Il negazionismo climatico al tempo dei no-vax

È passato molto tempo dall’ultima volta che ho scritto qualcosa su questo blog. L’intenzione sarebbe di scacciare questa pessima abitudine e riprendere a usare questo spazio. Per un po’ ho affidato i miei pensieri e le esternazioni ai Social, ma ora sento che ho fisicamente bisogno di un luogo dove conservarli. Non so se ci riuscirò, non resta che provare.

 

 

Indice incremento annuale dei gas serra nell'atmosfera.

A partire dal 2021, l’effetto di riscaldamento dei gas serra di lunga durata nell’atmosfera terrestre è aumentato del 49% rispetto al 1990. Rispetto all’epoca preindustriale, l’atmosfera odierna assorbe più di 3 Watt in più di energia per metro quadrato.

Dal punto di vista razionale l’ideologia dei no-vax e i negazionisti climatici hanno in comune il totale rigetto delle evidenze scientifiche che si basano sui dati.
Dati che, come ogni cosa quando si cerca di comprendere un qualsiasi fenomeno, sono sempre la base da cui partire. Non è la prima volta — e non sarà certo l’ultima — che spiego cosa sia il Global Warming e che sia la diretta conseguenza delle attività umane.
La congettura che in questi giorni va per la maggiore, pare appartenere a un professore associato dell’Università Federico II di Napoli — non cito il suo nome per non offrirgli maggiore visibilità che qui non merita.  Tale  presunzione quasi sicuramente non è nuova, è presente da diversi anni con qualche variante, nei circoli negazionisti che suppongono che il Riscaldamento Globale non esista affatto o che, al limite, sia il risultato di risonanze orbitali dei pianeti ed effetti gravitazionali ciclici. Questo  professore associato, oggi paladino dei negazionisti italiani che hanno ampio appoggio nei circoli politici del centrodestra italiano, ama raccontare di essere riuscito, nel 2018, a prevedere l’attuale siccità.
In pratica, in altri tempi, si sarebbe parlato di case astrali, di congiunzioni e opposizioni, di transiti dei pianeti su e giù per l’eclittica e di altre amenità astrologiche.

Per l’ennesima volta, l’emissione energetica del Sole è stabile da quando sono iniziate le campagne di misurazione satellitare mentre è cambiata la concentrazione di CO2 nell’atmosfera e negli oceani. E le proporzioni isotopiche tra 13C e 12C [fullcite literal author=”Umberto Genovese” date=”2019″ title=”Global Warming for dummies” location=”Il Poliedrico” uri=”https://ilpoliedrico.com/?s=global+warming”] confermano che è anidride carbonica emessa dalla combustione di fonti fossili.

Questi sono i dati: l’atmosfera terrestre a causa dell’effetto serra innescato dalla CO2 ora trattiene 3 watt per metro quadrato in più rispetto al periodo preindustriale ed è tanto.
L’immagine di destra mostra che l’irraggiamento solare varia di neanche 2 watt tra il periodo minimo e massimo di attività solare. È un ciclo undecennale, a cui si sommano altri cicli legati a periodi di maggiore o minore quiescenza dell’attività solare, che, inn tempi storici, hanno prodotto il Minimo di Maunder (d’inverno il Tamigi divenne una pista di pattinaggio) nel XVIII secolo oppure il Massimo Medievale. Questo grafico mostra due cose: che per quanto piccolo, se protratto per lungo tempo (il Minimo di Maunder fu innescato da 50 anni di inattività solare) una variazione comunque piccola, abbiamo detto un paio di watt per metro quadrato, ha senz’altro conseguenze sul clima del pianeta. Una variazione di qualche decimo di grado dell’acqua degli oceani può alterare le correnti oceaniche e le precipitazioni, soprattutto ai tropici, con conseguente riallineamento delle correnti cicloniche dell’atmosfera. Ma, il secondo appunto, per colpa dell’eccesso di emissioni di gas serra a opera dell’Uomo, ora l’atmosfera trattiene, come ho detto prima, ben tre watt in più di energia ricevuta dal Sole. Oggi un periodo di quiescenza del Sole della durata di cinquanta anni, sarebbe notato al più come un periodo di tregua del riscaldamento globale, dando adito ai negazionisti climatici di sproloquiare che non è in atto “alcun cambiamento climatico“.

Quest’ultima immagine mostra lo storico delle temperature medie della Terra da quando sono disponibili correlandole con lo storico dell’attività solare. Qui è ancora più evidente che la temperatura media del pianeta, che prima dell’era industriale seguiva grossomodo l’attività del Sole con un fisiologico margine di latenza, mentre adesso non è più così.
E l’andamento a crescere  per ora è inarrestabile. Ne abbiamo avuto la riprova durante il lungo lock down della Pandemia.
Nonostante il fermo quasi totale delle attività umane, il brusco calo dello smog nelle aree industrializzate etc. le quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è continuata a crescere!
Magari, ancora un a volta, i negazionisti climatici avranno ancora berciato: “Vedete? Nessuna attività umana, eppure la COè aumentata! Le attività umane non sono responsabili del Global Warming!“.
I bischeri però dimenticano che gli oceani ricoprono oltre del 70% della superficie della Terra. E che essi hanno assorbito gli eccessi di CO2 presenti nell’atmosfera al ritmo di 7 miliardi di tonnellate per anno fino ad un certo punto (circa 500 dall’inizio dell’era industriale), fino a quando cioè  le acque superficiali si sono saturate 1.
Ma è in virtù della legge sui gas soluti in un liquido (Legge di Henry) — che un qualsiasi studente di chimica conosce fin dalle scuole superiori  — che, riscaldandosi, gli oceani hanno iniziato a restituire milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica all’atmosfera. Per questo il fermo delle attività industriali non ha sortito alcun cambiamento nelle emissioni di CO2. Quindi anche se adesso, da domani, cessassimo ogni ricorso alle fonti fossili per produrre energia, il Riscaldamento Globale non cesserà e sarà un tremendo problema ancora per decenni, forse secoli, prima che si ricrei un accettabile equilibrio naturale. Per questo ogni secondo, ogni singolo grammo di CO2 impunemente rilasciata nell’atmosfera è un crimine verso le future generazioni.

Ma non dovete credere per forza a me, credete ai dati. Questa è scienza, le altre ciarle sono al più un oroscopo pure malfatto.

  1. È stato stimato che tra il 1751 e il 1994, a causa dell’assorbimento di anidride carbonica il pH superficiale delle acque oceaniche si sia abbassato da 8,25 a 8,14 con gravi conseguenze anche sulla catena alimentare marina.

