Il negazionismo climatico al tempo dei no-vax

È passato molto tempo dall’ultima volta che ho scritto qualcosa su questo blog. L’intenzione sarebbe di scacciare questa pessima abitudine e riprendere a usare questo spazio. Per un po’ ho affidato i miei pensieri e le esternazioni ai Social, ma ora sento che ho fisicamente bisogno di un luogo dove conservarli. Non so se ci riuscirò, non resta che provare.

 

 

Indice incremento annuale dei gas serra nell'atmosfera.

A partire dal 2021, l’effetto di riscaldamento dei gas serra di lunga durata nell’atmosfera terrestre è aumentato del 49% rispetto al 1990. Rispetto all’epoca preindustriale, l’atmosfera odierna assorbe più di 3 Watt in più di energia per metro quadrato.

Dal punto di vista razionale l’ideologia dei no-vax e i negazionisti climatici hanno in comune il totale rigetto delle evidenze scientifiche che si basano sui dati.
Dati che, come ogni cosa quando si cerca di comprendere un qualsiasi fenomeno, sono sempre la base da cui partire. Non è la prima volta — e non sarà certo l’ultima — che spiego cosa sia il Global Warming e che sia la diretta conseguenza delle attività umane.
La congettura che in questi giorni va per la maggiore, pare appartenere a un professore associato dell’Università Federico II di Napoli — non cito il suo nome per non offrirgli maggiore visibilità che qui non merita.  Tale  presunzione quasi sicuramente non è nuova, è presente da diversi anni con qualche variante, nei circoli negazionisti che suppongono che il Riscaldamento Globale non esista affatto o che, al limite, sia il risultato di risonanze orbitali dei pianeti ed effetti gravitazionali ciclici. Questo  professore associato, oggi paladino dei negazionisti italiani che hanno ampio appoggio nei circoli politici del centrodestra italiano, ama raccontare di essere riuscito, nel 2018, a prevedere l’attuale siccità.
In pratica, in altri tempi, si sarebbe parlato di case astrali, di congiunzioni e opposizioni, di transiti dei pianeti su e giù per l’eclittica e di altre amenità astrologiche.

Per l’ennesima volta, l’emissione energetica del Sole è stabile da quando sono iniziate le campagne di misurazione satellitare mentre è cambiata la concentrazione di CO2 nell’atmosfera e negli oceani. E le proporzioni isotopiche tra 13C e 12C [1] confermano che è anidride carbonica emessa dalla combustione di fonti fossili.

Questi sono i dati: l’atmosfera terrestre a causa dell’effetto serra innescato dalla CO2 ora trattiene 3 watt per metro quadrato in più rispetto al periodo preindustriale ed è tanto.
L’immagine di destra mostra che l’irraggiamento solare varia di neanche 2 watt tra il periodo minimo e massimo di attività solare. È un ciclo undecennale, a cui si sommano altri cicli legati a periodi di maggiore o minore quiescenza dell’attività solare, che, inn tempi storici, hanno prodotto il Minimo di Maunder (d’inverno il Tamigi divenne una pista di pattinaggio) nel XVIII secolo oppure il Massimo Medievale. Questo grafico mostra due cose: che per quanto piccolo, se protratto per lungo tempo (il Minimo di Maunder fu innescato da 50 anni di inattività solare) una variazione comunque piccola, abbiamo detto un paio di watt per metro quadrato, ha senz’altro conseguenze sul clima del pianeta. Una variazione di qualche decimo di grado dell’acqua degli oceani può alterare le correnti oceaniche e le precipitazioni, soprattutto ai tropici, con conseguente riallineamento delle correnti cicloniche dell’atmosfera. Ma, il secondo appunto, per colpa dell’eccesso di emissioni di gas serra a opera dell’Uomo, ora l’atmosfera trattiene, come ho detto prima, ben tre watt in più di energia ricevuta dal Sole. Oggi un periodo di quiescenza del Sole della durata di cinquanta anni, sarebbe notato al più come un periodo di tregua del riscaldamento globale, dando adito ai negazionisti climatici di sproloquiare che non è in atto “alcun cambiamento climatico“.

