Tempo permettendo, mercoledì 26 febbraio alle 04:16 UTC (05:16 ora locale) si presenterà l’occasione di vedere e fotografare un magnifica congiunzione stretta tra Venere (fase 0.347, magn. -4.29) e Luna (fase 0.139, magn. -9.05), circa 13 minuti d’arco dai due bordi!
I più fortunati sono quelli che osserveranno il fenomeno dall’equatore, dove Venere entrerà in contatto col bordo della Luna già alle 3:17 UTC.
Ma lasciamo le immagini parlare da sole! Cieli sereni 🙂
Categoria: Astrofilia
La coda di sodio della Ison

La C/2012S1 (ISON) ripresa nel visibile e con il filtro passa banda a 589 nm (riquadro giallo).
Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Source: flickr.com
Ormai la C/2012 S1 (ISON) è sprofondata nelle luci dell’alba, rendendosi di nuovo praticamente invisibile ad occhio nudo prima del perielio.
Il 20 novembre scorso l’astrofilo giapponese Hisayoshi Kato dal Monte Fuji ha ottenuto queste due immagini della Ison 1.
L’immagine superiore mostra la cometa come si presentava quel giorno nell’intera banda visibile dello spettro, mentre quella inferiore mostra la stessa immagine a colori invertiti per evidenziare meglio le diverse componenti della coda. Nell’immagine a colori invertiti sono assai evidenti i due getti (qui arancioni) che partono dal nucleo della cometa che in alcune immagini si mostrano come ali. Nel riquadrino arancione, ripreso con un filtro a banda stretta centrato a 589 nm. 2 è evidente invece come il nucleo stesso della cometa sia avvolto da una nube di atomi di sodio.

Credit: Hisayoshi Kato -Tokyo, Japan
Rielaborazione: Il Poliedrico
Nell’immagine da me rielaborata, si evidenzia anche una tenue coda di sodio dispersa dalla chioma.
I meccanismi che possono generare atomi di sodio non sono ancora del tutto noti. Possono essere prodotti dalle collisioni dei granelli di polvere che circondano il nucleo, oppure dall’evaporazione di questi quando sono riscaldati dalla radiazione solare [cite]http://iopscience.iop.org/1538-4357/585/2/L159/fulltext/16936.text.html[/cite] [cite]http://adsabs.harvard.edu/abs/1970A%26A…..5..286H[/cite]. Quello che è certo è che finora di code di sodio ne sono state osservate ben poche: solo alcune comete più brillanti manifestano la presenza di atomi neutri di sodio nella chioma quando scendono al di sotto di 0,7 unità astronomiche dal Sole e solo una, la Hale-Bopp del 1997, aveva mostrato una coda di sodio di ben 30 milioni di chilometri [cite]http://dx.doi.org/10.1023/A%3A1005281611036[/cite]!
Questo conferma anche la precedente osservazione spettrografica del 16 novembre scorso [cite]La Ison si sta frantumando?[/cite] di Vikrant Kumar Agnihotri, di Kota, in India. Anche lui aveva osservato un interessante picco non meglio identificato attorno ai 590-600 nm. ma la scarsa risoluzione disponibile ne rendeva incerta l’identificazione. Allora la Ison era a 0,6 U.A. dal Sole, e già mostrava la sua interessante traccia di sodio.
Note:
La Ison si sta frantumando?
Ancora i dati sono alquanto incerti e piuttosto sparsi. Ma ho deciso di parlarne, giusto per informazione.

Immagine della C/2012 S1 (ISON) del 16 novembre 2013. I getti si sono resi visibili col gli algoritmi di deconvoluzione e il Larson-Sekanina.
Credit: Maximilian Teodorescu Dumitrana, Romania
Negli ultimi giorni C/201S1 (ISON) ha mostrato una piuttosto vivace attività rispetto a quando stava attraversando l’orbita terrestre.
La sua curva di luce indica appunto che dal 14 al 18 la sua luminosità è salita di almeno 8 grandezze in appena quattro giorni, portandola dalla 7a magnitudine del giorno 13 alla 5a del 18 (m1 1 = 4,8).
Spiegare questo improvviso incremento di attività del nucleo non è facile. Le possibilità per ora sono due: o si sono aperte delle nuove vene particolarmente friabili e quindi più sensibili alla sublimazione nel nucleo ghiacciato o la Ison si è frantumata in due o più parti.