Global Warming for dummies (prima parte)

Ho ascoltato con somma pazienza qualcuno affermare che a Bergamo con un paio di gradi in più si starebbe meglio.
Ma quando leggo di professori universitari o politici di una certa rilevanza — almeno mediatica — sparare castronerie come quelle che sento in questi piovosi giorni che “siccome oggi fa freddo allora il Global Warming è tutta una truffa mediatica“, vengo assalito dal tremendo dubbio se realmente stiano marciando così per propria convenienza (più probabile) o perché ne siano convinti (assai meno probabile).
Per questo ho deciso di tornare sull’argomento.

 

Articolo di giornale

Prima pagina di un (pessimo) giornale a tiratura nazionale.Il nome della testata è stato volutamente cancellato.

Nei giorni scorsi qualcuno mi fece notare la prima pagina di un quotidiano a tiratura nazionale, che qui ripropongo, per dimostrare quanto sia ancora controverso il dibattito sul Global Warming
Sì, qui ora mentre scrivo fa ancora freddo per essere metà maggio. Ma mentre qui e su più o meno tutta l’Europa centrale fa un po’ più freddo della media stagionale, in Spagna, nel sud della Francia e in Turchia la situazione è opposta. 
Coloro che denunciano l’inesistenza del Riscaldamento Globale trincerandosi dietro a una situazione meteorologica particolare hanno torto marcio. Non posso affermare se questa loro convinzione derivi dalla mancata comprensione del tema, dalla confusione che spesso viene fatta tra tempo meteorologico (locale sia nello spazio che nel tempo) e clima (andamento regionale o globale esteso nel tempo e depurato da fattori stagionali), oppure che si tratti di una scelta cosciente e ponderata.
Purtroppo propendo per questa seconda ipotesi, portata avanti da una corrente politica conservatrice e reazionaria transnazionale che si fa beffe del rischio globale che la civiltà umana in questo momento corre.
No, non penso che l’umanità corra il rischio di soccombere entro i prossimi decenni o secoli, ma tutta la nostra civiltà, il villaggio globale che faticosamente abbiamo costruito negli ultimi due secoli, potrebbe soccombere molto presto a causa della nostra scelleratezza se non abbiamo la volontà e la forza di correggere i nostri errori. 

Quindi non mi sento tranquillo quando sento gioire un uomo politico per lo scioglimento dell’Artide perché così si aprono nuove rotte commerciali[fullcite literal author=”Clark Mindock” date=”2019″ title=”Mike Pompeo praises the effects of climate change on Arctic ice for creating new trade routes” location=”INDEPENDENT” uri=”https://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-politics/mike-pompeo-arctic-climate-change-ice-melt-trade-a8902206.html”] (dopo che il suo governo ha sempre negato che esista il Global Warming) e neppure quando vedo certi titoloni sbattuti in prima pagina come questo sopra che gioca pure sulle parole dando di fatto degli idioti a chi, in tutti questi anni, ha denunciato le pesanti responsabilità umane nell’attuale cambiamento climatico.

Dopo questa pesante filippica dove respingo ai mittenti la definizione di sciocco indirizzata verso chi si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere politiche di contenimento di un processo ormai quasi irreversibile quale è il Global Warming antropogenico, torno a spiegare cos’è e perché capita che, nonostante la tendenza al rialzo delle temperature medie del pianeta nel lungo periodo, possa in alcuni momenti fare ancora più freddo del solito.
Impiegherò un paio di puntate perché l’argomento non è difficile da comprendere ma lungo da spiegare ma spero lo stesso di riuscire nell’intento. Dopodiché sta a voi lettori cercare di spiegare agli scettici che incontrerete come stanno le cose.

Le prove che inchiodano le pesanti responsabilità umane: gli isotopi del carbonio.

Ciclo del carbonio atmosferico

Il ciclo del carbonio atmosferico in sintesi. La riga di centro indica i principali serbatoi naturali di carbonio. In verde sono descritti i principali processi che sottraggono il carbonio nella forma di CO2 dall’atmosfera. In rosso tutti gli altri, che cioè rilasciano carbonio. Credit: Il Poliedrico

Nessuno scienziato nega che il clima nei secoli scorsi sia stato anche molto diverso da quello attuale, ma i meccanismi di scambio gassoso con la litosfera hanno mantenuto per milioni di anni il tasso di concentrazione dell’anidride carbonica dell’atmosfera entro i 150-300 parti per milione. I complessi meccanismi alla base del ciclo naturale del carbonio (in realtà sono due: il ciclo organico e quello geologico) sono i responsabili di queste contenute oscillazioni: una minor concentrazione della CO2 atmosferica — sottratta dalle piante — porta all’abbassamento della temperatura a livello globale, ossia a una glaciazione; di conseguenza, anche le foreste che sequestrano l’anidride carbonica atmosferica trasformandola in lignina diminuiscono di pari passo con l’avanzata dei ghiacci mentre le emissioni vulcaniche intanto rimangono sempre abbastanza costanti. Questo ultimo fatto porta lentamente a un rialzo della percentuale di CO2, un riscaldamento globale naturale che sottrae di nuovo spazio ai ghiacciai e lo restituisce alle piante. E così all’infinito: cicli interglaciali caldi con alti (max 300 ppm) tassi di anidride carbonica atmosferica intervallati da periodi glaciali in cui la CO2 è più bassa (150-180 ppm).
L’anidride carbonica sequestrata dalle foreste sotto forma di lignina tramite processi di marcescenza e alte pressioni finisce per trasformarsi in carbone, mentre i medesimi processi trasformano in petrolio e gas naturale gli animali che, nella loro catena alimentare, in definitiva si sono nutriti di quelle stesse piante. Con l’inizio dell’Era Industriale tutto questo è cambiato: in appena 250 anni, e specialmente nell’ultimo secolo, l’Uomo ha imparato a sfruttare a proprio vantaggio l’energia racchiusa in quei serbatoi naturali di carbonio attraverso la combustione di quelle sostanze (combustibili fossili). Quindi buona parte di quel carbonio sequestrato dall’atmosfera in milioni di anni è stato liberato di nuovo in appena un paio di secoli e poco più.

