Sedimenti naturali e strutture fossili

Se vogliamo cercare testimonianze di vita passata sulla Terra non c’è che l’imbarazzo di dover scegliere dove guardare. Fossili di animali preistorici, piante e di più semplici forme di vita sono state trovate ovunque si sia guardato; dopotutto questo è un pianeta che la vita ha modellato a suo piacimento per almeno tre miliardi e mezzo di anni. È questo, un vastissimo spazio che sta al confine tra la geologia e la biologia, difficile da interpretare ma anche ricco di sorprese.

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Figura 1:
La Scala dei Turchi in comune di Realmonte (AG) in Sicilia. La bizzarra struttura naturale è composta da marna, una roccia sedimentaria di natura calcarea e argillosa, avente un caratteristico colore bianco puro. Credit: Il Poliedrico

Sezione trasversale di una roccia che mostra i sedimenti organici fossili al suo interno. Crfedit: : Nora Noffke, Daniel Christian, David Wacey, and Robert M. Hazen/Astrobiology

Figura 2:
Sezione trasversale di una roccia mostra i sedimenti organici fossili al suo interno.
Credit: : Nora Noffke, Daniel Christian, David Wacey, and Robert M. Hazen/Astrobiology

La vita nell’Archeano

Se voi avreste visitato la Terra durante l’Archeano, avreste trovato la Terra dominata da innumerevoli vulcani attivi. Il cielo vi sarebbe apparso di colore arancione a causa dell’alta concentrazione di metano nell’atmosfera mentre le acque degli oceani poco profondi che coprivano gran parte della superficie del pianeta avrebbero avuto una leggera sfumatura verde per i microrganismi che avevano appena imparato a vivere sui litorali, e che poi sarebbero diventati le stromatoliti e le tromboliti che vediamo oggi.
La Luna vi sarebbe apparsa molto più grande e le sue maree gigantesche, perché il satellite era allora molto più vicino. Il Sole era invece un po’ più piccolo e fresco, ma a riscaldare l’ambiente c’avrebbero pensato i vulcani e l’effetto serra…

All’inizio della storia sulla Terra era presente solo roccia magmatica, quella che costituisce ancora oggi almeno il 65% della crosta del pianeta. Adesso invece, almeno il 75% della superficie del pianeta è rivestito da uno strato sottilissimo di roccia di tipo sedimentario, cioè originato da sedimenti. Questi sedimenti sono prodotti dalla rimodellazione continua della crosta terrestre da parte dell’atmosfera e dell’idrosfera (processi abiotici), e dalla biosfera.
Esempi tipici di roccia sedimentaria sono le arenarie, le brecce e i conglomerati. La loro genesi è dovuta a processi di erosione, deposito e successivo  compattamento di frammenti più o meno grandi di altre rocce preesistenti.
Altri esempi di processi di sedimentazione sono quei sedimenti prodotti da soluzioni (tipicamente acqua) sature di minerali di carbonato (CO 3 2- ) come la calcite, l’aragonite e la dolomite.
Va da sé che i processi biologici dominanti sul nostro pianeta hanno lasciato ben poche strutture sedimentarie ancora non contaminate dalla loro presenza.

Le strutture sedimentarie legate alla biosfera sono prodotte da colonie di microrganismi che interagiscono con i sedimenti di origine naturale (abiotici) come quelli descritti prima. Queste colonie, molto spesso bentoniche 1, che possono essere composte da batteri, alghe, protozoi, archaea etc.,  si dispongono lungo il piano orizzontale 2 dando luogo a film microbici e altre sostanze polimeriche extracellulari (EPS) 3. Queste strutture poi danno origine alle microbialiti. L’ammassarsi di queste stuoie microbiche in presenza di carbonato produce quelle strutture sedimentarie note come stromatoliti [cite]http://www.geosociety.org/gsatoday/archive/23/9/abstract/i1052-5173-23-9-4.htm[/cite]  4  5.

Invece, con l’assenza della precipitazione dei carbonati o di altri minerali e la stratificazione delle stuoie microbiche si hanno quelle che gli anglofoni chiamano MISS (Microbially induced sedimentary structures), in italiano Strutture Sedimentarie Indotte Microbiologicamente (figura 2) [cite]http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24205812[/cite] 6.

