URANOPEDIA

No, non sto abbandonando questo blog. È vero, negli ultimi tempi ho trattato di argomenti assai complessi, dall’entropia dei buchi neri agli UFO, dalla ricerca della vita extrasolare alle dimensioni dell’Universo. Tutti argomenti questi che mi hanno richiesto grande impegno e lunghe ricerche. È giunto il momento quindi che mi riposi un attimo per ricaricare le … batterie. E allora eccomi qui, tutto preso nello sforzo (è più forte di me e lo trovo assai rilassante) di realizzare il mio antico progetto, mai tramontato, di un astroinseguitore astronomico 1. Per questo ho ripristinato l’antico spazio web de Il Poliedrico su Blogspot con un nuovo nome: URANOPEDIA, il nome con cui all’inizio avevo pensato di chiamare questo blog ma che poi avevo messo da parte.
Qui ho deciso di mettere parte i miei progressi e le mie esperienze su questo e altri progetti futuri dello stesso genere sperando che esse siano di aiuto e ispirazione anche ad altri che decidono di avviare esperienze o progetti simili. Avrei potuto scrivere qui le mie ricerche ma il timore di generare ancora più confusione nei visitatori occasionali di questo sito era troppo grande.

URANOPEDIA cercherà di non essere l’ennesimo blog di elettronica open source dove verrà proposto il tipico schema senza troppe spiegazioni e listatini in croce senza aiuto. Il mio intento è quello di aiutare coloro che non masticano certi argomenti, così come con queste pagine cerco di spiegare argomenti complessi ad un pubblico più vasto. E spero di riuscirvi.
Ora non vi resta che seguirmi anche lì. Cieli sereni.

Logo nuovo, spirito di sempre.

Un cammino che parte da lontano nel tempo: Gennaio 2010.  Questa era la testata originale nata su Blogspot, la piattaforma blog di Google, e che per tanti anni aveva distinto il Blog da tutti gli altri.
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E dopo sei lunghi anni e svariati tentativi rimasti su carta, ecco il nuovo logo.  Arrivato dopo il cambio di tema di maggio e il supporto SSH di settembre, la nuova veste grafica è stata profondamente rivista e curata, dalle animazioni delle finestre fino ai font dei caratteri, dal pieno supporto degli articoli  con più autori all’interfaccia audio che legge gli articoli per gli ipovedenti e tante altre migliorie non solo estetiche, spero che il restyling sia da voi gradito.

 ilpoliedrico

Perché usiamo consumare agnello e uova per Pasqua?

pulcinoTantissime festività ora cristiane in origine erano pagane.
Il 25 dicembre che noi festeggiamo come la Natività di Gesù, ben prima era una delle tante altre feste pagane che il primo cristianesimo ha fatto sue, come  prima i Romani avevano assimilato le altre divinità etrusche e in seguito quelle greche, egiziane e persiane, adottandone sia il pantheon che edificando nuovi templi sui precedenti luoghi di culto. La notte tra il 24 e 25 dicembre i Romani la dedicavano al Sole Invictus (Sole invincibile) romano, una festività che probabilmente in origine era nata come festa pagana legata alla rinascita della luce contro l’oscurità (intorno quella data si è appena compiuto il solstizio d’inverno) in Siria e in Egitto.

E il primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, sarà la Pasqua del Signore (…)ma offrirete, come sacrifizio mediante il fuoco, un olocausto al Signore: due giovenchi, un montone e sette agnelli dell’anno che siano senza difetti e come oblazione, del fior di farina intrisa con olio (…) per fare l’espiazione per voi.
(Numeri 28;16)
E dovete osservare la festa dei pani non lievitati (Matzot) (…) Per sette giorni (…) dovete mangiare pani non fermentati.
(Esodo 12:17-20)

