Andiamo a colorar le stelle

Non sono certo David Malin. In verità sono anche poco bravo nelle materie artistiche, comunque nel mio piccolo ci provo. Pochi mezzi – e poveri, poco tempo a disposizione ma tanta volontà di ottenere qualche risultato. Questa è la vera etica hacker, quella che è nata nell’Homebrew Club e io cerco di applicarla ovunque posso.

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Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

 Dati Exif dell’immagine
Camera model Canon EOS 1000D
Tempo di esposizione 10 secondi
Apertura diaframma F3.5
Exposure bias 0 EV
Lunghezza focale 21.0 mm
ISO speed 1600
Exposure mode Manual (M)
Modalità macro Off
Qualità immagine Fine
Risoluzione Exif 3792 x 2408
Bilanciamento del bianco Auto

Vedete le due immagini qui sopra? Sono lo stesso soggetto, lo stesso fotogramma prima (a sinistra) e dopo l’elaborazione al computer (a destra). La fotografia è banale: a sinistra nell’imagine è visibile la costellazione Orione, al centro l’ammasso aperto più vicino alla Terra – appena 150 anni luce – delle Iadi con la gialla Aldebaran in primo piano 1, poi le stranote Pleiadi e la congiunzione Giove – Venere di cui ho parlato nei giorni scorsi.

Però questa volta non mi sono limitato alla semplice correzione del fondo cielo come ho descritto in un altro articolo 2, stavolta ho cercato di applicare una mia rivisitazione di un metodo che ho appreso da una rivista di astronomia piuttosto nota 3.

Un grosso limite dell’astrofotografia è proprio nella sensibilità del sensore: quello che infatti sembra essere un grande vantaggio, cioè la capacità di sommare aritmeticamente la luce incidente in un singolo pixel che consente di registrare anche le sorgenti più deboli con pose abbastanza lunghe, per i colori rappresenta un limite importante. Non importa che la luce sia rossa, verde o blu, quando il pixel è saturo appare comunque bianco qualunque sia la lunghezza d’onda della luce incidente nel pixel. Nell’astrofotografia più professionale si usano sensori CCD con un ampio spettro di sensibilità in bianco e nero insieme a filtri ottici colorati -verde, rosso e blu – e le immagini vengono unite in fase di elaborazione restituendo così la dinamica di colore originale.
Ma come fare lo stesso con una reflex entry-level, un mini grandangolo 18-55 e un treppiedi cinese?

Credit: Il Poliedrico

In pratica ho fatto due riprese: una perfettamente a fuoco e una seconda volutamente fuori fuoco, dove al posto delle stelle puntiformi adesso erano presenti dei cerchietti della luce diffusa dalle sorgenti più brillanti.
Per prima cosa ho convertito dai RAW  le immagini in un formato più maneggevole, in questo caso il JPEG, ma confido che col BMP o il TIFF – che sono formati non compressi – potrei ottenere risultati anche migliori, questa era soltanto una prova 4.
Con l’immancabile Gimp 2.6 poi ho corretto il fondo cielo come già descritto alle due immagini e ho sfocato con un algoritmo gaussiano l’immagine sfocata facendo in modo che le sagome dei cerchietti di luce sfumassero dolcemente nel fondo cielo.
Poi ho sommato questa in primo piano all’immagine a fuoco – mantenuta in secondo piano usando la tecnica dei livelli – e ho giocato con la trasparenza del livello per ottenere il migliore risultato visibile.
Il risultato già buono però mostrava ancora una forte spillatura delle sorgenti puntiformi rispetto al loro sfondo colorato, questo perché gli oggetti a fuoco erano ancora troppo piccoli e saturi per una buona resa artistica.
Anche in questo caso i filtri gaussiani di Gimp si sono rivelati essenziali. Dopo aver centrato la falsa doppia θ Tau 5 ho cercato di sfumare le sorgenti puntiformi cercando comunque di non fondere la luce di θ Tau in una chiazza indistinta.
Dopo aver fuso tutti i livelli ho leggermente intensificato la luce delle stelle senza cercare di rovinare tutto: et voilà, le stelle ora hanno il loro colore 6!


