Dei tanti pianeti che il telescopio spaziale Kepler continuamente scopre, l’unica informazione certa che possiamo avere riguarda il loro periodo orbitale – da cui viene stimata poi la massa – e, se siamo stati particolarmente fortunati, possiamo riuscire a calcolare anche le loro dimensioni, ricavate dalla curva di luce dei momenti iniziale e finale del transito davanti alla loro stella. Può sembrare poco ma non è così.
Abbiamo spesso parlato su queste pagine della necessità di un pianeta di possedere acqua liquida sulla sua superficie per sperare di ospitare forme di vita, e dei parametri orbitali necessari perché questa condizione si avveri, la famosa zona Goldilocks.
Infatti l’acqua è il miglior solvente esistente in natura. L’acqua liquida protegge e rimescola le sostanze chimiche che poi danno luogo ai primi aminoacidi e ai primi lipidi da cui poi è nata la Vita.
A questo punto però sorge l’ambizione di scoprire -o almeno tentare di farlo – se i pianeti extrasolari con un orbita all’interno della loro fascia Goldilocks abbiano o no davvero oceani d’acqua liquida sulla superficie come spesso siamo portati a credere dai media generalisti che rilanciano le notizie delle scoperte.
Ovviamente non possediamo la tecnologia per andare a vedere in loco se davvero quest’acqua c’è o meno, magari forse in futuro questa possibilità l’avremo o forse mai.
Però è certo che gli scienziati non possono aspettare per avere una risposta, e allora studiano come ottenere in qualche modo la stessa informazione, cioè verificare la presenza di acqua liquida sulla superficie di un pianeta extrasolare pur rimanendo ancorati a questo Pallido Puntino Blu.
In un articolo apparso su The Astrophysical Journal 1 alcuni ricercatori suggeriscono di osservare questi pianeti extrasolari simili alla Terra come orbita e dimensioni nel vicino infrarosso nelle due finestre consentite dalla nostra atmosfera: a 1.55 – 1,75 μm e 2.1 – 3 μm 2
A queste lunghezze d’onda dovrebbe essere possibile rilevare le variazioni della dispersione di luce che dovrebbero indicare la presenza di oceani acquei. Non solo, ma studi sulll’indice di rifrazione nella radiazione infrarossa rilevata dovrebbero permetterci di rivelare addirittura la presenza di nubi di vapore acqueo nell’atmosfera del pianeta.
Qui forse siamo ai limiti degli attuali strumenti, magari per la prossima generazione di telescopi infrarossi sarà quasi routine.
Note:
- SEARCHING FOR WATER EARTHS IN THE NEAR-INFRARED ↩
- Un μm, o micrometro è 1×10−6 metri, ovvero un millesimo di millimetro. ↩
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