Clima

Concentrazione della CO2 nell’atmosfera negli ultimi 800 mila anni (ppm). Credit NOAA/Il Poliedrico

La riprova di quanto ho detto sta nei rapporti isotopici del carbonio atmosferico: il 12C e il 13C sono due isotopi stabili del carbonio e poi c’è anche il 14C, un radioisotopo del carbonio che ha origine dall’interazione dell’azoto atmosferico coi raggi cosmici secondo lo schema: $$ n + \ ^{14}N \rightarrow p +\ ^{14}C $$
Il radiocarbonio 14 (6 protoni e 8 neutroni) ha una emivita di appena 5715 anni, ossia circa la metà degli atomi di una certa quantità di 14C torna ad essere 14N (azoto 14) per effetto del decadimento β in quasi 6000 anni.  Siccome la quantità di raggi cosmici negli ultimi 100 mila anni è più o meno costante, anche la quantità di 14C atmosferico è rimasta pressappoco la stessa (circa 70 tonnellate) nel medesimo arco di tempo[fullcite literal author=”Amer Geophysical Union” date=”2000″ title=”Quaternary Geochronology” location=”Open Library” uri=”https://openlibrary.org/books/OL8090475M/Quaternary_Geochronology”]. Il naturale decadimento radioattivo del carbonio 14 comporta che esso sia praticamente assente nei combustibili fossili, e infatti sono circa due secoli che i naturali rapporti tra gli isotopi 12C, 13C e 14C espressi negli ultimi 800 mila anni stanno mutando come conseguenza al consumo di questi 1.
Sempre rimanendo a parlare di isotopi del carbonio, occorre anche ricordare che a parità di proprietà chimiche i processi biologici prediligono sempre gli atomi più leggeri 2: per questo nell’anidride carbonica prodotta dall’uso dei combustibili fossili il δ13C è sbilanciato in favore della versione più leggera dell’atomo di carbonio (12C).
E come detto in precedenza, dalla combustione di fonti fossili è assente la versione più pesante del carbonio (14C) perché esso dopo appena 75 mila anni è ridotto a circa 1 millesimo di quanto era stato sequestrato all’inizio. Quindi, è l’analisi temporale dei rapporti fra i diversi isotopi che ci conferma che l’attuale surplus di anidride carbonica atmosferica è dovuta all’uomo e alle sue attività energivore basate sui combustibili fossili.

Non sono io, non è qualche scienziato prima di me o la ragazzina svedese Greta Thunberg a dirlo: sono gli isotopi del carbonio a farlo; i fatti, quelli su cui ogni giornale dovrebbe basarsi e sui quali qualsiasi politico dovrebbe tener conto prima di prendere una decisione che potrebbe influire sulla collettività, sono questi.


(fine prima parte)

  1. Dopo il 1945 furono esplosi diversi ordigni nucleari nell’atmosfera; questo portò a una impennata della quantità del radiocarbonio 14 di cui occorre tenere conto nei sistemi di radiodatazione al carbonio.
  2. In genere tutte le entità biologiche utilizzano preferenzialmente specie isotopiche più leggere, perché i costi energetici sono più bassi. Il frazionamento isotopico conseguente, chiamato appunto frazionamento cinetico, produce una alterazione tra il rapporto isotopico inorganico e quello biologicamente mediato che è più leggero. Ad esempio, la fotosintesi, che è un processo biologico, sequestra preferenzialmente l’isotopo leggero del carbonio (12C) durante l’assimilazione di una molecola di CO2 atmosferica. Questo frazionamento isotopico cinetico incide quindi anche sul rapporto 13C/12C (  \(\delta {{^{13}C}} = {\left( \frac{{ \left ({\frac{{{^{13}C}}}{{{^{12}C}}}} \right )}_{test} }{{ \left ({\frac{{{^{13}C}}}{{{^{12}C}}}} \right )}_{rif} } -1 \right )} \times 1000 \ \ {^0}/_{\,00}\)  ) riscontrabile nei combustibili fossili essendo questi di origine organica..

Privacy e manipolazione ai tempi di Facebook

“Lamentarsi di violazione della privacy su Facebook è come piagnucolare se ti toccano il sedere in un’orgia. “

Questa esternazione non è mia ma di Leonardo Pieraccioni, comico toscano.
A seguito dello scandalo che ha travolto Facebook conseguente all’uso improprio dei dati personali di più di 50 milioni di utenti da parte della società Cambridge Analytica, dati usati probabilmente per influenzare l’opinione pubblica per le elezioni presidenziali americane, sono state avviate class action negli USA, da noi sono stati presentati esposti in procura dal Codacons, account cancellati in tutta fretta e così via.
Lo so, sono un bastian contrario per eccellenza, e riguardo a tutto lo sconcerto generato da questa scoperta a me non fa alcun effetto. Mi spiego meglio: i nostri dati, le nostre emozioni, le nostre speranze e paure, le mettiamo lì, in quella che oggi è diventata l’agorà virtuale per eccellenza. E adesso cancellarsi, cancellare il proprio account per rappresaglia o per cercare di tutelare le propria privacy è sia stupido che inutile: un po’ come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Ma davvero credete che basti questo per ristabilire l’ordine delle cose? E poi, quale ordine?
Quando fate la spesa e vi viene proposta la tessera sconto, fate un acquisto online o usate il vostro bancomat per pagare il pieno dell’auto, dite in giro chi siete, quali sono i vostri gusti e interessi e dove vi trovate in quell’istante. Non è l’orwelliano Grande Fratello che vi sorveglia, siete voi come Pollicino che spargete sassolini bianchi per la strada con l’intento di non perdervi.
Un programmino del tutto banale e sciocco, come quelli “Come sarete tra vent’anni” o “Qual’è l’amore segreto della vostra vita” ha avuto accesso ai vostri dati – siamo stati noi ad accettare la sua richiesta di consenso dell’analisi del nostro profilo Facebook – e li ha scaricati da qualche parte per poi usarli a suo modo.
È una bischerata scrivere un programmino simile, Facebook, Twitter, Whatsapp, Google Plus etc. mettono a disposizione di chiunque le API per scrivere applicazioni che si interfacciano in maniera trasparente e naturale con loro. Basta leggere la documentazione di questi strumenti e usarle per i propri scopi, anche non leciti. E credete che chi si occupa di sicurezza nazionale ognuno per il proprio paese (FBI, MI 5, SISDE, Mossad etc.) questo non sappia farlo? Credete davvero che Cambridge Analytica sia lo sola che abbia fatto incetta dei nostri dati per poi rivenderseli a chi ha avuto l’interesse di pilotare le elezioni presidenziali americane? E più in generale: credete davvero alla solenne bischerata che il Presidente russo Putin decida di influenzare e pilotare le libere elezioni democratiche distribuendo meme su Salvini o Di Maio piuttosto che Le Pen o Ollande?
Queste sono bischerate per allocchi, giusto per coloro che vogliono farsi pilotare nelle decisioni e gusti esattamente come quando decidono di usare un dentifricio o un tipo di carta igienica piuttosto che altro e per far berciare allo scandalo chi adesso cerca di strumentalizzare la notizia.

