Anche stavolta sono stato ospite della rivista Coelum Astronomia con il riadattamento di un mio vecchio articolo [cite]https://ilpoliedrico.com/2011/03/quando-marte-parlava-a-guglielmo-marconi.html[/cite] sul celebre Premio Nobel italiano Guglielmo Marconi.
Sono felice per questo ma sento che gran parte del mio merito va a Voi Lettori che da anni leggete queste pagine. Quindi grazie e buona lettura anche stavolta.
Cieli sereni
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Quando Marte parlava a Guglielmo Marconi
Tempo fa trovai qui questo articolo in cui veniva commentato un vecchio articolo del New York Times che parlava di Guglielmo Marconi, l’inventore e fisico bolognese che per primo realizzò un sistema di comunicazione senza fili (oggi si direbbe wireless).
La cosa più mi colpì fu che Marconi si era convinto di ricevere segnali extraterrestri attribuendoli a fantastici abitanti di Marte che stavano comunicando, anche loro, per mezzo di un alfabeto composto da punti e linee come l’alfabeto Morse.
Marconi pensava che alcuni segnali spuri da lui ricevuti non fossero di origine terrestre e di questo ne nacque una discussione con gli altri scienziati impegnati nelle ricerche sulle radiotrasmissioni.
Uno di questi fu Edouard Branly, fisico francese che si era occupato dei miglioramenti dei sistemi di ricezione perfezionando il coesore, un tubetto di vetro dotato di elettrodi contenente polveri di nichel e argento e tracce di mercurio inventato da un altro fisico italiano: Temistocle Calzecchi Onesti 1.
Branly sosteneva che infatti i segnali Morse ricevuti da Marconi fossero di origine terrestre, prudentemente negando ogni ipotesi di origine extraterrestre (esisteva un premio di 100.000 franchi francesi dell’epoca per chiunque fosse stato in grado di stabilire una comunicazione radio con altri mondi).
Altri scienziati come il direttore dell’Osservatorio di Parigi Edward Benjamin Baillaud dichiarandosi ignorante in materia affermò che le osservazioni radio svolte dalla Torre Eiffel non mostravano traccia di quei segnali.
Qualcun altro parlò di disturbi atmosferici, altri ipotizzarono una correlazione con l’attività solare, altri forse ci risero su pensando che forse questa vota il genio italiano l’aveva sparata troppo grossa 2.
Guglielmo Marconi si mosse quasi certamente dietro l’onda emotiva scatenata dalla scoperta dei canali di Marte da parte dell’astronomo Giovanni Schiaparelli che credeva di aver scorto sulla superficie del Pianeta Rosso una teoria di depressioni che chiamò canali nei suoi scritti, che, per un banale errore di traduzione in inglese, presero il nome di canals, ovvero strutture artificiali, trovando nell’astronomo americano Percival Lowell un fervente sostenitore.
Credo che invece Marconi ascoltò veramente dei segnali Morse provenienti dal cielo, ma che questi fossero di chiara origine terrestre, influenzati dall’attività solare e dal momento diurno: sono infatti convinto che Marconi stesse rivelando segnali Morse trasmessi da qualche parte sulla Terra e riflessi dalla ionosfera, scoperta solo qualche anno più tardi nel 1926 dal fisico scozzese Robert Watson-Watt, inventore del radar 3, e studiata dal fisico inglese Edward V. Appleton che gli valse il Premio Nobel.
Anche nelle storie più strampalate può esserci un pizzico di realtà.