Quest’ultima immagine mostra lo storico delle temperature medie della Terra da quando sono disponibili correlandole con lo storico dell’attività solare. Qui è ancora più evidente che la temperatura media del pianeta, che prima dell’era industriale seguiva grossomodo l’attività del Sole con un fisiologico margine di latenza, mentre adesso non è più così.
E l’andamento a crescere  per ora è inarrestabile. Ne abbiamo avuto la riprova durante il lungo lock down della Pandemia.
Nonostante il fermo quasi totale delle attività umane, il brusco calo dello smog nelle aree industrializzate etc. le quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è continuata a crescere!
Magari, ancora un a volta, i negazionisti climatici avranno ancora berciato: “Vedete? Nessuna attività umana, eppure la COè aumentata! Le attività umane non sono responsabili del Global Warming!“.
I bischeri però dimenticano che gli oceani ricoprono oltre del 70% della superficie della Terra. E che essi hanno assorbito gli eccessi di CO2 presenti nell’atmosfera al ritmo di 7 miliardi di tonnellate per anno fino ad un certo punto (circa 500 dall’inizio dell’era industriale), fino a quando cioè  le acque superficiali si sono saturate 1.
Ma è in virtù della legge sui gas soluti in un liquido (Legge di Henry) — che un qualsiasi studente di chimica conosce fin dalle scuole superiori  — che, riscaldandosi, gli oceani hanno iniziato a restituire milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica all’atmosfera. Per questo il fermo delle attività industriali non ha sortito alcun cambiamento nelle emissioni di CO2. Quindi anche se adesso, da domani, cessassimo ogni ricorso alle fonti fossili per produrre energia, il Riscaldamento Globale non cesserà e sarà un tremendo problema ancora per decenni, forse secoli, prima che si ricrei un accettabile equilibrio naturale. Per questo ogni secondo, ogni singolo grammo di CO2 impunemente rilasciata nell’atmosfera è un crimine verso le future generazioni.

Ma non dovete credere per forza a me, credete ai dati. Questa è scienza, le altre ciarle sono al più un oroscopo pure malfatto.

Global Warming for dummies (prima parte)

Ho ascoltato con somma pazienza qualcuno affermare che a Bergamo con un paio di gradi in più si starebbe meglio.
Ma quando leggo di professori universitari o politici di una certa rilevanza — almeno mediatica — sparare castronerie come quelle che sento in questi piovosi giorni che “siccome oggi fa freddo allora il Global Warming è tutta una truffa mediatica“, vengo assalito dal tremendo dubbio se realmente stiano marciando così per propria convenienza (più probabile) o perché ne siano convinti (assai meno probabile).
Per questo ho deciso di tornare sull’argomento.

 

Articolo di giornale

Prima pagina di un (pessimo) giornale a tiratura nazionale.Il nome della testata è stato volutamente cancellato.

Nei giorni scorsi qualcuno mi fece notare la prima pagina di un quotidiano a tiratura nazionale, che qui ripropongo, per dimostrare quanto sia ancora controverso il dibattito sul Global Warming
Sì, qui ora mentre scrivo fa ancora freddo per essere metà maggio. Ma mentre qui e su più o meno tutta l’Europa centrale fa un po’ più freddo della media stagionale, in Spagna, nel sud della Francia e in Turchia la situazione è opposta. 
Coloro che denunciano l’inesistenza del Riscaldamento Globale trincerandosi dietro a una situazione meteorologica particolare hanno torto marcio. Non posso affermare se questa loro convinzione derivi dalla mancata comprensione del tema, dalla confusione che spesso viene fatta tra tempo meteorologico (locale sia nello spazio che nel tempo) e clima (andamento regionale o globale esteso nel tempo e depurato da fattori stagionali), oppure che si tratti di una scelta cosciente e ponderata.
Purtroppo propendo per questa seconda ipotesi, portata avanti da una corrente politica conservatrice e reazionaria transnazionale che si fa beffe del rischio globale che la civiltà umana in questo momento corre.
No, non penso che l’umanità corra il rischio di soccombere entro i prossimi decenni o secoli, ma tutta la nostra civiltà, il villaggio globale che faticosamente abbiamo costruito negli ultimi due secoli, potrebbe soccombere molto presto a causa della nostra scelleratezza se non abbiamo la volontà e la forza di correggere i nostri errori. 

