Zenone, Olbers e l’energia oscura (seconda parte)

Nella prima parte di quest’articolo credo di aver dimostrato come nella risposta al paradosso di Olbers si nasconda la prova principe dell’Universo in espansione. Tale affermazione ci svela l’Universo per quello che veramente è. L’Energia Oscura per ora lasciamola per un attimo in disparte e diamo uno sguardo all’aspetto reale dell’Universo prima di approfondire questa voce.

La geometria locale dell'universo è determinato dal fatto che l'Ω densità relativa è inferiore, uguale o maggiore di 1. Dall'alto in basso: un sferica universo con maggiore densità critica (Ω> 1, k> 0); un iperbolica , universo underdense (Ω <1, k <0); e un universo piatto con esattamente la densità critica (Ω = 1, k = 0). L'universo, a differenza dei diagrammi, è tridimensionale.

La geometria locale dell’universo è determinata dalla sua densità. media come indicato nell’articolo.  Dall’alto in basso: un universo è sferico se il rapporto di densità media supera il valore critico 1 (Ω> 1, k> 0) e in questo caso si ha il suo successivo collasso (Big Crunch); un universo iperbolico nel caso di un rapporto di densità media inferiore a 1 (Ω <1, k <0) e quindi destinato all’espansione perpetua (Big Rip); e un universo piatto possiede esattamente il rapporto di densità critico (Ω = 1, k = 0). L’universo, a differenza dei diagrammi, è tridimensionale.

È nella natura dell’uomo tentare di decifrare l’Universo.  Le tante cosmogonie concepite nel passato lo dimostrano.  Un Uovo  Cosmico,  il Caos, la guerra tra forze divine contrapposte, sono stati tutti tentativi di comprendere qualcosa che è immensamente più grande. Ma solo per merito degli strumenti matematici e tecnologici che sono stati sviluppati negli ultimi 400 anni possiamo affermare oggi che si è appena scalfito l’enorme complessità del  Creato.
Fino a neanche cento anni fa l’idea che il cosmo fosse così enormemente vasto non era neppure contemplata: si pensava che le altre galassie lontane fossero soltanto delle nebulose indistinte appartenenti alla Via Lattea [cite]https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Dibattito[/cite].
Il dilemma nel descrivere matematicamente l’Universo apparve ancora più evidente con l’applicazione delle equazioni di campo della Relatività Generale [cite]https://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_di_campo_di_Einstein[/cite] in questo contesto. Emergeva così però un quadro ben diverso rispetto a quanto supposto. Fino ad allora era sembrato ragionevole descrivere l’universo ipotizzando che le diverse relazioni tra le diverse quantità fisiche fossero invarianti col variare dell’unità di misura e del sistema di riferimento. In pratica si ipotizzava un universo statico, isotropo sia nello spazio che nel tempo. Un universo così semplificato senza tener conto del suo contenuto di materia ed energia potremmo descriverlo geometricamente piatto (Ω=1 che indica il rapporto tra la densità rilevata e la densità critica ρ/ρc), dove la somma degli angoli di un triangolo arbitrariamente grande e idealmente infinito restituisce sempre i 180° come abbiamo imparato a scuola [cite]https://it.wikipedia.org/wiki/Universo_di_de_Sitter[/cite]. Il problema è che l’Universo non è vuoto; contiene materia, quindi massa, e energia. In questo caso le equazioni di campo usate nei modelli di Friedmann propongono due soluzioni molto diverse tra loro. Infatti se il rapporto di densità media della materia, indicata dalla lettera greca Ω, dell’universo fosse minore o uguale rispetto a un certo valore critico (Ω1), allora l’universo risulterebbe destinato a essere spazialmente infinito. Oppure, se il rapporto di densità media dell’universo fosse più alto (Ω>1) allora il campo gravitazionale prodotto da tutta la materia (non importa quanto distante) finirebbe per far collassare di nuovo l’universo su se stesso in un Big Crunch. Comunque, in entrambi i casi queste soluzioni implicano che ci fosse stato nel passato un inizio di tutto: spazio, tempo, materia ed energia, da un punto geometricamente ideale, il Big Bang [1. Chiedersi cosa ci fosse spazialmente al di fuori dell’Universo o prima della sua nascita a questo punto diventa solo speculazione metafisica, il tempo e lo spazio come li intendiamo noi sono una peculiarità intrinseca a questo Universo.].

