In questo periodo sto portando avanti un altro progetto, per questo non aggiorno più spesso di quanto vorrei queste pagine. Essendo comunque questa l’era dei social network, su Facebook c’è una bellissima pagina che comunque io tengo aggiornata con articoli e notizie a cui potete far riferimento.
Tornando allo sviluppo dell’altro progetto, mi sono impantanato su un annoso problema che spesso i professionisti evitano come la peste, mentre i profani insistono a chiederlo: quante stelle ci sono nella Via Lattea?
Guardando il cielo stellato da una località – sostanzialmente – priva di inquinamento luminoso in una notte di novilunio si riescono a scorgere tantissime stelle e una strana fascia un po’ più luminosa che da sempre chiamiamo Via Lattea. Questa è la nostra galassia, un agglomerato di miliardi di stelle (tra cui il nostro Sole) a forma di spirale e che a noi è concesso di vedere solo dalla sua periferia, di taglio e per giunta dall’interno. Già comprenderne la forma è stato un difficilissimo esercizio, un po’ come se dalla cima della cupola di S. Pietro cercassimo di capire la pianta della città di Roma e magari anche quanti abitanti abbia la città, nel caso volessimo rispondere alla domanda del titolo.
Ora, nessun censore con un po’ di sale in zucca si cimenterebbe in una impresa così ardua, ci sono sistemi molto più comodi, pratici e funzionali piuttosto che arrampicarsi in cima al Cupolone per capire com’è fatta Roma. Purtroppo gli astronomi non posseggono altri mezzi migliori per comprendere la nostra galassia se non quello di scrutare il cielo dalla Terra o dai sui immediati dintorni. Studiando i moti delle stelle e degli ammassi globulari più lontani dal centro galattico si è potuta fare una stima dell’intera massa della Galassia in base alla Legge di Gravitazione Universale. A questo punto, studiando le altre galassie a noi più vicine e cercando quelle più simili come massa e luminosità si è potuto comprendere la morfologia della Via Lattea. Guardando solo da dentro non sarebbe stato possibile farlo.
Conoscere la massa totale della Via Lattea può fornirci una stima di massima delle stelle che raccoglie. Ma la massa di una qualsiasi galassia non è equamente distribuita nelle stelle e la nostra non fa eccezione.
Si parla di massa viriale 1 per una certa massa racchiusa entro un certo volume. Però a concorrere a questo parametro partecipa un po’ di tutto: stelle ormai morte da eoni, nubi di gas interstellare, piccoli corpi che non hanno potuto accendere le reazioni nucleari di fusione al loro interno e così via fino all’immancabile e sconosciuta materia oscura che permea ogni cosa in grado di produrre un campo gravitazionale.
In realtà il metodo comunque è semplice, possiamo testarlo con i parametri orbitali del Sole che dista dal centro galattico 8,33 kpc (un chiloparsec equivale a 3263 anni luce) [1] e vi ruota attorno ad una velocità di 220 km/sec. e applicando le semplice Legge di Keplero \(M={d_o}^3/{p_o}^2\). Esprimendo la distanza \(d_o\) in unità astronomiche ( \(1,72\times 10^9\)) e il periodo orbitale in anni(\(2,33\times 10^8\)) si hanno: $$\frac{{1,72\times 10^9}^3}{{2,33\times 10^8}^2} \rightarrow 9,36\times 10^{10}$$ masse solari. Ciò significa che nel volume racchiuso dall’orbita del Sole ci sono qualcosa come ben 93 miliardi di masse solari. Va da sé che queste cifre sono approssimative, l’orbita del Sole non è proprio circolare e anche una minuscola differenza nei valori dei parametri da me usati qui sopra comporta stime di massa molto diverse.
In più la Via Lattea è molto più grande dell’orbita del Sole che si ritiene essere circa a metà strada tra il centro galattico e il limite stellare visibile che è approssimativamente intorno ai 17 kpc dal centro. Un calcolo più accurato richiederebbe che siano considerati anche gli effetti gravitazionali dovuti alla massa della Galassia esterna all’orbita del Sole, che poi non è poi così poca come si potrebbe essere portati a credere. Infatti misurando la velocità relativa delle galassie satellite della Via Lattea è stato calcolato che la maggior parte della massa della Galassia non è concentrata nei suoi confini visibili ma pare che sia diffusa in uno stato di gas caldissimo che si estende per almeno altri 100 kpc [2].
