Mi spiace essere assente su queste pagine così a lungo come in questo periodo. In verità è che sono concentratissimo nel portare avanti il mio antico progetto di costruire un astroinseguitore alla mia maniera, che vorrei terminare prima della eclissi di Luna di luglio. Ma torniamo a noi. Spesso purtroppo esiste un limite sottile oltre il quale molti non osano andare a guardare, un po’ come quelle vecchie signore scandalizzate che in spiaggia si turavano gli occhi alla vista di un bikini ben indossato, lasciando però aperta una sottile fessura per sbirciare meglio. Con questa metafora voglio dire che invece la scienza ha l’obbligo di vedere e di indagare anche e soprattutto è sconveniente.
La scienza è uno strumento. Intellettuale ma pur sempre e solo uno strumento. Non è di per sé buona o cattiva come taluni vogliono che si creda, e piegarla al proprio volere è negare la sua natura.
Nei giorni scorsi mi è capitato di dover affrontare una spinosissima discussione che è in bilico tra le bischerate (le cosiddette fake-news per i detrattori della lingua italiana) e la scienza. Tutto parte da un vecchio servizio del TG2 RAI scritto, come loro solito sui temi di natura scientifica, coi piedi.
Il servizio fa riferimento a uno studio dell’Università di Harvard [1] che parla di test per determinare quale tipo di aerosol può essere efficace ad essere distribuito nell’atmosfera per innescare un calo della sua temperatura e sui suoi effetti sull’ambiente.
“A metà mattina di Pentecoste, l’8 giugno 1783, in un tempo sereno e calmo, una nera foschia di sabbia apparve a nord delle montagne. La nube era talmente estesa che in breve tempo si era diffusa su tutta la superficie e così densa da causare oscurità all’interno. Quella notte vi furono forti terremoti e tremori “ Jón Steingrímsson, sacerdote luterano islandese (1728, 1791) |
Di per sé non è un’idea nuova. Già altri in passato avevano proposto di cospargere la troposfera con biossido di zolfo (anidride solforosa) dopo aver notato gli effetti dell’aerosol vulcanico sul clima nell’eruzione del vulcano Pinatubo del 1991 [2]. Anche se quindi si tratta di imitare in qualche modo quello che già avviene in natura, le eruzioni vulcaniche, l’idea non è poi così innocua.
Negli anni immediatamente successivi al 1793-1794 l’intero continente europeo venne sconvolto da una terribile carestia provocata dall’eruzione del vulcano islandese Laki: le cronache inglesi e irlandesi parlarono di mesi tristi e senza sole; gli effetti furono percepiti fino in Giappone e in Egitto [3]. Furono le piogge acide e il repentino calo delle temperature a scatenare la terribile carestia che poi condusse il popolo francese ormai stremato alle rivolte che culminarono con la Rivoluzione Francese.
Inoltre, altro effetto altrettanto importante, è la deplezione dello strato di ozono [4]. Già tutto questo dovrebbe bastare a rendere l’ipotesi di riprodurre il comportamento dei vulcani una pessima idea.
Ma questo chi studia il clima lo sa già ed è per questo che il gruppo di Harvard vuole esplorare altre vie che non prevedano la SO2, e quindi parlano di testare vapore acqueo, calcite (carbonato di calcio), ossido di alluminio (allumina) e perfino polvere di diamante su piccole aree usando banali palloni sonda con carichi di un chilogrammo. Altri studi analoghi prendono in considerazione anche altri tipi di particolato, come anche ad esempio polveri con qualità fotoforesiche 1 L’effetto prodotto da queste ricerche è quasi nullo anche per l’area interessata dagli esperimenti ma misurabile.
Niente di cui preoccuparsi?
Di certo non dei test in sé, al di là di qualsiasi risultato essi diano; ho più timore dello scarso acume di chi vede in tutto questo un sinistro disegno di controllo e/o di sterminio della razza umana nascosto dietro questi test. Non è certo un chilo di polvere, per quanto strana essa sia, a doverci preoccupare. La Terra nella sua perenne corsa nello spazio raccoglie ogni giorno tonnellate di schifezze spaziali di ogni tipo [5]. Non mi credete? State qualche giorno senza spazzare sotto il vostro letto e con la finestra aperta. Poi raccogliete la lanuggine e passatela con una calamita; vedrete alcune particelle più o meno piccole, alcune di queste saranno addirittura microscopiche: quello è pulviscolo cosmico, resti di meteore che ogni giorno intersecano la Terra e vengono distrutte nella fase del loro ingresso nell’atmosfera e rimangono sospese nell’aria prima che si posino sotto il vostro letto.
Oppure, se vogliamo rimanere sugli effetti antropogenici, cioè quelli causati dall’uomo, basti pensare all’inquinamento atmosferico delle nostre città: i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente affermano che i decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico (esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono) che si verificano in Europa sono 487600, con il dato italiano molto al di sopra di questa media, con ben oltre 90 mila morti premature ogni anno. Tanto per notare l’entità del disastro ambientale basta salire di quota qualche centinaio di metri e osservare il panorama più in basso verso l’orizzonte. Vedrete una cappa d’aria grigiastra, una caligine mefitica ben più pericolosa per la salute pubblica di qualche test e qualche chilo di polvere sparato intenzionalmente nella stratosfera.