Sebbene entrambe le strutture principali dei sedimenti fossili (stromatoliti e MISS) abbiano come origine i tappeti microbici, le MISS sono generalmente associate a fenomeni di superficie e la sostanziale assenza di strati sovrapposti.
Le stromatoliti – e le tromboliti – invece hanno una terza dimensione pronunciata, dovuta alla precipitazione minerale e alla cementazione di stuoie microbiche impilate una sull’altra. Queste si sviluppano principalmente in ambienti ricchi di calcio e di bicarbonato, di solito in ambienti marini soprattutto alle basse latitudini.
le MISS si verificano  piuttosto in ambienti – sia marini che terrestri –  evaporitici 7 e poveri di carbonati che sono più frequenti alle latitudini più elevate,.
Sia le MISS che le  stromatoliti sono quindi tra le più antiche testimonianze della vita sulla Terra. La loro distribuzione temporale va dal primo Archeano fino ai giorni nostri  ed interessa un po’ tutti i processi sedimentari presenti nelle piane di marea, lagune, spiagge fluviali, laghi, etc.. Le stromatoliti rinvenute mostrano anche che vi fu un grande incremento nelle diversità morfologiche durante il Proterozoico, soprattutto verso la fine del Mesoproterozoico (1,3 miliardi di anni fa). Queste diversità probabilmente riflettono interazioni tra le stuoie microbiche e organismi non microbici più evoluti.

La regione Pilbara, nell’Australia Occidentale, a destra una MISS di 3,5 Gyr fa rinvenuta nello stesso sito da Nora Noffke. 
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I resti più antichi risalgono fino a 3,2 miliardi di anni fa, mentre il più antico deposito sedimentario biologico è stato rinvenuto nella regione di Pilbara, in Australia, e fatto risalire al primo Archeano (circa 3,48 miliardi di anni fa).  Questo dimostra che già in quel periodo la vita procariotica era capace di organizzarsi in strutture evolute 8 [cite]http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9535661[/cite].

Purtroppo, i fenomeni di mineralizzazione inorganica intorno ai modelli microbici tendono a degradare e pian piano sostituire le strutture biologiche preesistenti. Anche le strutture EPS vengono degradate e sostituite da minerali argillosi. Dopo che i materiali microbici sono scomparsi, il carbonio e il calcio rimasti creano microcristalli di aragonite all’interno delle strutture che un tempo erano corpi viventi , fino a sostituire del tutto  le caratteristiche impronte biogene.
A questo punto resta da spiegare come è possibile  riconoscere un deposito sedimentario naturale da uno di origine biologica quando ormai dopo miliardi di anni ogni molecola biologica stata estratta e degradata dall’ambiente. Semplicemente dalla complessità della struttura minerale rimasta.
Una formazione naturale per quanto complessa essa sia, è pur sempre dominata da una totale casualità nelle forme, dimensioni e struttura. Al contrario, una struttura di origine biotica, anche se completamente mineralizzata e alterata da condizioni ambientali avverse, manterrà comunque molti degli schemi e delle complessità proprie della struttura biologica originaria.

 


Note:

Possibili tracce di strutture biologiche fossili fotografate dai Mars Exploration Rover

Già nel lontano 2004 la missione più longeva su Marte, Opportunity, fotografò delle microsferule di ematite, soprannominate mirtilli, una delle prime prove concrete che su Marte in un tempo molto lontano deve essere esistita acqua allo stato liquido.
Poi nel corso degli anni, il quadro che disegnava Maven dall’orbita, prima Opportunity e Curiosity poi direttamente dal suolo marziano è passato da poco più che una probabilità a una  una certezza: c’era stato un momento nel passato lontano che Marte aveva posseduto dell’acqua liquida sulla sua superficie. Nel corso degli anni si sono accumulate centinaia di prove: corsi essiccati di fiumi, minerali e depositi argillosi che solo la presenza non occasionale di acqua liquida può aver generato sul Pianeta Rosso. 

Terra vs. Marte: Ecco una delle immagini presenti sul Lavoro pubblicato su IJASS, 2014. La somiglianza delle strutture evidenziate sulla Terra (microbialiti:colonie di microrganismi unicellulari) e su Marte (fotografate da Opportunity sul pianeta rosso) è davvero notevole (vedi i contorni automatici ottenuti dal sistema computerizzato, sulla destra) . La successiva analisi automatica di immagine ha confermato con alta significatività statistica l'identità delle immagini.