La Pasqua per i Cattolici e molte altre confessioni cristiane è legata al computo della data stabilito dal Concilio di Nicea nel 325 d.C. voluto da Costantino I che fissò la ricorrenza della festività la prima domenica successiva alla prima luna piena di primavera (quest’anno il 20 marzo era l’equinozio di primavera, il 23 marzo ci sarà la luna piena, quindi il 27 marzo sara là Domenica di Pasqua). La Pasqua cristiana è solo in parte legata al computo ebraico dell’analoga festività chiamata Pesach (Il Passaggio) che  ricorda la fuga dall’Egitto di Mosè. Nella tradizione liturgica ebraica la Pesach dura ben otto giorni perché include anche la festa dei Pani Azzimi; infatti la Pesach è chiamata anche Chag Ha’Aviv (festa della primavera),  dove si celebrano i riti legati al raccolto delle prime spighe d’orzo (che avviene in primavera) e il loro utilizzo per preparare focacce senza il normale processo di lievitazione. Il legame cronologico tra la Pasqua cristiana e la Pesach ebraica ha origine nelle testimonianze di S. Giovanni Apostolo e di S. Paolo di Tarso che indicano che la celebrazione dell’Ultima Cena del Cristo (il Giovedì Santo nella tradizione cristiana) avvenne il quattordicesimo giorno del settimo mese (14 Nisan, il primo giorno della Pesach) ebraico.
È nella tradizione ebraica quindi (vedi riquadro qui sopra) che ha origine l’abitudine di consumare l’agnello sacrificale il giorno di Pasqua.

La divinità persiana della fertilità: Ishtar, la quale non ha niente a che fare con le tradizioni cristiane ed ebree Credit: British Museum

La divinità persiana della fertilità: Ishtar, la quale non ha niente a che fare con le tradizioni cristiane ed ebree. Credit: British Museum

In passato 1  fu suggerito che la Pesach fosse probabilmente legata a una ancora più antica celebrazione: quella dedicata alla dea della fertilità persiana Ishtar descritta nell’Epopea di Gilgamesh e venerata anche nell’Antico Egitto col nome di Iside. In questo caso si potrebbe supporre che durante il periodo ebraico in Egitto sia avvenuta una contaminazione culturale o che questa derivasse direttamente dalle ascendenze abramitiche stesse (Abramo proveniva dalla Mesopotamia) come ricordano alcuni frammenti dell’Antico Testamento. Però è opportuno anche ricordare che il culto di Ishtar era ben noto agli Ebrei che vi si opponevano fermamente – Isthar nelle scritture ebraiche è chiamata Ashtoreth, un diavolo – anche se esistono alcune similitudini mitologiche minori tra la figura biblica di Ester e la divinità mesopotamica.
Tutta questa confusione in realtà si è scatenata per le evidenti similitudini fonetiche tra Isthar e Easter (Pasqua nelle lingue anglofone). Ma la somiglianza finisce qui, probabilmente non esistono legami tra il culto alla dea Ishtar e la Pesach ebraica se non che cadono all’incirca nello stesso periodo dell’anno nel quale si ricorda il simbolo della fertilità associato alla primavera. È ben più probabile che in realtà la parola inglese Easter derivi dalla divinità germanica Eostre, forse la stessa che nella mitologia slava è conosciuta come Siwa. Eostre era la dea della fertilità e della nascita, alla sua figura era associato un animale sacro, la lepre, simbolo di fertilità e che i Britanni  scorgevano nei contorni dei mari lunari al momento della luna piena. Il nome di Eostre era legato al punto cardinale Est in quanto luogo da cui sorge il Sole al momento dell’equinozio. Da qui appunto il nome della divinità che ha la medesima radice del termine usato dai celti per indicare appunto l’equinozio di primavera, Eostur-Monath o Ostara o Eostar. È qui che la parola Eostre diventa Oster (Pasqua in tedesco) e Easter in anglosassone e che nascono le tradizioni del coniglio pasquale e delle uova colorate. Le uova, prima di serpente e poi di gallina venivano decorate e poi regalate come simbolo e augurio di fertilità. Quindi fu l’assorbimento culturale della  festività germanica durante la cristianizzazione del Nord Europa che vennero importate le sue tradizioni.
L’atto di colorare le uova è legata all’idea di rinascita: il legame tra la vita e le uova è stato da sempre indicato dai colori rosso oppure viola. Nella tradizione cristiana il rosso simboleggia il sangue di Gesù. Tra i macedoni è tradizione portare un uovo rosso in Chiesa e mangiarlo quando il sacerdote proclama la resurrezione di Cristo durante la veglia pasquale che pone fine al liturgico digiuno quaresimale.

Ecco come sono nate le tradizioni dell’Agnello, del Coniglio e delle Uova di Pasqua. Happy Easter!