Image result for saponetta radioattivaCent’anni fa era la carta stampata che aveva questo potere di persuasione, la gente voleva bere l’acqua additivata col radio (sicuramente on ottimo lassativo visto gli effetti delle radiazioni sui tessuti molli dell’intestino) perché era scritto sui giornali. Poi fu la volta della radio: Goebbels (capo della propaganda nazista) volle introdurre una radio [1. Il Volksempfänger (in tedesco “il ricevitore del popolo”).] in ogni casa tedesca affinché tutti potessero ascoltare i discorsi di Hitler. La televisione, il cinema e oggi Internet: tutto ciò che è in grado di raggiungere grandi masse della popolazione può essere usato per pilotare le sue emozioni e i suoi desideri.
Non volete che questo vi tocchi? bene, trasferitevi su un’isola deserta senza alcun contatto col mondo esterno, niente PC o TV, radio e l’elettricità per usarli. Forse così sareste al riparo da ogni influenza ma neppure ne potreste produrre voi stessi: condannati all’irrilevanza perpetua più assoluta, il concetto a mio avviso più vicino alla morte.
I media, la scienza, la religione e così via, sono semplicemente strumenti creati dall’uomo esattamente come lo sono un martello, un coltello o un fucile; tutto sta nel come li si usano: un martello serve a tirar su una casa ma può fracassare una testa, un coltello serve a tagliare il pane ma può sgozzare un uomo, un fucile può uccidere una fiera pericolosa e procurarci il cibo per sfamarci ma può anche ammazzare una persona.
Sta a noi decidere come usare questi mezzi o decidere di essere usati: non vorremmo che Facebook o qualche altro Social Network usi i nostri profili per scopi che non vorremmo venissero usati? e allora non divulghiamo certe cose che noi riteniamo private e importanti. Continuiamo pure a postare in giro foto di gattini e di paesaggi bucolici, io mi iscrissi a Facebook nel 2010 per seguire le notizie della NASA e le pagine di scienza in generale, poi da qui mi sono creato la mia piccola comunità di amici di cui sono fiero.
Non consento a Cambridge Analityca, a Putin o ad altri di pilotare le mie scelte perché le mie idee e i miei convincimenti, magari opinabili e pure sbagliati per alcuni, sono fondate sulla mia esperienza e le nozioni sull’argomento che posso raccogliere. Magari anche quelle fonti sono state manipolate, su questo non posso pronunciarmi, ma Internet offre forse per la prima volta nella storia umana la possibilità a chiunque di risalire alla fonte della notizia e di ascoltare più versioni di questa e quindi elucubrare il proprio convincimento.

Ripeto: partecipate pure all’agorà virtuale dei Social Network, ma cum grano salis.

8 marzo: festa della Donna.

Ammirate la foto qui sopra.
A tanti di voi magari non dice niente, anche perché certamente per il comune sistema mediatico è più proficuo mostrare una soubrette o una di quelle che immeritatamente chiamano vip semplicemente perché hanno posato svestite per Playboy o qualche altra stupida testata scandalistica, oppure hanno sposato qualche miliardario. 
Guardando la foto penserete alla classica nerd con gli occhiali, la secchiona dell’ultima fila che posa accanto a una pila alta quanto lei di noiosissimi libri: il classico topo (o dovrei usare la declinazione al femminile visto che è una donna) di biblioteca.
Quei tomi non sono l’antologia russa, quello è il codice dei computer delle missioni Apollo e Skylab; il software che ha portato l’Uomo sulla Luna. Lei è Margaret Hamilton [fullcite literal author=” NASA Office of Logic Design” date=”2010″ title=”About Margaret Hamilton” location=”klabs.org” uri=”klabs.org/home_page/hamilton.htm”], ingegnere capo del team che ha scritto quel codice.

Vera Cooper Rubin al Vassar College negli anni Quaranta. Crediti: Vassar College.

Per me le Very Important Person da ammirare e portare ad esempio per le nuove generazioni sono queste: donne che niente meritano di meno rispetto ai loro più noti colleghi maschi: donne come Vera Rubin, scopritrice della discrepanza tra il movimento angolare previsto delle galassie e quello osservato, oggi spiegato introducendo il concetto della materia oscura, e l’apparente anisotropia nel moto di espansione dell’Universo dovuta alla disomogeneità di distribuzione delle galassie su scala di centinaia di milioni di anni luce (i filamenti di materia nell’Universo che si frappongono a grandi vuoti).
E proprio Vera Cooper Rubin fu anche una paladina dei diritti civili delle donne, un impegno che lei ha portato avanti per tutta la vita e che spesso l’ha portata a scontrarsi col rigido conformismo accademico: se oggi abbiamo donne scienziato lo dobbiamo anche al suo contributo; per questo sarebbe opportuno oggi ricordarla.

Oggi voglio ricordare qui l’essenziale contributo che donne come queste offrono quotidianamente all’intera Umanità.

Le responsabilità umane nel riscaldamento globale e i rischi finanziari ad esso collegati.

Negare che periodi ed epoche passate sian stati ancora più caldi o molto più freddi di oggi è stupido ma rinnegare per questo le attuali gravi responsabilità umane nel processo di riscaldamento del pianeta trovo che sia semplicemente criminale. Ritengo che il Riscaldamento Globale sia un problema reale e che vada discusso — almeno per la sua parte antropogenica — molto più seriamente di quanto politici e governi di tutto il mondo facciano o abbiano fatto finora. I vari accordi internazionali sul tema, come anche il tanto osannato ultimo di Parigi, sono soltanto acqua fresca, specie se paragonato all’accordo di Montreal del 1994 che mise al bando totale i clorofluorocarburi (CFC) responsabili della distruzione del vitale scudo di ozono. Questo confronto mostra che se esistesse una reale volontà politica mondiale, anche il Riscaldamento Antropogenico Globale potrebbe essere risolto.