Were the succession of stars endless, then the background of the sky would present us an uniform luminosity, like that displayed by the Galaxy – since there could be absolutely no point, in all that background, at which would not exist a star. The only mode, therefore, in which, under such a state of affairs, we could comprehend the voids which our telescopes find in innumerable directions, would be by supposing the distance of the invisible background so immense that no ray from it has yet been able to reach us at all.
Se la successione delle stelle fosse senza fine, allora il fondo del cielo si presenterebbe come una luminosità uniforme, come quella mostrata dalla Galassia, dato che non ci sarebbe assolutamente alcun punto, in tutto il cielo, nel quale non esisterebbe una stella. La sola maniera, perciò, con la quale, in questo stato di cose, potremmo comprendere i vuoti che i nostri telescopi trovano in innumerevoli direzioni, sarebbe supporre che la distanza del fondo invisibile sia così immensa che nessun raggio proveniente da esso ha potuto finora raggiungerci”

Tornando un passo indietro al famoso Paradosso di Olbers. Una soluzione alquanto intelligente venne proposta dal poeta americano Edgard Allan Poe in un saggio intitolato Eureka: A Prose Poem [cite]http://www.eapoe.org/works/editions/eurekac.htm[/cite], tratto da una conferenza precedente da lui presentata a New York. Vi cito il brano nel riquadro qui accanto (perdonate per la traduzione forse raffazzonata).  Sarebbe bastato indagare un po’ di più sui limiti imposti dalla fisica per capire che la soluzione fino ad allora proposta, ossia che una moltitudine di nebulose oscure avrebbero oscurato la radiazione stellare più distante, non era quella giusta. Invece un universo dinamico in espansione e  che avesse avuto un inizio certo in un momento passato lo sarebbe stato, più o meno come suggerito da H. A. Poe. Con la scoperta della recessione delle galassie grazie agli studi di Edwin Hubble tra il 1920 e il 1923 divenne evidente che l’Universo era in realtà un universo dinamico in espansione come le soluzioni proposte da Lemaitre e Friedmann usando le equazioni di campo di Albert Einstein suggerivano.

La teoria cosmologica del Big Bang, il modello inflazionario

Il quadro che finalmente emergeva dalle equazioni di Friedman e che come ho descritto la volta scorsa tiene conto dell’espansione metrica del tessuto spazio-tempo, dalla recessione delle galassie al paradosso da me citato più volte, indica un inizio temporale dell’Universo nel passato insieme a tutta la materia e l’energia che oggi osserviamo. Per spiegare la piattezza (Ω=1) dell’Universo attuale nel 1979 il fisico americano Alan Guth – e indipendentemente da altri cosmologi come il russo Andrej Linde – suggerì che l’Universo subito dopo la sua formazione (da 10-35 secondi a 10-32 secondi) si sia gonfiato così rapidamente da provocare un superaffreddamento della sua energia, da 1027 K fino a 1022 K.  In questa fase tutto l’Universo sarebbe passato dalle dimensioni di 10-26 metri (un centimiliardesimo delle dimensioni di un protone) a 10 metri di diametro, ben 27 ordini di grandezza in una infinitesima frazione di secondo. Durante quest’era chiamata inflattiva, un sussulto nell’energia, un po’ come una campana che risuona dopo esser stata colpita da un battacchio, avrebbe avviato un processo di ridistribuzione dell’energia verso uno stato di equilibro contrastando così il superrafreddamento causato dall’espansione. Questo processo avrebbe finito per far decadere il campo inflativo, chiamato appunto Campo Inflatone e responsabile dell’inflazione iniziale, verso uno stato abbastanza stabile chiamato falso vuoto e provocando una transizione di fase dello stesso campo che ha quindi dato origine a tutta la materia, compresa ovviamente quella oscura, e tutta l’energia che oggi osserviamo nell’Universo.

Permettetemi un breve digressione: Quando accendiamo una candela, facciamo esplodere qualcosa, che sia un esplosivo al plastico oppure del granturco per fare il pop corn, o più semplicemente sentiamo sulla pelle il calore del sole che ha origine nelle reazioni termonucleari al centro della nostra stella, quella è ancora l’energia, riprocessata in migliaia di modi diversi, che scaturì col Big Bang.

