Effetto serra nella primitiva atmosfera marziana

Purtroppo questo mese starò un po’ più lontano del solito da queste pagine. Lo scorso settembre decisi di dare una svolta alla mia vita e adesso quel momento è finalmente arrivato. Tranquilli, la mia assenza sarà solo temporanea, ve l’assicuro. Nel frattempo portate pazienza per un po’.

Rappresentazione artistica dell'interno di Marte. Credit: NASA/JPL

Rappresentazione artistica dell’interno di Marte.
Credit: NASA/JPL

Con la scoperta di bacini argillosi su Marte  ad opera del rover Curiosity il dibattito sull’antica presenza di acqua su Marte si fa sempre più acceso 1.

La presenza di acqua allo stato liquido presuppone che le condizioni ambientali marziane per un periodo passato siano state molto diverse da quelle attuali: innanzitutto Marte doveva essere molto più caldo di adesso. Come avevo evidenziato in passato 2 la Zona Goldilocks del Sole attualmente si estende tra 0,8 e 1,2 U.A. dalla stella, mentre Marte orbita un po’ più in là, a  circa 1,52 U.A. Quindi su Marte avrebbe dovuto  essere presente un fenomeno naturale capace di innalzare la temperatura fin oltre i 273° kelvin, ossia di almeno 50 gradi centigradi rispetto alla radiazione solare attuale 3 e almeno 70° a quella presente durante il Periodo Noachiano. Un meccanismo naturale capace di innalzare così le temperature esiste eccome: è l’Effetto Serra 4. Alcuni gas hanno la capacità di trattenere il calore più di altri tanto da sconvolgere l’equilibro termico naturale 5.

Il Monte Olimpo, il più grande vulcano conosciuto del Sistema Solare.

Il Monte Olimpo, il più grande vulcano conosciuto del Sistema Solare.

Senza dubbio questi tre gas combinati insieme hanno prodotto sul primitivo Marte un massiccio effetto serra che ha innalzato le temperature quel tanto che era sufficiente a mantenere l’acqua liquida. Sicuramente un ruolo importante l’ha avuto la crosta marziana che nel momento in cui si è solidificata ha ceduto la parte di acqua e anidride carbonica che tratteneva dando origine a una primitiva atmosfera. Nuovi studi sull’ipotetica composizione chimica e le condizioni fisiche dell’interno marziano 6 suggeriscono che particolari condizioni del mantello fuso del pianeta possono essere state responsabili attraverso gli imponenti vulcani del pianeta del rilascio di quantità significative di metano – che sappiamo essere uno dei più potenti gas serra – nella sua atmosfera. Finché è durata l’attività vulcanica marziana quindi Marte ha goduto dei benefici di un potente effetto serra che ha reso la sottile atmosfera marziana – non dimentichiamoci che Marte è grande la metà della Terra e nove volte meno pesante – abbastanza densa e calda.

Come suggerisce anche la sua densità 7, Marte è il meno denso dei pianeti rocciosi e nonostante tutto la percentuale di ferro contenuta nel suo mantello è insolitamente alta rispetto agli altri pianeti interni. Questo indica che la differenziazione chimica nota anche come Catastrofe del Ferro non si è mai conclusa per il Pianeta Rosso. Complice le ridotte dimensioni, un’atmosfera più sottile, e probabilmente,  meno elementi radioattivi pesanti come il torio (Th) e l’uranio (U) ereditati dalla nebulosa primordiale – che sulla Terra mantengono fluido il mantello e il nucleo – l’interno del pianeta si è raffreddato troppo presto, non si è sviluppato un nucleo fluido rotante capace di produrre un campo magnetico planetario importante in grado di proteggere l’atmosfera dall’azione ablativa del vento solare e dei raggi cosmici, si è interrotta l’attività vulcanica che alimentava l’atmosfera di metano.

Se Marte ha ospitato le condizioni a contorno necessarie allo sviluppo della vita, probabilmente queste si sono affacciate troppo presto e per troppo poco tempo nella storia marziana per essere significative.


Altri  riferimenti:
NASA rover studies geology of Mars’s crater, Physics Today, 3 aprile 2013.
Martian interior inside Mars, Esa Mars Express 7 gennaio 2007.