Stelle neonate

Oggi Il Poliedrico è stato vittima di un attacco che ne aveva deturpato articoli e link degli ultimi tre mesi. Nonostante le precauzioni prese c’è sempre qualcuno più bravo pronto a scavallarle e ad approfittarne.
Ma per fortuna una lettrice attenta (grazie Raffaella!) mi ha avvertito e così ho potuto ripristinare Il Poliedrico dal precedente backup di ieri sera.
Questo infatti è un post per verificare che tutto sia tornato alla normalità d’esercizio.

Credit: NASA, ESA, and the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration Acknowledgment: R. O'Connell (University of Virginia) and the WFC3 Scientific Oversight Committee

NGC 5128

Questa è una fotografia di NGC 5128 conosciuta anche come Centaurus A, una galassia a circa 11 milioni di anni luce dalla Terra. La ripresa del telescopio spaziale Hubble comprende, oltre al visibile, la banda ultravioletta e il vicino infrarosso, mettendo così in risalto il legame fra questi due estremi della luce e la nascita di nuove stelle.
I giovani ammassi stellari sono blu mentre i dischi di polvere protostellare dominano nell’infrarosso.

Il disco di polvere di Centaurus A è presumibilmente il risultato di una passata collisione – e fusione -con un’altra galassia. Il risultato di questa collisione è una nuova fase di nascite di stelle.
Come ho più volte detto la collisione di due galassie va inteso come due nuvole che si incontrano nel cielo e si fondono piuttosto che due auto che si scontrano: lo spazio fra le singole stelle è immenso e vuoto, e la velocità reciproca delle due galassie nonostante che sembri alta dà modo alle stelle di adattarsi alla mutata condizione gravitazionale.
Praticamente solo i gas e le polveri sono immediatamente coinvolti e reagiscono formando nuove  stelle.

Riferimenti:Firestorm of Star Birth in Galaxy Centaurus A


Le stelle invernali

Una volta un famoso  – in Italia – jingle pubblicitario recitava più o meno così:

le stelle sono tante
milioni di milioni
la stella di ….
vuol dire qualità! 1

Proiezione stereografica del cielo invernale – Credit: Il Poliedrico

Sicuramente una stella così appariscente potrebbe appartenere al cielo invernale boreale, scrigno delle più luminose stelle visibili nel nostro cielo.
Infatti sulle prime 10 stelle apparentemente più luminose solo 3 appartengono al cielo estivo: Vega, Arturo e Altair (tralascio la costellazione del Centauro perché non è visibile alle nostre latitudini).
Comunque questa è solo una coincidenza s’intende, non c’è un disegno specifico dietro più di quanto siano reali le costellazioni.
È che in inverno osserviamo una porzione di cielo particolarmente ricca di stelle luminose e vicine a cui anche il Sole appartiene: il Braccio di Orione.

D’estate invece lo sguardo al cielo è rivolto verso il centro della Galassia, che noi non vediamo per la presenza di gas e polveri nel braccio del Sagittario che ne ostruiscono la vista.

In quella direzione entra anche  in gioco la debole luminosità diffusa di miliardi di stelle e delle nubi di polvere della Via Lattea.

Proiezione stereografica del cielo estivo – Credit: Il Poliedrico

Questa debolissima luminosità di fondo incide sul contrasto del cielo e fa sì che le stelle più brillanti appaiano all’occhio meno contrastate, mentre d’inverno guardiamo verso il bordo esterno della Galassia, dove le stelle sono meno numerose e paiono più contrastate.

Quindi sono questi i fattori che influiscono sulla qualità del cielo escludendo le turbolenze della nostra atmosfera, l’inquinamento luminoso etc.