Fu appunto quest’era inflattiva, dominata dal campo inflatone a dilatare così tanto l’Universo da fargli assumere l’aspetto così sorprendentemente piatto che oggi conosciamo, una curvatura così ampia da sembrate piatta 1, così vicina al canonico valore di Ω=1.

L’espansione post inflazionistica: il problema della densità

Se volete dilettarvi sulla transizione di fase, provate a gettare una tazzina d’acqua bollente nell’aria fredda abbondantemente sotto zero. Più o meno è lo stesso processo accaduto al campo inflatone: un campo energetico (l’ acqua calda nella tazzina) che viene liberata nell’aria super fredda (universo inflazionato). Il nevischio sono le particelle scaturite dalla transizione di fase dell’acqua.

Con il suo decadimento, la spinta del campo inflatone cessa di essere il motore dell’espansione dell’Universo ma la spinta continua per inerzia, con una piccola differenza: la presenza della materia.
Ormai il campo inflatone è decaduto  attraverso un cambiamento di fase che ha dato origine a tutta la materia che osserviamo direttamente e indirettamente oggi nel cosmo. Piccole fluttuazioni quantistiche in questa fase possono essere state le responsabili della formazione di buchi neri primordiali [cite]http://ilpoliedrico.com/2016/06/materia-oscura-e-se-fossero-anche-dei-buchi-neri.html[/cite]. Ma al di là di quale natura la materia essa sia, materia ordinaria, materia oscura, antimateria, essa esercita una debolissima forza di natura esclusivamente attrattiva su tutto il resto; la forza gravitazionale. 
Quindi, come previsto dalle succitate equazioni di Friedmann, è la naturale attrazione gravitazionale prodotta dalla materia a ridurre quasi ai ritmi oggi registrati per l’espansione.
Ma tutta la materia presente nell’Universo comunque non pare sufficiente a frenare e fermare l’espansione.
La densità critica teorica dell’Universo ρc è possibile calcolarla partendo proprio dal valore dell’espansione metrica del cosmo espressa come Costante di Hubble H0 [cite]http://arxiv.org/abs/1604.01424[/cite] secondo le più recenti stime:
ρc=3H028πG 
Assumendo che H0 valga 73,24 km/Mpc allora si ha un valore metrico di H0=(73,24×1000)3,086×1022=2,3733×1018m
Quindi 3×2,3733×101828×π×6,6725911=1,0076126kg/m3
Conoscendo il peso di un singolo protone (1,67 x 10-24 grammi) o al noto Numero di Avogadro che stabilisce il numero di atomi per una data massa, si ottiene che 1,00761×1026×10001,67×1024=6,003che sono appena 6 atomi di idrogeno neutro per metro cubo di spazio (ovviamente per valori H0 diversi anche il valore assunto come densità critica ρc cambia e di conseguenza anche il numero di atomi per  volume di spazio).
Ora se volessimo vedere quanta materia c’è nell’Universo potremmo avere qualche problema di scala. Assumendo una distanza media tra le galassie di 2 megaparsec e usando la massa della nostra galassia a confronto, 2 x 1042 chilogrammi, otterremo all’incirca il valore ρ quasi corrispondente a quello critico (5 atomi per metro cubo di spazio). Eppure, se usassimo come paragone l’intero Gruppo Locale (La Via Lattea, la Galassia di Andromeda, più un’altra settantina di galassie più piccole) che si estende per una decina di Mpc di diametro per una massa complessiva di appena 8,4 x 1042 kg [cite]http://arxiv.org/abs/1312.2587[/cite], otteniamo un valore meno di cento volte inferiore (0,04 atomi per metro cubo di spazio). E su scala maggiore la cosa non migliora, anzi.
L’Universo appare per quel che è oggi, un luogo freddo e desolatamente vuoto, riscaldato solo dalla lontana eco di quello che fu fino a 380 mila anni dopo il suo inizio.
(fine seconda parte)

Carnevale della fisica n° 41, seconda chiamata!