Quindi non mi sento tranquillo quando sento gioire un uomo politico per lo scioglimento dell’Artide perché così si aprono nuove rotte commerciali[2] (dopo che il suo governo ha sempre negato che esista il Global Warming) e neppure quando vedo certi titoloni sbattuti in prima pagina come questo sopra che gioca pure sulle parole dando di fatto degli idioti a chi, in tutti questi anni, ha denunciato le pesanti responsabilità umane nell’attuale cambiamento climatico.

Dopo questa pesante filippica dove respingo ai mittenti la definizione di sciocco indirizzata verso chi si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere politiche di contenimento di un processo ormai quasi irreversibile quale è il Global Warming antropogenico, torno a spiegare cos’è e perché capita che, nonostante la tendenza al rialzo delle temperature medie del pianeta nel lungo periodo, possa in alcuni momenti fare ancora più freddo del solito.
Impiegherò un paio di puntate perché l’argomento non è difficile da comprendere ma lungo da spiegare ma spero lo stesso di riuscire nell’intento. Dopodiché sta a voi lettori cercare di spiegare agli scettici che incontrerete come stanno le cose.

Le prove che inchiodano le pesanti responsabilità umane: gli isotopi del carbonio.

Ciclo del carbonio atmosferico

Il ciclo del carbonio atmosferico in sintesi. La riga di centro indica i principali serbatoi naturali di carbonio. In verde sono descritti i principali processi che sottraggono il carbonio nella forma di CO2 dall’atmosfera. In rosso tutti gli altri, che cioè rilasciano carbonio. Credit: Il Poliedrico

Nessuno scienziato nega che il clima nei secoli scorsi sia stato anche molto diverso da quello attuale, ma i meccanismi di scambio gassoso con la litosfera hanno mantenuto per milioni di anni il tasso di concentrazione dell’anidride carbonica dell’atmosfera entro i 150-300 parti per milione. I complessi meccanismi alla base del ciclo naturale del carbonio (in realtà sono due: il ciclo organico e quello geologico) sono i responsabili di queste contenute oscillazioni: una minor concentrazione della CO2 atmosferica — sottratta dalle piante — porta all’abbassamento della temperatura a livello globale, ossia a una glaciazione; di conseguenza, anche le foreste che sequestrano l’anidride carbonica atmosferica trasformandola in lignina diminuiscono di pari passo con l’avanzata dei ghiacci mentre le emissioni vulcaniche intanto rimangono sempre abbastanza costanti. Questo ultimo fatto porta lentamente a un rialzo della percentuale di CO2, un riscaldamento globale naturale che sottrae di nuovo spazio ai ghiacciai e lo restituisce alle piante. E così all’infinito: cicli interglaciali caldi con alti (max 300 ppm) tassi di anidride carbonica atmosferica intervallati da periodi glaciali in cui la CO2 è più bassa (150-180 ppm).
L’anidride carbonica sequestrata dalle foreste sotto forma di lignina tramite processi di marcescenza e alte pressioni finisce per trasformarsi in carbone, mentre i medesimi processi trasformano in petrolio e gas naturale gli animali che, nella loro catena alimentare, in definitiva si sono nutriti di quelle stesse piante. Con l’inizio dell’Era Industriale tutto questo è cambiato: in appena 250 anni, e specialmente nell’ultimo secolo, l’Uomo ha imparato a sfruttare a proprio vantaggio l’energia racchiusa in quei serbatoi naturali di carbonio attraverso la combustione di quelle sostanze (combustibili fossili). Quindi buona parte di quel carbonio sequestrato dall’atmosfera in milioni di anni è stato liberato di nuovo in appena un paio di secoli e poco più.