Questo è ben evidente nelle altre galassie, dove la stima della massa viriale è ben diversa (tra dieci e le cento volte tanto) da quella che appare invece dalla sola massa stellare visibile che si può calcolare usando il metodo che si rifà alla ben nota correlazione tra massa e luminosità (\(M/L\)) che vale in linea di massima per le singole stelle, ma che in questo caso si può usare con una buona approssimazione anche per le galassie, tenendo ben presente però che a questa scala di distanze solo le stelle più luminose contribuiscono alla luce galattica.
Così si hanno ben due stime molto diverse della massa di una galassia, una viriale che tiene conto di tutta la materia (barionica e non barionica) presente e quindi stelle, gas e polveri, pianeti e corpi substellari, oggetti ormai degeneri e buchi neri, e così via, che è diretta funzione del volume studiato; e quella bolometrica, legata cioè alla luminosità complessiva della galassia ma che, per le galassie più vicine, offre forse un quadro più preciso della massa esclusivamente stellare, a patto di conoscere con buona approssimazione il grado di estinzione della luce delle sorgenti più deboli e una ragionevole stima della percentuale delle stelle più visibili rispetto al totale delle altre.
Questi valori sono dipendenti dal tasso di formazione stellare, le quantità di gas e polveri coinvolte nel fenomeno dell’estinzione della luce, l’età della galassia e così via, ma che per fortuna possiamo vedere e calcolare, essendo noi stessi abitanti di questa Galassia. Un ottimo strumento del genere si chiama IMF (Initial Mass Function) o funzione di massa iniziale 2, una funzione empirica (basata cioè principalmente sulle osservazioni) che descrive la distribuzione delle masse in un gruppo di stelle. Infatti tutte le proprietà principali (energia irradiata o luminosità, volume, massa, raggio etc) e l’evoluzione di una stella sono strettamente legate alla sua massa e questo rende l’IMF un eccellente strumento nello studio di grandi quantità di stelle [3].
Nel corso degli anni il lavoro originale di Salpeter ha subito modifiche, sono state aggiunte delle sostanziali migliorie ma il concetto è rimasto lo stesso: partite da una stima accurata della luminosità galattica nei dintorni del Sole legata ad una coerente funzione di massa e da lì estrapolare il numero delle stelle presenti nella Via Lattea.
Classe spettrale | Intervallo di massa | Percentuale [4] (nei pressi del Sole) | Quantità nucleo (\(2,40\times 10^{10} M_{\odot}\) Picaud & Robin 2004) | Quantità disco (\(3,79\times 10^{10} M_{\odot}\)) | Quantità alone (\(2,40\times 10^{9} M_{\odot}\)) | Stelle in sequenza principale (\(6,43\times 10^{10} M_{\odot}\) McMillan 2011) |
---|---|---|---|---|---|---|
\(O\) | \(\ge 16 M_{\odot}\) | \(0,00001 \%\) | \(8,57\times 10^{01}\) | \(1,35\times 10^{02}\) | La produzione di nuove stelle nell'alone cessò 10 miliardi di anni fa e solo piccole stelle di Popolazione II sono ancora nella sequenza principale. Le altre si sono estinte. | \(2,21\times 10^{02}\) |
\(B\) | \(2,1-16 M_{\odot}\) | \(0,13 \%\) | \(2,99\times 10^{06}\) | \(4,71\times 10^{06}\) | \(7.70\times 10^{06}\) | |
\(A\) | \(1,4-2,1 M_{\odot}\) | \(0,60 \%\) | \(6,40\times 10^{07}\) | \(1,01\times 10^{08}\) | \(1,65\times 10^{08}\) | |
\(F\) | \(1,04-1,4 M_{\odot}\) | \(3,00 \% \) | \(5,43\times 10^{08}\) | \(8,58\times 10^{08}\) | \(1,40\times 10^{09}\) | |
\(G\) | \(0,8-1,04 M_{\odot}\) | \(7,6 \%\) | \(1,97\times 10^{09}\) | \(3,11\times 10^{09}\) | \(5,09\times 10^{09}\) | |
\(K\) | \(0,45-0,8 M_{\odot}\) | \(12,10 \%\) | \(4,47\times 10^{09}\) | \(7,06\times 10^{09}\) | \(1.71\times 10^{09}\) | \(1,32\times 10^{10}\) |
\(M\) | \(0,08-0,45 M_{\odot}\) | \(76,45 \%\) | \(6,44\times 10^{10}\) | \(1,02\times 10^{11}\) | \(2.27\times 10^{09}\) | \(1,68\times 10^{11}\) |
Totale stelle previste per la Via Lattea | \(7,14\times 10^{10}\) | \(1,13\times10^{11}\) | \(3,97\times10^{09}\) | \(1,88\times 10^{11}\) |
Far coincidere ora tutti questi dati grezzi e apparentemente incoerenti può contribuire a risolvere il rebus iniziale ma non dà una risposta definitiva che può essere significativamente diversa a seconda dei valori espressi dalle diverse campagne osservative.
