Fonti rinnovabili a rischio in Italia?

Una ottusa visione (quasi ottocentesca) del problema energetico italiano rischia di compromettere i buoni – ma ancora scarsi – sforzi per introdurre le fonti energetiche rinnovabili nel nostro Paese. Intanto, una falange di filonuclearisti chiede con insistenza all’attuale Governo Italiano di dichiarare nullo il parere dei Cittadini espresso nel refendum dello scorso anno 1.

Umby

Tutto ebbe più o meno inizio dopo il primo referendum antinuclearista italiano nel 1987, quando sotto  l’onda emotiva del Disastro di Černobyl’ gli italiani scelsero di abbandonare la via dell’energia atomica quale fonte energetica.
A quel punto lo Stato Italiano per mezzo dell’Enel 2 decise di costruire – o riconvertire come nel caso di Montalto di Castro (Viterbo) – nuove centrali a policombustibile che, unite a quelle preesistenti, alle centrali idroelettriche e geotermiche, adesso arrivano a un volume di energia di picco teorici di 95-100 GW  contro i 30-40 GW consumati quotidianamente in Italia [1.   ].
In Italia si è investito troppo in impianti a cicli combinati: circa 25 miliardi di euro, nonostante che già fosse evidente in ambito accademico fin dagli anni ’80 la necessità di limitare il ricorso alle fonti di combustibile fossile e che nel 1997 venisse approvata l’intesa del protocollo di Kyōto 3.
Con l’aggiunta di circa 30 TWh dalle risorse rinnovabili generate dall’eolico, biomasse e fotovoltaico (circa il 10% del consumo lordo totale) alla produzione tradizionale, l’offerta di energia adesso è spaventosa. Mentre però gli impianti più vecchi sono ancora incentivati con la delibera Cip6 4, gli impianti più nuovi per ripagarsi gli investimenti dovrebbero funzionare circa 4-5mila ore l’anno, invece ne stanno funzionando, quando va bene, 3mila 5.

I dati forniti dal GME (Gestore Mercati Energetici)  indicano che una volta c’erano due picchi nel prezzo dell’energia, uno di giorno, verso le 11 di mattina, e uno di sera, verso le 18-20.
Adesso il picco mattutino è scomparso – grazie anche al fotovoltaico che in quelle ore raggiunge il massimo dell’efficienza giornaliera – mentre il prezzo si impenna proprio durante il picco serale, due volte il costo medio del primo pomeriggio e fino a quattro volte quello notturno. Il perché è presto detto: i produttori cercano di compensare il minor costo che ha l’energia durante il giorno per rientrare delle spese.
Un modo per ridurre il costo del picco serale ci sarebbe, ma questo viene sottoutilizzato (meno di un quarto rispetto a soli dieci anni fa), altrimenti gli impianti a policombustibile lavorerebbero ancora meno: si tratta dei pompaggi idroelettrici 6. In questo modo, il costo del picco serale potrebbe essere abbattuto dalla maggiore offerta di energia derivata dall’idroelettrico.
C’è da dire per correttezza di informazione che i pompaggi rendono solo il 70% dell’energia spesa per spostare l’acqua dal basso verso l’alto, mentre di notte una centrale a policombustibile può essere spenta o fatta funzionare al minimo. Il costo del combustibile rappresenta più del 70% del costo complessivo del KWh, rendendo di fatto economicamente sconveniente il ricorso ai pompaggi idroelettrici notturni.
Solo se il costo energetico del KWh dovesse ancora scendere per l’effetto della produzione eolica o delle centrali a biomasse – che funzionano anche di notte –  potrebbe tornare in questo caso conveniente ricorrere ai pompaggi. L’unico grande problema è che la maggior parte dei bacini idroelettrici è nel nord Italia mentre i più grandi impianti eolici sono nel sud del paese.