Il ciclo del carbonio atmosferico in sintesi. La riga di centro indica i principali serbatoi naturali di carbonio. In verde sono descritti i principali processi che sottraggono il carbonio nella forma di CO2 dall’atmosfera. In rosso tutti gli altri, che cioè rilasciano carbonio. Credit: Il Poliedrico

La composizione chimica della nostra atmosfera è nota. La percentuale di anidride carbonica (CO2), ormai circa 407 parti per milione, lo è altrettanto. Essa è continuamente monitorata dal NOAA, che ha una sua stazione di rilevamento globale sul Mauna Loa, nelle Isole Hawaii. Perché quel posto così lontano? Semplice, esso è abbastanza lontano da qualsiasi grande emissione di natura antropica che potrebbe falsare il risultato, anche se poi la media locale e stagionale viene studiata principalmente grazie ai satelliti.
Esiste un modo assai semplice per risalire all’origine del carbonio atmosferico. È un metodo ben conosciuto e accurato, usato di solito per stabilire l’età di un qualsiasi artefatto biologico; si chiama Metodo del Carbonio-14.
In natura esistono elementi chimici che possiedono una massa diversa rispetto ad un altro atomo dello stesso elemento; nel qual caso i due diversi atomi, detti isotopi, hanno lo stesso numero di protoni che determina le caratteristiche dell’atomo in sé, chiamato numero atomico, ma un diverso numero di neutroni che ne determina la massa finale. Nello specifico caso del carbonio, esso ha sempre 6 protoni, ma un numero che può variare da 2 a 8 di neutroni. Questi isotopi sono altamente instabili 1, solo il 12C e il 13C sono stabili. L’altro isotopo, il 14C, è prodotto in natura dai raggi cosmici, il cui flusso è abbastanza costante nel tempo 2.
Chiamato anche radiocarbonio, questo isotopo ha un’emivita di 5715 anni. Esso è assorbito come ogni altro atomo di carbonio nel naturale processo biologico, pertanto non c’è differenza tra la proporzione di radiocarbonio presente naturalmente nell’atmosfera e quella presente in un organismo biologico vivente. Quando però quest’ultimo cessa di vivere, cessa anche ogni scambio gassoso e cessa quindi di assorbire il radiocarbonio dall’atmosfera. La differenza tra la percentuale di 14C presente nell’organismo morto, che sia un tizzone di brace, un osso, oppure un coprolito, permette di risalire a quanto tempo è passato da quando tale organismo era vivo 3.

I numeri in gioco

Ora la storia si fa interessante. Quando bruciamo un legno o brucia una intera foresta, la quantità di radiocarbonio nell’atmosfera rimane pressoché invariata; non è trascorso abbastanza tempo per registrare un decadimento isotopico importante. Tanta CO2 era stata sottratta dall’atmosfera dalle piante e tanta è stata restituita all’atmosfera. Il bilancio totale finale è in pareggio. Non dico che questo sia irrilevante, perché comunque — e questo è l’aspetto più pernicioso del rilascio incontrollato di carbonio nell’atmosfera — un incendio impiega ore, se non minuti, a rilasciare tanto carbonio quanto la natura aveva messo anni e decine di anni a sequestrare dall’atmosfera.
Una fonte importante di anidride carbonica nell’atmosfera proviene dai vulcani, circa 200 milioni di tonnellate per anno (circa 55 milioni di tonnellate di carbonio). Spesso — a sproposito — i negazionisti del Global Warming la citano come l’unica fonte importante di carbonio atmosferico capace di alterare il clima. Peccato che anch’essa sia abbastanza costante nel tempo e continuamente monitorizzata. Nelle emissioni di natura geologica del carbonio il radioisotopo 14C è totalmente assente, esso decade del tutto nel giro di circa 50 mila anni, dati i tempi, geologici, del ciclo [fullcite literal author=”Umberto Genovese” date=”2013″ title=”La caratterizzazione delle Super-Terre: Il ciclo geologico del carbonio” location=”Il Poliedrico” uri=”https://ilpoliedrico.com/2013/12/la-caratterizzazione-delle-super-terre-il-ciclo-geologico-del-carbonio.html”]. L’altra fonte è da cercarsi nella combustione dei combustibili fossili. Anche questa è esclusivamente composta dalla forma stabile del carbonio-12.
Misurando quindi le percentuali isotopiche del carbonio atmosferico è possibile notare come esso provenga per la maggior parte dall’azione antropica. Il risultato è impietoso: ogni anno vengono aggiunti circa 29 miliardi di CO2 all’atmosfera (quasi 8 miliardi di tonnellate di carbonio-12), più di 100 volte di quello prodotto dalla sola azione vulcanica. Questa è la dimostrazione definitiva della responsabilità umana nell’aumento della CO2  atmosferica.

Coralli morti per effetto dell’innalzamento della temperatura e dell’acidità delle acque superficiali a Lizard Island (Australia) sulla Grande Barriera Corallina tra il marzo e il maggio 2016. Prima arriva lo sbiancamento, indice della morte dei minuscoli organismi e poi la fioritura di alghe (a destra) completa l’opera di distruzione. Credit: XL Catlin Seaview Survey

Certo che 29 miliardi messi al confronto coi 700 miliardi di anidride carbonica contenuti naturalmente nell’atmosfera e i circa 750 che partecipano ogni anno al ciclo naturale del carbonio paiono certo ben poca cosa, ma attualmente tutti gli oceani contribuiscono a stoccare appena circa 6 miliardi di CO2 all’anno e il dato in verità è in diminuzione a causa dell’aumento della loro temperatura [cite]10.1038/nature21068[/cite]. La distruzione della Grande Barriera Corallina, l’unica struttura biologica vivente visibile dallo spazio, ne è la prova. Il meccanismo è ovvio: un aumento di temperatura dell’acqua diminuisce allo stesso modo le sue capacità di assorbire la CO2, mentre la comunque maggiore quantità ancora assorbita ne aumenta l’acidità danneggiando irreparabilmente gli organismi più delicati e inibendo ad altri, come i foraminiferi, la capacità di creare strutture di carbonato di calcio, come per esempio i loro gusci, che catturano in modo definitivo una parte importante del carbonio assorbito dagli oceani.
Sulla terraferma il discorso generale non è poi così diverso. È vero, ogni anno circa 11 miliardi di anidride carbonica sono sequestrate dall’atmosfera dalle piante, ma il disboscamento industriale e l’agricoltura intensiva riducono significativamente questa capacità. Inoltre, una temperatura mediamente più alta comporta un aumento del rilascio del carbonio ancora intrappolato nel suolo, principalmente per effetto della decomposizione dei resti organici e per il dilavamento del suolo dalla pioggia resa più acida dall’aumento della CO2 atmosferica.
Il risultato è che almeno il 40%, circa 12 miliardi di tonnellate all’anno, delle 29 prodotte dall’uomo, sono continuamente riversate nell’atmosfera, contribuendo a ridurre le capacità del pianeta di continuare ad assorbirle.
Non sono bruscolini, anche se per alcuni sembrano esserlo. Gli oceani non possono oltre un certo grado assorbire più anidride carbonica dall’atmosfera senza creare danni ambientali gravissimi e l’anossia delle acque più superficiali. È vero, potrebbe aumentare momentaneamente la quantità di alghe verdi-azzurre che potrebbero, ancora momentaneamente, assorbire una parte del carbonio atmosferico,  ma questo andrebbe a discapito di tutta la catena alimentare ittica e umana. In più, Ogni incremento della temperatura degli oceani limita la capacità di questi di sequestrare altra anidride carbonica dall’aria.
In effetti il timore, anche espresso da Stephen Hawking [fullcite literal author=”” date=”2017″ title=”Stephen Hawking at 75: Trump and climate change” location=”BBC News” uri=”http://www.bbc.com/news/av/science-environment-40473841/stephen-hawking-at-75-trump-and-climate-change”] con molta enfasi — lui se lo può permettere, di un effetto domino con conseguenze incontrollabili non è poi così remoto.

