Eclissi di Luna del 27 luglio 2018. Cronaca di un quasi disastro.

Mea culpa: lo scorso mese non sono riuscito a scrivere niente. Nemmeno per finire la seconda parte riguardo alla scoperta di molecole organiche su Marte — tema che senz’altro voglio concludere — perché in questi ultimi mesi sono stato preso dall’evento clou di questo periodo: l’eclissi di Luna del 27 luglio scorso.  Ma come insegna la celebre legge empirica di Murphy: « Se qualcosa può andar storto, sicuramente lo farà. » E al primo tentativo sul campo, aggiungo io.

Il mio dolly (per ora un prototipo) durante i primi test. Credit: Il Poliedrico

È noto che avrei voluto costruire un astroinseguitore cercando un approccio molto diverso dalla classica barn door tracker, dove la rotazione di una tavoletta su un suo asse esattamente in sincronia con  la volta celeste permette di fotografare le stelle fisse senza moto apparente. Non voglio ripetermi sulla geometria di tale strumento, basti ricordare che l’asse va posizionato esattamente parallelo all’asse terrestre: in pratica è il medesimo schema di una montatura equatoriale. Concettualmente è banale ma la realizzazione del mio progetto richiede una precisione meccanica che io non possiedo e da solo non posso ottenere: sarebbe ben più pratico e meno costoso comprarmi una montatura equatoriale motorizzata e concentrarmi esclusivamente sulla parte elettronica e di programmazione.

Per questo ho ridimensionato il progetto a un semplice dolly, un aggeggio motorizzato che fa muovere la macchina fotografica mentre scatta. Il risultato è un time-lapse che ruota. Per evitare il mosso nelle esposizioni lunghe come richiede l’astrofotografia, la rotazione viene fermata durante lo scatto e ripresa durante l’intervallo tra due riprese. Per rendere il progetto più interessante ho pensato di sfruttare un sensore di luce (TSL2591) estremamente sensibile (da 0.000118 a 88000 lux) per determinare automaticamente la durata del tempo di scatto, quello che in gergo fotografico è chiamato bulb ramping, ovvero una compensazione graduale dell’esposizione nella transizione tra il giorno e la notte,

Il piano A

La variazione di luminosità del fondo cielo durante una eclissi di Luna appare evidente in questo curioso collage emerso durante la creazione del timelapse. Il puntino rosso in basso è Marte, il quale offre un inaspettato riferimento: esso diviene via via meno importante con l’aumentare della luminosità ambientale dovuta dall’uscita della Luna dal cono d’ombra. Credit: Il Poliedrico

Chi ha assistito a una eclissi di Luna avrà senz’altro notato come la luminosità del fondo cielo varia drasticamente durante questa: l’idea di una graduale compensazione dell’esposizione era troppo ghiotta perché me la facessi sfuggire.
Così ho scritto un po’ di codice per ottenere un effetto bulb ramping pilotato dal TSL2591 e questo … funzionava! O meglio, ottenevo una lettura dei lux corretta in ogni condizione di luce e da qui ho ricavato una routine che avrebbe poi regolato il tempo di scatto. Purtroppo quando andavo a integrare il sensore e le sue routine nel circuito di controllo del dolly ottenevo sempre dei crash di sistema del tutto casuali e imprevedibili.
Ho rivisto il codice, l’ho riscritto per buona parte, ma niente; Il problema era più un limite hardware: sia il sensore che io nel dolly stavamo usando lo stesso timer a 16 bit dell’ATmega328P dell’Arduino Nano (l’unico a 16 bit disponibile) e pasticciare con lo stesso timer per fare due cose diverse non è mai una bella cosa.
Avrei dovuto riprogettare la parte elettronica con un ATmega2560 ma ormai non c’era più tempo. Ed ecco: 

Il Piano B

Il panorama era fantastico! Credit: Il Poliedrico

Vi ricordate il Canon Hack Development Kit (CHDK) di cui parlai qualche anno fa [1][2]? Ebbene, ne esiste una versione più evoluta e completa per le Canon EOS che si chiama Magic Lantern [3]. Anche questo è un firmware alternativo che, come il CHDK delle Canon Powershot, si installa nella RAM della fotocamera senza distruggere il firmware originale. Esso semplicemente aggiunge delle funzionalità alle preesistenti nel firmware ufficiale. Basta togliere il programma dalla memory card e tutto torna come prima.