Astroinseguitore: prove tecniche di programmazione di Arduino

Il mio amore per la scienza – e l’astronomia in particolare – mi è stato di stimolo per apprendere – e anche sperimentare – un’infinità di cose tra loro molto diverse. In gioventù toccò alla elettronica applicata alle onde radio 1 che mi avvicinò anche al mondo radioamatoriale. Poi fu la volta dei computer e della loro capacità di elaborazione (fondamentale in astronomia) ad attirare la mia attenzione. E se è vero che la vecchiaia è una seconda gioventù, alla soglia dei cinquanta non devo farmi cogliere impreparato.

Lo schema da me usato per il circuito di test. Credit: Il Poliedrico.

Lo schema da me usato per il circuito di test.
Credit: Il Poliedrico.

Progettare un astroinseguitore (o tavoletta equatoriale) pone dei limiti progettuali piuttosto importanti, di cui il principale è senz’altro l’errore tangenziale nella velocità di guida che rischia di vanificare la bontà di qualsiasi buon lavoro di costruzione.
Per questo ho scelto di pilotare il motore con un sistema che fosse programmabile. Così posso decidere se, quando e quanto variare la velocità del braccio pilota. Ma essendo io quasi a digiuno di elettronica, di controllori programmabili e di robotica, da buon sperimentatore ho deciso di addentrarmi anche in questo campo, armato del buon spirito da autodidatta che da sempre mi si confà 2
Poter programmare una scheda come in questo caso un Arduino UNO R3 (clone) non è difficile; i programmi sono piuttosto semplici da leggere per chi sa programmare in C, anche a livello elementare.
Qui in fondo troverete lo sketch (si chiamano proprio così i programmi scritti per Arduino) infarcito ben bene di commenti 3 per rendere meglio l’idea su come esso funzioni. In pratica il programma istruisce Arduino a leggere lo stato di alcune porte per vedere se viene premuto un qualsiasi tasto e in tal caso accendere o spegnere il LED corrispondente, pilotato questo dalla commutazione di un’altra porta digitale della scheda.
Può apparire, ed in effetti lo è, un’operazione piuttosto banale ma comprendere come cambiare stato logico ad una porta digitale, poterne pilotare gli effetti (in questo caso accendere un LED) e come funziona tutta la circuiteria elettronica di contorno, non è poi così ovvio. Al posto dei LED potremmo scegliere di fare un’altra cosa, come azionare un motorino elettrico, controllarne la direzione e la velocità di rotazione. Oppure accendere una luce di casa, controllare una tapparella o ruotare una cupola di un osservatorio astronomico. Le possibilità sono infinite.

I materiali usati per il circuito descritto in questo articolo:

  • una bread board (basetta sperimentale senza saldature) da 400 reofori.
  • 4 resistenze da 1 kΩ 1/2 W.
  • 4 pulsanti n.a. (normalmente aperti) del tipo SMD/SMT a 4 pin.
  • 4 diodi LED di recupero.

Questi sono materiali poveri, incluso il costo di una scheda clone di Arduino UNO R3, che per le prove va più che bene, in totale sono appena 10 euro, tutto sommato una cifra davvero ridicola.
Spero così di stuzzicare la vostra curiosità così come è stata solleticata la mia, cieli sereni.

[code language=”arduino”]
#define LED1 9 // Led 1 collegato alla porta digitale 9
#define LED2 10 // Led 2 collegato alla porta digitale 10
#define LED3 11 // Led 3 collegato alla porta digitale 11
#define LED4 12 // Led 4 collegato alla porta digitale 12
#define PULSANTE1 1 // Pulsante 1 collegato alla porta digitale 1
#define PULSANTE2 2 // Pulsante 2 collegato alla porta digitale 2
#define PULSANTE3 3 // Pulsante 3 collegato alla porta digitale 3
#define PULSANTE4 4 // Pulsante 4 collegato alla porta digitale 4

int porta1 = 0; // Azzera la variabile per la porta digitale 1
int porta2 = 0; // Azzera la variabile per la porta digitale 2
int porta3 = 0; // Azzera la variabile per la porta digitale 3
int porta4 = 0; // Azzera la variabile per la porta digitale 4