logo-poliedrico1Per  la prima volta nella sua storia Il Poliedrico ospita un Carnevale della Fisica, il numero 41.
Il tema scelto per questa edizione è sicuramente impegnativo, la fisica e la saggezza contadina, ma senz’altro intrigante per i tanti punti di contatto che due mondi così lontani eppure, spesso inconsaspevolmente, condividono.
Mancano solo altri sette giorni per raccogliere  il vostro contributo a questa edizione (qui trovate il regolamento), che ho deciso comunque di estendere per l’occasione anche a chi non ha un suo blog offrendo ospitalità a chi vorrà partecipare inviando una semplice email a carnevaledellafisica@ilpoliedrico.com o  a info@ilpoliedrico.com.
Se avete inviato le vostre opere e non avete avuto una conferma dell’avvenuta ricezione comunicatemelo, anche sulla pagina ufficiale del Blog su Facebook o commentate qui sotto, a volte capita che qualcosa purtroppo si smarrisca, e questo non è desiderabile.

Dunque buon Carnevale della Fisica a tutti, vi aspetto numerosi.
Cieli Sereni

Canon Hack Development Kit (seconda parte)

Scrivere una recensione completa di CHDK richiederebbe senz’altro  un libro, mi limito qui solo a illustrare le caratteristiche che ritengo più importanti per un uso scientifico.

Canon Powershot A650is

La possibilità di memorizzare le immagini in formato RAW non compresso è forse uno dei punti di forza di questo firmware esteso.
Il formato RAW per le sue peculiari caratteristiche di elaborazione, di solito viene reso disponibile dal produttore solo nelle fotocamere di livello più alto, macchine che possono essere troppo costose per l’uso didattico nelle scuole o per molti semplici amatori.
Il normale formato JPEG, che rimane comunque abbastanza fedele per un uso normale, consente di memorizzare molte immagini in  poco spazio a scapito di una certa perdita di informazioni dovuta alla compressione dell’immagine. Questo purtroppo non è affatto sufficiente per un uso scientifico dell’immagine.
Il RAW invece riporta fedelmente quanto è stato registrato direttamente dal sensore CCD, a scapito  di un maggiore spazio occupato dall’immagine. In questo modo è possibile una elaborazione successiva più spinta, oppure la lettura del valore assoluto di determinati pixel nell’immagine per analisi statistiche, più deboli particolari che nella compressione JPEG vengono irrimediabilmente persi  etc.
Ovviamente CHDK consente di scegliere tra i due formati. Il RAW prodotto da CHDK però non è leggibile nativamente dai software classici come Adobe Photoshop o Gimp 1, questo perché il costruttore non rilascia le caratteristiche del flusso dati in uscita dal sensore CCD.
Anche se l’ADC usato in molte Powershot è a 12 bit,  il RAW prodotto da CHDK è a 10 bit perché i 2 bit meno significativi non sono collegati (conterrebbero solo il rumore del sensore). Questo significa che in RAW sono comunque disponibili 2^10 livelli di colore per ogni pixel, cioè 1024 gradi di tonalità diversi. Non è comunque male!

Un’altra caratteristica importante in astronomia è la possibilità di utilizzare tempi molto lunghi per lo scatto. Questo è possibile sia attraverso la programmazione di script eseguibili inseriti nella scheda SD in una apposita cartella o per mezzo di circuiti pilota via porta USB, come avviene nelle fotocamere di fascia alta con lo strumento per lo scatto remoto. Questa capacità unita alla possibilità di registrare immagini in formato RAW trasforma queste fotocamere in potenti strumenti di ricerca scientifica a basso costo.

Inoltre la facoltà di programmare la fotocamera attraverso dei semplici script eseguibili 2 apre infiniti scenari di impiego: è possibile ad esempio fare in modo che la fotocamera scatti immagini a intervalli prestabiliti, fare in modo che si adatti automaticamente alle variazioni di luminosità ambientale o che addirittura possa scattare un’immagine solo quando il sensore CCD rileva un movimento nel campo inquadrato 3.
Questa è probabilmente la killer application di CHDK: la capacità di eseguire script all’interno della fotocamera senza alcuna necessità di essere pilotata da un computer esterno. Si può così controllare la fotocamera anche per giorni se necessario in maniera del tutto automatica, basta assicurarle una fonte di energia esterna sufficiente.

