Materia esotica per le stelle a neutroni

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I componenti della materia sono fatti di leptoni (come l’elettrone e i neutrini) e quark (che costituiscono protoni, neutroni ed altre particelle). I quark sono molto diversi dalle altre particelle. Oltre alla carica elettrica particolare ($\frac{1}{3}$ o $\frac{2}{3}$ quella dell’elettrone e del protone), essi possiedono infatti anche un diverso tipo di carica ​​chiamato colore. Il peculiare meccanismo in cui opera questa carica può aiutarci a far luce su alcuni oggetti astrofisici più esotici: le stelle di neutroni.

Le combinazionii di carica  colore devono produrre un colore neutro (ovvero si devono annullare) per produrre una particella libera dalla Interazione Forte.

Le combinazioni di carica colore devono produrre un colore neutro (ovvero si devono annullare) per produrre una particella libera dalla Interazione Forte.

I quark sono particelle elementari (fermioni,  cioè che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac e  al principio di esclusione di Pauli) che risentono dell’Interazione Forte, una delle 4 forze fondamentali. I mediatori principali di questa forza sono i gluoni, bosoni senza massa come gli analoghi del campo elettromagnetico, i fotoni. Ma a differenza di questi che non hanno carica, i gluoni sono portatori di una particolare forma di carica chiamata colore 1, per analogia al comportamento dei colori primari dello spettro visibile, non perché essi siano colorati. Per il modo in cui la forza forte agisce, è impossibile osservare un quark libero.

La carica di colore  è esapolare, composta cioè da 3 cariche (verde, rosso e blu) e 3 anticariche (anti-verde, anti-rossso e anti-blu) ) che si comportano in maniera analoga ai colori primari: quando la somma delle cariche di colore restituisce un colore neutro, come il bianco, , allora la particella composta è rilevabile. Così si possono avere particelle di colore neutro composte da tre quark con i colori verde rosso e blu chiamate barioni (i protoni e i neutroni sono i barioni più comuni), oppure particelle composte da due soli quark possessori di un colore e il suo corrispettivo anti-colore chiamate mesoni, che svolgono un ruolo importante nella coesione del nucleo atomico. Per l’interazione forte, questi sono solo i più comuni modi per ottenere un adrone. Infatti è previsto che ci siano anche altre combinazioni di carica colore per formarne una di colore neutro. Uno di questi, il tetraquark, combina fra loro quattro quark, dove due di essi hanno un colore particolare e gli altri due posseggono i corrispettivi anti-colori.

LHCb-Z (4430)

La particella$Z (4430)^-$ appare composta da un quark charm, , un anti-charm , un down e un anti-up. I  punti neri rappresentano i dati, la curva rossa il risultato della simulazione dello stato previsto per la $Z (4430)^-$. La  curva tratteggiata marrone indica quello che ci aspetterebbe  in assenza di questa. Questo dato afferma l’esistenza dell’esotica particella con 13,9 σ (cioè che il segnale è 13,9 volte più forte di tutte le possibili fluttuazioni statistiche combinate).

Segnali sull’esistenza di questo adrone esotico si ebbero nel 2007 dall’Esperimento Belle [cite]http://arxiv.org/abs/0708.1790[/cite],  che ricevette il nome di $Z (4430)^-$ 2. Ora questa particella con una massa di $4430 MeV/c^2$  (circa quattro volte quella del protone) è stata confermata dall’Esperimento LHCb di Ginevra con una significatività molto alta (13,9 $\sigma$) [cite]http://arxiv.org/abs/1404.1903v1[/cite]. Questo significa che i quark si possono combinare fra loro in modi molto più complessi di quanto finora osservato 3. Questo è un enorme passo avanti nella comprensione di come si può comportare la materia in condizioni estreme. Barioni e mesoni esotici detti glueball 4 o una miscela di questi può esistere in un solo posto in natura: nel nucleo di una stella a neutroni.

Le stelle compatte inferiori alle 1,44 masse solari sono nane bianche, stelle in cui la pressione di degenerazione degli elettroni riesce a controbilanciare la gravità. Oltre questo limite, chiamato limite di Chandrasekhar, il peso della stella supera il limite di degenerazione degli elettroni che si fondono coi protoni dando origine a una stella a neutroni 5.

quark_star (1)

Credit: NASA/Chandra

Il risultato è una stella fatta da soli neutroni dominata dalla gravità che in questo caso vince sulla repulsione elettrica. Di questo stato esotico della materia degenere non si sa molto di più delle speculazioni teoriche, ma questo potrebbe essere solo l’inizio: si calcola che la densità media delle stelle di neutroni vada da $3,7$ a $5,9 \times 10^{14} g/cm^3$ (un nucleo atomico ha una densità stimata di circa $3 \times 10^{14} g/cm^3$), con la densità passi da circa $1 \times 10^6 g/cm^3$ della superficie fino ai $6$ o $7 \times 10^{14} g/cm^3$ del loro nucleo. Come il limite di Chandrasekhar delinea il limite inferiore di una stella di neutroni, esiste un limite superiore la quale nessun’altra forza riesce ad impere il collassso gravitazionale che porta a formare un buco nero. Questo limite superiore è il limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff. È in questo intervallo di massa che esistono le stelle di neutroni [cite]http://www.scribd.com/doc/219247197/The-maximum-mass-of-a-neutron-star[/cite]. È probabile che solo le stelle di neutroni più leggere siano composte di neutroni degeneri, mentre man mano sale la massa verso il limite superiore la materia di neutroni degeneri ulteriormente in prossimità del nucleo e poi sempre più verso il guscio esterno in un brodo indistinto di quark tenuti insieme dalla gravità che riesce a soppiantare perfino l’interazione forte [cite]http://www.scribd.com/doc/219246949/Nuclear-equation-of-state-from-neutron-stars-and-core-collapse-supernovae[/cite]. Il tetraquark individuato dall’LHC è sicuramente solo il primo di una lunga serie di adroni esotici che può aiutare a comprendere meglio questi stati degeneri della materia che immaginiamo essere al centro di questi minuscoli e compatti resti stellari.


