L’oscura origine della Luna

Se visto dallo spazio il sistema Terra-Luna pare decisamente un pianeta doppio. Credit: Illustration by AOES Medialab, ESA 2002

Se visto dallo spazio il sistema Terra-Luna pare decisamente un pianeta doppio.
Credit: Illustration by AOES Medialab, ESA 2002

Vedere la Luna nel cielo fa tornare alla mente immagini legate alle nostre emozioni; tantissima letteratura e musica è stata dedicata alla sorella più piccola della Terra. Alcuni di noi magari rivivranno per un attimo le eroiche gesta dei primi passi umani su un altro mondo frutto delle missioni Apollo, mentre i più pratici penseranno alle maree o ai tempi improcrastinabili dell’orto.

Ben pochi pensano però che alla Luna dobbiamo molto di più, forse l’esistenza della vita stessa, o almeno quella come noi la conosciamo. Questa infatti governa le condizioni ambientali del nostro pianeta.

Al contrario di Phobos e Deimos, i due satelliti naturali di Marte, l’unico altro pianeta roccioso del Sistema Solare ad avere compagni, la Luna è molto più grande e massiccia 1, abbastanza da stabilizzare il moto di rotazione della Terra attorno al suo asse in modo che esso sia quasi 2 perpendicolare all’eclittica. Senza la Luna l’asse terrestre varierebbe caoticamente di diverse decine di gradi, con conseguenze davvero estreme in fatto di abitabilità del pianeta .
Escursioni stagionali terribili, importanti porzioni di un emisfero sarebbero in ombra per metà anno mentre l’altra metà arrostisce letteralmente in estati senza notti. Sicuramente la vita come oggi conosciamo sul nostro pianeta sarebbe ben diversa nel Mondo senza la Luna.

Per questo oggi chiedersi come si sia formata la Luna e come mai l’unico posto del Sistema Solare abitato da una specie senziente sia anche quello con il satellite così grande rispetto al pianeta, sono due delle domande più urgenti a cui la scienza deve dare risposta.
La più grande sfida che un modello sulle origini del sistema Terra-Luna deve superare è  paradossalmente l’enorme mole di dati che si hanno su di questo.
Le analisi chimiche e isotopiche sui campioni che le missioni Apollo hanno restituito, le ricognizioni dallo spazio delle altre missioni che ci hanno mostrato la forte disomogeneità tra l’emisfero visibile e quello opposto, e così via, ma occorre tener sempre tenere conto del dato più importante di tutti: il momento angolare totale del sistema 3.
La composizione chimica della Luna è molto simile a quella del mantello terrestre, tanto da far pensare un’origine comune per entrambi, e spiegare questa similitudine non è affatto facile.
Ma ci sono anche alcune differenze che devono essere prese in considerazione. Non importa quanto queste possano sembrare insignificanti, ognuna di loro può essere la chiave per comprendere ciò che veramente accadde 4,5 miliardi di anni fa.

(continua …)


Note:

Requiem per la Ison

La C/2012 S1 (ISON) è stata una delle più seguite e studiate comete di tutti i tempi. Questo sicuramente per l’enorme curiosità suscitata dalle sue aspettative di Cometa del Secolo poi rivelatesi infondate. La mole di dati, di spettri, di fotografie e di ipotesi del dopo perielio – era una sungrazing – sono immense. Ora, anche alla luce di come è finita, è giunto il momento di rimettere insieme tutte le tessere di questo mosaico per comprendere meglio l’evoluzione di questa straordinaria cometa.

Credit: ESA/NASA Solar and Heliospheric Observatory

Credit: ESA/NASA Solar and Heliospheric Observatory

A questo punto è ormai certo, la C/2012 S1 (ISON) non esiste più.
Quella che appena un anno fa veniva descritta come la cometa del secolo adesso non c’è più.
Della famosa cometa è rimasta solo una nuvola di detriti ormai invisibile che si allontana dal Sole e dal piano dell’eclittica, negandoci così anche lo spettacolo di una pioggia meteorica con pochi precedenti per la fine dell’anno.
La traiettoria seguita dalla cometa nel suo avvicinamento al Sole passa molto vicino al piano terrestre 1 2 [cite]http://comets-asteroids.findthedata.org/l/621233/C-2012-S1-ISON[/cite], e la Terra la attraverserà intorno la metà del mese di gennaio 2014.