void setup() { // Inizializza il programma
pinMode(LED1, OUTPUT); // Attribuisce lo stato di scrittura alla porta digitale 9
pinMode(LED2, OUTPUT); // Attribuisce lo stato di scrittura alla porta digitale 10
pinMode(LED3, OUTPUT); // Attribuisce lo stato di scrittura alla porta digitale 11
pinMode(LED4, OUTPUT); // Attribuisce lo stato di scrittura alla porta digitale 12
pinMode(PULSANTE1, INPUT); // Attribuisce lo stato di lettura alla porta digitale 1
pinMode(PULSANTE2, INPUT); // Attribuisce lo stato di lettura alla porta digitale 2
pinMode(PULSANTE3, INPUT); // Attribuisce lo stato di lettura alla porta digitale 3
pinMode(PULSANTE4, INPUT); // Attribuisce lo stato di lettura alla porta digitale 4
}

void loop() { // Avvia il ciclo principale
porta1 = digitalRead(PULSANTE1); // Legge lo stato del pulsante 1 e lo assegna alla variabile porta1
porta2 = digitalRead(PULSANTE2); // Legge lo stato del pulsante 2 e lo assegna alla variabile porta2
porta3 = digitalRead(PULSANTE3); // Legge lo stato del pulsante 3 e lo assegna alla variabile porta3
porta4 = digitalRead(PULSANTE4); // Legge lo stato del pulsante 4 e lo assegna alla variabile porta4

if (porta1 == HIGH) { // Se lo stato letto prima è ALTO allora
digitalWrite(LED1, HIGH); // accendi il led 1
} else { // altrimenti
digitalWrite(LED1, LOW); // spegni il led
}
if (porta2 == HIGH) { // Se lo stato letto prima è ALTO allora
digitalWrite(LED2, HIGH); // accendi il led 2
} else { // altrimenti
digitalWrite(LED2, LOW); // spegni il led
}
if (porta3 == HIGH) { // Se lo stato letto prima è ALTO allora
digitalWrite(LED3, HIGH); // accendi il led 3
} else { // altrimenti
digitalWrite(LED3, LOW); // spegni il led
}

if (porta4 == HIGH) { // Se lo stato letto prima è ALTO allora
digitalWrite(LED4, HIGH); // accendi il led 4
} else { // altrimenti
digitalWrite(LED4, LOW); // spegni il led
}
}
[/code]


Note:

Stephen Hawking: “La razza umana per sopravvivere dovrà abbandonare la Terra” 

Come dar torto al nobile scienziato? Tutti gli indicatori economici ci dicono che superiamo già ora, con il 40% della popolazione mondiale vive con meno di cinque dollari al giorno, la produzione delle risorse di almeno due pianeti come la Terra.1
Al di là della mia – e credo anche vostra – condanna morale a quel ‘1% che detiene oltre 98% della ricchezza del pianeta, l’anno scorso la spesa militare mondiale ha raggiunto i 1776 miliardi di dollari,2 mentre ne basterebbero appena 30-50 per eradicare la fame nel mondo.[1. Le ondate migratorie che in questi giorni stanno interessando l’Europa mostrano tutta l’ipocrisia dei programmi di sostegno dei paesi occidentali.  Praticamente tutti gli aiuti agroalimentari vengono riconvertiti in armi a sostegno di governi corrotti foraggiando in questo modo le multinazionali delle armi piuttosto che sfamare le popolazioni più povere, e anche i fondi stanziati dalle Organizzazioni non Governative raggiungono queste solamente per il 20%.]
Con un budget di quasi 2000 miliardi di dollari all’anno, nel giro di soli 20 anni sarebbe possibile avviare la colonizzazione permanete dello spazio vicino, creare fabbriche, fattorie orbitali e habitat completamente autonomi che potrebbero fornire spazio per ridurre la pressione demografica su questo pianeta. Potremmo sfruttare le risorse della fascia interna degli asteroidi, della Luna e così via.
Un altro grande tema affrontato con intelligenza da Hawking riguarda gli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Come anche lui suggerisce, è necessario che gli interessi di quella artificiale coincidano con i nostri, altrimenti potremmo essere sopraffatti dal frutto del nostro stesso ingegno.  Se invece fosse correttamente guidata, l’intelligenza artificiale potrebbe essere una preziosa alleata dell’umanità, soprattutto nella colonizzazione spaziale e nella tutela di questo nostro vecchio mondo, che potrebbe tornare ad essere un paradiso.
Leggetevi l’interessante articolo al link qui sotto.