Note:

  1. Alcune riprese  ad alta risoluzione del Monte Sharp – Aeolis Mons, al centro del Gale Crater​ – fatte dal Mars Reconnaissance Orbiter suggeriscono che il monte sia il prodotto di depositi sedimentari trasportati dal vento che soffia nel cratere. Le immagini mostrano infatti che gli strati sedimentari sono inclinati piuttosto che piatti come ci si aspetterebbe dai depositi prodotti da acqua stagnante. Per contro, la presenza di argilla e fosfati nella zona del cratere indica che un tempo su Marte sono probabilmente esistite le condizioni di temperatura e pressione necessarie per mantenere, almeno per un breve periodo, l’acqua allo stato liquido.
  2. La Zona Circumstellare Abitabile del Sole, Progetto Drake 15 gennaio  2013
  3. Nel passato il Sole generava assai meno energia di oggi; si suppone che il periodo umido di Marte sia avvenuto almeno 3 miliardi di anni fa, quando la nostra stella sprigionava solo l’80% dell’energia attuale.
  4. I gas serra naturali più efficaci sono l’anidride carbonica CO2, il metano CH4 e il vapore acqueo H2O.
  5. Il meccanismo è piuttosto complesso. Riguarda la capacità di un gas o una molecola di riemettere il totale della radiazione ricevuta in una banda piuttosto ristretta di lunghezze d’onda, in questo caso nell’infrarosso. Questo influenza l’opacità del gas o di una atmosfera in determinate lunghezze d’onda traducendosi in una disparità tra la radiazione incidente e quella riflessa consentendo così al mezzo di trattenere calore.
  6. Carbon’s role in atmosphere formation, Brown University 8 aprile 2013
  7. I pianeti del Sistema Solare

Umberto Genovese

Autodidatta in tutto - o quasi, e curioso di tutto - o quasi. L'astronomia è una delle sue più grandi passioni. Purtroppo una malattia invalidante che lo ha colpito da adulto limita i suoi propositi ma non frena il suo spirito e la sua curiosità. Ha creato il Blog Il Poliedrico nel 2010 e successivamente il Progetto Drake (un polo di aggregazione di informazioni, articoli e link sulla celebre equazione di Frank Drake e proposto al l 4° Congresso IAA (International Academy of Astronautics) “Cercando tracce di vita nell’Universo” (2012, San Marino)) e collabora saltuariamente con varie riviste di astronomia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro "Interminati mondi e infiniti quesiti" sulla ricerca di vita intelligente nell'Universo, riscuotendo interessanti apprezzamenti. Definisce sé stesso "Cercatore".

21 commenti:

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  16. Salve Adela,

    Il caso che tu citi (WASP-17b) è un caso molto particolare. Infatti WASP-17b ha un'orbita molto stretta ed eccentrica oltreché retrograda. Probabilmente essa è frutto di qualche cataclisma planetario che ha sconvolto in passato il sistema oppure di un effetto viscoso che è responsabile anche del decadimento orbitale dei gioviani caldi. ti consiglio di leggere in proposito anche:
    http://ilpoliedrico.com/2010/04/biliardo-cosmico….

    Grazie per il tuo intervento.

  17. L'analisi dei campi magnetici "fossili" di Marte (paleomagnetismo) ha portato indizi a favore della presenza di un'attività tettonica. La teoria generalmente accettata non prevede la presenza di strutture di origine tettonica sul pianeta a causa dello spessore eccessivo della crosta (le stime danno 30 km) e del piccolo nucleo che avrebbero inibito la formazione delle placche tettoniche. Tuttavia i dati della MGS hanno mostrato l'esistenza di bande a magnetizzazione alterna alla superficie del pianeta. Le bande, centrate attorno a 180° W dall'equatore ai poli, hanno una larghezza di circa 160 km e una lunghezza fino a 2000 km, con orientamento in senso est-ovest. Queste strutture sono analoghe alle bande magnetiche presenti sul fondo degli oceani terrestri e allineate con le dorsali oceaniche. Nelle dorsali oceaniche è creata nuova crosta che, raffreddandosi al di sotto della temperatura di Curie, è magnetizzata secondo la direzione corrente del campo magnetico terrestre. Il campo magnetico della Terra però è soggetto ad inversioni della polarità ed è questa la causa delle strisce magnetiche a polarità alternate. Su Marte è presumibile che abbia agito un meccanismo simile. Purtroppo non sono ancora state trovate le strutture responsabili della formazione della nuova crosta (analoghe alle dorsali oceaniche), ma è possibile che siano state cancellate dagli impatti. Questo indizio a favore della tettonica di Marte non è in contrasto con quanto si diceva a proposito delle dimensioni dei suoi vulcani: evidentemente i vulcani sono cresciuti dopo la cessazione dei movimenti tettonici. Saranno necessarie indagini approfondite per rispondere a tutte le domande sollevate dagli antichi campi magnetici di Marte.

    • Probabilmente durante il Periodo Noachiano su Marte si sono verificati tutti quei fenomeni – compresa un'attività tettonica di cui parli – proprie di un pianeta simile alla Terra.
      Le bande di magnetizzazione potrebbero essersi formate solo allora, quando il nucleo del era ancora abbastanza fuso da avere una rotazione diversa dal resto del pianeta.
      Purtroppo quelle condizioni non si sono mantenute a lungo proprio per le ridotte dimensioni del pianeta, che l'hanno condannato alla sterilità che finora le varie sonde inviate sul Pianeta Rosso ci hanno mostrato.

      Grazie per il tuo intervento, Umby

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