È difficile per ora stabilire quale delle due ipotesi sia quella corretta, la prudenza in questo caso è d’obbligo, ma è innegabile che qualcosa di nuovo è successo tra il 13 e il 1 4 novembre scorso alla cometa Ison.
Alcune elaborazioni derivate da immagini protette da copyright 2 spingono a pensare che il nucleo della Ison si sia frantumato in due parti distinte.
I getti qui ben visibili in questa immagine non dicono espressamente cosa sta succedendo nel nucleo, possono essere due getti provocati da due fenditure piuttosto profonde che stanno espellendo massicce quantità di polvere (indice Afrho oltre 4000 cm), oppure da una scissione completa del nucleo che sta rilasciando le stesse quantità.
Una scissione del nucleo dovrebbe produrre una serie di piccole perturbazioni visibili nella coda di ioni e di polveri causate dai microframmenti che inevitabilmente una frattura del nucleo produce e una progressiva separazione dei resti dovuta alla loro diversa massa dovrebbe riflettersi inizialmente in una progressiva distorsione della chioma (o coma) ed è quello che probabilmente sta avvenendo.
Per alcuni osservatori l’evoluzione sin qui mostrata è simile a quella della sfortunata C/2012 T5 (BRESSI) 3. Per contro le dimensioni e la curva di luce mostrano che la Ison è completamente diversa dalla Bressi, che dopo l’outburst rimane abbastanza costante. Altri invece la paragonano ad un’altra cometa abbastanza sfortunata, la C/1999 S4 (LINEAR), che subì una frammentazione del nucleo nel luglio del 2000 e si dissolse in soli quattro giorni quando era al perielio a 0,7 U.A. dal Sole. La forma attuale del nucleo della Ison ricorda in qualche modo il nucleo della Linear prima della sua scomparsa [cite]http://www.mps.mpg.de/en/aktuelles/pressenotizen/pressenotiz_20131119.html[/cite]
Intanto spettri amatoriali indicano la probabile presenza di un altro composto radicale già individuato anche in altre comete: l’amidogeno (NH2) intorno ai 600 nm. Però da quelle parti (a 589,6nm e a 589 nm) emette anche il sodio (Na), per cui con una scarsa risoluzione spettrale è assai difficile distinguere le due diverse emissioni.
Anche qui occorrono altri dati e nuovi studi per comprendere meglio la Ison, forse una delle più studiate comete del decennio.
Note:
La Ison a occhio nudo!
Finalmente ci siamo!
La lunga attesa iniziata poco dopo la sua scoperta avvenuta nel settembre 2012 con l’arrivo dei primi dati riguardanti l’orbita e le prime estrapolazioni della curva di luce, è finita.
Adesso la C/2012 S1 (ISON) è visibile ad occhio nudo.
L’astronomo francese Nicolas Biver segnala da uno dei luoghi più bui rimasti in Europa (Pico del Veleta, Spagna) che stanotte la Ison è apparsa di magnitudine visuale di 6,3 – 6,5 contro l’oltre 7,4 del giorno precedente.
La notizia è stata confermata anche da Alexandre Amorim, brasiliano, che ha stimato la cometa a magnitudine 6,1.
Ricordo che la sesta magnitudine è il limite dell’occhio umano nei cieli veramente bui e lontani da ogni forma di inquinamento, sia luminoso che atmosferico. Quindi prima che la Ison sia visibile ad occhio nudo anche dalle nostre regioni dove il cielo è molto più sporco 1 dovrà passare ancora qualche giorno, ma nel frattempo forse sarà troppo vicina al Sole da rendersi distinguibile nelle luci dell’alba prima del perielio.
Comunque anche con binocoli e piccoli telescopi è possibile già apprezzare la doppia coda della cometa, una più lunga e in direzione esattamente antisolare che è la coda di ioni di gas come il radicale cianogeno, l’ossidrile e il carbonio biatomico (è quello che fa apparire la cometa verde), e l’altra, composta dalle polveri disperse dall’astro, che flette un po’ come ben spiegato nel precedente articolo 2 di Sabrina Masiero.
Cieli sereni
Note:
Il terribile equivoco del cianogeno
Buffo! Di solito ci attendiamo una corretta informazione dai siti scientifici ma a volte, rare volte, non è così.