“Sento il dovere di informare la gente riguardo alla scienza”. Stephen Hawking, 73 anni, nonostante la malattia degenerativa che lo ha reso paralitico è più lucido che mai. “

Sorgente: Stephen Hawking: “La razza umana per sopravvivere dovrà abbandonare la Terra” (FOTO)

Physics-Astronomy: Antimatter haze found in thundercloud, and the laws of physics can’t explain it

Ebbene sì, durante le tempeste di fulmini si generano coppie di elettroni – positroni. Il positrone è la copia esatta dell’elettrone ma di carica elettrica opposta, per questo è antimateria. Il bello è che quando una coppia elettrone – positrone si incontrano essi annichiliscono, cioè si convertono in energia elettromagnetica pura pari a 2 fotoni γ da 511 kev.
Si pensa infatti che i fulmini si comportino come degli acceleratori naturali di particelle, accelerando elettroni a velocità prossime a quelle della luce, generando così raggi gamma che poi danno origine a loro volta alle coppie e/e+.
Il problema è che però vengono osservati più picchi gamma corrispondenti all’annichilazione di quanto i modelli matematici che descrivono i fulmini prevedano. Allora, da dove vengono gli altri?

Sorgente: Physics-Astronomy: Antimatter haze found in thundercloud, and the laws of physics can’t explain it

Possibili tracce di strutture biologiche fossili fotografate dai Mars Exploration Rover

Già nel lontano 2004 la missione più longeva su Marte, Opportunity, fotografò delle microsferule di ematite, soprannominate mirtilli, una delle prime prove concrete che su Marte in un tempo molto lontano deve essere esistita acqua allo stato liquido.
Poi nel corso degli anni, il quadro che disegnava Maven dall’orbita, prima Opportunity e Curiosity poi direttamente dal suolo marziano è passato da poco più che una probabilità a una  una certezza: c’era stato un momento nel passato lontano che Marte aveva posseduto dell’acqua liquida sulla sua superficie. Nel corso degli anni si sono accumulate centinaia di prove: corsi essiccati di fiumi, minerali e depositi argillosi che solo la presenza non occasionale di acqua liquida può aver generato sul Pianeta Rosso. 

Terra vs. Marte: Ecco una delle immagini presenti sul Lavoro pubblicato su IJASS, 2014. La somiglianza delle strutture evidenziate sulla Terra (microbialiti:colonie di microrganismi unicellulari) e su Marte (fotografate da Opportunity sul pianeta rosso) è davvero notevole (vedi i contorni automatici ottenuti dal sistema computerizzato, sulla destra) . La successiva analisi automatica di immagine ha confermato con alta significatività statistica l'identità delle immagini.

Terra vs. Marte:
Ecco una delle immagini presenti sul Lavoro pubblicato su IJASS, 2014. La somiglianza delle strutture evidenziate sulla Terra (microbialiti:colonie di microrganismi unicellulari) e su Marte (fotografate da Opportunity sul pianeta rosso) è davvero notevole (vedi i contorni automatici ottenuti dal sistema computerizzato, sulla destra) . La successiva analisi automatica di immagine ha confermato con alta significatività statistica l’identità delle immagini.

Nel 2004 il Mars Exploration Rover Opportunity stava esplorando il Meridiani Planum quando in un costone di roccia chiamato Guadalupe, si imbatté in una delle prime e più evidenti prove che nel lontano passato Marte aveva posseduto acqua liquida [cite]http://mars.nasa.gov/mer/newsroom/pressreleases/20040302a.html[/cite].
Non che la cosa fosse del tutto inaspettata. Già la missione orbitale Mars Odyssey aveva segnalato la presenza di grandi quantità di idrogeno che facevano supporre la presenza di ghiaccio sotto la superficie di Marte, ma non si erano ancora trovate tracce così evidenti della passata presenza di acqua liquida sulla superficie; ma non solo…