Anche se alcuni parametri fondamentali dell’orbita cometaria (argomento al perielio, distanza eliocentrica dei nodi) paiono essere simili a quelli di altre comete che danno origine a piogge meteoriche, questi non paiono però sufficienti a produrne una, in quanto la velocità media del materiale espulso dalla cometa, 1 km/sec-1, non pare essere sufficiente a disperdere abbastanza la polvere affinché questa intercetti la Terra nel posto giusto al momento giusto [cite]arXiv:1310.3171[/cite].
Inoltre l’attività della Ison da metà maggio a metà novembre è stata piuttosto scarsa rispetto al periodo della scoperta (indice Af[rho] di 341 cm nel periodo, equivalenti a circa 340 kg di polvere al secondo), il che non è poi molto rispetto alle attese, quindi anche la densità dello sciame è sicuramente piuttosto basso.
Questo significa che molto probabilmente non avremo alcuna pioggia meteorica legata alla Ison nel mese di gennaio, forse avremo un lieve aumento delle meteore sporadiche di fondo per qualche giorno, ma niente di più.


Note:

La storia infinita della Ison

 

Nelle ultime ore si sono levate voci piuttosto allarmate sulle sorti di C/23012 S1 (ISON). E anche se, al momento in cui scrivo, queste non sono state affatto né confermate o smentite, riassumo i fatti finora accertati.

La C/2012 S1 (ISON) nel campo della LASCO C3 della SOHO. Credit: ESA/NASA Solar and Heliospheric Observatory

La C/2012 S1 (ISON) nel campo della LASCO C3 della SOHO.
Credit: ESA/NASA Solar and Heliospheric Observatory

Tutto è partito il 25 novembre da una segnalazione sulla mailing list di un gruppo su Yahoo.com che si occupa di comete 1.

Il radioastronomo Michael Drahus, del Caltech / NRAO, che lavora con il radiotelescopio millimetrico Iram, a Granada in Spagna, ha riferito di un rapido calo, circa 20 volte tra il 21 e il 25, delle emissioni molecolari nella Ison. Questo calo è netto contrasto con le altre (poche) osservazioni che continuano a indicare la presenza di una chioma 2.
Intanto, anche il telescopio robotico TRAPPIST dell’ESO, in Cile, ha rilevato un calo nel tasso di produzione delle polveri di un fattore 3.
Poi pure la posizione non torna: la Ison appare essere circa 3000 chilometri  – dalla Terra sono circa 5 arcosecondi – più indietro nella sua orbita. Questo potrebbe significare che il nucleo solido si è dissolto e la pressione della radiazione solare ora frena una nube di detriti sciolti tra loro.
In più alcuni osservatori non sono riusciti a vedere la Ison la mattina del 25,  ma qui i motivi possono essere diversi, la cometa era troppo bassa all’orizzonte prima della levata del Sole, circa 10° di elevazione, e velature di nubi nell’alta atmosfera possono aver estinto la luce di questa che era prevista essere di magnitudine 2,5.

Comunque adesso la Ison è entrata nel campo visivo dei diversi strumenti dei telescopi solari Stereo A e B e della SOHO, per cui  è possibile seguirla di nuovo fino al suo perielio.
E anche qui le voci di una completa dissoluzione del nucleo non si fermano. Anche se le diverse camere a bordo degli osservatori solari mostrano ancora una cometa intera, salta subito all’occhio l’irregolarità della coda, non si sa bene se per effetto di una CME che in queste ore avrebbe sconvolto la coda di ioni 3,  oppure se è la coda di polveri generata dalla dissoluzione del nucleo che inizia a disperdersi.
D’altronde la Ison non ha mai generato grandi quantità di polveri, o almeno non quante ci se ne aspettava poco dopo la sua scoperta, come  anche i dati Afrho della cometa finora hanno confermato. Questa invece adesso potrebbe essere la pistola fumante di una dissoluzione, almeno parziale, del nucleo.