Il bello è che CHDK e i  suoi programmi risiedono nella stessa SD delle foto e che tutto il firmware viene caricato nella memoria RAM interna della fotocamera, senza sovrascrivere alcunché del firmware originale 4. Basta spegnere la fotocamera e togliere la schedina che questa torna normale, senza invalidare la garanzia!
Se non si ha dimestichezza con le  tecniche di programmazione, niente paura! dal sito web di CHDK sono disponibili decine di script già testati e funzionanti, oppure si può chiedere assistenza sul forum del celebre firmware.

La prossima volta parlerò delle tecniche di ripresa astronomica che si possono fare con questi gioiellini. Restate sintonizzati!

Canon Hack Development Kit (prima parte)

 

La Seconda Repubblica e la Fellatio di Stato

Una volta ci fu la P2, una organizzazione clandestina composta da personaggi più o meno noti, provenienti dal mondo dell’editoria, dello spettacolo, dello Stato e dei vertici militari. Questi bene o male, avevano un disegno eversivo ben preciso, quasi totalmente realizzato nella Seconda Repubblica, periodo storico in cui la realtà italiana, frutto della ricostruzione postbellica e memore di una storia millenaria, è stata distrutta e mortificata, sacrificata sull’altare di opere cementizie  inutili, sul degrado urbano e ambientale e sull’edonismo, spesso anche un po’ misogeno. 
e ora invece c’è la P3… il cui unico obbiettivo è  il potere, potere  dato dal denaro, l’appalto regalato ad amici,  la lista elettorale utile aggiustata, in cambio di regalie varie: la corruzione fatta sistema, non più denaro per il partito come era nella  Prima Repubblica, ma la fellatio garantita in cambio di una misera licenza edilizia; un po’ come accade nel degrado infinito delle scuole pubbliche della Seconda Repubblica dove,  grazie ai continui tagli di bilancio imposti, ormai non sono più scuole ma parcheggi per futuri adulti, ci sono ragazzine che si prostituiscono in cambio di una ricarica per cellulare.
Questo è l’universo italiano della Seconda Repubblica prodotta dal successo del disegno della P2: una P3, dove Cesare, principale protagonista della Seconda Repubblica, ha talvolta ragione a definire i quattro, o quaranta non importa, che si sono fatti beccare “sfigati”; e si capisce, ora più che mai, il senso di volere a tutti costi impedire le indagini della magistratura e  imbavagliare la libera informazione, soprattutto quella fuori da ogni controllo ufficiale come i blogger.
Se non altro adesso non avremmo saputo della P3, gli sfigati non sarebbero stati sfigati e, soprattutto, non sapremmo di Cesare….

Le origini della Vita (seconda parte)

La «panspermia» è una teoria riguardante l’evoluzione e l’origine della vita sulla Terra alla luce delle attuali scoperte scientifiche di cui disponiamo.
Essa sostiene che la vita sulla Terra proviene dallo spazio, e che solo l’evoluzione della vita a forme più elevate possa essere stata autoctona.