La cometa di Halley al suo ultimo passaggio confrontata col suo spettro nel visibile e vicino infrarosso. Credit: Uppasala University per lo spettro e NASA/W. Liller per l’immagine. Rielaborazione: Il Poliedrico
Tutto probabilmente nacque intorno al 1910, durante il penultimo ritorno della Cometa di Halley, quando gli scienziati resero pubblici i loro sospetti derivati da una scienza ancora agli albori, la spettroscopia: secondo i loro dati la coda della cometa conteneva elementi tossici come l’arsenico (As) e gas cianogeni 1. Ovviamente questo non avrebbe comportato alcun problema per i terrestri, grazie alla protezione svolta dall’atmosfera e all’esigua densità della coda della cometa 2. Ma intanto alcuni venditori senza scrupoli approfittarono della notizia per vendere – e arricchirsi – inutili maschere antigas 3.
Durante il suo ultimo passaggio, nel 1986, la Halley si mostrò come nella prima immagine: aveva un colore abbastanza neutro che virava leggermente verso il violetto nella chioma di polveri e una coda di gas di un blu discreto.
Osservando lo spettro nella zona ultravioletta e violetta tra i 332 e i 432 nm si notano alcune righe di emissione: all’estremo dello spettro visibile 4 e un’altra poco più giù attorno ai 420 nm. Altre righe importanti sono quelle prodotte dal radicale ossidrile (OH), il monossido di carbonio (CO) e il carbonio triatomico (C3).
E infatti la coda di gas ionizzato blu pallido lo conferma: i suoi colori sono quelli dei gas appena citati: cianogeno, radicale ossidrile, monossido di carbonio e carbonio triatomico.

La cometa Lemmon.confrontata col suo spettro.
Credit: RobK di Bright, Vic, Australia per lo spettro e anonimo per l’immagine.
Rielaborazione: Il Poliedrico
Adesso torniamo ai giorni d’oggi e alla stupenda – per chi è riuscito a vederla – C/2012 F6 (LEMMON) dello scorso marzo.
Dallo spettro di questa cometa è evidente che del radicale cianogeno non ce n’è traccia, né a 380 nm, né ai 420 nm. Piuttosto qui il verde brillante della chioma è dato dalle intense righe del carbonio biatomico (C2).
Lo stesso errore viene ancora oggi commesso riguardo la C/2012 S1 (ISON) che – nel momento in cui scrivo – emette molto poco a 380 nm, mentre le righe del carbonio biatomico a 440 e a 520 nm sono più pronunciate, come evidenzia il primo spettro:
Nel secondo spettro anche se la riga del radicale cianogeno appare molto più pronunciata del primo, il contributo di questa emissione al colore complessivo della cometa non appare evidente, come si può facilmente notare dalle innumerevoli immagini in Rete della cometa in quei momenti. Questo perché il picco di sensibilità dell’occhio umano raggiunge il massimo proprio tra i 500 e i 600 nm, giusto dove anche l’emissione del carbonio biatomico è più elevata.
Invece, tornando alla Halley del 1986, le emissioni del carbonio biatomico ionizzato erano trascurabili, tanto da far risaltare la scia azzurrognola e violetta delle emissioni di CN.
Eppure Spaceweather.com, APOD della NASA e via di seguito molti altri siti che si occupano di astronomia fanno, e hanno fatto tutti lo stesso errore; attribuire indistintamente l’aspetto verdastro di una cometa al cianogeno. Su questo tema il dibattito su alcuni forum astrofili oltreoceano è acceso, tant’è che anche un astronomo e divulgatore scientifico come Phil Plait ha riconosciuto l’equivoco 5.
Colore |
Lunghezza d’onda |
Violetto | 380–435 nm |
Blu | 435–500 nm |
Ciano | 500-520 nm |
Verde | 520–565 nm |
Giallo | 565–590 nm |
Arancione | 590–625 nm |
Rosso | 625–740 nm |
Probabilmente la spiegazione a questa errata interpretazione è molto più banale di quanto si pensi: una riga di emissione (spesso la più intensa) del carbonio biatomico è fra i 510 e i 520 nm, proprio nel mezzo della fascia di colore che comunemente attribuiamo al colore ciano!
Molto probabilmente a partire dai tempi della scoperta dei composti cianogeni nella coda della Cometa di Halley, qualcuno in passato ha erroneamente associato il termine cianogeno col colore ciano e l’errore poi si è tramandato nel tempo e nessuno l’ha poi più corretto.