Il problema italiano quindi adesso è chiaro:
la mancanza di un piano energetico nazionale a lungo termine (20 – 50 anni) stilato da autorevoli e indipendenti studi non c’è, non è mai stato voluto e ancora qualcuno ha interesse che non ci sia. Abbiamo – come italiani – sul groppone infelici scelte energetiche che hanno investito troppo sui combustibili fossili tradizionali e che adesso si devono ripagare. Inoltre lo scherzo delle paroline “e assimilate” ha dirottato almeno il 75% dei fondi stanziati per lo sviluppo delle energie rinnovabili 7  8 per tutti questi anni verso qualcosa che non è mai stato nello spirito per cui la delibera Cip6 era stata pensata, costringendo poi i Governi a rifinanziare altri incentivi per queste risorse preziose 9.
Prima si studi, si pianifichi e si attui un piano energetico nazionale serio e di lungo respiro che tenga conto delle innovazioni tecnologiche nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico come vincoli portanti.
Se poi quindi si rende necessario rivedere anche i meccanismi di incentivazione presenti nella bolletta elettrica per offrire nel frattempo un reale risparmio ai cittadini, ma anche al Paese, che per prima si tolgano le due famigerate paroline dall’impianto Cip6.


fonti:
http://qualenergia.it/articoli/20120329-ecco-chi-danno-fastidio-le-rinnovabili
http://www.greenme.it/informarsi/ambiente/7333-referendum-nucleare-veronesi-monti
http://ilpoliedrico.com/
http://it.wikipedia.org

La prima condanna per inquinamento luminoso in Italia

 

 

 

 

 Finalmente una bella notizia!
Per lo specifico vi rimando al link dell’Unione Astrofili Italiani, permettetemi però di spiegare perché reputo questa una buona notizia non solo per la lotta contro l’inquinamento luminoso, ma anche per  quello ambientale.

Per illuminare un’area del vostro giardino o terrazzo (ma questo vale anche per gli spazi pubblici) occorre una certa energia per produrre luce. Se a questa però si consente anche di disperdersi verso il nulla, occorrerà più luce – e quindi più energia – per illuminare ad un certo modo il luogo desiderato.
Se invece quella luce dispersa viene diretta dove è necessario occorrerà generare meno luce – e quindi sarà necessaria meno energia – per ottenere lo stesso grado di illuminazione.

Minore consumo di energia significa generarne di meno e di conseguenza inquinare di meno. Quindi un attento uso di lampade ad alta efficienza, superfici riflettenti e specchi può limitare fortemente l’inquinamento luminoso e contemporaneamente contribuire alla riduzione dei gas serra responsabili del Global Warming generati per produrre l’energia elettrica che alimenta le vostre lampadine.

Unione Astrofili Italiani – UAInews.

