La scienza spesso è descritta come incredibilmente noiosa e rigida. Invece è ben più potente e bella di qualsiasi magia. Questa è la storia di un curioso animaletto.
Se foste invitati a citare l’animale più straordinario che ammirate potreste indicare il leone, noto per la sua regale fama, oppure la tigre per la sua bellezza, o gli squali, i puma, i delfini etc.
A nessuno verrebbe certo in mente di rammentare il tardigrado, uno dei più curiosi e diffusi animali del pianeta. Dimensionalmente il tardigrado è piccolissimo, meno di un millimetro anche se occasionalmente sono stati catalogati animaletti lunghi fino a 1,5 millimetri. A differenza di tante altre forme di vita terrestre, eccezion fatta dei mesozoi, il numero delle cellule di un T. è costante per tutta la sua esistenza; non c’è mitosi, esse crescono semplicemente in dimensione.
Sono stati trovati T. in vetta all’Everest, in Antartide, nel deserto di Atacama e in ogni altro luogo del pianeta. Esso può sopravvivere nel vuoto dello spazio [1], come a massicce dosi di radiazioni dell’ordine di centinaia di sievert (6 sievert uccidono un uomo), a pressioni di 6000 (seimila) atmosfere.
Le bizzarre peculiarità di questo bizzarro animaletto derivano da una classe di proteine, le Intrinsically Disordered Proteins (IDP) [2], che bloccano il degrado delle strutture cellulari quando viene a mancare loro l’acqua fissandosi e diventando inerti. In pratica i T. si vetrificano quando l’acqua delle loro cellule viene a mancare o cambia stato 1.
La Stazione Spaziale Internazionale è un enorme laboratorio spaziale. Lì vengono svolti continuamente tantissimi esperimenti che vanno dalla fisica dei raggi cosmici alla medicina, dalla fisica dei plasmi all’agricoltura a gravità zero.
Uno di questi esperimenti riguarda il pulviscolo cosmico e micrometeoriti, che possono essere un pericolo concreto per le missioni extraveicolari 2.
Questo esperimento dura ormai da diversi anni e consiste in trappole di gel di silicone esposto al vuoto dello spazio capace di trattenere le microparticelle che periodicamente vengono esaminate col microscopio elettronico per studiarne la forma e le dimensioni.
Nel finire dell’agosto del 2015 in alcune trappole poste sul lato superiore dello scafo della stazione gli scienziati trovarono … alcuni tardigradi inerti! Subito si pensò a una contaminazione delle gelatine, ma trappole dello stesso lotto poste sulla parte inferiore dello scafo (quella rivolta alla Terra) non mostrarono niente di anomalo; alcune di loro erano addirittura intonse come ci si sarebbe aspettato.
Nei mesi successivi alcuni ricercatori giapponesi del Koushiryoku Kenkyuujo sotto la guida del prof. Yumi[3], studiarono i curiosi risultati delle trappole e scoprirono che eventi simili si erano già verificati negli anni precedenti ma che questi erano stati sbrigativamente classificati come campioni contaminati da materiale biologico terrestre.
È stata la curiosa coincidenza con le congiunzioni inferiori di Venere, cioè quando la Terra e Venere sono nel punto più vicino della loro orbita (ogni 584 giorni, ossi un anno e 7 mesi circa) che ha insospettito i ricercatori giapponesi. E puntualmente — come previsto dalle loro ricerche — il 19 marzo di quest’anno le trappole di gel dell’ISS hanno catturato altri tardigradi.
L’ipotesi che la vita potesse annidarsi nella parte superiore dell’atmosfera venusiana non è affatto nuova [4]. Mentre sulla superficie del pianeta regnano temperature intorno ai 740 kelvin e pressioni di 92 atmosfere — quelle cioè che si sperimentano sulla Terra oltre i 900 metri di profondità negli oceani, la sommità dell’atmosfera di Venere, tra i 50 e i 65 chilometri dalla superficie del pianeta, offre condizioni di temperatura e pressione molto simili a quelle della Terra.
Se è evidente come i T. possano sopravvivere tranquillamente al vuoto dello spazio, occorre capire come questi arrivino fino alla Terra. Il meccanismo di trasporto invece lo si spiega benissimo: Il vento solare.
Venere non ha una magnetosfera come la Terra, quindi il vento solare riesce a raggiungere l’atmosfera superiore riscardala e disperderla nello spazio come se fosse la coda di una cometa [5].
La distanza tra Venere e la Terra nel momenti di congiunzione inferiore varia tra i 40 e i 42 milioni di chilometri, cioè appena un centinaio di volte la distanza Terra-Luna circa. Alla velocità media di 300 km/sec., tipica del vento solare, occorre appena un giorno e mezzo per coprire tale distanza.
Questa scoperta risolverebbe anche il dilemma avanzato dal Paradosso del Sole Freddo [6], che sostiene che il Sole 4 miliardi di anni fa era troppo debole per sostenere una temperatura adatta alla vita sulla Terra, mentre Venere probabilmente aveva oceani e mari più caldi ed adatti allo sviluppo della vita. Successivamente le condizioni alla superficie si sarebbero fatte troppo proibitive e la vita venusiana sarebbe migrata negli strati più alti dell’atmosfera dove da lì potrebbe essere stata poi trasportata sugli altri mondi dal vento solare.
Forse siamo tutti venusiani dopotutto.
Note:
Riferimenti:
- R. L, A. T, G. R, C. M, B. R, N. M, and . Rizzo AM, "Tardigrade Resistance to Space Effects: first results of experiments on the LIFE-TARSE mission on FOTON-M3 (September 2007) - PubMed", PubMed, 2009. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19663764
- "Tardigrades use unique protein to protect themselves from desiccation", 2017. https://phys.org/news/2017-03-tardigrades-unique-protein-desiccation.html
- . Gennosuke Yumi, Tetsuya Tsurugi, Koji Kabuto, Sakaya Yumo, Tetsuwan Atom, Hiroshi Shiba, "Extraterrestrial hypothesis for the origin of tardigrades", Koushiryoku Kenkyuujo, 2017. https://ilpoliedrico.com/wp-content/uploads/2017/03/Extraterrestrial-hypothesis-for-the-origin-of-tardigrades.pdf
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