NASA – Cassini Sees Saturn Rings Oscillate Like Mini-Galaxy.
Anno: 2010
Serendipity
Una delle cose più affascinanti della scienza è che mentre studi un fenomeno, ti imbatti in qualcosa di diverso e di inaspettato, un po’ come andare a cercare i funghi e trovare una pepita d’oro. Mentre i ricercatori dell’Ohio University stavano cercando indizi che mostrassero l’attività degli AGN (Nuclei Galattici Attivi) si sono imbattuti in un particolare fenomeno in grado di nascondere alla vista le supernovae e che questo fenomeno probabilmente era molto più comune nel passato.
- Credit: http://www.spitzer.caltech.edu/
Christopher Kochanek e i suoi colleghi stavano investigando i meccanismi dei nuclei galattici attivi (AGN) quando si sono imbattuti per caso in un nuovo, particolarissimo femomeno.
Gli AGN o nuclei galattici attivi, sono in pratica immensi buchi neri, la cui massa può variare da milioni a miliardi di masse solari, che risiedono al centro delle galassie e sono responsabili di una vasta gamma di fenomeni solo apparentemente slegati tra loro: quasar, radiogalassie, galassie di Seyfert, getti galattici, tutti fenomeni causati dai buchi neri al centro delle galassie a seconda se siano più o meno alimentati dalla materia che li circonda e dalla posizione prospettica con cui noi osserviamo la galassia in questione. In questo caso la materia che cade nel buco nero supermassiccio crea un enorme disco di accrescimento di plasma che raggiunge le decine di milioni di gradi, dove si innescano reazioni di fusione termonucleare e radiazione di sincrotrone prima di cadere oltre l’orizzonte degli eventi. Durante la sua esistenza quindi il buco nero supermasiccio spazzola tutta la materia che trova attorno accrescendosi; quando la materia intorno al buco nero finisce, l’AGN cessa di essere tale e si acquieta. Si pensa che tutte le galassie, quindi anche la nostra, nel lontano passato abbia avuto un AGN al centro, ora però per nostra fortuna, questo dorme.
Questi astronomi stavano cercando appunto questo, segnali di attività che rivelassero la presenza di questi dischi di accrescimento, dei punti estremamente caldi in altre galassie col telescopio spaziale Spitzer che lavora appunto nell’infrarosso. Tra le galassie studiate ce n’è stata una che pare che nel 2007 abbia ospitato una supernova tutto sommato atipica.
Questo spot apparso in una galassia distante circa 3 miliardi di anni luce non mostrava l’andamento della curva di luce previsto per un AGN e non mostrava la luminosità tipica di una supernova ma di quest’ultima ne aveva la curva d’evoluzione temporale. l’oggetto non era luminoso come una supernova ed era caldo appena un migliaio di gradi kelvin.

Come nasce una nebulosa planetaria
L’unica soluzione possibile che gli astronomi hanno trovato studiando i dati dello Spitzer, è che si sia trattato di una supernova che ha avuto origine da una stella almeno 50 volte più grande del Sole che ha espulso due gusci concentrici.
Uno, il più antico, è stato espulso quando la stella in fase morente ha attraversato un periodo di instabilità circa 300 anni prima della sua esplosione, quando il nucleo a cominciato a fondere elementi elementi via via sempre più pesanti come neon e magnesio producendo silicio. In questa fase quindi si è creata una nebulosa planetaria piuttosto spessa, e quando la stella si è contratta ulteriormente per innescare la reazione del silicio quattro anni prima di esplodere definitivamente ha espulso altra materia che poi è stata capace di assorbire completamente la radiazione della supernova. Per questo Kochanek e il suo team hanno visto solo uno spot caldo: i gusci concentrici di materia stellare opaca hanno assorbito e convertito tutta l’energia luminosa in calore impedendoci di vedere la stella esplosa in tutto il suo splendore.