Il modello qui preso in considerazione indica che tra il 30 e il 40% dell’intera massa della Via Lattea entro i 2 kpc dal centro sia racchiusa nel suo rigonfiamento centrale (bulge in inglese), mentre la massa dell’alone sia almeno un ordine di grandezza più piccola rispetto a questo. Il peso del Buco Nero Centrale e del gas del suo alone sono inclusi nella massa viriale totale (\(1,26\times^{12}\)), come tutti gli altri oggetti che emettono poca o nulla radiazione elettromagnetica, come le stelle ormai morte e la materia non barionica che rappresenta circa \(4\times 10^{08}M_{\odot}\) (McMillan, 2011 [4]).
Una serie di calcoli basata sulla distribuzione delle masse stellari nei pressi del Sole e applicata alle componenti principali della Galassia (zona centrale, disco e alone), restituiscono grossomodo i valori comunemente accettati per la Via Lattea: \(1,88\times 10^{11}\) non lontano quindi dai \(2\times 10^{11}\) (200 miliardi) comunemente accettati in letteratura.
Ovviamente questi numeri sono il risultato di semplificazioni e ipotesi che comunque potrebbero non essere del tutto corrette, come assumere che la IFM sia ovunque la stessa quando invece potrebbe essere diversa tra le varie regioni della Galassia e le Popolazioni Stellari dominanti (l’alone e buona parte del nucleo centrale sono composti da stelle di Popolazione II, il disco sottile è dominato dalle stelle di Popolazione I mentre la parte più esterna del disco, conosciuta come disco spesso, è più eterogeneo).
Contare quante stelle ci sono nella Via Lattea anche se è un lavoraccio comunque si può, e qualcuno deve pur farlo. Ma il rischio di perdere il conto è molto alto, ci vuole molta pazienza: 1 … 2 … 3 …
Note:
Note:
- In cosmologia viene fatto riferimento al raggio di una sfera, centrata su un centro comune a una struttura, tipicamente una galassia o un ammasso di. Poiché questo raggio è spesso difficile da determinare attraverso delle semplici osservazioni, allora viene approssimato come il raggio entro cui la densità media risulta superiore rispetto a una certa densità critica. in genere definita \(\rho_{crit} = \frac {3H ^ 2} {8\pi G}\) dove \(H\) è il parametro di Hubble (il cui significato è diverso anche se ora è coincidente con la Costante di Hubble \(H_0\)) e \(G\) è la costante gravitazionale. Anche se si tratta di una scelta del tutto arbitraria viene spesso usato il raggio viriale indicato come \(r_{vir} \approx r_{200}=r\left(\rho=200 \cdot \rho_{crit} \right) \); di conseguenza la massa viriale viene definita rispetto a questo raggio nella forma $$(M{vir} \approx M_{200}=\left (4/3 \right) \pi r^3_{200} \cdot 200_{\rho_{crit}}$$. ↩
- L’IMF è il rapporto che descrive la distribuzione delle masse stellari appena formate. Questo fornisce una stima del numero di stelle \(dN\) per masse comprese tra \(M+dM\) entro un determinato volume di spazio proporzionale a \(M^{- \alpha}dM\) dove \(\alpha\) è un esponente adimensionale che all’epoca Salpeter calcolò essere \(2,35\) nei pressi del Sole. La IMF può essere dedotta dalla relazione massa-luminosità e da come il tasso di formazione stellare varia nel tempo, perché la radiazione stellare si evolve in maniera diversa per ogni massa espressa nel corso del tempo influenzando di conseguenza anche la suddetta relazione tra massa e luminosità. ↩
Riferimenti:
- E.E. Salpeter, "The Luminosity Function and Stellar Evolution.", 0. http://adsabs.harvard.edu/doi/10.1086/145971
- P.J. McMillan, "Mass models of the Milky Way", arXiv.org, 2011. http://arxiv.org/abs/1102.4340
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