Se trascurato, il Global Warming potrebbe essere un disastro economico

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Checché ne dicano i negazionisti — e sono molti di più di quanto si creda — il rapido riscaldamento del pianeta pone due serie minacce legate al sistema finanziario. La prima è legata al  costo dei danni fisici inflitti dal Riscaldamento Globale, un prezzo già alto e che comunque tende ad aumentare coi sempre più frequenti parossismi meteorologici. 

Per esempio, la celebre compagnia assicurativa, i Lloyd di Londra, ha prodotto uno studio che prova a stimare il maggior costo dei premi assicurativi in risposta alle perdite legate al cambiamento climatico, come lo fu in seguito all’uragano Sandy [fullcite date=”2017″ title=”Catastrophe Modelling and Climate Change” location=”Lloyds” uri=”https://www.lloyds.com/news-and-insight/risk-insight/library/natural-environment/catastrophe-modelling-and-climate-change”]. Un aumento della frequenza e dei costi dei risarcimenti per i danni legati al mutamento climatico, come per le inondazioni, siccità straordinarie e altri fenomeni meteorologici estremi sta già causando miliardi di dollari di perdite per le economie delle nazioni colpite.
Ma non solo, provate a immaginare quanti turisti si recavano a visitare la Grande Barriera Corallina prima del disastro ecologico e la vastità dell’intera filiera economica locale che essa alimentava. Provate a immaginare se tutti i ghiacciai alpini diventassero un ricordo, quale danno sarebbe per le comunità montane che adesso vivono di turismo. E lo stesso discorso varrebbe per le Isole Maldive, gli splendidi atolli polinesiani oppure le nostre meravigliose città costiere, Venezia, Napoli o Genova che rischiano di cedere al mare parte del loro territorio a causa dell’innalzamento delle acque.
I costi assicurativi potrebbero salire così tanto che soltanto poche compagnie potrebbero decidere di coprirle aumentando di molto il costo dei premi mentre altre potrebbero fallire per pagare i risarcimenti dovuti. Intanto le proprietà non assicurate o inassicurabili vedrebbero crollare il loro valore espellendole dal mercato mentre gli investimenti nelle aree a rischio crollerebbero. Lo scenario economico che potrebbe profilarsi col Riscaldamento Globale incontrollato è spaventoso.

Il cambiamento Climatico è uno dei cambiamenti più importanti che [oggi] la società sta affrontando. la […] è una multinazionale che si sta impegnando attivamente nel cercare soluzioni rivolte alla mitigazione e l’adattamento verso il Cambiamento Climatico. Riteniamo che una migliore divulgazione delle informazioni sui rischi e sulle opportunità legate al clima sia di stimolo per i nostri sforzi verso un mondo sostenibile.

La seconda minaccia, più subdola, è rappresentata dagli ancora pesanti investimenti sui combustibili fossili e le tecnologie ad essi collegate. Sulla carta si tratta di investimenti di migliaia di miliardi di dollari, ma essi in fondo dipendono esclusivamente dalla fiducia degli investitori. Ma se questa fiducia dovesse venire meno, la bolla dei subprime del 2007 sembrerà lo scoppio di una miccetta paragonato a una atomica.
Già oggi alcune compagnie finanziarie e le banche nazionali [fullcite date=”2017″ title=”Climate change and commercial real estate: How resilient is your portfolio?” location=”Institutional Real Estate, Inc.” uri=”https://irei.com/publications/article/climate-change-commercial-real-estate-resilient-portfolio/”][fullcite date=”2017″ title=”Climate change, green finance and financial stability” location=”Bank of England” uri=”http://www.bankofengland.co.uk/pages/climatechange.aspx”] si stanno chiedendo se il loro portafoglio sia in grado di sopportare i rischi derivati dal cambiamento climatico e se sia possibile mantenere una certa stabilità finanziaria nel più fosco degli scenari possibili.
Allo scopo di studiare e prevenire le vulnerabilità finanziarie legate al mutamento climatico, nel 2015 il Financial Stability Board diede il via alla Task Force on Climate-related Financial Disclosures. Questa iniziativa ha trovato l’appoggio di grandi banche d’affari come Morgan Stanley e Barclays e di grandi multinazionali come la PepsiCo (quella della Pepsi Cola e della Seven Up) che muovono cifre di migliaia di miliardi di dollari all’anno.

Le grandi contraddizioni della finanza

Anche se apparentemente i rischi legati al mutamento climatico attirano l’attenzione del mondo finanziario globale, sono ancora molte le banche d’affari che sostengono i progetti più estremi di estrazione dei combustibili fossili (carbone, olio da sabbie bituminose e trivellazioni nell’Artico) per una cifra di circa 100 miliardi di dollari all’anno [fullcite date=”2017″ title=”YOUR BANK IS FUNDING EXTREME FOSSIL FUELS.” location=”Rainforest Action Network” uri=”https://www.ran.org/banking_on_climate_change”].
In fondo il loro mestiere è quello di finanziare i progetti più appetibili in termini di ritorno finanziario e le compagnie petrolifere finora sono ancora quelle che propongono un ritorno quasi sicuro per i prossimi 50 anni.
Ma se questo dovesse cambiare per una mutata volontà politica globale, magari in seguito a un serio incidente ecologico o un grosso scandalo, sarebbe un dramma sia per le compagnie petrolifere che per le banche d’affari che vi hanno investito su. Per questo sia, ovviamente, le compagnie petrolifere che buona parte della finanza globale mirano a mantenere lo status quo.
Mentre la finanza globale sta cercando di trovare il modo di staccarsi da questo intreccio perverso, le compagnie petrolifere cercano in ogni modo di nascondere le loro esposizioni nel timore che si scateni quel panico finanziario che potrebbe annientarle.
Intanto la Shell ha dovuto rinunciare alle trivellazioni artiche e su altri progetti che prevedevano lo sfruttamento di giacimenti bituminosi, mentre la Cina sta mostrando chiari segnali di ripensamento della sua politica energetica  basata sul carbone [fullcite date=”2017″ title=”China suspends 104 planned coal power plants” location=”Energyu Desk Greenpeace” uri=”http://energydesk.greenpeace.org/2017/01/16/china-coal-power-overcapacity-crackdown/”].