Tra queste utilissime nuove funzioni c’è anche una specie di bulb ramping integrato piuttosto evoluto ma non avevo il tempo materiale per studiarne le regolazioni.
È pure disponibile perfino un grazioso intervallometro che non avrei mai immaginato quanto questo mi sarebbe stato utile. Ma andiamo con ordine.

Il Piano C

Questo è il mio power bank per le riprese sul campo. Alimentato da una batteria piombo/acido da 12 V-10 Ah. Le uscite avio e jack per il telescopio e altri accessori a 12V sono controllate e stabilizzate elettronicamente, poi prevede due uscite USB e una presa accendisigari. Credit: Il Poliedrico

Il bulb ramping interno alla fotocamera avrebbe risolto il primo problema: programmando il dolly di fare una pausa di scatto di 10 secondi mi avrebbe comunque permesso di fare riprese corrette come avrei voluto, ma la mancanza di esperienza nel regolare tutte le variabili necessarie mi ha costretto a rinunciare anche al piano B. A quel punto il dolly avrebbe dovuto semplicemente muovere la fotocamera e ordinare uno scatto di 3-4 secondi di esposizione a 400 ISO (per minimizzare il rumore) e via; d’altronde la configurazione da me scelta aveva dato buoni risultati con la Luna quasi piena delle sere precedenti.

Avete presente la nuvola nera di Fantozzi? La mia era uno sciame di moscerini (o erano zanzare?)  che danzavano proprio sopra la mia testa; letteralmente! E per la fretta, le mie dita a prosciutto o la Maledizione della Prima Luna, mi è capitato anche che spezzassi il jack di scatto dentro la fotocamera 1: di conseguenza niente dolly e scatto remoto.

Se credete che questo basti per scoraggiarmi vi sbagliate. È a questo punto che l’intervallometro, mai sperimentato, dentro al firmware Magic Lantern ha in parte salvato la mia serata osservativa e consentito comunque di fare un timelapse dell’eclissi.
Avevo portato anche un’altra fotocamera sul campo ma imprevisti problemi di carica della batteria mi hanno impedito di fare riprese dell’evento a lunga focale.

Dicono che la fortuna è cieca ma nel mio caso la sfiga ci vede benissimo!

Conclusione

Nonostante tutte le avversità che mi sono capitate, io e chi si è unito a me per la serata cii siamo divertiti, mentre di tutto quello che mi è successo per questa occasione mi servirà di lezione per l’eclissi del 16 luglio prossimo 2, perché in questo campo non si smette mai di imparare. Se mi vorrete sarò molto probabilmente nello stesso posto, perché a parte il discreto viavai di coppiette in cerca di intimità  3 (i flash nel filmino sono dovuti ai fari delle loro auto 😀 )  perché trovo che quel luogo sia incredibilmente bello e suggestivo.

Cieli sereni

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Timelapse di 240 fotogrammi ripresi con una Canon EOS 7D e un Samyang 10mm f 2.8 – 400 ISO per 6 secondi

Pensieri sul cielo di quasi estate

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La costellazione del Cigno e l’area di ricerca del telescopio orbitale Kepler. Credit: Il Poliedrico

In queste calde sere il cielo è dominato dalla costellazione del Cigno e da Vega (α Lirae), la quinta stella più luminosa del nostro cielo. Questa qui sopra l’ho fotografata giusto iersera dal mio studiolo.
Vedete quel quadratone tra Vega e il Cigno? Sono i centoquindici gradi quadrati in cui ha scrutato l’osservatorio spaziale dedicato alla ricerca di altri mondi Kepler. Non lasciatevi trarre in inganno dalle dimensioni in foto; in realtà è grande più o meno quanto il dorso della vostra mano vista a braccio teso contro il cielo (se poi avete delle mani particolarmente grandi sarà sicuramente meno).
In questa modesta porzione di cielo  non lontana dal piano galattico ma relativamente sgombra da nubi molecolari Kepler ha identificato 1  oltre mille pianeti di cui è stata poi confermata l’esistenza con altri metodi.

Di questi mille pianeti alcuni appaiono decisamente inospitali, almeno per il metro terrestre. Altri sono ben più promettenti, mentre alcuni mostrano un indice ESI [cite]http://goo.gl/kgCavI[/cite] decisamente simile alla Terra. Ancora non sappiamo se questi strani e nuovi mondi ospitino altre forme di vita e civiltà [cite]http://goo.gl/F6Kutc[/cite], ma comunque possiamo ragionevolmente crederlo almeno per qualcuno di essi.  
Se poi pensiamo che l’area osservata da Kepler copre appena lo 0,28% della volta celeste, provate a immaginare quanti altri mondi , e che magari ospitano pure altre forme di vita, ci possono essere solo nella nostra galassia 2!