L’Italia sfiduciata

L’altro ieri non ha avuto la fiducia il governo, è stata sfiduciata l’Italia.
Non voglio riassumere i fatti ormai ben noti del 14 dicembre, di quelli accaduti in Parlamento o fuori, nella città di Roma; quelli sono, checché ne dicano i coalizzati che hanno chiesto la sfiducia al governo. A questo punto  non basta che facciano autocritica, seppur doverosa; hanno perso: nei programmi, nei modi, nei tempi e anche la – poca- fiducia dei cittadini che ancora possedevano.
L’appello di Gianfranco Fini e del suo FlI  era basato sul modello di una destra laica e moderna.
Questo modello ha un grande nemico rappresentato da uno Stato estero: Città del Vaticano; il quale fregandosene allegramente della sovranità italiana ingerisce sulla politica interna indicando nel Popolo delle Libertà il suo interlocutore privilegiato. A poco importa se il leader di questo partito abbia una dubbia moralità, per quello esistono le assoluzioni e le contestualizzazioni ad personam emesse dai vescovi. Al Vaticano interessa solo l’imponente quantità di denaro che il leader del PdL qli può assicurare, grazie al farragginoso e iniquo sistema dell’otto per mille, la preferenza dei fondi per l’istruzione alle scuole parificate private (quasi tutte cattoliche) e il conseguente smantellamento del più importante concorrente a questo progetto, l’istruzione pubblica.
L’altra principale componente è l’IdV di Antonio Di Pietro.
Infatti il suo programma è basato tutto sulla contrapposizione a parole del leader del PdL Silvio Berlusconi, salvo votare la cretinata del federalismo demaniale [1] [2] o dei sindaci-sceriffi fortemente voluti dall’altro partito xenofobo che è nella coalizione di governo, ossia la Lega Nord. Nei fatti ha portato in Parlamento persone che nel passato forse non sono proprio così immacolate come vogliono far  credere, in realtà alcuni transfughi dell’una o l’altra parte politica sono transitati per quel partito, per rifarsi una verginità, prima che l’eterno piacione Rutelli decidesse di formare un nuovo ennesimo cespuglietto chiamato API (!), pronti a vendersi al miglior offerente (e chi altri può essere se non l’uomo più ricco d’Italia) in cambio del quarto d’ora di notorietà che il salto della quaglia offre.
E poi c’è il Partito Democratico, erede dell’estinto DS, a sua volta ex PdS che prima fu il  PCI,  scomparso con la morte del suo ultimo leader degno di questo nome: Enrico Berlinguer.
Un partito che cambia nome ogni cinque anni per non cambiare i suoi leader (lì si che c’è pluralismo democratico, sono più  di uno!) da venti anni, che sono più occupati a farsi la guerra fra di loro che a pensare di fare qualcosa per il bene del paese; ogni tanto giusto una buona azione, come il discorso del suo segretario Bersani a Montecitorio martedì mattina e nient’altro.

Mai da questi partiti ho visto prendere posizione seria e netta in  Parlamento e fuori per le disastrose condizioni della finanza pubblica, per i terribili risultati economici, per i lavoratori precari e quelli che ormai sono esclusi dal mondo del lavoro, per la scuola pubblica ormai ridotta a chieder l’elemosina alle famiglie degli studenti anche  per la carta igienica [3] !
Intanto fuori, come vuole la leggenda di Nerone [4], Roma bruciava. Manifestazioni di studenti e lavoratori e precari e delusi dall’agire politico di tutti i partiti politici in questi anni di Seconda Repubblica si sono scontrate con le forze di Polizia mentre manifestavano il loro -legittimo- dissenso per questa politica distante dalle loro necessità. Non lo so se gli scontri sono stati creati ad arte o se poche centinaia di stupidi hanno fatto casino per loro diletto, ma in  fondo il risultato è stato lo stesso: delegittimare chi manifestava e di conseguenza le loro proteste agli occhi del resto del Paese che se ne sta rincoglionito davanti al televisore, ormai spettatore passivo della sua disfatta come Cittadino.

[1] In pratica adesso i Comuni hanno la piena titolarità di quei beni immobili e parti di territorio che prima erano del demanio, cioè di tutti. Adesso i Comuni che non possono permettersi queste strutture ex demanio potranno venderle ai privati.
[2] Facciamo una colletta e ci acquistiamo un paradiso ex demaniale per noi? 😛
[3] L’IdV l’ha fatto, ma a mio opinabile avviso è stato più per convenienza politica che per convinzione.
[4] La leggenda vuole che l’Imperatore Nerone fosse responsabile del Grande Incendio di Roma del 64, in realtà non fu così.

L’ITALIA CHE SOGNAVO di Lorenzo Peritore

 A  Giovanni Falcone  e  a  Paolo Borsellino,  due  grandissimi  e straordinarisiciliani che si sono fatti ammazzare per l’onestà e la legalità e daiquali tutta l’Italia dovrebbe prendere esempio.
Non era certo questa
l’Italia che sognavo,
un’Italia come questa
io non la immaginavo.

