C/2011-L4 PanSTARRS: la cometa di primavera

In questi ultimi giorni mi sono attardato a studiare l’affascinante mondo dei neutrini. L’argomento ha così attirato la mia attenzione che mi sono completamente dimenticato di parlarvi dell’imminente arrivo dell’altra Grande Cometa di quest’anno che tra pochissimi giorni sarà visibile ad  occidente poco dopo il tramonto. Non me ne vogliate, rimedio subito.

[hitasoft_player id=3]
I tempi sono espressi in UT; per l’Italia basta sommare quindi un’ora per ottenere l’ora standard di Roma.
Credit: Il Poliedrico

Se la C/2012 S1 ISON promette di essere una delle più luminose comete degli ultimi secoli 1, la PanSTARRS già visibile nei cieli australi certo non sfigura.

Per ora la cometa è visibile, sempre con maggiore difficoltà a cusa del suo avvicinarsi al perielio, dall’emisfero sud,  mentre già dai giorni 4 e 5 dovrebbe esser possibile scorgerla, magari con difficoltà, nei bagliori vespertini.
La situazione dovrebbe notevolmente migliorare nelle serate successive mentre la PanSTARRS si allontana dal Sole.

La curva di luce prevista per C/2011 L4 PanSTARRS Credit: http://www.aerith.net/

La curva di luce prevista per C/2011 L4 PanSTARRS
Credit: http://www.aerith.net/

In particolare vorrei segnalarvi lo spettacolo del 12 marzo,  quando una sottilissima falce di Luna, Marte e la cometa staranno un francobollo di cielo grande appena 7 gradi.
La curva di luce prevista per la PanSTARRS  indica che comunque già verso la fine del mese la cometa potrebbe diventare invisibile a occhio nudo Consiglio in tal caso l’uso di strumenti a grande campo per non perdersi la conda che adesso punta decisamente verso Nord. Per le effemeridi del giorno e altre informazioni vi invito a consultare il Calendario di questo sito.

Non mi resta quindi che augurarvi un bocca al lupo per le osservazioni e …
Cieli sereni


La cometa di Natale 2013

L’anno prossimo checché ne dicano le apocalittiche cassandre che ancora speculano sulla prossima fine del mondo, sarà ottimo per le osservazioni dei fenomeni celesti, in special modo le comete.

Credit: Il Poliedrico

Scoperta solo pochi giorni fa – 21 settembre e ufficializzata il 24 dal minor Planet Center –  da Vitali Nevski (Bielorussia) e Artyom Novichonok (Russia), la cometa C/2012 S1 (ISON) certamente il prossimo anno farà parlare di sé.
Per una volta incominciamo dai numeri, o meglio, dalle date:

  • Il  1 ottobre la Ison sarà a circa 10.000.000 di chilometri da Marte.
  • Il 28 novembre la Ison transiterà al suo perielio poco dopo le 20:00 (UTC)  ad appena 1,8 milioni di chilometri  dal fuoco dell’orbita (1,1 milioni di chilometri dalla fotosfera solare).
  • Se sopravviverà al passaggio nella cromosfera del Sole. la Ison il 26 dicembre passerà a 60 milioni di chilometri dalla Terra, rendendosi visibile nell’emisfero nord come   lo è stato la Lovejoy all’inizio di quest’anno per l’emisfero sud.

L’orbita della Grande Cometa del 1680 rappresentata nei Principia Mathematica di Newton.

Sì, ho detto se sopravviverà perché la Ison è una sungrazing, o cometa radente, ovvero una cometa il cui periapside e il fuoco dell’orbita sono  molto vicini, tanto da portarla a transitare  a meno di 3 raggi solari 1 dal centro di gravità della sua orbita. Non è certo un record, la Grande Cometa del 1680 2  passò ad appena 200.000 km dal Sole e sopravvisse.

Una cometa ovviamente non emette luce ma brilla di luce riflessa, quindi sono tre i fattori che ne determinano il suo splendore:

  • La quantità di polveri e gas che può emettere.
  • La sua distanza dal Sole al perielio.
  • La sua minima distanza dalla Terra.

La C/2012 S1 (ISON) alla sua minima distanza dalla Terra. Le orbite seguono un movimento antiorario,per cui la Terra ha già sorpassato la cometa quando questo avviene.

Dai dati orbitali finora elaborati questa pare essere una nuova cometa proveniente dalla Nube di Oort 3, quindi senz’altro molto ricca di materiali volatili necessari per una coda  importante.
Come ho detto la Ison passerà a meno di due raggi solari dalla superficie del Sole.  Pertanto  – se resisterà all’azione mareale del Sole e al calore della sua corona –  dovremmo attenderci un drammatico aumento della sua attività nucleare a tutto vantaggio della sua chioma e la sua coda, quindi anche della sua luminosità. Statisticamente, tutte le comete che posseggono un perielio inferiore a 75 milioni di chilometri (0,5 AU)  possono diventare una Grande Cometa.
Anche la Grande Cometa di Newton passò a 60 milioni di chilometri dalla Terra, proprio come potrebbe fare questa. Stando alle cronache dell’epoca, quella volta la Grande Cometa produsse una coda di ben 50-70°, per cui anche la Ison potrebbe essere protagonista di una performance simile e regalarci uno splendido spettacolo per il Natale 2013. Auguri.