Quindi, anche se pare diventata affermazione comune associare il verde brillante della chioma di una cometa con i radicali cianogeni, questi non ne hanno alcuna responsabilità, la colpa è tutta del carbonio biatomico emesso dalla cometa che si ricombina attorno ai 520 nm.
Spargete la voce.
Bibliografia:
- Ji Hye Lee, Tae Yeon Kang, Hyonseok Hwang, Chan Ho Kwon, Hong Lae Kim, “Photodissociation Dynamics of Cyanamide at 193 nm: The CN Radical Production Channel”, Bulletin Of The Korean Chemical Society 29, 1685-1688 (2008).[08LeKaHw.CN
- David G. Schleicher, “THE FLUORESCENCE EFFICIENCIES OF THE CN VIOLET BANDS IN COMETS”, Astronomical Journal140, 973-984 (2010). [link to article][10Scxxxx.CN]
- M. Kleine, S. Wyckoff, P. A. Wehinger, B. A. Peterson, “THE COMETARY FLUORESCENCE-SPECTRUM OF CYANOGEN – A MODEL”, Astrophysical Journal 436, 885-906 (1994). [link to article][94KlWyWe.CN]
- Atlas of cometary spectra, Institut d’Astrophysique et de Géophysique de l’Université de Liège, Allée du 6 Août, 17 – Bât B5cB-4000 Liège 1, BELGIQUE E-Mail : hyperion@astro.ulg.ac.be
Lo stato di C/2012 S1 (ISON)
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Tra 22 giorni la storia della Ison sarà scritta. In questo momento C/2012 S1 (ISON) ha da poco intersecato l’orbita terrestre (1 U.A. dal Sole) alla velocità di oltre 44 km/s.
Mentre la risposta alla domanda se la Ison sopravviverà o meno al suo passaggio al perielio è al di là dal venire, quello che ormai è quasi più che probabile e che essa non sarà comunque la cometa del secolo come ci si aspettava in un primo momento (dopotutto al secolo mancano ancora 87 anni): a meno di outburst improvvisi da qui a dopo il perielio, quasi certamente la cometa non offrirà lo spettacolo che fino a qualche tempo fa ci si aspettava.
La curva di luce prevista in base alle più recenti stime della luminosità indicano che la celebre cometa raggiungerà al perielio una magnitudine compresa tra -5 e -3, quindi ben lontana dalle stime previste in base ai dati di qualche mese fa.
Nonostante i notevoli strumenti matematici che ci consentono di carpire molti segreti della cometa come l’$Af\rho$, è comunque assai arduo predire la massima luminosità di una cometa, come ci sta mostrando l’improvviso e inaspettato outburst della C/2012 X1 Linear.
Per ora comunque l’indice $Af\rho$ si sta mostrando superiore a quello mostrato dalle altre comete nella stessa regione di spazio, anche se non eguaglia minimamente quello che presentò la C/1995 O1 (Hale-Bopp) che raggiunse un indice di ben 10 chilometri ( un milione di centimetri) .
Stando alle ultime misurazioni disponibili, solo la produzione dei gas è aumentata significativamente dal 3 novembre, mentre la produzione di polveri è ancora piuttosto bassa per essere già entro l’orbita terrestre.
Intanto giungono voci su una possibile biforcazione della coda, mentre questa ha raggiunto già 1300000 chilometri di estensione.
Restate sintonizzati e Cieli Sereni …
La Congiunzione Luna – Saturno del 9 settembre

La congiunzione Luna-Saturno del 9 settembre 2013.
Credit: Il Poliedrico
Giustamente anch’io mi sono preso una pausa dallo scrivere, e me ne sono andato in vacanza.
In quest’ultimo anno ho scritto forse un po’ meno degli anni precedenti ma spesso ho trattato argomenti piuttosto impegnativi come le atmosfere planetarie, l’oscillazione dei neutrini e la presunta discesa da … Marte della vita su questo pianeta che hanno prosciugato la mia linfa.
Ora riprendo, con calma, donandovi questa porzione di cielo del 9 settembre scorso di cui – finalmente – sono stato testimone.Cieli sereni
Una fragola in cielo?
Il 23 giugno scorso fu Luna Piena. Un evento abbastanza normale, accade una volta al mese! Vero, ma la Luna era anche al suo perigeo e anche questo accade una volta al mese. Poi vuoi mettere che era la prima Luna Piena dopo il Solstizio d’Estate? I nordamericani la chiamano Strawberry Moon, la Luna delle Fragole, perché verso la fine di giugno avviene appunto la raccolta delle fragole nel loro continente.