In merito al quizzone rispondo solo che con il freddo la densità di un gas tende ad aumentare per cui l’aria d’inverno non è più rarefatta, anzi è vero il contrario.
Tralasciando le altre risposte errate, solo la seconda era giusta, d’inverno guardiamo nella direzione dove ci sono le stelle più brillanti del nostro cielo.

Ottobre, il mese delle stelle cadenti

Abbiamo avuto un paio di giorni fantastici pieni di Scienza. Non che negli altri giorni questa manchi, solo che tra la scoperta -per ora presunta – dei neutrini muonici superluminali e la caduta del satellite UARS, la Scienza almeno per un paio di giorni è stata protagonista delle prime pagine dei giornali.
Peccato per lo scivolone del titolare del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che improvvidamente non ha prestato la dovuta attenzione il suo comunicato di congratulazioni 1. Come si insegna agli infanti: “quando non si sa cosa dire, meglio tacer ” forse in quel caso sarebbe stata più opportuna … una bella scena muta!

Il radiante delle Draconidi - Credit: Il Poliedrico

Il prossimo mese inizierà alla grande, cielo permettendo: la Terra sarà investita come ogni anno tra il 7 e il 10 di ottobre dallo sciame meteorico delle Draconidi.
Questo sciame è originato dalla cometa periodica 21P/Giacobini-Zinner, una cometa che ha l’afelio poco oltre l’orbita di Giove, il perielio pressappoco all’altezza dell’orbita terrestre ed è quasi perpendicolare all’eclittica, per questo lo sciame a lei associato sembra provenire quasi dal Polo Nord Celeste.
La 21P/Giacobini-Zinner raggiungerà il nodo discendente intorno al 18-20 febbraio 2012, arricchendo così la quantità di materiale meteorico per le Draconidi del prossimo anno, che probabilmente sarà più interessante del passaggio di quest’anno, cui peraltro le previsioni danno uno ZHR discreto 2.
Nel 2018 la 21P addirittura sarà al perigeo con la Terra proprio in prossimità del nodo intorno al 20 di settembre, ripetendo quindi più o meno le condizioni del 1985, quando fu registrato uno dei massimi picchi delle Draconidi del secolo scorso.

Tornando allo sciame delle Draconidi, quest’anno sarà disturbato dalla presenza della Luna quasi piena, limitando di fatto la visibilità delle meteore più deboli.
Anche chi si volesse cimentare nelle riprese fotografiche dovrà tenere conto che la luminosità diffusa del cielo porterà a saturazione i sensori o le pellicole molto presto, a scapito della ripresa. Comunque provarci con la tecnologia attuale ormai non costa niente.

Ottobre sarà un mese molto attivo per le stelle cadenti. Già in questi giorni sono iniziate le attività delle Tauridi Sud che finiranno a novembre, la tabella che vi propongo mostra gli sciami meteorici attivi nel mese di ottobre:

SCIAME INIZIO PICCO FINE FASE 3
Draconidi 06/10 08/10 10/10 C.  88%
Tauridi Sud 10/09 10/10 20/11 C.  97%
δ Aurigidi  10/10 12/10 18/10  P. 100%
ε Geminidi 14/10 18/10 27/10  D.  68%
Orionidi 02/10  21/10 07/11  D.  37%
Leo Minoridi 19/10 24/10 27/10  D.    9%
Tauridi Nord 20/10 12/11 10/12  D.  98%

 

A questo punto non resta che scegliere la serata più adatta.

Cos’è questa nube a forma di ventaglio luminoso tra le stelle?

Credit: Babak Tafreshi e Oshin Zakarian

 

 

Nel giugno 2007, Babak TafreshiOshin Zakarian hanno assistito ad questa nuvola strana e luminosa nel cielo notturno sopra le montagne Alborz in ‘Iran.
Prima erano visibili soltanto delle chiazze informi e fioche, ma rapidamente queste si sono evolute come si vede nella foto. La nuvola ha attraversato il ciel oalla velocità di circa 20 gradi al minuto.
Questa immagine mostra i primi momenti della nuvola dall’alto della vetta Dizin (3400 m), le due stelle luminose nel mezzo sono Castore e Polluce nei Gemelli, mentre l’altro oggetto abbagliante è il pianeta Venere.