Al contrario di si potrebbe supporre, la panspermia non è una teoria del tutto nuova, il primo a parlarne fu il filosofo greco Anassagora, che a sua volta influenzò il pensiero di Socrate. Tuttavia, il pensiero aristotelico della generazione spontanea fu scelto dalla scienza per più di 2000 anni. Poi nel 1864 il chimico francese Louis Pasteur dimostrò coi suoi esperimenti l’infondatezza di questa teoria smentendo l’ipotesi della generazione spontanea. Nel 1870 il fisico inglese Lord Kelvin e il fisico tedesco Hermann von Helmholtz incoraggiati dagli studi di Pasteur ipotizzarono che la vita potrebbe essere arrivata dallo spazio, ma fu nel primo decennio del 1900, che il chimico e premio Nobel svedese Svante Arrhenius teorizzò che spore batteriche provenienti dallo spazio possono essere stati i semi della vita sulla Terra.
Nel 1920, il biochimico russo Aleksandr Oparin e indipendentemente il genetista inglese Haldane, riproposero la dottrina della generazione spontanea in una forma più sofisticata. Nella nuova versione, a sostegno di questa teoria, nel 1953, i chimici americani Stanley Miller e Harold Urey dimostrarono che alcuni amminoacidi possono formarsi chimicamente da una miscela di ammoniaca e metano sotto l’azione energetica di radiazioni. Questo esperimento è ormai famoso, e la teoria di Oparin-Haldane prevale ancora oggi.
A partire dagli anni 1970, gli astronomi britannici Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe riaccesero l’interesse nella panspermia. Essi proposero che le comete, che sono in gran parte fatti di ghiaccio d’acqua, veicolino la vita batterica attraverso le stelle proteggendola dai danni della radiazione interstellare con il loro ambiente.
È dimostrato infatti da campagne di osservazione eseguite principalmente con i radiotelescopi che la polvere interstellare contiene composti organici  e ormai è universalmente accettato che lo spazio contenga gli “ingredienti” della vita.
Questo sviluppo potrebbe essere il primo indizio di un cambiamento di paradigma enorme. Ma la scienza tradizionale non ha ancora accettato gli assunti della panspermia moderna, nonostante che molti membri della comunità scientifica internazionale ne condividano le idee.
Hoyle e Wickramasinghe inoltre estesero il concetto di panspermia per farle includere una nuova comprensione dei meccanismi dell’evoluzione. Pur accettando il fatto che la vita sulla Terra si è evoluta nel corso di circa quattro miliardi di anni, che l’evoluzione non può essere spiegata solo con mutazioni casuali e la ricombinazione tra i geni per gli organismi unicellulari, anche se essi si svolgono in un ampio arco di tempo: quindi anche i programmi genetici devono venire da qualche parte oltre la Terra. Questa loro teoria estesa è chiamata «panspermia forte».

Nel frattempo, su una pista diversa, nei primi anni 1970, il chimico e inventore britannico James Lovelock ha proposto la teoria che la vita stessa controlli l’ambiente per renderlo adatto a sè stessa. La teoria, chiamata Gaia, è diventata oggetto di un piccolo ma crescente culto. Tuttavia, vista da una prospettiva darwiniana, la teoria di Gaia sembra assumere le caratteristiche di una vera teologia. È difficile immaginare come i processi proposti da Gaia che richiedono milioni di anni possano essere scoperti per tentativi ed errori. In risposta a tali critiche, Lovelock stesso ha proposto una versione meno audace di Gaia.La nuova proposta è che i processi di Gaia non sono esclusivi allaTerra, ma questi preesistono e sono universali in quanto la vita dallo spazio porta con sé i processi di Gaia. In questo modo i meccanismi di Gaia che sono necessari per lo sviluppo di forme superiori di vita possono realizzarsi su qualsiasi pianeta.
Questa nuova teoria della panspermia ampliata si chiama «Ascendenza Cosmica» e questo nuovo modo di pensare l’evoluzione e l’origine della vita sulla Terra è profondamente diverso dal paradigma scientifico dominante.
Non sono le risposte che riesce a dare la nuova teoria a scatenare il dibattito filosofico, ma le sue nuove domande:
l’Ascendenza Cosmica implica quindi che la vita non può che discendere da antenati evoluti almeno come sé stessa, e quindi che in passato non ci possa essere stata l’origine della vita dalla materia non vivente. Senza quindi cercare un intervento soprannaturale, dunque, possiamo concludere che la vita debba essere sempre esistita, quantomeno in potenza.
A tale domanda la risposta arriva dai postulati del principio antropico che afferma se una o più delle costanti fisiche fondamentali avessero avuto un valore differente alla nascita dell’universo, allora non si sarebbero formate le stelle, né le galassie, né i pianeti e la vita come la conosciamo non sarebbe potuta esistere.
Anche se queste conclusioni attraversano i confini tra scienza, filosofia e religione, l’unica misura della giustezza di una teoria scientifica è data unicamente dalle osservazioni (metodo scientifico).
Sono molte le osservazioni osservazioni scientifiche a sostegno della teoria della panspermia, fino a ipotizzare che la versione conosciuta come Ascendenza Cosmica  non sia solo un interessante esercizio puramente accademico ma che possa essere almeno l’embrione di un nuovo modo di pensare l’Universo e il ruolo che ricopriamo in questo.
Farò altri articoli per illustrare queste osservazioni, intanto vi lascio con una lista di nomi di alcuni scienziati che appoggiano l’ipotesi della panspermia e vi chiedo di scrivere il Vostro punto di vista in proposito.