Terra vs. Marte:
Ecco una delle immagini presenti sul Lavoro pubblicato su IJASS, 2014. La somiglianza delle strutture evidenziate sulla Terra (microbialiti:colonie di microrganismi unicellulari) e su Marte (fotografate da Opportunity sul pianeta rosso) è davvero notevole (vedi i contorni automatici ottenuti dal sistema computerizzato, sulla destra) . La successiva analisi automatica di immagine ha confermato con alta significatività statistica l’identità delle immagini.

Nel 2004 il Mars Exploration Rover Opportunity stava esplorando il Meridiani Planum quando in un costone di roccia chiamato Guadalupe, si imbatté in una delle prime e più evidenti prove che nel lontano passato Marte aveva posseduto acqua liquida [cite]http://mars.nasa.gov/mer/newsroom/pressreleases/20040302a.html[/cite].
Non che la cosa fosse del tutto inaspettata. Già la missione orbitale Mars Odyssey aveva segnalato la presenza di grandi quantità di idrogeno che facevano supporre la presenza di ghiaccio sotto la superficie di Marte, ma non si erano ancora trovate tracce così evidenti della passata presenza di acqua liquida sulla superficie; ma non solo…

Il Dott. Giorgio Bianciardi dell’Università di Siena, biologo e medico, ricercatore dell’Università di Siena, dove insegna Microbiologia e Astrobiologia, [cite]http://ijass.org/publishedpaper/year_abstract.asp?idx=132[/cite][cite]http://ilpoliedrico.com/2012/05/intervista-a-giorgio-bianciardi-sul-labeled-release-experiment.html[/cite], il Dott. Vincenzo Rizzo ex ricercatore del CNR presso l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (CNR-IRPI) di Cosenza, geologo, e il Dott. Nicola Cantasano ricercatore CNR all’istituto di Foreste e Agricoltura del Mediterraneo di Cosenza, hanno comparato 30 immagini riprese dalle missioni  Mars Exploration Rover (Spirit e Opportunity) e confrontate con altrettante (45) immagini di stromatoliti terrestri 1 per un totale di 40 000 microstrutture esaminate, tenendo conto della forma, dimensioni, complessità e similitudini tra le immagini marziane e i campioni terrestri [cite]http://ijass.org/PublishedPaper/topic_abstract.asp?idx=474[/cite].

Questa immagine mostra una parte dello sperone di roccia a Meridiani Planum, Mars, soprannominato “Guadalupe.” Fu scattata dal Microscopic Imager (MI) di Opportunity,. Credit: NASA/JPL

Il team italiano evidenzia una similitudine statistica molto elevata tra le microstrutture rilevate dalle immagini riprese su Marte e le strutture microbiologiche (microbialiti 2 e stromatoliti) terrestri.
Tutte le immagini dei campioni sono state ricomposte sulle stesse proporzioni delle immagini trasmesse dai rover (sui metodi di trattamento e i software usati rimando all’articolo originale su ijass.org) e poi si è proceduto con una analisi di tipo frattale 3 [cite]http://ilpoliedrico.com/2012/04/caccia-ai-microrganismi-marziani-le-nuove-ricerche-sugli-esperimenti-labeled-release.html[/cite] (la stessa che Giorgio Bianciardi usa da anni nelle sue ricerche biomediche) sulle immagini prendendo in considerazione otto diversi indici frattali che indicano altrettanti dati riguardo la complessità e le dimensioni delle strutture esaminate.
I risultati a cui sono giunti mostrano una totale similitudine tra le immagini marziane e i campioni terrestri sostenendo che la probabilità di una casualità simile e pari a 1 su 2^8 (p < 0,004). In altre parole i ricercatori italiani sostengono che durante il periodo in cui sussistevano le condizioni per la presenza di acqua liquida su Marte, esistevano ampie colonie di microorganismi unicellulari molto simili a quelli che hanno dato origine alle stesse simili strutture qui sulla Terra.

soprannominata "Salsberry Peak." Sono evidenti i segni della presenza dell'acqua nel passato di Marte.  Credit: NASA/JPL/Caltech/MSSS. Composizione di Jason Major.