 

  • Uno scarico di carburante nello spazio.
  • una nube luminescente.
  • un satellite Vela.
  • un altro oggetto volante non identificato.

 

Come sempre, date la vostra risposta votando il quiz qui accanto. Avete tempo fino al 13 di luglio.

Estate, tempo di stelle cadenti?

Ormai è estate, con la sua opprimente calura diurna -e spesso anche notturna. Con essa inizia il periodo delle vacanze e la voglia irrefrenabile di star fuori la sera e di tirar tardi.  Molto pensano che Luglio e Agosto siano il periodo delle stelle cadenti, ma non è proprio esattamente così.

 

 

Una Perseide Earthgrazer. Image Credit: S. Kohle & B. Koch (Astron. I., U. Bonn).

Ho un ottimo ricordo dello sciame delle Perseidi nel 1996 1. Fu fantastico, non solo durante il picco, ma fino alla fine del mese non fu raro intercettare con lo sguardo qualche meteora.

Nei tre mesi estivi anche se il crepuscolo termina molto tardi 2, le gradevoli temperature serali spingono le persone a passare il loro tempo libero all’aperto. Così non è difficile che vengano notate le tracce nel cielo lasciate dalle stelle cadenti, che al di là del nome romantico, di stellare hanno ben poco, eccetto le origini ultime, come qualsiasi cosa più pesante dell’elio ha in questo universo.

Il periodo estivo (da giugno a settembre), a parte per le celeberrime  Perseidi –  lo sapevate che esistono ben due sciami distinti di Perseidi che condividono qusasi la stessa porzione di cielo? – è in realtà molto povero se paragonato non solo a tutto il periodo invernale, ma addirittura al solo mese di dicembre.
Infatti a dicembre si preferisce il tepore dell’abitazione piuttosto che una nottata sotto il cielo, ma spesso non sappiamo cosa ci perdiamo: a dicembre le Geminidi e le Ursidi possono essere spettacolari, anche più delle Lacrime di San Lorenzo.

Credit: Il Poliedrico

Un’altra difficoltà è rappresentata dal fatto che le meteore sono visibili generalmente dopo la mezzanotte: infatti solo dopo tale ora che la faccia della Terra è rivolta verso il moto di rivoluzione, ed è proprio quel lato – che va dalla mezzanotte a mezzogiorno – con cui  la Terra raccoglie la maggior parte dei detriti interplanetari comportandosi un po’ come un’auto che attraversa uno sciame di moscerini; difficile che qualcuno muoia spiaccicato sul lunotto posteriore.

Una cosa che non dimenticherò mai è uno Earthgrazer che ebbi occasione di vedere con degli amici a Pienza tanti anni fa.

Fu magnifico. Un bolide lento e colorato che lasciò un’impalpabile scia nel cielo per qualche secondo e che probailmente si disintegrò negli strati inferiori dell’atmosfera o vi rimbalzò, come i sassi lanciati radenti sulla superficie di uno specchio d’acqua.

Gli Earthgrazers sono meteore che entrano nella parte alta dell’atmosfera (mesosfera) con un bassissimo angolo di impatto e rimbalzano nello spazio attorno agli 80 chilometri di quota.
Per questo la loro velocità apparente è molto bassa e insolitamente lungo il loro percorso: in realtà rispetto alle normali meteore cambia solo l’angolo di impatto con l’atmosfera.