Dove sono l’omini verdi… (seconda parte)

L’uomo ha sempre amato credere nell’esistenza di entità a lui superiori in grado di influenzare il mondo circostante, siano essi esseri antropomorfi o ibridati con gli animali conosciuti, come ad esempio erano rappresentate le divinità egizie o gli dei dell’Olimpo greco, a cui venivano attribuite tutte le casualità e le causalità che gli accadevano; inventando così quindi una spiegazione plausibile ai fenomeni della natura che lo circondava: in questo modo nacquero le religioni.
Anche nelle religioni monoteiste esistono entità superiori analoghe, esse sono chiamate angeli e demoni a seconda del loro ruolo nella tragedia umana; il fenomeno UFO e degli alieni annessi è la ripetizione di questo bisogno di guida superiore traslata ai nostri giorni.
Queste credenze popolari hanno anche origine da una purtroppo scarsa cultura popolare che mescola indistintamente concetti scientifici a eventi apparentemente inspiegabili, storia antica e mitologia con concetti moderni, l’esoterismo e l’alchimia con la scienza, l’astrologia con la fisica. È chiaro quindi in questo bailamme di pseudocultura porre delle domande e dare delle risposte corrette è difficile se non proprio impossibile.
Il fenomeno UFO è stato cavalcato fin dall’inizio dagli apparati militari di tutto il mondo perché esso forniva un’ottima spiegazione per giustificare la visione accidentale di strumenti bellici segreti sfuggiti agli apparati di sicurezza, ed era un modo per distrarre la popolazione dalla paranoia bellica del periodo della Guerra Fredda, ne è testimonianza ad esempio l’ordine impartito da Stalin di abbattere qualsiasi oggetto non identificato entrasse nello spazio aereo del Patto di Varsavia e lo stesso analogo ordine che c’era nello schieramento NATO. Ovvio dire che qualsiasi oggetto non identificato se possibile era meglio recuperarlo intero, ma solo perché era importante conoscere fin dove la tecnologia avversaria si era spinta, quindi niente alieni o ufini ma solo tecnologie militari umane da proteggere e studiare.
Tutto questo parlare (cianciare avrebbe detto Leonardo da Vinci) nuoce alla vera ricerca scientifica sull’esistenza di altre forme di vita extraterrestri ed eventualmente alla scoperta di civiltà aliene: come potrebbe essere preso dall’opinione pubblica infatti un annuncio del genere?
Nel 1996, durante i festeggiamenti del ventennale delle missioni Viking su Marte, la NASA rese di dominio pubblico la notizia che un meteorite proveniente da Marte caduto in Antartide, presentava all’interno dei noduli fossili di magnetite che presumibilmente erano di origine batterica, quindi organica.
Mi ricordo di aver assistito ad un dibattito sul tema agli inizi del ’97 tenuto dalla locale sezione di astrofili su questo celebre metorite marziano che si chiama ALH84001.
Nel celebre dibattito mondiale che si era aperto, c’era chi aveva accolto la scoperta con entusiasmo e chi guardava con scetticismo l’annuncio: parlarne così, senza un dibattito scientifico alle spalle che dimostrasse senza ombra di dubbio l’esistenza di forme di vita extraterrestri nel nostro sistema solare, purché in epoche diverse dall’attuale poteva essere percepito come una ricerca dello scoop, del sensazionalismo e porre seri dubbi sulla serietà della ricerca scientifica; dall’altra parte gli entusiasti ponevano il non piccolo problema che a tener riservato il dibattito al’interno dell’ambiente accademico mondiale era altrettanto pericoloso perché oltre al dover tenere riservata la notizia, cosa non certo facile, c’era il pericolo di far passare la comunità scientifica come settaria, esoterica, proprio il contrario di quello che lo spirito della scienza dovrebbe sempre tenere: essere al servizio dell’intera umanità.
Il dibattito sul ALH84001 ancora non si è placato dopo 13 anni, ne è riprova l’attenzione dei media che ancora ne parlano, ma oramai l’opinione pubblica non ne è più appassionata come al momento dell’annuncio, anche perché la scoperta della prova di batteri su un sasso marziano piovuto dal cielo non è entusiasmante come lo è un avvistamento di un improbabile vascello alieno nel cielo.
(continua…)