L’Italia dei corrotti
che sconoscono il dovere
accecati e resi schiavi
dal denaro e dal potere.

L’Italia dove emergono
con grande prepotenza
mafia camorra ndrangheta
e tant’altra delinquenza.

L’Italia in cui chi ruba
i soldi dello Stato
gli si risparmia il carcere
eleggendolo al Senato.

L’Italia in cui la gente
non può accampar pretese
se non quella di sperare
di arrivare a fine mese.

l’Italia degli sprechi
che non sa dire basta
a tutti quei politici
che formano la casta.

L’Italia che sognavo
fin da quando ero bambino
era quella a cui aspiravano
Falcone e Borsellino.

Un’Italia che riacquisti
tutta quanta l’onestà
dove valga la giustizia
e la legalità. 

L’Italia degli onorevoli: affari, cachemire e soldi

Questo è un bellissimo post che riporto per intero così come l’ho trovato, che efficacemente illustra l’attuale condizione politica italiana con poche parole, senza dietrologie e oscuri complotti, “l’ismo” da combattere non è là fuori, è dentro di noi, nel nostro DNA,. Buona lettura.


Probabilmente non ci si deve più stupire, né indignare nel vedere lo spettacolo che il nostro bel Paese – socialmente e politicamente – ci offre.
In realtà siamo i figli della più volgare dittatura (di destra) che l’Europa abbia conosciuto, e ne paghiamo ancora le conseguenze (o forse ci sguazziamo dentro tutti quanti).
Non l’austera, oscurantista e baciapile dittatura di Franco, tra Cristo Rey, mantiglie nere, cavalieri dalla trista figura e corride sanguinose; non quella di Salazar, cupa, misera, volutamente isolata e volutamente ignorante, sebastianista e razzista; e non quella mitica, pagana, supina, obbediente, scientificamente macellaia e perennemente in divisa di Hitler.
No, la nostra è stata una dittatura di una volgarità inarrivabile: dalla Marcia su Roma, sorta di gita fuori porta a fave e pecorino o di viaggio organizzato per pensionati con vendita di batteria da cucina o trasferta rissosa e avvinazzata al seguito della squadra del cuore; al “Boia chi molla” (certamente nonno del “celodurismo padano”); al manganello sempre citato anche nei suoi doppi sensi; alla punizione/umiliazione dell’olio di ricino: vera rappresentazione in stile Ambra-Jovinelli e ora Bagaglino dell’umorismo del rutto e della scoreggia; alla buffoneria del Duce: parole vuote ma altisonanti, ammiccamenti, barzellette da piazzista, mani sui fianchi, mascella in fuori, abbigliamento da buffone (il duce aviatore, il duce marinaio, il duce pilota d’automobili, il duce operaio, il duce borghese buon padre di famiglia, il duce gagà amante instancabile, il duce banchiere, il duce fantino a Villa Borghese…) o non-abbigliamento altrettanto ridicolo (il duce a torso nudo che taglia il grano, il duce in costume che nuota,…); alla pochezza e all’ignoranza dei suoi ministri e generali; alla menzogna ispiratrice di ogni azione militare (i milioni di baionette, la forza aerea, quella navale, e invece le scarpe rotte, la mancanza di preparazione, di mezzi, di tattica, di scienza militare, che ci hanno visti sconfitti e in fuga su tutti i fronti…); l’arte esibita e volgarizzata nel cattivo gusto del Vittoriale e nelle vestaglie orientaleggianti del Vate cocainomane…; l’iscrizione al Partito per convenienza, per ottusità, per quieto vivere, per corrompere ed essere corrotti, per non partire militare, per non pagare le tasse, per rubare sulle forniture o sulle grandi opere del regime; il doppiogiochismo della Chiesa e il suo chiudere gli occhi davanti alla distruzione degli ebrei d’Europa, davanti ai rastrellamenti di ebrei e partigiani fatti dai “ragazzi di Salò”;…