Questo mosaico di 28 immagini è stato ripreso il Sol 844 (21/12/2014) e mostra una parte del Gale Crater soprannominata “Salsberry Peak.” Sono evidenti i segni della presenza dell’acqua nel passato di Marte.
Credit: NASA/JPL/Caltech/MSSS. Composizione di Jason Major.


Note:

 

Quattro vie per dire addio ai combustibili fossili

Un anno fa su Scientific American apparve un articolo 1 di Mark Z. Jacobson e Mark A. Delucchi che illustrava la fattibilità di produrre l’energia  mondiale necessaria solo col supporto delle fonti rinnovabili, ossia vento, acqua e sole (Wind Water Sun) a cui mi sento di unire anche la geotermia come importante fonte energetica pulita.  Il lavoro svolto presso l’Università di Stanford tiene conto di fattori importanti come l’impatto ambientale globale di tutta la filiera di produzione: riscaldamento globale, inquinamento, approvvigionamento idrico, uso del suolo, la biodiversità etc… .
Tenere conto di tutti i fattori che causano turbamento del delicato equilibrio planetario non è semplice, comunque questo ha di fatto eliminato tutte le fonti di approvvigionamento tradizionali come carbone, petrolio, gas e nucleare ma anche tutti i sistemi che riguardano i biocombustibili e i termogeneratori a combustione.

Energia e Combustibili

L’energia è un concetto tutto sommato astratto:  può essere qualsiasi cosa che produce un lavoro, sia esso meccanico, chimico o elettrico; tutti i combustibili quindi sono veicoli di energia: in seguito a una reazione chimica o nucleare questi rilasciano una certa quantità di energia che genera lavoro 2, 3.
Tutti i combustibili chimici che usiamo producono energia tramite la rottura dei legami chimici di molecole complesse rilasciando sottoprodotti di scarto come la CO2 4. Il problema risiede nel fatto che molti combustibili chimici  che usiamo sono di origine fossile, praticamente tutti, tranne quelli provenienti dalle biomasse attuali, originati cioè in milioni di anni da piante e animali morti che durante la loro esistenza avevano catturato il carbonio dall’ambiente. Nel momento del loro utilizzo perciò rilasciano il carbonio estratto dall’ambiente milioni di anni fa di cui erano custodi riversandolo nell’ambiente attuale. Le biomasse invece raccolgono ora il loro carbonio e ora viene liberato, quindi ad apporto virtualmente zero per l’ambiente.

A questo punto è facile intuire che i combustibili fossili sono vettori energetici che creano un grave danno all’ambiente. I biocarburanti apparentemente no, però questi non potrebbero risolvere la domanda energetica del pianeta senza distogliere all’agricoltura alimentare risorse importanti come acqua e suolo, possono essere vettori tollerabili solo  fino a quando un diverso sviluppo tecnologico con un diverso vettore non sarà diventato dominante 5.

Noi usiamo già questo terzo vettore, nelle nostre case e nelle fabbriche, negli uffici e nel tempo libero, è fondamentale per lo sviluppo tecnologico dell’umanità: si chiama elettricità.
Finora usiamo i combustibili fossili (o nucleari) per produrla, ma nuove tecnologie permettono la produzione di elettricità in grandi quantità senza intaccare l’ambiente e a costi sempre più competitivi rispetto ai metodi tradizionali, mi riferisco alle WWS + G di prima: vento, acqua, sole e geotermia.

Vento e Acqua

La centrale mareomotrice di Saint-Malo. Essa copre il 3 % del fabbisogno elettrico della Bretagna francese. Credit: Wikipedia

Il vento e l’acqua possono generare movimento, quindi energia, convertibile direttamente in elettricità esattamente come fa una turbina di una centrale a combustibile, l’unica difficoltà è che queste due risorse non sono ovunque e sempre disponibili, ma l’energia da loro prodotta può essere immagazzinata in un altro tipo di vettore (ex. idrogeno) o trasportata attraverso la rete elettrica. Non solo, essendo il vento mediamente disponibile sul pianeta, date le relativamente ridotte dimensioni e l’assenza di inquinamento dei mezzi di conversione d’energia movimento/elettricità, il suo sfruttamento si presta anche per la produzione locale di energia elettrica.
L’acqua come risorsa idroelettrica è già ampiamente sfruttata, manca solo di sfruttare l’energia resa dalle maree e dalle correnti marine 6, anche se esercizi pilota in questo senso sono già stati avviati in diverse parti del mondo.