Una fine prematura per la Cometa Elenin?

Cometa Elenin fotografata dall'osservatorio solare STEREO B. Credit:NASA

Forse C/2010 x1 (Elenin) non ce la farà.
Qualche giorno prima che uscissi con l’articolo su di lei, il 19 per l’esattezza,  la cometa Elenin è stata centrata da una delle tanti eruzioni solari di  questo periodo di avvicinamento al Massimo del Ciclo Solare, compromettendo forse la sua sopravvivenza oltre il perielio, mentre era più o meno all’altezza dell’orbita di Venere.
Secondo Ian Musgrave, un astrofilo australiano che ha lavorato sulle immagini riprese dalla sonda STEREO H1B che si è accorto dell’incidente  1 la luminosità della cometa e della sua coda sono diminuite dell’80%, facendo pensare – legittimamente – che il CME che ha investito la cometa l’abbia in parte dissolta.

Pensandoci bene, le caratteristiche orbitali estrapolate a ritroso suggeriscono che la cometa Elenin provenga dalla fascia più esterna della Nube di Oort, come avevo evidenziato la volta scorsa.
Questo spiega abbastanza bene come la cometa sia meno densa della media e significa anche che la sua composizione sia particolarmente ricca di sostanze volatili che una volta raggiunto il sistema solare interno sublimano in fretta sotto l’azione poderosa del vento solare, il che spiegherebbe la notevole chioma e coda registrati tra luglio e agosto  in fase di avvicinamento a cui avevo accennato.

Il flare che ha investito C/20010 X1 era inaspettato ma che forse ha degradato la cometa fin quasi alla sua più che probabile disintegrazione al perielio, dove tra forze mareali e calore del Sole 2 metterà in gioco la sua resistenza -ed esistenza.
Se effettivamente dovesse accadere sarebbe un peccato per la mole di informazioni che potrebbe ancora darci sul suo luogo di provenienza, la Nube di Oort, di cui a stento possiamo ancora avanzare delle ipotesi.
Se accadrà, avremo probabilmente un nuovo sciame di stelle cadenti da ammirare con stupore, alla faccia dei Catastrofisti della Fine del Mondo.

C/2010 X1 (Elenin) una cometa abbastanza banale

ISON
International Scientific Optical Network (ISON)
è una organizzazione internazionale non governativa coordinata dall’Istituto Keldysh di Matematica Applicata dell’Accademia Russa delle Scienze con lo scopo di tracciare i rifiuti spaziali e i corpi minori come comete, asteroidi etc.Questa organizzazione coinvolge gli osservatori astronomici dell’ ex Unione Sovietica (FSU) e chiede agli astrofili di partecipare alle sue attività scientifiche.
Coinvolge a livello internazionale 11 paesi -tra cui l’Italia- con 23 impianti di osservazione universitari e privati.

C/2010 X1 al momento della scoperta 1

C/2010 X1 (Elenin), conosciuta anche con il nome del suo scopritore Leonid Elenin, un astrofilo russo che la notò per primo il 10 dicembre 2010 sulle lastre riprese dall’osservatorio robotizzato di Mayhill, New Mexico, uno dei 23 osservatori sparsi nel mondo che partecipano al progetto ISON, checché ne dicano i soliti catastrofisti della fine del mondo 2, è una banalissima cometa di lungo periodo – 11800 anni! – che avrà il suo perielio il 10 settembre prossimo.
la C/2010 X1 (Elenin) ha probabilmente origine dalla fascia esterna della Nube di Oort, a circa un anno luce dal nostro Sole, dove impiegava 5,7 milioni di anni per compiere una sola orbita.
Testimone della sua gioventù è la sua chioma, che è passata in poco tempo da 80000 a 200000 chilometri di diametro 3, indicando una più che discreta attività nucleare che non potrà che accentuarsi verso il perielio e che forse potrà riservarci piacevoli sorprese.
Per quella data (10/9/2011) purtroppo la cometa Elenin sarà invisibile dall’Italia essendo prospetticamente vicina al Sole.
Sarà invece visibile con una magnitudine di 6 4 dall’inizio del mese di ottobre prima dell’alba ai confini tra le costellazioni della Vergine e del Leone, dove raggiungerà i 5 gradi a nord di Regolo il 10/10, mentre tra il 14 e il 15 transiterà vicino a Marte.
Al momento della minima distanza dalla Terra, il 17 ottobre Elenin sarà visibile come un oggetto tra la sesta e la settima magnitudine  a 6 gradi a nord dell’ammasso aperto M44, conosciuto anche come il Presepe 5, parallelo all’Asinello Boreale al centro della costellazione del Cancro.
Il 20 ottobre invece Elenin incrocerà l’orbita terrestre passando a 35,6 milioni di chilometri dal pianeta, un niente su scala cosmica, ma pur sempre 92 volte più lontano della Luna.
Ma – secondo me – il clou si avrà – cielo permettendo – nei giorni tra il 21 e 24 novembre, quando Elenin transiterà  accanto all’ammasso delle Pleidai seppur enormemente affievolita dall’enorme distanza ormai raggiunta (ha raggiunto ormai l’orbita di Marte): si stima che per allora avrà una magnitudine visuale intorno a 11, osservabile solo con strumenti di generoso diametro e con cieli scuri.