Note:

Materia esotica paramagnetica

Sono molte le nozioni scientifiche che abitualmente diamo per scontate. Pensiamo che esse siano vere ovunque nell’Universo – il che è sostanzialmente vero – ma non teniamo conto che in questo ci possano essere delle condizioni limite in cui ciò che sappiamo è incompleto.

In prossimità di una stella di neutroni la materia potrebbe essere ancora più esotica di quanto si pensi. Qui il magnetismo potrebbe prevalere sull’elettrostatica che normalmente governa la dinamica molecolare.

Eppure ci siamo già passati. Alla fine del 19° secolo Lord Kelvin si diceva convinto che si era scoperto tutto lo scibile, mentre subito dopo i concetti di spazio e di tempo assoluti crollavano sotto i colpi della Relatività e l’infinitamente piccolo veniva riscritto dalla Meccanica Quantistica.
Adesso proprio nel campo del quasi infinitamente piccolo, un settore che pensavamo di conoscere bene, pare che le nostre conoscenze siano incomplete.
Trygve Helgaker dell’Università di Oslo e il suo team hanno provato a simulare al computer quello che accade alla materia quando è sottoposta a campi magnetici potentissimi che possono essere generati solo dal nucleo collassato di una stella, una nana bianca o una stella di neutroni.

I legami chimici sono quelle forze elettrostatiche che consentono agli atomi di aggregarsi  fra loro e creare quelle strutture più complesse che chiamiamo molecole.  La forza dei legami chimici varia notevolmente, ci sono i legami forti come i legami covalenti e i legami ionici, e i legami deboli, come le interazioni dipolo-dipolo, che al momento non ci interessano affatto.
Il legame più semplice conosciuto e diffuso  nell’universo, è ovvio, riguarda due atomi dell’elemento più semplice che c’è, l’idrogeno. In questo  caso si parla di molecola di idrogeno o idrogeno molecolare, simbolo H2.
Questo è un legame covalente omopolare, dove i due nuclei atomici – in questo caso due protoni, di carica elettrica positiva – condividono due elettroni – di carica elettrica negativa. La carica elettrostatica quindi è nulla e la molecola è stabile.
In questo caso gli elettroni occupano lo stesso orbitale e, per il Principio di esclusione di Pauli, hanno spin opposti.
Helgaker e il suo team, avvalendosi di complesse simulazioni computerizzate, si sono accorti che una molecola di idrogeno in presenza di enormi campi magnetici dell’ordine di 100000 Tesla, che si possono appunto trovare in prossimità di una nana bianca o una stella di neutroni, si comporta in modo alquanto bizzarro, rivelando una nuova forma del legame covalente finora sconosciuto.
In questo caso la molecola di idrogeno si orienta parallelamente alle linee del campo magnetico, e il legame chimico tra i due atomi diventa più stretto e più stabile.
Nel caso in cui uno degli elettroni venga poi eccitato fino a un livello di energia che normalmente romperebbe il legame, come ad esempio dopo aver assorbito un fotone, la molecola non fa altro che riorientarsi perpendicolarmente al campo magnetico, ma curiosamente resta intatta.

 la dinamica dei legami molecolari in un ambiente comune (in inglese).

Questo avviene perché il campo magnetico riallinea lo spin degli elettroni in una unica direzione che è normalmente sempre antiparallelo quando due elettroni occupano lo stesso orbitale. Ma il Principio di esclusione di Pauli impedisce a due elettroni identici di occupare lo stesso orbitale, per cui un elettrone è costretto a cambiare posizione e passare allo stato quantico successivo, che è però un orbitale antilegame 1.
In un ambiente normale la molecola di idrogeno si dissocierebbe quasi subito nei suoi componenti fondamentali, invece qui l’intensità del campo magnetico riesce a mantenerla curiosamente stabile. I ricercatori hanno chiamato questo nuova forma di legame legame paramagnetico.

Il legame paramagnetico consentirebbe alle molecole di idrogeno di esistere anche in ambienti estremi come lo sono le sottilissime e caldissime atmosfere di questi nuclei stellari.
Dovrebbe essere quindi possibile osservare questa nuova forma della materia  studiando gli spettri di questi oggetti ipermagnetici in cerca di una loro particolare firma nelle righe spettrali che dovrebbe essere diversa dalle altre finora conosciute, perché il riposizionamento di una molecola eccitata nel campo magnetico deve comunque lasciare una sua impronta.
Se  Helgaker e i suoi hanno ragione dovremmo rivedere le nostre conoscenze sulla materia sottoposta a condizioni estreme.
Infatti i nuclei stellari collassati non si fermano certo a generare solo – si fa per dire – 100000 Tesla: molte stelle di neutroni raggiungono campi magnetici fino a 10000 volte più intensi.
Potremmo scoprire che la materia si comporta in modo ancora diverso e più esotico, magari campi magnetici ancora più intensi di quelli fin qui studiati non si limitano ad alterare gli orbitali ma anche la dinamica dei nuclei atomici fino a creare nuovi tipi di materia non ancora conosciuti.