In realtà temo le conseguenze politiche di quei test, che nondimeno appoggio come uomo di scienza. Se quelle teorie si dimostrassero efficaci per ridurre la temperatura del pianeta e innocue per l’ambiente, qualcuno potrebbe pensare che tutto sommato potrebbe non essere una cattiva idea usarle piuttosto che spendere migliaia di miliardi di dollari per abbandonare le energie fossili non rinnovabili. Governi troppo pavidi potrebbero essere spinti a non considerare troppo l’uso delle energie rinnovabili pur di preservare precedenti investimenti nel carbone, petrolio, gas e biomasse in cambio di una spruzzatina qua e là. Senza contare il fatto, come insegna la storia delle eruzioni vulcaniche, una tale operazione per la modifica del clima su scala globale cesserebbe la sua efficacia non appena cessassero le operazioni di dispersione artificiale. Pertanto un rilassamento nelle politiche energetiche a favore delle fonti fossili riproporrebbe, accentuati, gli attuali problemi legati al Global Warming.
Studi di fattibilità
Una seria analisi dei costi fu svolta nel 2012 coinvolgendo l’Aurora Flight Science Corporation, la School of Engineering and Applied Sciences and Kennedy School dell’Università di Harward e la Tepper School of Business and Department of Engineering and Public Policy dell’Università Carneige Mellon [6].
La cosa sconvolgente è che questo studio pare dimostrare che l’iniezione di SO2 nella troposfera allo scopo di innalzare artificialmente l’albedo del pianeta possa essere una strada teoricamente fattibile e dal costo non poi così elevato: infatti questo afferma che basterebbero da 1 a 5 milioni di tonnellate di materiale particellare all’anno tra i 18 e i 30 chilometri di quota per un costo annuale di soli appena 8-10 miliardi di dollari americani di quell’anno. Altri studi simili furono elaborati durante l’ amministrazione di George Bush senior 2 e nel 2009 e nel 2010. Questi essenzialmente si basano sul particolato di zolfo, che sappiamo essere comunque un agente inquinante, e prendono spunto dai normali voli di linea intercontinentali — quelli cioè che toccano quote di 10000 metri — che potrebbero usare carburante con un più alto tenore di zolfo durante la crociera, mentre nelle fasi di decollo e di atterraggio potrebbero usare il carburante più pulito, grazie al fatto che negli aerei il carburante è comunque già stoccato in diversi compartimenti fra loro indipendenti. Poi sarebbero i venti a disperdere il particolato più in alto nell’atmosfera.
Usare altri tipi di particolato, potrebbe essere ben più complicato e costoso. Mentre nel caso del biossido di zolfo questo è già presente in tracce nel comune carburante di bassa qualità disponibile per gli aerei di linea e quindi meno costoso, per tutti gli altri casi si tratterebbe di voli studiati solo per questo scopo: occorrerebbero tra i 100 e i 200 mila voli di aerei come l’Airbus Beluga per trasportare 5 milioni di tonnellate all’anno di particolato che non sia zolfo a soli 10000 metri di quota.
Per ora termino qui la prima parte, ben immaginando che qualcuno penserà che stia diventando uno scia-chimista anch’io e nel caso potrò farmi delle grasse risate alle sue spalle. Niente paura: presto arriverà anche la seconda parte e allora capirete che non mi sto rincoglionendo! 😛
Cieli sereni!
Note:
- La fotoforesi è il fenomeno per la quale piccole particelle sospese in gas (aerosol) o liquidi (idrocolloidi) iniziano a migrare quando vengono illuminate da un fascio diluce sufficientemente intenso. Questo avviene per una distribuzione non uniforme della temperatura di una particella illuminata in un mezzofluido. ↩
- Washington, DC: National Academic Press capitolo 28 e appendice Q, 1992 ↩
Riferimenti:
- . Keith, Weisenstein, Dykema, Keutsch, "Stratospheric solar geoengineering without ozone loss", PNAS, 2016. http://www.pnas.org/content/113/52/14910
- . James Hansen, Andrew Lacis, Reto Ruedy, Makiko Sato, "Potential climate impact of Mount Pinatubo eruption", Geophysical Research Letters, 1992. wiley.com/doi/10.1029/91GL02788/full
- . , "The summer of acid rain", The Economist, 2007. http://www.economist.com/node/10311405
- . Kara Huff, "The Effects of Volcanic Sulfur Dioxide on the Ozone Layer", Iowa State University - Department og Geological and Atmospheric Sciences, 1996. http://www.meteor.iastate.edu/gcp/studentpapers/1996/atmoschem/huff.html
- . Lynn Carter, "How many meteorites hit Earth each year? ", Ask an Astrometer - Cornell University, 2015. http://curious.astro.cornell.edu/about-us/75-our-solar-system/comets-meteors-and-asteroids/meteorites/313-how-many-meteorites-hit-earth-each-year-intermediate
- . Justin McClellan, David W Keith, Apt, "Cost analysis of stratospheric albedo modification delivery systems", Environmental Research Letters, 2012. http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/7/3/034019/meta
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