 


Note:

 

La coda di sodio della Ison

Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan Source: flickr.com

La C/2012S1 (ISON) ripresa nel visibile e con il filtro passa banda a 589 nm (riquadro giallo).
Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Source: flickr.com

Ormai la C/2012 S1 (ISON) è sprofondata nelle luci dell’alba, rendendosi di nuovo praticamente invisibile ad occhio nudo prima del perielio.

Il 20 novembre scorso l’astrofilo giapponese Hisayoshi Kato dal Monte Fuji ha ottenuto queste due immagini della Ison 1.
L’immagine superiore mostra la cometa come si presentava quel giorno nell’intera banda visibile dello spettro, mentre quella inferiore mostra la stessa immagine a colori invertiti per evidenziare meglio le diverse componenti della coda. Nell’immagine a colori invertiti sono assai evidenti i due getti (qui arancioni) che partono dal nucleo della cometa che in alcune immagini si mostrano come ali. Nel riquadrino arancione, ripreso con un filtro a banda stretta centrato a 589 nm. 2 è evidente invece come il nucleo stesso della cometa sia avvolto da una nube di atomi di sodio.

Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Rielaborazione: Il Poliedrico

Nell’immagine da me rielaborata, si evidenzia anche una tenue coda di sodio dispersa dalla chioma.
I meccanismi che possono generare atomi di sodio non sono ancora del tutto noti. Possono essere prodotti dalle collisioni dei granelli di polvere che circondano il nucleo, oppure dall’evaporazione di questi quando sono riscaldati dalla radiazione solare [cite]http://iopscience.iop.org/1538-4357/585/2/L159/fulltext/16936.text.html[/cite] [cite]http://adsabs.harvard.edu/abs/1970A%26A…..5..286H[/cite]. Quello che è certo è che finora di code di sodio ne sono state osservate ben poche: solo alcune comete più brillanti manifestano la presenza di atomi neutri di sodio nella chioma quando scendono al di sotto di 0,7 unità astronomiche dal Sole e solo una, la Hale-Bopp del 1997, aveva mostrato una coda di sodio di ben 30 milioni di chilometri [cite]http://dx.doi.org/10.1023/A%3A1005281611036[/cite]!
Questo conferma anche la precedente osservazione spettrografica del 16 novembre scorso [cite][/cite] di Vikrant Kumar Agnihotri, di Kota, in India. Anche lui aveva osservato un interessante picco non meglio identificato attorno ai 590-600 nm. ma la scarsa risoluzione disponibile ne rendeva incerta l’identificazione. Allora la Ison era a 0,6 U.A. dal Sole, e già mostrava la sua interessante traccia di sodio.


Note:

La lunga coda della Terra

Il vento solare colpisce la parte anteriore del campo magnetico della Terra e viene deviata verso il lato notturno del pianeta.
Credit: NASA Goddard Space Flight Center – Minoru Yoneto.

Grazie a un particolare allineamento di ben otto satelliti, tra cui Artemis e Themis, finalmente è stato possibile studiare in dettaglio le interazioni tra il vento solare e il campo magnetico terrestre che sono all’origine delle aurore polari.
Piccoli eventi di riconnessione magnetica della durata stimata in millisecondi avvengono nella coda del campo magnetico terrestre e permettono il passaggio di flussi di energia che possono durare anche mezz’ora e che si estendono per superfici vaste anche dieci volte la Terra. [cite”NASA”]http://svs.gsfc.nasa.gov/vis/a010000/a011300/a011368/index.html[/cite]


Credit: NASA Goddard Space Flight Center 

La Ison si sta frantumando?

Ancora i dati sono alquanto incerti e piuttosto sparsi. Ma ho deciso di parlarne, giusto per informazione.

Immagine della C/2012 S1 (ison) del 16 novembre 2013. I getti si sono resi visibili col gli algoritmi di deconvoluzione e il Larson-Sekanina. Credit:  Maximilian Teodorescu Dumitrana, Romania

Immagine della C/2012 S1 (ISON) del 16 novembre 2013. I getti si sono resi visibili col gli algoritmi di deconvoluzione e il Larson-Sekanina.
Credit: Maximilian Teodorescu Dumitrana, Romania