Il meccanismo degli Earthgrazers - Credit: Il Poliedrico

Sfruttando queste peculiarità, anche se gli Earthgrazers sono rari, si può sperare di vederne qualcuno preparando con cura la serata osservativa.
Per osservare le piogge di meteoriti non servono assolutamente strumenti sofisticati: basta un plaid, una copertina su cui sedersi o sdraiarsi, o una sedia a sdraio per i vecchietti come me. Come accessorio può essere utile una fotocamera con grandangolo per immortalare qualcosa, ma non è indispensabile.
Poi occorre un posto sgombro, libero il più possibile da ostacoli lungo la visuale, lontano dalle luci cittadine e sistemarsi,  quando ancora il punto radiante dello sciame sta sorgendo ed è ancora molto basso sull’orizzonte. E aspettare.

Queste indicazioni valgono anche per tutti gli altri sciami meteorici che qui ho voluto elencare. La lista è incompleta e anche le indicazioni dei punti radiante sicuramente è imprecisa, in quanto questi possono mutare la loro posizione nel tempo per tanti fattori, primi fra tutti gli influssi gravitazionali di Giove e del Sole e la pressione della radiazione solare 3.

Ripeto, gli Earthgrazers sono rari, riuscire a vederne uno o due in una serata è difficile, ma non è impossibile e probabilmente ne vale la pena. Gli sciami di meteoriti ci sono un  po’ tutto l’anno, c’è solo l’imbarazzo della scelta e di quanto siamo pronti a sacrificarci per serbarne  il  ricordo.

Polvere di stelle

Credit: Spaceweater.com

Lo sciame delle Quadrantidi

Le Quadrantidi sono uno sciame  visibile i primi giorni di gennaio. Il suo picco si sposta dal 3 al 4 del mese e il suo radiante è nella costellazione di Boote.
Questo è uno sciame un po’ diverso dagli altri: difatti è molto giovane, ha circa 500 anni ed ha la sua origine da quello che attualmente è classificato come l’asteroide 2003EH1, ma che in passato pare  sia stato una cometa osservata dagli astronomi cinesi, giapponesi e coreani alla fine del  XV secolo chiamata C/1490 Y1

In Europa eravamo tutti presi dallo spettacolo dell”eclissi di Sole , che ci siamo quasi dimenticati dello sciame meteorico  delle Quadrantidi che raggiungeva il suo picco appena poche ore prima.
Secondo i dati dell’International Meteor Organization (IMO) che raccoglie i dati di tutto il mondo, il tasso zenitale orario è stato di quasi un centinaio di meteore all’ora.
In quei momenti in cui molti di noi dormivano, Mike Hankey di Freeland, Maryland, ha osservato questo bolide esplodere in cielo provocando un flash luminoso quanto il pianeta Venere e una scia che si è dissolta in dieci minuti.

In Europa l’eclissi di Sole, in America le Quadrantidi con i bolidi che esplodono nel cielo: l’inizio dell’anno promette bene per gli astronomi di tutto il mondo.

