picco a ~ 1-3 GeV. I risultati sono mostrati in coordinate galattiche, e tutte le mappe sono state levigate da una gaussiana di 0,25°.

E dove cercare la materia oscura, questi neutralini che ne sono soltanto un aspetto di un panorama ben più ampio? Se la materia oscura è davvero sensibile alla gravità, perché non cercarla dove la gravità è più accentuata, ovvero nei pressi dei nuclei galattici e nelle stelle? Nei pressi dei buchi neri centrali i neutralini sarebbero costretti a muoversi piuttosto rapidamente sotto l’influenza gravitazionale, e quindi anche a collidere e annichilirsi con una certa facilità. Il risultato delle annichilazioni e del loro decadimento successivo dovrebbe essere così rilevabile.
Appunto questo è stato fatto, studiando i dati che in  5 anni di attività il Fermi Gamma-ray Space Telescope   ha prodotto. Un gruppo di scienziati coordinato da Dan Hooper ed altri, ha esaminando i dati forniti dal satellite riguardanti il centro della nostra galassia e creato una mappa ad alta risoluzione che si estende per 5000 anni luce dal centro della galassia nel regno dei raggi gamma [cite]http://arxiv.org/abs/1402.6703[/cite]  [cite]http://arxiv.org/abs/0910.2998[/cite].
Una volta eliminato il segnale spurio prodotto da altri fenomeni naturali conosciuti, come ad esempio le pulsar millisecondo nei pressi del centro galattico, il risultato (visibile nei riquadri di destra dell’immagine qui accanto) è interessante. Qui risalta un segnale attorno ai  31-40 $GeV$ che gli autori dello studio attribuiscono all’annichilazione di materia oscura e dei suoi sottoprocessi di decadimento per una densità di materia oscura nei pressi del centro galattico stimata attorno ai 0,3 $GeV/cm^3$.
Le dimensioni di questa bolla di materia oscura non sono note, i dati di questo studio dimostrano che fino a 5000 anni luce la distribuzione angolare della materia oscura è sferica e centrata sul centro dinamico della Via Lattea (entro ~ 0,05° da Sgr A*), senza mostrare alcun andamento preferenziale rispetto al piano galattico o la sua perpendicolare.
Questo dato non è poi lontano da quello estrapolato da Lisa Randall e Matthew Reece dell’Università di Harvard, che sostengono di aver calcolato le dimensioni e la densità di un disco di materia oscura che permea la Via Lattea [cite]http://arxiv.org/abs/1403.0576[/cite] attraverso lo studio delle periodiche estinzioni di massa avvenute sulla Terra e le tracce di impatto di meteoriti di grandi dimensioni sul nostro pianeta 4. Questo disco avrebbe un raggio di circa 10000 anni luce e una densità di una massa solare per anno luce cubico.
A questo punto potrà essere il satellite Gaia, che mappando il campo gravitazionale della Galassia, potrà accertare o meno l’esistenza di questo o di un altro disco che permea la Via Lattea.

Il lavoro del gruppo di Hooper, che per ora è solo un pre-print, è piuttosto incoraggiante nella sua tesi. Se venisse confermato, o nei dati o da altre osservazioni su altre galassie, potrebbe essere la conferma dell’esistenza della materia oscura non barionica fredda che da anni è stata ipotizzata e finora mai confermata. Intanto, altri lavori [cite]http://arxiv.org/abs/1402.2301[/cite] indicano una debole emissione nei raggi X in altre galassie proprio dove ci si aspetta di trovare le traccie dovute al decadimento del neutrino sterile, un’altra ipotetica particella non prevista dal Modello Standard.
La fine di questo modello? Non credo, semmai sarebbe più corretto parlare di un suo superamento da parte delle BSM. Così come la Meccanica Newtoniana si dimostra comunque valida fino a velocità non relativistiche, e nessuno penserebbe di sostituirla con la Relatività Generale per calcolare ad esempio l’orbita di una cometa, Il Modello Standard rimarrà valido fino a quando non sarà stata scritta una Teoria del Tutto elegante e altrettanto funzionante.