La Cometa Plutone

Rappresentazione artistica di Plutone con la sua atmosfera – Credit: PAS Cruickshank.

Nel 2006 una controversa decisione dell’Unione Astronomica Internazionale tolse lo scettro di pianeta a Plutone per relegarlo tra i corpi minori del nostro sistema solare.
Fu una decisione sofferta, contestata da quanti avevano preso simpatia per questo pianetino, il nono in ordine di distanza dal Sole. Il problema era che grazie a strumenti e tecniche sempre più raffinate c’era il concreto rischio di dover allungare a dismisura l’elenco dei pianeti del sistema solare, colmo di planetoidi della taglia di Plutone 1.

Che Plutone avesse un’atmosfera lo si sapeva già da molti anni 2, lo si era scoperto tramite i transiti planetari, ossia i passaggi del pianetino davanti a una stella e misurando la curva di luce di quest’ultima.
La composizione chimica di questa tenue atmosfera è azoto e metano, a cui si è aggiunto recentemente il monossido di carbonio 3.

Lo spettro della traccia di monossido di carbonio (in rosso) espressi in unità di gradi. – Credit: J.S. Greaves / Joint Astronomy Centre.

La pressione atmosferica è bassissima e estremamente varia a causa dell’eccentricità dell’orbita di Plutone: va da 6,5 a 24 μbar. Quando Plutone si allontana dal Sole, la sua atmosfera congela e precipita al suolo. Viceversa quando Plutone è più vicino al Sole, la temperatura di Plutone aumenta e la parte più volatile della sua superficie sublima.Curiosamente questa sublimazione ha come conseguenza quella di raffreddare  il pianeta, lo stesso meccanismo del sudore che raffredda il nostro corpo man mano che evapora dalla superficie della pelle. Infatti la temperatura di Plutone è di circa 43 K (-230 ° C), 10 K più  bassa di quanto si sarebbe supposto.
Invece il metano 4 crea una inversione di temperatura, con temperature medie più calde (36 kelvin 10 chilometri al di  sopra della superficie).
Questo crea il paradosso di come Plutone possa aver mantenuto la sua atmosfera così a lungo: e qui il monossido di carbonio appena scoperto svolge un ruolo importante per raffreddare ulteriormente l’atmosfera funzionando da termoregolatore in contrapposizione all’azione riscaldante del metano.

Potremmo considerare Plutone come il precursore di una nuova categoria di corpi planetari:
i Kuiper Belt Object.
Cosi avremmo tre tipi diversi di pianeti con struttura chimica ed evoluzione fisica simile: i terrestri, i gioviani e quelli che chiamo plutini, non necessariamente in risonanza 2:3 con l’orbita di Nettuno.

L’effetto quindi è che durante l’estate plutoniana si potrebbero verificare … curiose nevicate di azoto sulla superficie!
Sempre durante la breve estate il metano atmosferico può essere scisso in carbonio dalla radiazione ultravioletta solare e ricadere sulla superficie creando zone chiaroscure in contrasto con la brina di azoto visibili dalle immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble 5. Queste macchie scure provocano il riscaldamento localizzato della superficie provocando dei geyser che espellono gas proprio come nelle comete.

L’evoluzione fisica dell’atmosfera di Plutone è pertanto estremamente sensibile all’eccentricità dell’orbita del corpo. Ancora purtroppo ne sappiamo troppo poco e questi dati attendono conferma dalla sonda New Horizons 6 il cui arrivo nei pressi di Plutone è previsto per il 14 luglio 2015.
Noi aspettiamo con ansia!


Note:

Suicidio di una cometa

Credit: spaceweather.com

Credit: http://spaceweather.com

Scoperta dal cacciatore di comete  giapponese Masanori Uchina, il suicidio in diretta di una cometa.
Si tratta probabilmente di uno dei  tanti resti di una gigantesca cometa che andò distrutta circa due migliaia di anni fa che fu osservata anche dal filosofo greco Aristotele.
Oggi questi frammenti vengono chiamati “comete radenti di Kreutz” dal nome di Heinrich Kreutz che nel 1888 studiò le orbite di alcune grandi comete del passato arrivando a concludere che esse potessero essere frammenti di una unica grande cometa che si era sbriciolata passando al perielio troppo vicino al Sole molto tempo prima.

Masaori Uchina non è nuovo a queste scoperte, anche in passato ha identificato altre comete radenti del gruppo di Kreutz [1].

[1] http://sungrazer.nrl.navy.mil/index.php?p=tables/comets_table_2010