Note:

 

Una eclissi quasi alla cieca

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Un collier di immagini dell’eclissi. Il sorriso del celebre gatto di Schrödinger potrebbe essere così 🙂

E così l’eclissi del 20 marzo scorso è passata.
Intanto voglio pubblicamente ringraziare Stefano Cardinali per il prezioso aiuto dato durante la mattinata osservativa e per la sua piacevole compagnia. Ma cominciamo dall’inizio.
Una serie di disguidi e ritardi nella consegna di alcuni materiali (alcuni li ho ricevuti a eclissi finita!) hanno quasi compromesso miei propositi di immortalare il raro fenomeno.
Tanto per fare un esempio, i fogli di Baader Astrosolar li ho ricevuti, anche questi con diverse tribolazioni, solo il giovedì 19 alle 13:00! Così,  tra preparare così i nuovi filtri, che hanno però funzionato subito benissimo, le videocamere, i cavalletti etc. è passato il  resto della serata senza aver alcun modo di testare tutto.
Anche la scelta del sito di osservazione non è stata semplice.
Il sabato precedente all’evento ebbi il classico colpo di genio 1: usare la celebre Piazza del Campo di Siena come sfondo! Ero a conoscenza dei vincoli a cui sono sottoposte ogni forma di ripresa non occasionale della Piazza, e così provai a chiedere le autorizzazioni.
Nonostante la tempestiva e cortese risposta dei funzionari del Comune, ormai era troppo tardi per ottenere l’autorizzazione alle riprese e quindi ho dovuto ripiegare sul più tradizionale sito spesso usato per le mie riprese. 
A questo punto non posso che mostrarvi queste foto, che non avranno certo uno sfondo particolare, ma sono state sempre fatte col cuore!

 

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Il momento del massimo dell’eclissi.

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Una delle fasi iniziali dell’eclissi. vicino al bordo sinistro è possibile scorgere la macchia solare 2303. Le altre regioni attive presso il bordo occidentale sono troppo deboli per essere qui riprese.

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Sequenza di tutta l’eclissi nel suo cammino apparente nel cielo. Ogni fotogramma dista 3 minuti e 36 secondi dal successivo. i primi 8 fotogrammi sono stati ripresi con un tempo più breve rispetto ai successivi.

C/2012 S1 dalla Nube di Oort con furore, o quasi ….

Più o meno diecimila anni fa una qualche perturbazione destabilizzò l’orbita di una cometa – in pratica una grossa palla di neve sporca – di circa 5 chilometri di diametro che fono ad allora se n’era stata placida e tranquilla all’interno della Nube di Oort, il vasto guscio più o meno sferico che circonda il nostro Sistema Solare tra 0,3 e 1, 5 anni luce, residuo della sua formazione.
A quell’epoca sulla Terra gli esseri umani ancora non avevano inventato la scrittura, qualcuno forse abitava sulle palafitte e viveva di agricoltura, ma nessuno di loro aveva mai immaginato cosa fosse una cometa anche se forse ne avevano vista qualcuna.

La cometa C/2012 S1 (iSON) ripresa dalla sonda interplanetaria Deep Impact da una distanza paragonabile alla Terra in quel momento: 5,3 UA

La cometa C/2012 S1 (iSON) ripresa dalla sonda interplanetaria Deep Impact il 17/18 gennaio 2013 da una distanza di 5,3 UA.
Credit NASA

Undici mesi fa, il 21 settembre scorso, due astronomi russi, Vital Nevski e Artyom Novichonok, utilizzando il telescopio da 40 centimetri dell’International Scientific Optical Network 1 in un sito vicino a Kislovodsk, in Russia, scoprirono la cometa che nel frattempo era arrivata ad appena 941 milioni di chilometri dal Sole, nella costellazione dei Gemelli. Il Nome completo scelto per la cometa è C (cometa non periodica) 2012 (l’anno della scoperta) S1 (la prima cometa scoperta nella seconda metà di settembre) e infine ISON, dalle iniziali del programma di ricerca russo: C/2012 S1 (ISON).