Negli ultimi giorni C/201S1 (ISON) ha mostrato una piuttosto vivace attività rispetto a quando stava attraversando l’orbita terrestre.
La sua curva di luce indica appunto che dal 14 al 18 la sua luminosità è salita di almeno 8 grandezze in appena quattro giorni, portandola dalla 7a magnitudine del giorno 13 alla 5a del 18 (m1 1  = 4,8).
Spiegare questo improvviso incremento di attività del nucleo non è facile. Le possibilità per ora sono due: o si sono aperte delle nuove vene particolarmente friabili e quindi più sensibili alla sublimazione nel nucleo ghiacciato o la Ison si è frantumata in due o più parti.
È difficile per ora stabilire quale delle due ipotesi sia quella corretta, la prudenza in questo caso è d’obbligo, ma è innegabile che qualcosa di nuovo è successo tra il 13 e il 1 4 novembre scorso alla cometa Ison.
Alcune elaborazioni derivate da immagini protette da copyright 2 spingono a pensare che il nucleo della Ison si sia frantumato in due parti distinte.
I getti qui ben visibili in questa immagine non dicono espressamente cosa sta succedendo nel nucleo, possono essere due getti provocati da due fenditure piuttosto profonde che stanno espellendo massicce quantità di polvere (indice Afrho oltre 4000 cm), oppure da una scissione completa del nucleo che sta rilasciando le stesse quantità.
Una scissione del nucleo dovrebbe produrre una serie di piccole perturbazioni visibili nella coda di ioni e di polveri causate dai microframmenti che inevitabilmente una frattura del nucleo produce e una progressiva separazione dei resti dovuta alla loro diversa massa dovrebbe riflettersi inizialmente in una progressiva distorsione della chioma (o coma) ed è quello che probabilmente sta avvenendo.
Per alcuni osservatori l’evoluzione sin qui mostrata è simile a quella della sfortunata C/2012 T5 (BRESSI) 3. Per contro le dimensioni e la curva di luce mostrano che la Ison è completamente diversa dalla Bressi, che dopo l’outburst rimane abbastanza costante. Altri invece la paragonano ad un’altra cometa abbastanza sfortunata, la C/1999 S4 (LINEAR), che subì una frammentazione del nucleo nel luglio del 2000 e si dissolse in soli quattro giorni quando era al perielio a 0,7 U.A. dal Sole. La forma attuale del nucleo della Ison ricorda in qualche modo il nucleo della Linear prima della sua scomparsa [cite]http://www.mps.mpg.de/en/aktuelles/pressenotizen/pressenotiz_20131119.html[/cite]

Credit: Vikrant Kumar Agnihotri  Kota India

Credit: Vikrant Kumar Agnihotri – Kota, India

Intanto spettri amatoriali indicano la probabile presenza di un altro composto radicale già individuato anche in  altre comete: l’amidogeno (NH2) intorno ai 600 nm. Però da quelle parti (a 589,6nm e a  589 nm) emette anche il sodio (Na), per cui con una scarsa risoluzione spettrale è assai difficile distinguere le due diverse emissioni.
Anche qui occorrono altri dati e nuovi studi per comprendere meglio la Ison, forse una delle più studiate comete del decennio.


Note:

La Ison a occhio nudo!

Credit: Michael Jäger, Austria

Le due code della C/2012 S1 (ISON)
Credit: Michael Jäger, Austria

Finalmente ci siamo!
La lunga attesa iniziata poco dopo la sua scoperta avvenuta nel settembre 2012 con l’arrivo dei primi dati riguardanti l’orbita e le prime estrapolazioni della curva di luce, è finita.
Adesso la C/2012 S1 (ISON) è visibile ad occhio nudo.
L’astronomo francese Nicolas Biver segnala da uno dei luoghi più bui rimasti in Europa (Pico del Veleta, Spagna) che stanotte la Ison è apparsa di magnitudine visuale di 6,3 – 6,5 contro l’oltre 7,4 del giorno precedente.
La notizia è stata confermata anche da Alexandre Amorim, brasiliano, che ha stimato la cometa a magnitudine 6,1.
Ricordo che la sesta magnitudine è il limite dell’occhio umano nei cieli veramente bui e lontani da ogni forma di inquinamento, sia luminoso che atmosferico. Quindi prima che la Ison sia visibile ad occhio nudo  anche dalle nostre regioni dove il cielo è molto più sporco 1 dovrà passare ancora qualche giorno, ma nel frattempo forse sarà troppo vicina al Sole da rendersi distinguibile nelle luci dell’alba prima del perielio.