Note:

Un altro caso marziano: Yamato 000.593

Yamato 000593

Questa è una serie di immagini riprese al microscopio elettronico a scansione di una sezione sottile lucida di Yamato 000.593. Il iddingsite presente in questo meteorite è un minerale argilloso (vedi nota articolo). Qui sono evidenti anche dei microtuboli 
La barra di scala in basso a sinistra è di 2 micron.
Credit: NASA

Dopo il pluridecennale caso di ALH84001 1, adesso a tenere banco nella comunità scientifica è un altro meteorite marziano, conosciuto come Yamato 000.593. Il meteorite, che pesa 13,7 chilogrammi, è una acondrite trovata durante la spedizione giapponese Antarctic Research Expedition del 2000 presso il ghiacciaio antartico Yamato. Le analisi mostrano che la roccia si è formata circa 1,3 miliardi di anni fa da un flusso di lava su Marte. Circa 12 milioni di anni fa un violento impatto meteorico ha scagliato dei detriti dalla superficie di Marte fin nello spazio e, dopo un viaggio  quasi altrettanto lungo, uno di questi è caduto in Antartide circa 50.000 anni fa. Adesso, gli stessi autori che nel 1996 annunciarono la scoperta di tracce di batteri alieni all’interno di ALH840001 [cite]http://www.sciencemag.org/content/273/5277/924[/cite], si sono concentrati sullo studio del meteorite Yamato [cite]http://online.liebertpub.com/doi/abs/10.1089/ast.2011.0733[/cite] scoprendo così la presenza di un tipo di argilla chiamata iddingsite 2 che si forma in presenza di acqua liquida [cite]http://www.researchgate.net/publication/234234597_Yamato_nahklites_Petrography_and_mineralogy[/cite].

caratteristiche incorporate in uno strato di iddingsite.  Sedi di EDS spettri delle sferule  e lo sfondo è dato dal rosso e  cerchi blu, rispettivamente. (B) EDS spettri  di sferule (rossi) e lo sfondo (blu).  Le sferule sono arricchiti * 2 volte in  carbonio rispetto allo sfondo. (C)  Vista SEM delle caratteristiche spherulitic incassato  sia in un superiore (arancione falsi colori)  e strato inferiore di iddingsite. Credit: NASA

(A) Le nanostrutture ricche di carbonio incorporate in uno strato di iddingsite.
(B) Gli spettri delle sferule e lo sfondo sono evidenziati dai cerchi rosso e blu Le sferule mostrano il doppio di carbonio rispetto allo sfondo.
(C) Le sferule appaiono incassate tra due diversi strati di iddingsite: qui il superiore (in falsi colori) e uno inferiore.
Credit: NASA

Dai margini di queste vene di iddingsite partono delle strutture filamentose che contengono aree ricche di carbonio non dissimili al cherogene 3. La presenza di materiale organico complesso come il cherogene in una meteorite marziana non deve trarre in inganno: la sua presenza è stata registrata anche all’interno di molte altre meteoriti: le condriti carbonacee di solito ne sono abbastanza ricche [cite]https://www.jstage.jst.go.jp/article/jmps/100/6/100_6_260/_article[/cite]. Occorre anche ricordare che l’origine dei cherogeni non è necessariamente di origine biologica, visto che è presente anche nelle polveri interstellari [cite]http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2001/41/aah2968/aah2968.html[/cite].

Un’altra caratteristica del meteorite Yamato sono le sferule particolarmente ricche di carbonio, circa il doppio rispetto all’area circostante, situate tra due diversi strati di minerale argilloso che le separa dai carbonati e i silicati circostanti. Solo un altro meteorite marziano , il Nakhla 4 presenta strutture simili 5.

La presenza di acqua liquida su Marte in un intervallo di tempo compreso tra 1,3 miliardi e 650 milioni di anni fa è stata confermata anche da altre meteoriti [cite]http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1945-5100.2000.tb01978.x/abstract[/cite] e da diversi studi effettuati con sonde automatiche, ma essa da sola non è sufficiente per confermare – o confutare – una antica presenza di vita marziana.
Oltre all’acqua occorrono una fonte di energia e i materiali necessari per il suo sviluppo, ma sopratttutto occorre che siano presenti opportune condizioni ambientali [cite]http://www.researchgate.net/publication/258613544_Technologies_for_the_Discovery_and_Characterization_of_Subsurface_Habitable_Environments_on_Mars[/cite] che – attualmente – Marte non ha.
Anche se la contemporanea presenza di materiali organici complessi come i cherogeni e l’acqua liquida sulla superficie del Pianeta Rosso suggeriscono che lì in passato vi siano stati alcuni fattori ambientali necessari a sostenere la vita, e nonostante alcune somiglianze strutturali di alcuni campioni provenienti da Marte con materiali terrestri, questo comunque non prova che la vita su Marte sia mai realmente esistita. Solo uno studio di laboratorio su campioni di suolo marziano può darci la risposta definitiva.
Per ora è meglio essere cauti.


Note: