Mars


Trailer della mini serie Mars di Ron Howard e Brian Grazer

A me non piace parlare di qualcosa che non conosco. Dopo aver visto questa mini serie – sei puntate di 47 minuti ciascuna – sento fortissimamente invece il bisogno di dire anch’io la mia.
Fantastica. Non possono esserci altre parole che questa per descriverla.
Anche se la storia principale è ambientata nel futuro (2033 – 2037), non trovo che il termine descrittivo fantascienza le si possa attribuire. È più una proiezione romanzata e piuttosto realistica di cosa dovrebbero aspettarsi i primi futuri esploratori umani di Marte.
In mezzo a questo plausibile scenario spezzoni di registrazioni di archivio, interviste e istantanee sullo stato attuale della ricerca per l’esplorazione umana del cosmo, trasformano la mini serie in un film documentario  molto ben fatto.
Mars non fa sconti. Tragedie umane, errori e incidenti vengono dipinti nella loro cruda realtà. Ma anche affetto, spirito di sacrificio e volontà sovrumane vengono evidenziate con altrettanta chiarezza.


Il prequel di Mars in lingua originale

Ed è proprio su questi punti che vi invito a riflettere.
Marte è solo il principio. Se volessimo individuare un trampolino di lancio per il grande tuffo nell’Oceano Cosmico, solo Marte potrebbe esserlo. Nonostante possa essere strategicamente importante per l’esplorazione umana del cosmo, la Luna è ancora troppo vicina alla madre Terra perché possa esserlo. Un insediamento umano permanente sulla Luna potrebbe essere essenziale per conquistare Marte, ma non potremmo mai considerarci una specie interplanetaria finché non avremmo colonizzato Marte.
E colonizzare Marte significa creare un insediamento umano autosufficiente. I futuri coloni avranno davanti a sé un mondo ostile, senz’aria e sterile. Questi non potranno contare sui rifornimenti da casa, dovranno arrangiarsi con le scorte iniziali e quel poco che il Pianeta Rosso potrà loro offrire in quel momento. Le sfide ingegneristiche saranno enormi, ma niente che non sia già alla portata della tecnologia attuale o di quella che si svilupperà nel giro dei prossimi cinquant’anni.
Ma la sfida più grande sarà tutta umana. Fino alla prima metà del XX secolo le esplorazioni erano tutte ad alto rischio di perdite di vite umane. Cercate le storie di Roald Amudsen che nel 1911 raggiunse il Polo Sud e quelle di Frederick Cook per il Polo Nord. La conquista dei poli richiese il grande sacrificio di uomini, mezzi e capitale. Cercate la tragedia del dirigibile Italia comandato da Umberto Nobile [1] e capirete cosa intendo. Allora non c’erano satelliti guida, aerei e altri mezzi di soccorso e anche domani i pionieri di Marte saranno soli.
Eppure quello è inevitabilmente il futuro della specie umana se non ci avviteremo in una spirale di odio alimentata dai tanti manicheismi odierni.
Diventare una specie interplanetaria sarebbe il salto evolutivo più importante del genere Homo dalla comparsa dell’Homo Sapiens. Il bello è che questa volta potremmo essere noi a decidere il futuro evolutivo della nostra specie.
Come giustamente viene fatto notare nell’ultima puntata 1, l’incidente dell’Apollo 13 – e l’esoso costo del conflitto in Vietnam – spinse gli Stati Uniti a rivedere le sue priorità nella ricerca spaziale; da una parte Von Braun che sosteneva un ambizioso programma spaziale rivolto verso Marte 2 e dall’altra il Presidente Richard Nixon che non era mai stato un grande sostenitore dell’esplorazione spaziale. Alla fine vinse il programma meno costoso e meno ambizioso, quello dello Space Shuttle. Non che lo Shuttle non servisse, anzi, ci ha dato la prima vera stazione spaziale internazionale ISS e tanto altro, ma per quasi cinquant’anni ci siamo fermati ai margini del conosciuto. Più in là abbiamo osato mandare solo piccoli robot e sonde automatiche. La strategia dei piccoli passi di Nixon quasi certamente ci ha resi più maturi e consapevoli di quanto lo fossimo stati nell’era pre-spaziale ai tempi del programma Gemini e di questo credo dovremmo essergli grati.

Ma adesso è giunto il momento di andare oltre, verso Marte.

Note:

  1. Non voglio anticipare niente a coloro che non l’hanno ancora vista, ma se si cerca in rete la si trova.
  2.  Next, Mars and Beyond, 25 luglio 1969.
    «Even as man prepared to take his first tentative extraterrestrial steps, other celestial adventures beckoned him. The shape and scope of the post-Apollo manned space program remained hazy, and a great deal depends on the safe and successful outcome of Apollo 11. But well before the moon flight was launched, NASA was casting eyes on targets far beyond the moon. The most inviting: the earth’s close, and probably most hospitable, planetary neighbor. Given the same energy and dedication that took them to the moon, says Wernher von Braun, Americans could land on Mars as early as 1982.».

Riferimenti:

Umberto Genovese

Autodidatta in tutto - o quasi, e curioso di tutto - o quasi. L'astronomia è una delle sue più grandi passioni. Purtroppo una malattia invalidante che lo ha colpito da adulto limita i suoi propositi ma non frena il suo spirito e la sua curiosità. Ha creato il Blog Il Poliedrico nel 2010 e successivamente il Progetto Drake (un polo di aggregazione di informazioni, articoli e link sulla celebre equazione di Frank Drake e proposto al l 4° Congresso IAA (International Academy of Astronautics) “Cercando tracce di vita nell’Universo” (2012, San Marino)) e collabora saltuariamente con varie riviste di astronomia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro "Interminati mondi e infiniti quesiti" sulla ricerca di vita intelligente nell'Universo, riscuotendo interessanti apprezzamenti. Definisce sé stesso "Cercatore".
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