Comunque anche con binocoli e piccoli telescopi è possibile già apprezzare la doppia coda della cometa, una più lunga e in direzione esattamente antisolare che è la coda di ioni di gas come il radicale cianogeno, l’ossidrile e il carbonio biatomico (è quello che fa apparire la cometa verde), e l’altra, composta dalle polveri disperse dall’astro, che flette un po’ come ben spiegato nel precedente articolo 2 di Sabrina Masiero.

Cieli sereni


Note:

Il meccanismo di formazione delle code cometarie

I meccanismi di formazione delle code cometarie sono assai complessi. Infatti questi si intrecciano e si influenzano vicendevolmente producendo all’apparenza effetti contrastanti e privi di “buon senso”.

Coda di sodio (nella parte sinistra) e coda di polvere nella cometa Hale Bopp. Gabriele Cremonese, Osservatorio Astronomico di Padova.

Coda di sodio (nella parte sinistra) e coda di polvere nella cometa Hale Bopp. Gabriele Cremonese, Osservatorio Astronomico di Padova.

Il meccanismo principale nella produzione di una coda cometaria consiste nell’interazione tra i fotoni emessi dal Sole e le particelle rilasciate dal nucleo di una cometa. I fotoni esercitano sulle particelle una piccolissima pressione, detta pressione di radiazione, dovuta al trasferimento di parte dell’energia, in particolare del momento, veicolato dai fotoni alle particelle cometarie. L’efficienza di questo processo fisico diminuisce col quadrato della distanza dal Sole.
Questa pressione (stimata in 5 milionesimi di Pascal ad una distanza di 1 U.A.) influenza maggiormente le particelle di piccola massa rispetto a quelle di grande massa. Ciò fa si che le particelle più grandi, risentendo meno dell’effetto di Poynting-Robertson, vengano meno respinte, restando prossime al nucleo, a differenza di quelle più piccole che vengono sparate più velocemente nella coda. Queste ultime si allontanano con grande velocità dal nucleo e dall’orbita, disseminandosi in vaste regioni pressoché complanari con l’orbita stessa.

Quando una particella abbandona il nucleo può seguire due traiettorie diverse, entrambe influenzate dal contributo della pressione di radiazione incidente su di essa:
•  sincrone: le traiettorie sincrone si verificano quando le particelle rilasciate nello stesso istante formano curve poco evidenti;
•  sindinamiche: le traiettorie sindinamiche si verificano quando le particelle rilasciate in tempi diversi seguono percorsi molto curvi.

A causa dei molteplici effetti appena esposti possiamo affermare che le comete possiedono numerose “code”, diverse per composizione strutturale, forma e caratteristiche fisiche.

codeSino al 1997 si credeva che questi corpi potevano generare al massimo due code ben distinte, la coda di polvere e la coda di ioni, finché Gabriele Cremonese dell’Osservatorio Astronomico di Padova, analizzando le immagini della cometa Hale-Bopp, scoprì l’esistenza di una terza coda costituita da atomi di sodio neutro. Questa scoperta è stata ulteriormente ampliata da un’altra, avvenuta nel 2006, ad opera del satellite per osservazioni solari STEREO che ha evidenziato nella cometa McNaught la presenza di una debole coda di atomi di ferro neutri.

 Ciò porta il totale delle possibili “code” a quattro: coda di polveri, coda di ioni, coda di sodio e coda di ferro.

Ovviamente non tutte le comete sviluppano necessariamente tutte le code al passaggio al perielio in quanto esse sono strettamente legate alla composizione e alla grandezza del corpo.

Il terribile equivoco del cianogeno

Buffo! Di solito ci attendiamo una corretta informazione dai siti scientifici ma a volte, rare volte, non è così.