Conclusioni

Potrei parlare per intere ore sui tanti aspetti, rischi e prospettive legate al Global Warming. Ripeto che è da stupidi negare le naturali ciclicità — ancora non ben comprese — del clima terrestre, ma lo è altrettanto il negare le gravi responsabilità umane nell’andamento attuale. E se è su questo che abbiamo colpa, allora abbiamo anche il dovere di intervenire. Anche se fosse solo per il più semplice Principio di Precauzione. 
Segnali importanti li abbiamo avuti, curiosamente, dalla crisi economica del 2007. Negli anni immediatamente successivi si è registrato un minore apporto di carbonio nell’atmosfera, per poi riprendere quando quella crisi si è risolta.
Lo sviluppo sempre più importante di fonti energetiche rinnovabili, anche se esse sono ancora un goccia nell’oceano, inizia timidamente a farsi sentire. I prezzi dell’energia da loro prodotta sta spingendo verso il basso anche quella generata dalle fonti tradizionali, buttando fuori mercato le centrali più obsolete ed inquinanti e obbligando al ripensamento dell’intera filiera energetica.
Compagnie automobilistiche come la Volvo stanno studiando come trasferire la loro industria automobilistica verso la trazione elettrica entro 20-30 anni. L’Audi già dal prossimo anno ha deciso di partecipare attivamente nel Campionato Mondiale di Formula E, il campionato riservato alle auto da corsa elettriche. In Formula 1 sono ormai anni che vengono studiati e impiegati i KERS, sistemi di recupero dell’energia cinetica. Queste tecnologie sono impiegate oggi anche nelle normali auto ibride per il recupero dell’energia in frenata che altrimenti andrebbe persa in calore.
Sono piccoli segnali è vero, ma importanti. Anche se piccole e ottuse menti ricordano che ancora per i prossimi anni dovremmo ricorrere ai combustibili fossili per generare l’elettricità necessaria al funzionamento dei nuovi veicoli elettrici, essi non comprendono che è più semplice, immediato e sicuro sequestrare la CO2  [fullcite literal author=”Alok Jha” date=”2008″ title=”Explainer: How carbon is captured and stored.” location=”The Guardian” uri=”https://www.theguardian.com/environment/2008/sep/05/carboncapturestorage.carbonemissions1″] da poche unità centralizzate piuttosto che da una miriade di veicoli sparsi in ogni dove, e che questi sarebbero indipendenti dai metodi usati per produrre la loro energia. Energia che potrebbe provenire anche dalle fonti alternative ai combustibili fossili più disparate, riducendo al contempo una importante fonte di inquinamento ambientale vagante.
Città più pulite, meno rumore, meno malattie indotte dall’inquinamento e dalle polveri sottili: questi sarebbero già notevoli risultati collaterali che potremmo già presto raggiungere durante la lotta alla componente antropica del cambiamento climatico.
Alcune case automobilistiche stanno guardando a questo come una grande opportunità, alcune banche di affari e grandi assicurazioni stanno studiando il fenomeno e ne iniziano a comprendere la gravità. Ora resta da convincere i governi, le istituzioni politiche e quelle sindacali, ancora troppo timide e legate al consenso transitorio e le irrazionali paure sociali.

  1. Il 8C, 9C, 10C, 11C sono prodotti artificialmente e hanno un’emivita di pochi secondi.
  2.  Il flusso dei raggi cosmici che investono la Terra è più o meno costante nel tempo. Quando un atomo dell’atmosfera superiore  viene colpito da un raggio cosmico abbastanza energetico può scindersi espellendo neutroni. Questi poi collidono con gli atomi più comuni presenti nella nostra atmosfera, quelli di azoto. L’atomo di azoto così espelle un protone trasformandosi in carbonio con due neutroni in più: la forma instabile e radioattiva del carbonio-14.
  3. I test nucleari nell’atmosfera. hanno prodotto un eccesso di radiocarbonio di cui si deve tener conto nel calcolo finale.

La Notte Europea dei Ricercatori 2016

This European Researchers’ Night project is funded by the European Commission under the Marie Skłodowska-Curie actions

This European Researchers’ Night project is funded by the European Commission under the Marie Skłodowska-Curie actions

L’altro giorno Marcel Fratzscher, docente di macroeconomia all’Università di Humboldt di Berlino e presidente dell’importante istituto di ricerca tedesco Diw Berlin, suggeriva a margine del Forum The European House tenutosi a Cernobbio una via per rilanciare l’Europa in vista delle sfide dei prossimi decenni. <<Credo che la necessità sia ancora quella di riconoscere che la crescente disuguaglianza sociale non sia solo una sfida politica, ma anche una sfida economica che deve essere indirizzata attraverso migliori istituzioni, migliore educazione, accesso all’educazione; queste devono essere le chiavi importanti per l’Europa.>>
Difficile dar torto ad un simile pensiero: l’accesso a una migliore educazione è senz’altro il modo migliore e più efficace per avviare una reale redistribuzione della ricchezza nella società. Una migliore educazione non deve per forza limitarsi alla semplice scolastica. Servono programmi di ben più ampio respiro che comprendono l’educazione civica, il rispetto verso le altre culture e per gli altri, la divulgazione mediale e così via.
Si sente spesso – e a sproposito, secondo me – parlare di europeismo e di anti-europeismo. Lasciammo perdere per un attimo le logiche delle tifoserie partitiche e ricordiamoci per un attimo le tante entità politiche che dividevano il continente europeo fino alla II Guerra Mondiale: tanti Stati in guerra tra loro dai tempi della fine della Pax Romana. Quasi 2000 anni di guerre fratricide, di eterne lotte che variavano continuamente fronte, nome e improbabili alleanze ma sempre con lo stesso denominatore comune: la guerra. Alla fine fu chiaro che non  ci sarebbe mai stato un  vincitore mentre ogni singolo stato poteva aspirare a dominare gli altri con la forza come le dittature nazifasciste avevano dimostrato. Questo fu il motivo che spinse a concepire l’Unione Europea. Una unione democratica di Popoli e non di Stati, dove le risorse economiche e umane sarebbero state dedicate al benessere di tutti i sui cittadini e non alle guerre intestine. Per questo preferisco sentirmi Cittadino Europeo ancora prima che Italiano.
La Notte Europea dei Ricercatori è solo una piccolissima parte di questo lunghissimo percorso. 2000 anni di guerra hanno creato una diffidenza atavica tra le diverse culture europee che spesso non sono sono limitate neppure dai confini geografici delle nazioni. Per superare questa diffidenza occorrerà ben più che 70 anni di storia. Ma questo è già un piccolo e importante passo, una minuscola ma non insignificante tessera del mosaico europeo che dobbiamo faticosamente costruire giorno dopo giorno superando le barriere culturali e nazionali che ancora dividono i Popoli di questo continente.
Il contributo di Frascati Scienza al grande disegno europeo non è indifferente; sono anni che si cimenta nella preziosa opera di organizzazione delle manifestazioni scientifiche nazionali ed europee coinvolgendo in questo le varie entità di ricerca scientifica e università italiane , come dimostrano la prossima Settimana della Scienza (24 – 30 Settembre 2016) e la  Notte Europea dei Ricercatori 2016 (30 Settembre 2016).