Clima

Concentrazione della CO2 nell’atmosfera negli ultimi 800 mila anni (ppm). Credit NOAA/Il Poliedrico

La riprova di quanto ho detto sta nei rapporti isotopici del carbonio atmosferico: il 12C e il 13C sono due isotopi stabili del carbonio e poi c’è anche il 14C, un radioisotopo del carbonio che ha origine dall’interazione dell’azoto atmosferico coi raggi cosmici secondo lo schema: n+ 14Np+ 14C
Il radiocarbonio 14 (6 protoni e 8 neutroni) ha una emivita di appena 5715 anni, ossia circa la metà degli atomi di una certa quantità di 14C torna ad essere 14N (azoto 14) per effetto del decadimento β in quasi 6000 anni.  Siccome la quantità di raggi cosmici negli ultimi 100 mila anni è più o meno costante, anche la quantità di 14C atmosferico è rimasta pressappoco la stessa (circa 70 tonnellate) nel medesimo arco di tempo[3]. Il naturale decadimento radioattivo del carbonio 14 comporta che esso sia praticamente assente nei combustibili fossili, e infatti sono circa due secoli che i naturali rapporti tra gli isotopi 12C, 13C e 14C espressi negli ultimi 800 mila anni stanno mutando come conseguenza al consumo di questi 1.
Sempre rimanendo a parlare di isotopi del carbonio, occorre anche ricordare che a parità di proprietà chimiche i processi biologici prediligono sempre gli atomi più leggeri 2: per questo nell’anidride carbonica prodotta dall’uso dei combustibili fossili il δ13C è sbilanciato in favore della versione più leggera dell’atomo di carbonio (12C).
E come detto in precedenza, dalla combustione di fonti fossili è assente la versione più pesante del carbonio (14C) perché esso dopo appena 75 mila anni è ridotto a circa 1 millesimo di quanto era stato sequestrato all’inizio. Quindi, è l’analisi temporale dei rapporti fra i diversi isotopi che ci conferma che l’attuale surplus di anidride carbonica atmosferica è dovuta all’uomo e alle sue attività energivore basate sui combustibili fossili.

Non sono io, non è qualche scienziato prima di me o la ragazzina svedese Greta Thunberg a dirlo: sono gli isotopi del carbonio a farlo; i fatti, quelli su cui ogni giornale dovrebbe basarsi e sui quali qualsiasi politico dovrebbe tener conto prima di prendere una decisione che potrebbe influire sulla collettività, sono questi.


(fine prima parte)

Geoingegneria del clima fra superstizione e studi di fattibilità

Mi spiace essere assente su queste pagine così a lungo come in questo periodo. In verità è che sono concentratissimo nel portare avanti il mio antico progetto di costruire un astroinseguitore alla mia maniera, che vorrei terminare prima della eclissi di Luna di luglio. Ma torniamo a noi. Spesso purtroppo esiste un limite sottile oltre il quale molti non osano andare a guardare, un po’ come quelle vecchie signore scandalizzate che in spiaggia si turavano gli occhi alla vista di un bikini ben indossato, lasciando però aperta una sottile fessura per sbirciare meglio. Con questa metafora voglio dire che invece la scienza ha l’obbligo di vedere e di indagare anche e soprattutto è sconveniente.
La scienza è uno strumento. Intellettuale ma pur sempre e solo uno strumento. Non è di per sé buona o cattiva come taluni vogliono che si creda, e piegarla al proprio volere è negare la sua natura.