La cometa di Halley al suo ultimo passaggio confrontata col suo spettro nel visibile e vicino infrarosso Credit: Uppasala University per lo spettro e NASA/W. Liller per l'immagine. Rielaborazione: Il Poliedrico

La cometa di Halley al suo ultimo passaggio confrontata col suo spettro nel visibile e vicino infrarosso. Credit: Uppasala University per lo spettro e NASA/W. Liller per l’immagine. Rielaborazione: Il Poliedrico

Tutto probabilmente nacque intorno al 1910, durante il penultimo ritorno della Cometa di Halley, quando gli scienziati resero pubblici i loro sospetti derivati da una scienza ancora agli albori, la spettroscopia: secondo i loro dati la coda della cometa conteneva elementi tossici come l’arsenico (As) e gas cianogeni  1. Ovviamente questo non avrebbe comportato alcun  problema per i terrestri, grazie alla protezione svolta dall’atmosfera e all’esigua densità della coda della cometa 2. Ma intanto alcuni venditori senza scrupoli approfittarono della notizia per vendere – e arricchirsi – inutili maschere antigas 3.

Durante il suo ultimo passaggio, nel 1986, la Halley si mostrò come nella prima immagine: aveva un colore abbastanza neutro che virava leggermente verso il violetto nella chioma di polveri e una coda di gas di un blu discreto.

Credit: ESO

Credit: ESO

Osservando lo spettro nella zona ultravioletta e violetta tra i 332 e i 432 nm si notano alcune righe di emissione:  all’estremo dello spettro visibile  4 e un’altra poco più giù attorno ai 420 nm. Altre righe importanti sono quelle prodotte dal radicale ossidrile (OH), il monossido di carbonio (CO) e il carbonio triatomico (C3).

E infatti la coda di gas ionizzato blu pallido lo conferma: i suoi colori sono quelli dei gas appena citati: cianogeno, radicale ossidrile, monossido di carbonio e carbonio triatomico.

La cometa Lemmon.confrontata col suo spettro. Credit: RobK di Bright, Vic, Australia per lo spettro e anonimo per l’immagine. Rielaborazione: Il Poliedrico

La cometa Lemmon.confrontata col suo spettro.
Credit: RobK di Bright, Vic, Australia per lo spettro e anonimo per l’immagine.
Rielaborazione: Il Poliedrico

Adesso torniamo ai giorni d’oggi e alla stupenda – per chi è riuscito a vederla – C/2012 F6 (LEMMON) dello scorso marzo.
Dallo spettro di questa cometa è evidente che del radicale cianogeno non ce n’è traccia, né a 380 nm, né ai 420 nm. Piuttosto qui il verde brillante della chioma è dato dalle intense righe del carbonio biatomico (C2).
Lo stesso errore viene ancora oggi commesso riguardo la C/2012 S1 (ISON) che – nel momento in cui scrivo – emette molto poco a 380 nm, mentre le righe del carbonio biatomico a 440 e a 520 nm sono più pronunciate, come evidenzia il primo spettro:


Lo spettro di C/2012 S1 (ISON) l'11/10/2013

Lo spettro di C/2012 S1 (ISON) l’11/10/2013 Credit:  astrosurf.com

Lo spettro di C/2012 S1 (ISON) il 24/10/2013

Lo spettro di C/2012 S1 (ISON) il 24/10/2013  Credit: astrosurf.com

Credit: Wikipedia

Nel secondo spettro anche se la riga del radicale cianogeno appare molto più pronunciata del primo, il contributo di questa emissione al colore complessivo della cometa non appare evidente, come si può facilmente notare dalle innumerevoli immagini in Rete della cometa in quei momenti. Questo perché il picco di sensibilità dell’occhio umano raggiunge il massimo proprio tra i 500 e i 600 nm, giusto dove anche l’emissione del carbonio biatomico è più elevata.
Invece, tornando alla Halley del 1986, le emissioni del carbonio biatomico ionizzato erano trascurabili, tanto da far risaltare la scia azzurrognola e violetta delle emissioni di CN.
Eppure Spaceweather.comAPOD della NASA e via di seguito molti altri siti che si occupano di astronomia fanno, e hanno fatto tutti lo stesso errore; attribuire indistintamente l’aspetto verdastro di una cometa al cianogeno. Su questo tema il dibattito su alcuni forum astrofili oltreoceano è acceso, tant’è che anche un astronomo e divulgatore scientifico come Phil Plait ha riconosciuto l’equivoco 5.