Il Dott. Giorgio Bianciardi dell’Università di Siena, biologo e medico, ricercatore dell’Università di Siena, dove insegna Microbiologia e Astrobiologia, [cite]http://ijass.org/publishedpaper/year_abstract.asp?idx=132[/cite][cite]http://ilpoliedrico.com/2012/05/intervista-a-giorgio-bianciardi-sul-labeled-release-experiment.html[/cite], il Dott. Vincenzo Rizzo ex ricercatore del CNR presso l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (CNR-IRPI) di Cosenza, geologo, e il Dott. Nicola Cantasano ricercatore CNR all’istituto di Foreste e Agricoltura del Mediterraneo di Cosenza, hanno comparato 30 immagini riprese dalle missioni  Mars Exploration Rover (Spirit e Opportunity) e confrontate con altrettante (45) immagini di stromatoliti terrestri 1 per un totale di 40 000 microstrutture esaminate, tenendo conto della forma, dimensioni, complessità e similitudini tra le immagini marziane e i campioni terrestri [cite]http://ijass.org/PublishedPaper/topic_abstract.asp?idx=474[/cite].

Questa immagine mostra una parte dello sperone di roccia a Meridiani Planum, Mars, soprannominato “Guadalupe.” Fu scattata dal Microscopic Imager (MI) di Opportunity,. Credit: NASA/JPL

Il team italiano evidenzia una similitudine statistica molto elevata tra le microstrutture rilevate dalle immagini riprese su Marte e le strutture microbiologiche (microbialiti 2 e stromatoliti) terrestri.
Tutte le immagini dei campioni sono state ricomposte sulle stesse proporzioni delle immagini trasmesse dai rover (sui metodi di trattamento e i software usati rimando all’articolo originale su ijass.org) e poi si è proceduto con una analisi di tipo frattale 3 [cite]http://ilpoliedrico.com/2012/04/caccia-ai-microrganismi-marziani-le-nuove-ricerche-sugli-esperimenti-labeled-release.html[/cite] (la stessa che Giorgio Bianciardi usa da anni nelle sue ricerche biomediche) sulle immagini prendendo in considerazione otto diversi indici frattali che indicano altrettanti dati riguardo la complessità e le dimensioni delle strutture esaminate.
I risultati a cui sono giunti mostrano una totale similitudine tra le immagini marziane e i campioni terrestri sostenendo che la probabilità di una casualità simile e pari a 1 su 2^8 (p < 0,004). In altre parole i ricercatori italiani sostengono che durante il periodo in cui sussistevano le condizioni per la presenza di acqua liquida su Marte, esistevano ampie colonie di microorganismi unicellulari molto simili a quelli che hanno dato origine alle stesse simili strutture qui sulla Terra.

soprannominata "Salsberry Peak." Sono evidenti i segni della presenza dell'acqua nel passato di Marte.  Credit: NASA/JPL/Caltech/MSSS. Composizione di Jason Major.

Questo mosaico di 28 immagini è stato ripreso il Sol 844 (21/12/2014) e mostra una parte del Gale Crater soprannominata “Salsberry Peak.” Sono evidenti i segni della presenza dell’acqua nel passato di Marte.
Credit: NASA/JPL/Caltech/MSSS. Composizione di Jason Major.


Note:

 

Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta (prima parte)

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La scoperta di un enorme numero dei pianeti extrasolari in questi ultimi vent’anni ha sicuramente rivoluzionato l’idea di Cosmo. A giugno di quest’anno erano oltre 1100 i pianeti extrasolari scoperti e accertati nel catalogo di exoplanet.eu, facendo stimare, con le opportune cautele dovute a ogni dato statistico, a circa 60 miliardi di pianeti potenzialmente compatibili con la vita. Questo impressionante numero però non deve far credere immediatamente che 60 miliardi di mondi siano abitabili; Venere, che dimensionalmente è molto simile alla Terra, è totalmente incompatibile con la vita terrestre che, probabilmente, si troverebbe più a suo agio su Marte nonostante questo sia totalmente ricoperto da perossidi, continuamente esposto agli ultravioletti del Sole e molto più piccolo del nostro globo.