Vita di Polvere di Stelle

In queste ore sta rimbalzando sulle agenzie mondiali quella che potrebbe essere la scoperta scientifica dell’anno,  se venisse confermata, la creazione di una forma di vita artificiale con un DNA completamente risequenziato dall’uomo.
La notizia, di per sé eccezionale, non mi sorprende poi più di tanto, sono sicuro delle capacità umane e convinto che la vita in tutte le sue varie forme e combinazioni sia un fenomeno naturale estremamente comune nell’universo. Proverò a spiegarlo su questo Blog, anche se non Vi sarà facile seguirmi e se dovessi urtare la Vostra sensibilità, vi prego di perdonarmi.
Credits: NASA – ESA – Hubble Heritage (STScI/AURA)
ESA/Hubble Collaboration
L’Universo è pieno di enormi nubi di polvere, sappiamo che da esse nascono le stelle.
Un gruppo di studio internazionale che comprendeva ricercatori dell’Accademia Russa delle Scienze, l’Istituto Max Planck in Germania e dell’Università di Sydney, ha pubblicato nel 2007 un articolo sul New Journal of Physics che annunciava una scoperta che per le sue implicazioni era altrettanto esplosiva di quella dei nostri giorni.
Questo team, ha scoperto che la polvere cosmica è in grado di autorganizzarsi in presenza di plasma, creando  formazioni chiamate cristalli di plasma.
La scoperta indica che questi cristalli possono essere più sofisticati di quanto finora realizzato. Nelle simulazioni che coinvolgono polvere cosmica, i ricercatori hanno visto che i cristalli di plasma assumono alcune delle caratteristiche elementari della vita, ovvero la caratteristica struttura del DNA, un comportamento autonomo, riproduzione ed evoluzione.
Questo studio potrebbe rivoluzionare  la visione che abbiamo finora avuto della vita aliena.
Rappresentazione grafica
di una molecola di DNA
Per poter spiegare il meccanismo (i più coraggiosi invito alla lettura dell’articolo completo apparso sulla rivista), prima parliamo di plasma. Il plasma è il quarto stato della materia. Quando il gas è surriscaldato, gli elettroni sono strappati dagli atomi e questi diventano liberi di fluttuare. Il gas ionizzato assume allora una carica elettrica positiva. Questo mix surriscaldato di gas ionizzato e di elettroni liberi si chiama plasma. Le stelle sono fatte di plasma, come circa il 99 per cento della materia dell’universo, anche se il plasma è molto meno comune sulla Terra, dove di solito riconosciamo  solo tre stati della materia: solido, liquido e gas.
Di plasma è anche il vento solare (che abbiamo già incontrato sul Blog) e i venti interstellari, che non sono altro che i venti delle singole stelle sommati assieme e che spesso entrano in contatto con nubi di polvere come quelle studiate dai ricercatori.
Quando il plasma entra in contatto con una nube di polvere, le particelle di polvere raccolgono una carica elettrica fino ad assorbire tutti elettroni dal plasma circostante. La polvere, così caricata negativamente, attira gli ioni di plasma con carica positiva, formando i cristalli di plasma.
Le simulazioni che sono state eseguite sulla Stazione Spaziale Internazionale e in un ambiente a microgravità presso il centro di ricerca tedesco, hanno prodotto spesso cristalli di plasma  in cui si sono generate forme a cavatappi o addirittura forme a doppia elica tipiche del DNA.
In particolare questi cristalli a forma di elica si sono dimostrati in grado di trattenere una carica elettrica e di possedere una certa capacità di auto-organizzazione.
Una volta immersi in un altro ambiente non organizzato i cristalli elicoidali sono stati in grado di riprodursi in due eliche identiche, mostrando quindi  memoria delle loro strutture.
Il diametro di queste eliche varia in tutta la struttura e la disposizione di queste varie sezioni si replica negli altri cristalli, mostrando lo stesso comportamento di quello che si potrebbe definire una sorta di code genetico.
Queste strutture sembrano persino in grado di evolversi. Le formazioni diventano più robuste nel tempo e le strutture più deboli scompaiono.
I ricercatori vogliono verificare se le polveri in un ambiente non simulato, come ad esempio quelli negli anelli di Saturno, possa avere gli stessi comportamenti. Ma i cristalli di plasma sono molto fragili e difficili da verificare.  Esse richiedono inoltre un consistente flusso di plasma, per esistere.
Urano con i suoi anelli
Se queste strutture si presentano nelle simulazioni di laboratorio, i ricercatori ritengono che gli organismi di cristallo possano formarsi anche tra gli anelli di Urano e Saturno, che sono costituiti da piccoli granelli di ghiaccio.
Se l’esistenza in natura di queste forme cristalline dovesse essere confermata, non dovremmo anch’esse considerarle una forma di vita? Essa si nutre di plasma, si riproduce, si evolve e muore: non sono gli stessi requisiti che si richiedono ad una forma di vita?
Oppure, come il fuoco, esso nasce, si evolve e si riproduce per poi spegnersi, ma non è vivo?