Colore
Lunghezza d’onda
Violetto 380–435 nm
Blu 435–500 nm
Ciano 500-520 nm
Verde 520–565 nm
Giallo 565–590 nm
Arancione 590–625 nm
Rosso 625–740 nm

Probabilmente la spiegazione a questa errata interpretazione è molto più banale di quanto si pensi:  una riga di emissione (spesso la più intensa) del carbonio biatomico è fra i 510 e i 520 nm, proprio nel mezzo della fascia di colore che comunemente attribuiamo al colore ciano!
Molto probabilmente a partire dai tempi della scoperta dei composti cianogeni nella coda della Cometa di Halley, qualcuno in passato ha erroneamente associato il termine cianogeno col colore ciano e l’errore poi si è tramandato nel tempo e nessuno l’ha poi più corretto.

Quindi, anche se pare diventata affermazione comune associare il verde brillante della chioma di una cometa con i radicali cianogeni, questi non ne hanno alcuna responsabilità, la colpa è tutta del carbonio biatomico emesso dalla cometa che si ricombina attorno ai 520 nm.
Spargete la voce.


Bibliografia:

 

  1. Ji Hye Lee, Tae Yeon Kang, Hyonseok Hwang, Chan Ho Kwon, Hong Lae Kim, “Photodissociation Dynamics of Cyanamide at 193 nm: The CN Radical Production Channel”, Bulletin Of The Korean Chemical Society 29, 1685-1688 (2008).[08LeKaHw.CN
  2. David G. Schleicher, “THE FLUORESCENCE EFFICIENCIES OF THE CN VIOLET BANDS IN COMETS”, Astronomical Journal140, 973-984 (2010). [link to article][10Scxxxx.CN]
  3. M. Kleine, S. Wyckoff, P. A. Wehinger, B. A. Peterson, “THE COMETARY FLUORESCENCE-SPECTRUM OF CYANOGEN – A MODEL”, Astrophysical Journal 436, 885-906 (1994). [link to article][94KlWyWe.CN]
  4. Atlas of cometary spectra, Institut d’Astrophysique et de Géophysique de l’Université de Liège, Allée du 6 Août, 17 – Bât B5cB-4000 Liège 1, BELGIQUE E-Mail : hyperion@astro.ulg.ac.be

 

Lo stato di C/2012 S1 (ISON)

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Tra 22 giorni la storia della Ison sarà scritta. In questo momento C/2012 S1 (ISON) ha da poco intersecato l’orbita terrestre (1 U.A. dal Sole) alla velocità di oltre 44 km/s.
Mentre la risposta alla domanda se la Ison sopravviverà o meno al suo passaggio al perielio è al di là dal venire, quello che ormai è quasi più che probabile e che essa non sarà comunque la cometa del secolo come ci si aspettava in un primo momento (dopotutto al secolo mancano ancora 87 anni): a meno di outburst improvvisi da qui a dopo il perielio, quasi certamente la cometa non offrirà lo spettacolo che fino a qualche tempo fa ci si aspettava.

La curva di luce prevista in base alle più recenti stime della luminosità indicano che la celebre cometa raggiungerà al perielio una magnitudine compresa tra -5 e -3, quindi ben lontana dalle stime previste in base ai dati di qualche mese fa.
Nonostante i notevoli strumenti matematici che ci consentono di carpire molti segreti della cometa come l’$Af\rho$, è comunque assai arduo predire la massima luminosità di una cometa, come ci sta mostrando l’improvviso e inaspettato outburst della C/2012 X1 Linear.
Per ora comunque l’indice $Af\rho$ si sta mostrando superiore a quello mostrato dalle altre comete nella stessa regione di spazio, anche se non eguaglia minimamente quello che  presentò la  C/1995 O1 (Hale-Bopp) che raggiunse un indice di ben 10 chilometri ( un milione di centimetri) .
Stando alle ultime misurazioni disponibili, solo la produzione dei gas è aumentata significativamente dal 3 novembre, mentre la produzione di polveri è ancora piuttosto bassa per essere già entro l’orbita terrestre.
Intanto giungono voci su una possibile biforcazione della coda, mentre questa ha raggiunto già 1300000 chilometri di estensione.

Restate sintonizzati e Cieli Sereni …