Ed è di tutto ciò che noi siamo figli. Non dei Garibaldi e dei Mazzini, dei Cavour e dei Croce. Ma di omuncoli come il vigliacco re Umberto e la sua corte (progenitore di un Vittorio Emanuele impresentabile, di una volgarità – la sua e della sua famiglia – granitica, forse il più basso esempio di testa coronata che l’Europa abbia mai prodotto). E poi gli intellettuali regolarmente iscritti al Partito Nazionale Fascista che l’indomani la Liberazione riescono a farci credere di essere candidi come sante vergini; un inciucio politico che ha visto per la gran parte lasciati ai loro posti prefetti, questori, giornalisti di regime, responsabili della deportazione di ebrei e di prigionieri vari, che in cambio di questo silenzio condiviso taceranno su stragi rosse e vendette personali, su foibe e gulag. È il paese del volemose bene, dell’uno a me e uno a te; del chiudiamo un occhio; del girarsi dall’altra parte. Per cui dopo una breve parentesi postbellica dedicata al tentativo di ricostruzione e di coesistenza semi pacifica tra comunisti e democristiani, si assiste alla negazione delle speranze e delle buone intenzioni dei Di Vittorio, dei De Gasperi, degli Einaudi, dei Nenni.
E si assiste alla creazione di una delle burocrazie più inscalfibili e potenti del mondo; di una classe politica in gran parte inefficiente e mangiasoldi; di una collusione continua tra potere mafioso e potere politico e industriale; di una Giustizia inefficiente e corrotta; si assiste impotenti (ma anche silenti e quindi in certi casi conniventi) a una continua, progressiva, inarrestabile distruzione del territorio, alla cementificazione di chilometri e chilometri di coste e montagne, all’abbandono e allo spreco delle opere d’arte, alla fuga dei cervelli, alla finta ospitalità nei confronti di milioni di immigrati, all’incapacità di mantenere un minimo di democratico ordine pubblico.
Poco da stupirsi quindi di una situazione come quella attuale: fatta di volgarità e di veline, di cachemire di sinistra e di doppiopetti di destra, di telespazzatura e di tasse non pagate (a destra, a sinistra, al centro), di furbetti del quartierino e di furboni delle cooperative, di rolex d’oro e di bandane, di tette finte e di telethon, di grandi fratelli e isole dei famosi, di piagnistei in diretta, di piduisti trasformati in statisti, di risse televisive, di razzismo mascherato, di telefonini regalati ai bambini e di suv, di opere pubbliche mai realizzate, di mignotte travestite da intellettuali e di intellettuali travestiti da mignotte, di turismo caciarone e di buonismo elettorale, di notti romane, di calciatori violenti, di cori razzisti, di parcheggi in doppia fila e di raccomandazioni, di mandolini e di catene da picchiatore, di passamontagna di sinistra, di caschi di destra, di centri sociali finanziati e di ospedali e cronicari fatiscenti, di ronde leghiste, di matrimoni celtici…
E così via… (ma l’elenco è molto, molto più lungo).
In mezzo a tanto letame (come diceva De Andrè) ci sono anche i fiori, certamente, ci sono anche le persone oneste – socialmente e intellettualmente -, ma il rischio di soffocamento è alto. Senza contare i suggerimenti dei giornalisti. Esempio del niente che spesso distribuiscono. Durante la quotidiana rubrica che conduce alla radio, Barbara Palombelli è riuscita a dire, a proposito della tragedia haitiana: “L’effetto positivo delle grandi catastrofi è che adesso ho sentito che c’è un sacco di gente che si è messa a pensare”. Peccato non tremi la terra ogni giorno. Pensando, pensando l’ Italia potrebbe cambiare.

Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tutt’ora consulente. Ha collaborato al supplemento “Tuttolibri” della “Stampa”; ora scrive per “Repubblica”. E’ curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.