A gennaio di quest’anno, nei giorni 17 e 18, la sonda spaziale Deep Impact, ben nota per le sue esplorazioni sui corpi minori del Sistema Solare, riuscì a fotografare la ISON sovrapponendo 146 esposizioni da 80 secondi ciascuna per un totale di circa 3 ore e un quarto. Le strisce che si vedono nella foto sono dovute al moto di fondo delle stelle rispetto alla cometa, che nonostante sia stata al momento della ripresa distante circa 760 milioni di chilometri dal Sole, aveva già la sua codina.

La C/2012 S1 (ISON) osservata dal telescopio spaziale Hubble nel maggio 2013. Credit: NASA Comet ISON Observing Campaign

La C/2012 S1 (ISON) osservata dal telescopio spaziale Hubble nel maggio 2013.
Credit: NASA Comet ISON Observing Campaign

Ma arriviamo ai nostri giorni. A fine luglio la c/2012 (ISON) ha superato il limite  di 2,7 UA che rappresenta la frost line 2 per il Sistema Solare. Al di sotto di questo limite c’è da attendersi un ben maggiore sviluppo della coda dovuto alla sublimazione delle parti più volatili.

Però …

Nonostante la ISON fosse stata pubblicizzata come la cometa del secolo 3, le sue aspettative non sono delle migliori fino a questo momento. Anche se era ancora molto distante dalla frost line (circa 5 UA dal Sole), a gennaio di quest’anno la cometa emetteva più di 50 mila chilogrammi di polveri al minuto e solo 60 litri d’acqua al minuto; con quel ritmo occorrerebbero 12 ore per riempire una piscina olimpionica!
Sicuramente a quella distanza la sublimazione del ghiaccio d’acqua non era ancora importante, ma chi si aspettava un tasso via via maggiore con l’avvicinarsi del perielio è rimasto deluso.
Dal 13 gennaio 2013 la luminosità della ISON è rimasta pressoché costante per ben 132 giorni, cioè fino a quasi maggio. Questo curioso comportamento può essere spiegato dalla presenza di una crosta di silicati, da una carenza di acqua nella composizione chimica della cometa 4 o entrambe.
Le previsioni attuali riviste alla nuova curva di luce indicano che se la ISON sopravvivrà al passaggio col Sole arriverà a brillare a non più della magnitudine -6. Distante dalla -17 ma comunque ragguardevole.
Purtroppo in questo momento la cometa è a soli 16 gradi dal Sole, quindi è inosservabile da Terra, ma intanto il 2 ottobre transiterà nei pressi di Marte dove il rover Curiosity e il satellite Mars Global Express potranno riuscire a riprenderla. Sarà la prima cometa osservata dalla superficie di un pianeta extraterrestre!


Bibliografia:

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Note:

Neutrini superluminali? quasi sicuramente no.

Umby

Ormai è quasi certo. Oppure come i vostri gusti preferiscono, i clamorosi risultati di OPERA sono quasi definitivamente smentiti.

A settembre dello scorso anno fu annunciato dai ricercatori dei Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso che alcuni neutrini sembravano viaggiare più veloci della luce tra l’LHC di Ginevra e i rivelatori italiani.
Tutto faceva supporre che si stesse schiudendo un nuovo orizzonte per la fisica … fino a quasi un mese fa, quando saltò fuori la notizia che potevano esserci stati un paio di errori nella strumentazione usata nell’esperimento OPERA: uno che ritardava la risposta – un cavo malmesso – e uno che l’anticipava – un errore nel calcolo del tempo di volo dei neutrini fra la stazione emittente e il ricevitore.

Adesso la conferma che i neutrini viaggiano alla velocità della luce dentro i classici margini di tolleranza è apparsa su Arxiv a questo indirizzo: Measurement of the neutrino velocity with the ICARUS detector at the CNGS beam.
In pratica il rivelatore ICARUS (Imaging Cosmic and Rare Underground Signals) ha misurato un anticipo δt del tempo di volo dei neutrini emessi tramite il CERN-SPS (Super Proton Synchrotron) 1 rispetto a c di 0.3 ns con un errore statistico di ±4.0 ns ed un errore sistematico di ±9.0 ns. La misura è compatibile con una velocità vμ dei neutrini muonici non superiore a c.
Questo si può quindi considerare il primo test ufficiale che avrebbe potuto smentire o confermare i controversi risultati di OPERA.
Per dirla come i Mithbuster: Neutrini superluminali? mito sfatato.