L’antico oceano di Marte

Nell’attesa che il rover Curiosity – sbarcato su Marte soltanto ieri l’altro – inizi il suo prezioso lavoro sul campo, vorrei ricordare l’ipotesi della presenza di un antico oceano sul Pianeta Rosso.

La Terra senz’acqua. Eppure da una analisi altimetrica dedurre dov’erano gli oceani non è difficile. Credit: Il Poliedrico

Provate ad immaginare che tutta l’acqua della Terra scompaia improvvisamente. Il favoloso Puntino Blu del cosmo ridotto a una insignificante palla polverosa.
Eppure nonostante tutto, per un osservatore attento non è impossibile ricostruire – con un certo margine di incertezza è ovvio – l’antico aspetto del pianeta.
In fondo non è difficile il concetto di fondo: tutti le foci dei corsi d’acqua terminano più o meno alla medesima quota con uno scarto di poche decine di metri, mentre una mappa altimetrica mostra tutte le aree al di sopra e al di sotto di tale limite.
Riassumendo, il Rio delle Amazzoni e il Gange, la Senna e il Tamigi, oppure lo Huáng Hé (Fiume Giallo) e il Mississippi hanno tutti una cosa in comune: sboccano tutti in diversi oceani comunicanti tra loro. Di conseguenza la quota delle loro foci, con lo scarto di pochi metri, è la stessa.
Una volta stabilito dalle analisi dei depositi di origine alluvionale e dalle tracce minerali che sul sasso polveroso una volta esisteva l’acqua allo stato liquido, immaginare l’esistenza di vaste distese d’acqua al di sotto della quota limite è il passo logico successivo; l’isoipsa 1 che congiunge tutte le foci rappresenta quello che adesso noi chiamiamo livello del mare.

Una rappresentazione artistica di come sarebbe potuto apparire Marte durante il Noachiano, 3,5 miliardi di anni fa. – Credit Wikipedia

Per nostra fortuna ancora la Terra non ha perso la sua acqua, lo farà fra diversi miliardi di anni se tutto va bene, ma c’è un posto dove si può verificare questo schema: Marte.
In un lavoro apparso nel 2010 su Nature Geoscience 2   i geologi planetari Gaetano D’Achille e Brian M. Hynek, all’epoca in organico all’Università del Colorado,  hanno analizzato i dati delle missioni NASA ed ESA a partire dal 2001 e hanno identificato almeno 56 strutture naturali che appaiono come antichissimi corsi d’acqua e le loro foci, identificandone almeno 29 che hanno in comune la stessa quota.
La superficie equipotenziale risultante pare essere un bacino che copre circa il 36% della superficie 3 marziana, che se fosse riempito d’acqua corrisponderebbe a circa 124 milioni di chilometri cubi distribuiti sull’emisfero settentrionale.
L’emisfero settentrionale di Marte è noto per avere una quota media notevolmente inferiore rispetto al resto del pianeta. Le pianure settentrionali conosciute con il nome di Vastitas Borealis si trovano 4-5 km al di sotto del raggio medio del pianeta; questa curiosa caratteristica di Marte è conosciuta come Dicotomia Marziana, scoperta nel 1972 dalla sonda Mariner 9.
Quindi la famosa dicotomia marziana avrebbe un significato ancora più preciso: circa 3,5 miliardi di anni fa il nord del pianeta occupato da un vasto e poco profondo oceano su cui spiccavano i coni di enormi vulcani. A sud una terra asciutta e solcata da fiumi che sfociavano a nord e una piccola calotta polare.

Oceanus Borealis

PianetaVolume km³Superficie oceanica km²Superficie pianeta km²Rapporto acqua/terre emerse
Marte 1,24 × 10^88,11 × 10^7 144,798 x 10^6 0,357
Terra 1,33 x 10^91,268 × 10^9 510,072 x 10^60,708
Tabella comparativa tra il presunto oceano di Marte e gli oceani terrestri

L’estensione di Oceanus Borealis su Marte.
Credit: Università del Colorado

Comunque oggi è difficile immaginare Marte con un oceano di acqua liquida.
Adesso la pressione atmosferica diurna (636 Pa) supera appena quella del punto triplo dell’acqua 4 alle quote più basse. Più in alto questa può esistere solo come ghiaccio o vapore. Anche la temperatura media su Marte è di  -65° C, troppo poca percé l’acqua diventi liquida.
Quindi 3,5 miliardi di anni fa, durante il Noachiano 5, le condizioni ambientali dovevano essere molto diverse.
All’inizio Marte possedeva una atmosfera simile a quella attuale come composizione, ma molto più spessa, tanto da garantire sul Pianeta Rosso all’incirca la stessa pressione che c’è ora sulla Terra.
Il Sole, più pallido e piccolo di quello attuale, permetteva però un discreto effetto serra, probabilmente accentuato da più alte concentrazioni di metano atmosferico e nubi di anidride carbonica. Tutto questo avrebbe potuto innalzare la temperatura marziana sopra il punto di congelamento dell’acqua e consentire l’esistenza di un ciclo idrologico simile a quello terrestre, con nubi di vapore acqueo che si formavano sull’oceano e che si scaricavano sulla terraferma formando fiumi e scavando profonde gole.
La mancanza però di un campo magnetico importante 6 ha permesso in seguito al vento solare di spogliare Marte di gran parte della sua atmosfera e fatto evaporare il suo oceano rendendolo la piccola e polverosa palla di adesso.