In concreto come si fa a calcolare i parametri fisici di un pianeta extrasolare? Prendiamo l’esempio più facile, quello dei transiti. Questo è il metodo usato dal satellite della NASA Kepler, che però soffre dell’handicap geometrico del piano planetario che deve giacere sulla stessa linea di vista della stella,o quasi. Ipotizziamo di stare osservando una debole stellina di 11a magnitudine, che però lo spettro indica come una K7:

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diagramma di luce

La distanza

La tabella di Morgan-Keenan suggerisce per questo tipo di stella una massa di 0,6 masse solari,  una temperatura superficiale di appena 4000 K. e un raggio pari a 0,72 volte quello del Sole. Analizzando invece questo ipotetico diagramma del flusso di luce 1 proveniente dalla stella, appare evidente  la periodicità dell’affievolimento (qui esagerato) della sua luce.
Un periodo pari a 76,86 giorni terrestri, un classico evento tipico anche di una semplice binaria ad eclisse per esempio, solo molto più veloce. Un semplice calcolo consente di trasformare il periodo espresso qui in giorni in anni (o frazioni di esso). Pertanto il suo periodo rispetto agli anni terrestri è $76,86/365,25= 0,2104$. A questo punto è sufficiente applicare la terza Legge di Keplero per ottenere la distanza del pianeta dalla sua stella espresso in unità astronomiche:

D3UA=P2yM=30,210420,.6=0,2983 Quindi l’esopianeta scoperto ha un periodo orbitale di soli 76,86 giorni e orbita a una distanza media di sole 0,2368 unità astronomiche dalla stella, ossia a poco più di 44.6 milioni di chilometri dalla stella. Una volta scoperto quanto dista il pianeta dalla stella è facile anche calcolare la temperatura di equilibrio del pianeta, per vedere se esso può – in linea di massima – essere in grado di sostenere l’acqua allo stato liquido.

La temperatura di equilibrio

πR2p4πd2=(Rp2d)2 L’energia intercettata da un pianeta di raggio $R_p$ in orbita alla sua stella  a una distanza $d$

Per comodità di calcolo possiamo considerare una stella come un perfetto corpo nero ideale. La sua luminosità è perciò dettata dall’equazione: $L_{\bigstar}=4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4$, dove $\sigma$ è la  costante di Stefan-Boltzmann che vale  $5,67 \cdot{10^{-8}} W/m^2 K^4$). Qualsiasi pianeta di raggio $R_p$ che orbiti a distanza $d$ dalla stella cattura soltanto  l’energia intercettata pari alla sua sezione trasversale $\pi R_p^2$ per unità di tempo e  divisa per l’area della sfera alla distanza $d$ dalla sorgente. Pertanto si può stabilire che l’energia intercettata per unità di tempo dal pianeta è descritta dall’equazione: 4πR2σT4×(Rp2d)2

Ovviamente questo potrebbe essere vero se il pianeta assorbisse tutta l’energia incidente, cosa che per fortuna così non è, e riflette nello spazio parte di questa energia. Questa frazione si chiama albedo ed è generalmente indicata con la lettera $A$. Quindi la precedente formula va corretta così: (1A)×4πR2σT4×(Rp2d)2

Il pianeta (se questo fosse privo idealmente di una qualsiasi atmosfera) si trova così in uno stato di sostanziale equilibrio termico tra l’energia ricevuta, quella riflessa dall’albedo e la sua temperatura. L’energia espressa dal pianeta si può descrivere matematicamente così: $L_{p}= 4\pi R_{p}^2\sigma T_{p}^4$ e, anche qui per comodità  di calcolo, si può considerare questa emissione come quella di un qualsiasi corpo nero alla temperatura $T_p$. Pertanto la temperatura di equilibrio è: \begin{equation}

4\pi R_{p}^2\sigma T_{p}^4 =\left ( 1-A \right ) \times 4\pi R_{\bigstar}^2\sigma T_{\bigstar}^4\times \left ( \frac{R_p}{2d}\right )^2 \end{equation}

Ora, semplificando quest’equazione si ottiene: T4p=(1A)T4(R2d)2Tp=T(1A)1/4R2d

Con i dati ottenuti in precedenza è quindi possibile stabilire la temperatura di equilibrio dell’ipotetico esopianeta ipotizzando un albedo di o,4: \begin{equation}

T_{p}=4000 \enskip K \cdot 0,6 ^{1/4}\sqrt { \frac{500 000 \enskip km}{2\cdot 4,46\cdot 10^7\enskip km}} =263,47 \enskip K.