Stelle così grandi sono rare, hanno una vita brevissima stimata in pochi milioni di anni prima di morire, ma sicuramente all’inizio del ciclo vitale delle galassie quando queste erano molto più ricche di idrogeno di adesso, quella che gli astronomi chiamano fase di bassa metallicità, probabilmente erano molto più comuni: questa è l’opinione di Krzysztof Stanek, professore di astronomia all’Ohio State, il quale confida sul fatto di sapere ora che cosa cercare per scoprire attraverso il NASA Wide-field Infrared Explorer (WISE) almeno un centinaio di altri casi in due anni.
Ma nella nostra galassia come siamo messi? Probabilmente un caso abbastanza simile lo abbiamo dietro l’angolo, a 7500 anni luce da qui nella costellazione della Carena. Eta Carinae, di cui ho già parlato in questo articolo, potrebbe essere un prototipo abbastanza vicino per poter essere studiato in dettaglio, rappresentando le ultime fasi della vita di una stella ipergigante, di cui l’attività insolita del 1840 era forse solo l’inizio dell’ultimo atto.
Spettacoli naturali
La Natura spesso ci mostra gratuitamente spettacoli unici e meravigliosi ma spesso noi non sappiamo coglierli, troppo presi dal tran tran quotidiano che ci consuma l’esistenza. Grazie Luc di averlo fatto per noi.
Fonte: Astronomy Picture of the Day.
Hubblecast 40: Wide Field Camera 3 – la camera dei miracoli
Ho già narrato in uno scorso articolo che preparai giusto per il 20° compleanno del lancio di Hubble, delle riparazioni fatte durante la missione STS-125 dello Space Shuttle nel maggio del 2009 per assicurare al telescopio spaziale una serena e proficua vecchiaia: ho scovato questo breve filmato che narra della Wide Field Camera 3, uno dei tre strumenti che furono installati sul telescopio al posto di quelli vecchi, le cui immagini che vi ho spesso ritrasmesso narrano una bellezza che nessun pittore o scultore, oltre che il Cosmo, potrà mai eguagliare.
Hubblecast 40: Wide Field Camera 3 – Hubbles New Miracle Camera | ESA/Hubble.
ESA Portal – quarto lancio per il 2010 della Ariane 5
Buckminsterfullereni nello spazio
Embedded video from
NASA Jet Propulsion Laboratory California Institute of Technology
Usando il NASA Spitzer Space Telescope gli astronomi (Sellgren ed altri) hanno trovato traccie di carbonio in tutta la nostra galassia: prima attorno a NGC 2023, vicino alla famosa Nebulosa Testa di Cavallo nella costellazione di Orione, poi attorno a NGC 7023, conosciuta come la Nebulosa di Iris, nella costellazione di Cefeo: nello spazio interstellare e intorno a stelle morenti. Ma com’era prevedibile tracce di carbonio sono state trovate anche attorno a un’altra stella morente nella Piccola Nube di Magellano: l’equivalente in massa come 15 volte la Luna.
Non è carbonio atomico comune, ma sono molecole di fullerene, cioè 60 atomi di carbonio legati fra loro a comporre un poliedro, una pallina. Il fullerene deve il suo nome per la sua somiglianza con le cupole geodetiche disegnate da Buckminster Fuller.
In matematica, un fullerene è un poliedro convesso trivalente con facce esagonali e pentagonali. Usando la formula di Eulero, si può dimostrare facilmente che ci sono esattamente 12 pentagoni in un fullerene. Il più piccolo fullerene è il C20, il dodecaedro. Non ci sono fullereni con 22 vertici. Il numero di fullereno C2n si sviluppa velocemente con l’aumento di n = 12, 13, … Per esempio, ci sono 1812 fullereni non-isomorfici C60 ma soltanto uno di essi, il fullerite, non ha accoppiamento di pentagoni adiacenti. |
Per l’astronomo Letizia Stanghellini del National Optical Astronomy Observatory di Tucson, in Arizona, l’aver scoperto che i fullereni sono molto più comuni di quanto inizialmente supposto può avere importanti implicazioni sulla chimica della Vita: è possibile che questi possano aver fatto da vettori per il trasporto di molecole prebiotiche sulla giovane Terra a cavallo di comete e meteore.