 

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Nei giorni scorsi mi è capitato di dover affrontare una spinosissima discussione che è in bilico tra le bischerate (le cosiddette fake-news per i detrattori della lingua italiana) e la scienza. Tutto parte da un vecchio servizio del TG2 RAI scritto, come loro solito sui temi di natura scientifica, coi piedi.
Il servizio fa riferimento a uno studio dell’Università di Harvard [4] che parla di test per determinare quale tipo di aerosol può essere efficace ad essere distribuito nell’atmosfera per innescare un calo della sua temperatura e sui suoi effetti sull’ambiente.

“A metà mattina di Pentecoste, l’8 giugno 1783, in un tempo sereno e calmo, una nera foschia di sabbia apparve a nord delle montagne. La nube era talmente estesa che in breve tempo si era diffusa su tutta la superficie e così densa da causare oscurità all’interno. Quella notte vi furono forti terremoti e tremori “
Jón Steingrímsson, sacerdote luterano islandese (1728, 1791)

Di per sé non è un’idea nuova. Già altri in passato avevano proposto di cospargere la troposfera con biossido di zolfo (anidride solforosa) dopo aver notato gli effetti dell’aerosol vulcanico sul clima nell’eruzione del vulcano Pinatubo del 1991 [5]. Anche se  quindi si tratta di imitare in qualche modo quello che già avviene in natura, le eruzioni vulcaniche, l’idea non è poi così innocua.
Negli anni immediatamente successivi al 1793-1794 l’intero continente europeo venne sconvolto da una terribile carestia provocata dall’eruzione del vulcano islandese Laki: le cronache inglesi e irlandesi parlarono di mesi tristi e senza sole; gli effetti furono percepiti fino in Giappone e in Egitto [6]. Furono le piogge acide e il repentino calo delle temperature a scatenare la terribile carestia che poi condusse il popolo francese ormai stremato alle rivolte che culminarono con la Rivoluzione Francese.
Inoltre,  altro effetto altrettanto importante, è la deplezione dello strato di ozono [7]. Già tutto questo dovrebbe bastare a rendere l’ipotesi di riprodurre il comportamento dei vulcani una pessima idea.
Ma questo chi studia il clima lo sa già ed è per questo che il gruppo di Harvard vuole esplorare altre vie che non prevedano la SO2, e quindi parlano di testare vapore acqueo, calcite (carbonato di calcio), ossido di alluminio (allumina) e perfino polvere di diamante su piccole aree usando banali palloni sonda con carichi di un chilogrammo. Altri studi analoghi prendono in considerazione anche altri tipi di particolato, come anche ad esempio polveri con qualità fotoforesiche 1 L’effetto prodotto da queste ricerche è quasi nullo anche per l’area interessata dagli esperimenti ma misurabile. 

Niente di cui preoccuparsi?

Nel 1783 l’eruzione del vulcano islandese Laki influenzò per quasi un decennio il clima del pianeta.