 

Note:

  1. L’isoipsa (che deriva dal greco isos -> uguale e hypsos -> alto), è una linea immaginaria che unisce i punti della stessa quota, ovvero della stessa distanza verticale dal comune piano di riferimento.
  2. Ancient ocean on Mars supported by global distribution of deltas and valleys, Nature Geoscience 13 giugno 2010.
  3. L’acqua sulla Terra occupa il 71% della superficie.
  4. Il punto triplo è il punto di equilibrio stabile tra temperatura e pressione in cui una sostanza può esistere contemporaneamente come liquido, solido e vapore.  Questo equilibrio per l’acqua si raggiunge a 273,16 K (0,01 ° C ) e una pressione parziale di vapore di 611,73 pascal.
  5. vedi Blues per il Pianeta Rosso, Il Poliedrico 6 ottobre 2011.
  6. vedi L’importanza di un nucleo fuso, Il Poliedrico 8 novembre 2010.

Umberto Genovese

Autodidatta in tutto - o quasi, e curioso di tutto - o quasi. L'astronomia è una delle sue più grandi passioni. Purtroppo una malattia invalidante che lo ha colpito da adulto limita i suoi propositi ma non frena il suo spirito e la sua curiosità. Ha creato il Blog Il Poliedrico nel 2010 e successivamente il Progetto Drake (un polo di aggregazione di informazioni, articoli e link sulla celebre equazione di Frank Drake e proposto al l 4° Congresso IAA (International Academy of Astronautics) “Cercando tracce di vita nell’Universo” (2012, San Marino)) e collabora saltuariamente con varie riviste di astronomia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro "Interminati mondi e infiniti quesiti" sulla ricerca di vita intelligente nell'Universo, riscuotendo interessanti apprezzamenti. Definisce sé stesso "Cercatore".

2 commenti:

  1. Gent.mo Dott. Umberto Genovese.

    Mi presento. Sono ricercatore scientifico, scrittore e responsabile della “Commissione tecno-scientifica” dei giornalisti freelance (Free Lance International Press – Roma). In atto mi occupo anche della “Fototeca della NASA” allocata presso l’IAPS (Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali) di Roma, nell’Area di Ricerca Roma 2 di Tor Vergata.

    Ho letto il suo ottimo articolo riguardante l’antico Oceano di Marte e mi complimento. Conosco già quanto asserito dal Di Achille e dal suo collega Hynek. Oltretutto, avendo io pubblicato già nel 2002 un libro riguardante il pianeta Marte, e avendo in quel libro anticipato tutte le tesi esposte dai due ricercatori di cui sopra, sono stato anche al centro di una polemica, diciamo, di “primogenitura” riguardo la scoperta dell’Oceano. Ma né io né quei ricercatori siamo i detentori di quella scoperta, poiché il primo a parlare di un Oceano fu il prof. Faul (USA) nel 1972. A ciascuno il suo, dunque. Ma non è per questo che le sto scrivendo. Ho notato invece, con grande stupore, che lei ha pubblicato dei dati sia riguardo la superficie del pianeta Marte (dato, di solito, sottaciuto, dalle pubblicazioni accademiche, che riferiscono solo i dati orbitali, e molto meno quelli fisici…) e nondimeno ha calcolato anche la presunta superficie oceanica. A tal riguardo, Le chiedo l’autorizzazione a poter utilizzare i suoi calcoli, giacché in alcuni punti ritengo siano più esatti dei miei (ciò denota che lei ha a tal punto approfondito l’argomento da essere giunto a tali ottimi risultati). In realtà il mio calcolo della superficie mi diede a suo tempo Kmq 143.998.000, mentre lei indica 144.798.000. Immagino che la differenza sia nella diversità dei dati riferiti al raggio (della sfera) e inoltre bisogna tener conto che Marte (così come la Terra), non è una sfera perfetta, ma un geoide, con un raggio polare di 3.372 km e un raggio equatoriale di 3.397 km. Immagino che i suoi dati siano più aggiornati e più esatti dei miei… Il mio calcolo della massa oceanica sarebbe di kmq 51.850.000, ma ritengo che neanche in questo io abbia dati esatti.

    Il mio prossimo libro (“Rosso Vivo” – Le verità scientifiche di Marte – Ed. Nexus Padova), sarà in libreria per prossimo autunno.

    In attesa di leggerLa le invio i più cordiali saluti.

  2. La ringrazio vivamente dei complimenti e mi scuso per non aver visto prima il suo commento in attesa di moderazione.

    Per quanto riguarda la paternità della tesi dell'Oceanus Borealis di Marte purtroppo non conoscevo i suoi lavori e quelli del Dott. Faul per poterli correttamente citare nel mio articolo.

    La tabella è semplicemente il frutto dei lavori compiuti dal Di Achille e Hynek – disponibili sula mia pagina Scribd accessibile dal menù del Blog – che hanno stimato l'ampiezza dell'oceano attraverso i dati del Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA) e poi paragonati da me con l'estensione marziana comunemente accettata dalla Comunità Scientifica Internazionale.

    Se vuole può utilizzare tranquillamente questi dati, e anche altre parti di questo testo, nel rispetto della naturale licenza Creative Common che accompagna ogni mio articolo citando le fonti.

    Ancora grazie per il suo interesse.

    A presto, Umby

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