\end{equation}

Risultato: l’esopianeta pare in equilibrio termico a -9,68 °C, a cui va aggiunto alla superficie l’effetto serra causato dall’atmosfera. Ma in fondo, anche le dimensioni contano …

Il raggio

1353958553795

Il calo della luminosità indica le dimensioni dell’oggetto in transito: $r^2/R^2$

Nel momento del transito, si registra un calo della luminosità della stella.  L’ampiezza di questo calo rispetto alla luminosità standard della stella fornisce una stima della misura del raggio del pianeta. Il calo non è immediato, ma segue un andamento proporzionale alla superficie del pianeta occultante, uguale sia in ingresso che in  uscita. In base a queste osservazioni si possono ricavare i flussi di energia luminosa (indicati appunto dalla lettera $F$) provenienti nei momenti del transito. $F_{\bigstar}$ è la quantità di energia luminosa osservata nella fase di non transito, normalmente normalizzato a 1, mentre l’altra $F_{transito}$ rappresenta il flusso intercettato nel momento di massimo transito:. la differenza tra i due flussi ( $\frac{\Delta F}{F}=\frac{F_{\bigstar}-F_{transito}}{F_{\bigstar}}$) è uguale alla differenza tra i raggi della stella e del pianeta.

Rp=RΔFF

Il diagramma (ipotetico) a destra nell’immagine qui sopra mostra che il punto più basso della luminosità è il 99,3% della luminosità totale. Risolvendo questa equazione per questo dato si ha: RpR=ΔFF=ΔF=10,993=0,007=0,08366

Conoscendo il raggio della stella, 500000 km, risulta che l’esopianeta ha un raggio di quasi 42 mila chilometri,  quasi il doppio di Nettuno!

Seconda Parte

 

 Errata corrige

Un banale errore di calcolo successiva all’equazione (1) ha parzialmente compromesso il risultato finale dell’equazione (7) e del risultato della ricerca. Il valore della distanza del pianeta dalla sua stella è di 44,6 milioni di chilometri invece dei 35,4 milioni indicati in precedenza. Ci scusiamo con i lettori per questo spiacevole inconveniente prontamente risolto.


Note:

Pulizie di primavera

183384_533430200007485_289387534_nUna lunga serie di ristrutturazioni nella piattaforma di hosting condiviso che ospita questo Blog e il suo gemello Progetto Drake ha comportato il disagio temporaneo dei giorni scorsi che aveva visto i due siti andare spesso in tilt.
Ne ho approfittato per mettere in ordine un po’ nel sistema e togliere alcune funzionalità lente e non più utilizzabili sostituendole con altre più performanti.
È il caso di Transposh, il sistema di autotraduzione che aveva cessato di funzionare da quando Google aveva bloccato le vecchie API gratuite per metterle a pagamento, mentre adesso il sistema di traduzione è affidato a Bing. È un po’ spartano ma non appesantisce il sito. Pare che il plugin della Microsoft lavori abbastanza bene e ora l’autotraduzione è disponibile anche su Progetto Drake.
Lo stesso dicasi per i bottoni di sharing: il sistema Shareaholic era molto pesante e faceva largo uso di files sparsi  su diverse piattaforme distribuite, un problema ad una di queste e il sistema ne avrebbe risentito pesantemente. Un nuovo plugin molto più leggero (tanto mica deve fare il caffè) svolge lo stesso compito con una grafica altrettanto deliziosa.
Infine, è tornata la capacità di lettura degli articoli sul Il Poliedrico, un ritorno alle origini che sicuramente apprezzerete e che ancora molti di Voi ricorderanno. Per ora questa funzionalità è limitata da 4 ore di lettura al mese, ma almeno gli ipovedenti saranno di nuovo felici. Pertanto invito coloro che non hanno particolari handicap di lasciare questa comoda funzionalità ha che ne ha davvero bisogno.
Anche passare a Progetto Drake e viceversa è facile: basta cliccare sul nome che appare nel menù di entrambi i siti, mentre ancora il Calendario Astronomico, ancora più veloce, è disponibile solo qui, su Il Poliedrico.
Infine la Images Gallery è stata spostata. Non più come galleria interna, pesante e piuttosto scomoda, ma adesso è su Flickr.com, dove è tutto molto più comodo.

Con tutte queste modifiche e migliorie la velocità di caricamento delle pagine di entrambi i Blog è velocissima, rallentata purtroppo dalla latenza dell’host condiviso che non è mio. Ma forse, magari col vostro aiuto, anche questo non sarà più un broblema.