Quindi la Strawberry Moon non ha niente a che vedere con il colore della Luna al suo sorgere o tramontare; quello dipende unicamente da altri fattori che avvengono … ogni giorno.
La luce di ogni astro – pianeta o stella che sia – viene arrossata e rifratta dall’aria quando si avvicina all’orizzonte perché deve attraversare sempre più strati d’aria rispetto a quando gli stessi astri sono allo zenit.
Questo fenomeno si chiama Scattering di Rayleigh 1 ed è responsabile del colore azzurro del cielo. L’arrossamento della luce è più significativo quando l’astro è vicino all’orizzonte, perché il volume di aria attraverso cui deve passare la sua luce è significativamente più grande rispetto a quando è alto nel cielo. Presso l’orizzonte il tragitto più lungo della luce nell’atmosfera disperde quasi tutte le componenti della luce durante il percorso diretto verso l’osservatore; quello che resta è la componente di lunghezza d’onda maggiore. Per questo tutti gli astri osservati da terra hanno un aspetto rossiccio più o meno accentuato quando sono in prossimità dell’orizzonte.

Laser per la correzione delle turbolenze atmosferiche all’European Southern Observatory’s Very Large Telescope.
Soprattutto nelle sorgenti puntiformi come le stelle ma non solo, si nota anche un altro fenomeno: la scintillazione 2 3.
La scintillazione è dovuta dalla luce che passa attraverso sacche di aria con diversa temperatura e densità, causando la rifrazione e dispersione della luce attraverso l’aria non omogenea. Quindi per effetto del maggiore tragitto che compie la luce all’orizzonte rispetto che allo zenit, l’effetto della scintillazione è maggiore quando la sorgente è bassa nel cielo.
Comunque la curiosità meno appariscente ma non meno reale e bizzarra è che gli astri in prossimità dell’orizzonte non sono proprio dove sembra che siano.
Questa si chiama Aberrazione Atmosferica 4 ed è unicamente dovuta dalla diversa densità del mezzo che la luce dell’astro deve percorrere per arrivare all’osservatore. Per questo la luce sembra provenire da un punto un po’ più verticale rispetto all’osservatore, il quale percepisce l’astro ad una altezza maggiore rispetto all’orizzonte. Anche questo effetto diviene via via più pronunciato man mano che si osservano oggetti meno distanti di 45° dall’orizzonte.
Per questo il 23 giugno non c’era nessuna fragola in cielo, e anche se apparentemente sembrava che ci fosse, sicuramente non era proprio neppure lì!
Note:
La Via Lattea vista dal Qomolangma

Credit: http://www.flickr.com/photos/ykumsri/
Qomolangma è il nome tibetano del monte Everest (si pronuncia Chomolangma) che significa “Dea della montagna”. Noi la chiamiamo Everest dal nome del geometra Sir George Everest che ne disegnò una mappa nel 1852. Ma i primi in realtà furono i cinesi della dinastia Qing (1644-1912) che ne fecero una mappa nel 1717.
Castore & Polluce
Non capita poi spesso ma qualche volta mi stupisco anch’io. Come per questa foto ripresa nel bel mezzo del nulla, con il mio smartphone appoggiato sul tettuccio dell’auto e sorretto dal portamonete.
Questa sera stavo percorrendo la mia solita strada ad un’ora piuttosto insolita – per me – per sbrigare una faccenda.
Bassa all’orizzonte, vividissima, appariva Venere rapendomi il mio sguardo. Non conto più le volte che ho osservato quella luce vividissima, al mattino, prima dell’alba, la sera subito dopo il tramonto fino a tardissimo quando è più lontana dal Sole. Ho persino visto la sua ombra, quando è più brillante che mai.
Così decido al ritorno di fermarmi a fotografare il fulgido pianeta, giusto per provare un nuovo programma di scatto sul mio smartphone che promette di regolare il tempo di esposizione.
Quello che vedete è il risultato: la risoluzione non eccelle, 1280 x 720 a lunga esposizione, ma 3200 ISO, apertura f/2,4 per una lunghezza focale di 4,48 millimetri e soprattutto ben 5 secondi di esposizione hanno fatto la differenza.Così nella foto ho trovato Venere, Castore, Polluce e Capella. Una buona ripresa, non c’è che dire!