Infatti la chimica del fullerene è impressionante: è una delle molecole non organiche più grandi conosciute e la sua struttura composta unicamente dal carbonio la rende particolarmente resistente. Il suo interno però è vuoto e per questo è in grado di intrappolare altre molecole proteggendole dalle dure condizioni dello spazio cosmico. Fullereni di origine extraterrestre ritrovate nei meteoriti hanno mostrato di contenere gas al loro interno, come una palla da calcio contiene aria.
Questa caratteristica rende le molecole di fullerene uniche e interessanti dal punto di vista della chimica interstellare e prebiotica, oltre che per la memdicina, la metallurgia, i materiali ottici, i superconduttori etc.
Inoltre le ricerche astronomiche hanno provato quello che in laboratorio era considerato impossibile, ossia la coesistenza dei fullereni con l’idrogeno atomico, quando invece si riteneva che questo avrebbe spinto il carbonio a formare altri composti come catene e altre strutture molecolari piuttosto che poliedri, e questo per Anibal García-Hernández dell’Instituto de Astrofísica de Canarias in Spagna è importante capire perché. García-Hernández è l’autore principale di uno studio il cui co-autore è Letizia Stanghellini [1]·
Ora quando vedrete un fullerene, o più semplicemente il logo di questo Blog, capirete perché l’ho scelto.
[1] http://arxiv.org/abs/1009.4357
Altre fonti:
Amore Etica Solidarietà
Pullman del macabro che affollano i luoghi di un efferato delitto. Come pellegrini che visitano i luoghi sacri delle religioni, frotte di turisti del weekend si mettono in viaggio per sbirciare un muro, una pietra, del terriccio bruciato.
Se in quei luoghi non fosse successo niente o nessuno ne avesse fatto un plastico forse quelle persone sarebbero rimaste a casa a rincoglionirsi davanti alla televisione o un videopoker.
Il macabro fa audience. Il primo che lo scoprì fu il povero Alfredino nel pozzo di Vermicino. Da allora è stata un’escalation continua, che è arrivata fino ad Erba, passando per Cogne fino ad oggi. Ma quasi sempre il mostro non è lo straniero, ma è nella famiglia, un parente, un amico, qualcuno di cui abitualmente ci si fida.
Quella famiglia che tanto viene elevata a Supremo Valore Universale quanto più cela le aberrazioni all’interno: le madri che uccidono i figli appena nati, padri di famiglia che abusano del loro ruolo e si trasformano nel loro piccolo in feroci tiranni. Figli che uccidono i genitori per un pugno di mosche…
Autocostruzioni 3D
Stampante 3D costruita con i Lego che costruisce qualcosa con i mattoncini Lego. Bellissimo!
NASA – Robonaut2, the Next Generation Dexterous Robot
Con la missione ST-133 dello Space Shuttle Discovery sta per essere spedito sulla Stazione Spaziale Internazionale anche Robonaut2 (R2 per gli amici), un robot umanoide progettato per aiutare gli astronauti della ISS nelle operazioni più rischiose. Inoltre ha le mani, il che gli permette di usare tutti gli strumenti generici che già esistono per gli esseri umani, senza la necessità di reingegnerizzare oggetti di uso comune.
Anche questo è un piccolo passo dell’Uomo, un grande balzo dell’Umanità.
Sole & AntiSole
Ci sono dei momenti in cui rimpiango di non avere una fotocamera vera con me, con obiettivi, cavalletto etc. Ecco, poco fa è stato uno di quei momenti: mi sono fermato in una piazzola e ho scattato questa foto con l’unico mio mezzo che avevo a disposizione: la fotocamera del telefono cellulare. Certo non è un granché, non ho potuto giocare sul diaframma e i tempi come sono avvezzo a fare, ma comunque rende bene l’idea.
Anticamente queste fotometeore (così si chiamano scientificamente questi fenomeni) erano associati a terribili sventure, specie se associate al passaggio di una cometa, come ad esempio la 103P/Hartley2 che transita al perigeo proprio in queste ore. Chissà, se magari oggi qualche astrologo dirà di aver sbagliato le sue previsioni per colpa di questi pareli.