La coda di sodio della Ison

Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan Source: flickr.com

La C/2012S1 (ISON) ripresa nel visibile e con il filtro passa banda a 589 nm (riquadro giallo).
Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Source: flickr.com

Ormai la C/2012 S1 (ISON) è sprofondata nelle luci dell’alba, rendendosi di nuovo praticamente invisibile ad occhio nudo prima del perielio.

Il 20 novembre scorso l’astrofilo giapponese Hisayoshi Kato dal Monte Fuji ha ottenuto queste due immagini della Ison 1.
L’immagine superiore mostra la cometa come si presentava quel giorno nell’intera banda visibile dello spettro, mentre quella inferiore mostra la stessa immagine a colori invertiti per evidenziare meglio le diverse componenti della coda. Nell’immagine a colori invertiti sono assai evidenti i due getti (qui arancioni) che partono dal nucleo della cometa che in alcune immagini si mostrano come ali. Nel riquadrino arancione, ripreso con un filtro a banda stretta centrato a 589 nm. 2 è evidente invece come il nucleo stesso della cometa sia avvolto da una nube di atomi di sodio.

Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Rielaborazione: Il Poliedrico

Nell’immagine da me rielaborata, si evidenzia anche una tenue coda di sodio dispersa dalla chioma.
I meccanismi che possono generare atomi di sodio non sono ancora del tutto noti. Possono essere prodotti dalle collisioni dei granelli di polvere che circondano il nucleo, oppure dall’evaporazione di questi quando sono riscaldati dalla radiazione solare [1] [2]. Quello che è certo è che finora di code di sodio ne sono state osservate ben poche: solo alcune comete più brillanti manifestano la presenza di atomi neutri di sodio nella chioma quando scendono al di sotto di 0,7 unità astronomiche dal Sole e solo una, la Hale-Bopp del 1997, aveva mostrato una coda di sodio di ben 30 milioni di chilometri [3]!
Questo conferma anche la precedente osservazione spettrografica del 16 novembre scorso [4] di Vikrant Kumar Agnihotri, di Kota, in India. Anche lui aveva osservato un interessante picco non meglio identificato attorno ai 590-600 nm. ma la scarsa risoluzione disponibile ne rendeva incerta l’identificazione. Allora la Ison era a 0,6 U.A. dal Sole, e già mostrava la sua interessante traccia di sodio.


Note:

Note:

  1. I particolari della ripresa li trovate qui.
  2. la riga di emissione D (il doppietto del sodio, consulta Le linee di Fraunhofer su questo sito)  è a 589 nm.

Riferimenti:

  1. J. Watanabe, H. Kawakita, R. Furusho, and M. Fuj, "Heliocentric Dependence of the Sodium Emission of Comet 153P/Ikeya-Zhang", The Astrophysical Journal, 2003. http://iopscience.iop.org/1538-4357/585/2/L159/fulltext/16936.text.html
  2. G. Cremonese, "Array", Space Science Reviews, vol. 90, pp. 83-89, 1999. http://dx.doi.org/10.1023/A:1005281611036

Umberto Genovese

Autodidatta in tutto - o quasi, e curioso di tutto - o quasi. L'astronomia è una delle sue più grandi passioni. Purtroppo una malattia invalidante che lo ha colpito da adulto limita i suoi propositi ma non frena il suo spirito e la sua curiosità. Ha creato il Blog Il Poliedrico nel 2010 e successivamente il Progetto Drake (un polo di aggregazione di informazioni, articoli e link sulla celebre equazione di Frank Drake e proposto al l 4° Congresso IAA (International Academy of Astronautics) “Cercando tracce di vita nell’Universo” (2012, San Marino)) e collabora saltuariamente con varie riviste di astronomia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro "Interminati mondi e infiniti quesiti" sulla ricerca di vita intelligente nell'Universo, riscuotendo interessanti apprezzamenti. Definisce sé stesso "Cercatore".
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2 commenti:

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