Di certo non dei test in sé, al di là di qualsiasi risultato essi diano; ho più timore dello scarso acume di chi vede in tutto questo un sinistro disegno di controllo e/o di sterminio della razza umana nascosto dietro questi test. Non è certo un chilo di polvere, per quanto strana essa sia, a doverci preoccupare. La Terra nella sua perenne corsa nello spazio raccoglie ogni giorno tonnellate di schifezze spaziali di ogni tipo  [8]. Non mi credete? State qualche giorno senza spazzare sotto il vostro letto e con la finestra aperta. Poi raccogliete la lanuggine e passatela con una calamita; vedrete alcune particelle più o meno piccole, alcune di queste saranno  addirittura microscopiche: quello è pulviscolo cosmico, resti di meteore che ogni giorno intersecano la Terra e vengono distrutte nella fase del loro ingresso nell’atmosfera e rimangono sospese nell’aria prima che si posino sotto il vostro letto.
Oppure, se vogliamo rimanere sugli effetti antropogenici, cioè quelli causati dall’uomo, basti pensare all’inquinamento atmosferico delle nostre città: i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente affermano che i decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico (esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono) che si verificano in Europa sono 487600, con il dato italiano molto al di sopra di questa media, con ben oltre 90 mila morti premature ogni anno. Tanto per notare l’entità del disastro ambientale basta salire di quota qualche centinaio di metri e osservare il panorama più in basso verso l’orizzonte. Vedrete una cappa d’aria grigiastra, una caligine mefitica ben più pericolosa per la salute pubblica di qualche test e qualche chilo di polvere sparato intenzionalmente nella stratosfera.
In realtà temo le conseguenze politiche di quei test, che nondimeno appoggio come uomo di scienza. Se quelle teorie si dimostrassero efficaci per ridurre la temperatura del pianeta e innocue per l’ambiente, qualcuno potrebbe pensare che tutto sommato potrebbe non essere una cattiva idea usarle piuttosto che spendere migliaia di miliardi di dollari per abbandonare le energie fossili non rinnovabili. Governi troppo pavidi potrebbero essere spinti a non considerare troppo l’uso delle energie rinnovabili pur di preservare precedenti investimenti nel carbone, petrolio, gas e biomasse in cambio di una spruzzatina qua e là. Senza contare il fatto, come insegna la storia delle eruzioni vulcaniche, una tale operazione per la modifica del clima su scala globale cesserebbe la sua efficacia non appena cessassero le operazioni di dispersione artificiale. Pertanto un rilassamento nelle politiche energetiche a favore delle fonti fossili riproporrebbe, accentuati, gli attuali problemi legati al Global Warming.

Studi di fattibilità

Un Aiurbus Beluga può trasportare carichi di 40 tonnellate per un raggio di 2700 km oppure di 25 per 4600 km.

Una seria analisi dei costi fu svolta nel 2012 coinvolgendo l’Aurora Flight Science Corporation, la School of Engineering and Applied Sciences and Kennedy School dell’Università di Harward e la Tepper School of Business and Department of Engineering and Public Policy dell’Università Carneige Mellon [9]
La cosa sconvolgente è che questo studio pare dimostrare che l’iniezione di SO2 nella troposfera allo scopo di innalzare artificialmente l’albedo del pianeta possa essere una strada teoricamente fattibile e dal costo non poi così elevato: infatti questo afferma che basterebbero da 1 a 5 milioni di tonnellate di materiale particellare all’anno tra i 18 e i 30 chilometri di quota per un costo annuale di soli appena 8-10 miliardi di dollari americani di quell’anno. Altri studi simili furono elaborati durante l’ amministrazione di George Bush senior 2 e nel 2009 e nel 2010. Questi essenzialmente si basano sul particolato di zolfo, che sappiamo essere comunque un agente inquinante, e prendono spunto dai normali voli di linea intercontinentali — quelli cioè che toccano quote di 10000 metri — che potrebbero usare carburante con un più alto tenore di zolfo durante la crociera, mentre nelle fasi di decollo e di atterraggio potrebbero usare il carburante più pulito, grazie al fatto che negli aerei il carburante è comunque già stoccato in diversi compartimenti fra loro indipendenti. Poi sarebbero i venti a disperdere il particolato più in alto nell’atmosfera.
Usare altri tipi di particolato, potrebbe essere ben più complicato e costoso. Mentre nel caso del biossido di zolfo questo è già presente in tracce nel comune carburante di bassa qualità disponibile per gli aerei di linea e quindi meno costoso,  per tutti gli altri casi si tratterebbe di voli studiati solo per questo scopo: occorrerebbero tra i 100 e i 200 mila voli di aerei come l’Airbus Beluga per trasportare 5 milioni di tonnellate all’anno di particolato che non sia zolfo a soli 10000 metri di quota.

Per ora termino qui la prima parte, ben immaginando che qualcuno penserà che stia diventando uno scia-chimista anch’io e nel caso potrò farmi delle grasse risate alle sue spalle. Niente paura: presto arriverà anche la seconda parte e allora capirete che non mi sto rincoglionendo! 😛
Cieli sereni!