È possibile scovare i diversi programmi e le manifestazioni più vicine seguendo questo link messo a disposizione dalla Commissione Europea, dove vengono indicati tutti gli eventi si svolgeranno simultaneamente il prossimo 30 Settembre in più di 250 città in Europa e nei Paesi limitrofi (Ucraina e Turchia, ad esempio), intitolati alla memoria delle opere di Maria Slodowska-Curie.

Gocce nel mare? Forse lo sono ma come dicevano i nostri antenati latini gutta cavat lapidem, ossia la goccia perfora la pietra. E a ben guardare, l’ostilità che più o meno artificiosamente è indotta da coloro che vedono come ostacolo l’Europa Unita è un macigno che deve essere sgretolato per il bene di tutti i Popoli Europei.

Made In Science: la settimana della scienza 2016

manifesto WEBCome è ormai consuetudine da diversi anni ormai, anche quest’anno si rinnova l’appuntamento, dal 24 al 30 settembre, con la settimana dedicata alla scienza e la ricerca europea Settimana della Scienza 2016, che culminerà come sempre con la Notte Europea dei Ricercatori – finanziata dall’Unione Europea  – il 30 settembre prossimo. 
Il titolo del tema scelto per quest’anno e per la successiva edizione del 2017, entrambe curate da Frascati Scienza, è Made In Science.
Ritengo che l’uso dell’inglese nella Terra di Dante spesso sia abusato e fuori luogo, ma in questo caso convengo col suo uso. Esso è il linguaggio universale che consente a tutti i ricercatori europei – e non – di comunicare al di là delle naturali barriere linguistiche. Usare una lingua comune risalta lo spirito europeo della settimana dedicata alla scienza.

Made in Science

Made in … è una espressione che comunemente troviamo nelle etichette di quasi tutti i prodotti con cui veniamo in contatto; indica semplicemente dove quel particolare articolo è stato prodotto o costruito. Ma significa anche altro: realizzato, concepito, etc. Science non ha bisogno di essere tradotto, significa scienza.
Purtroppo – e lo vediamo proprio in queste ore poco dopo il tragico terremoto che ha colpito ancora una volta il Centro Italia – sono tanti i casi di attacchi alla scienza legati alla sua incapacità di predire l’imprevedibile, come se questo sarebbe potuto bastare a scongiurare le perdite umane. Eppure la scienza e la sua ricerca possono fare molto nel campo della prevenzione, che è molto diverso dalla preveggenza, dal rischio sismico; quello che spesso manca in questo caso così attuale è la volontà di seguire le indicazioni che da sempre offre la scienza.
Lo stesso vale nella medicina, dove molto spesso ciarlatani e finti guaritori guadagnano gli onori di cronaca conducendo battaglie contro la medicina ufficiale (antivaccinisti, dietologi improvvisati e sciamani) finché come purtroppo sempre accade il conto è poi amaro.
Però, e questo va sempre sottolineato, la scienza da sola non basta. Occorre che tutte le sue scoperte e innovazioni siano conosciute e condivise; in altre parole, comunicate e fatte conoscere. Non basta la buona volontà dei singoli divulgatori o di poche -sempre troppo poche – testate editoriali che spesso pochi o nessuno legge, serve che la divulgazione scientifica non si fermi mai.
Quindi ben vengano iniziative come La Settimana della Scienza e il suo importante epilogo Notte Europea dei Ricercatori, curata per la parte italiana da Frascati Scienza insieme ai più importanti enti di ricerca nazionali (ASI, CNR, ENEA, ESA-ESRIN, INAF, INFN, INGV, ISS, CINECA, GARR, ISPRA, CREA, Sardegna Ricerche). Ben vengano le iniziative scolastiche, i seminari aperti al pubblico dei sempre più numerosi atenei italiani che parteciperanno a questo evento, consci però che tutto questo appena scalfisce il triste muro di gomma che i più vari ciarlatani cercano di frapporre continuamente tra la scienza e il pubblico. Esse non saranno mai abbastanza; le più diverse attività scientifiche e di ricerca non cesseranno dopo questi spettacolari eventi ma andranno avanti per promuovere e garantire negli umani limiti la sicurezza e il benessere di tutto il genere umano, occorre però anche un sano spirito critico e di apertura da parte del pubblico ogni volta che si parla di scienza.

E qui si torna al significato più profondo del titolo scelto come tema comune della settimana: Made in Science potremmo tradurlo in Realizzato nella Scienza o Concepito Scientificamente. Una garanzia che tutto quello che vi è presentato sotto questo marchio non è una stupidaggine.

Le (buone) ragioni del partito del NO

Sono stato indeciso fino all’ultimo se scrivere questo post o meno; e passato molto tempo da quando parlavo di politica su queste pagine. Ma adesso credo che il momento sia maturo per affrontare l’importante argomento politico del Partito del NO a tutto; un partito abbastanza trasversale (da destra a sinistra, dagli accademici più premiati ai più fessi che si possono incontrare un po’ in ogni dove).
Purtroppo la corruzione endemica di questo paese ha impedito che in più di cinquant’anni non si completassero 500 chilometri di autostrada, dove i piloni stradali crollano per l’inconsistenza dei materiali usati eppure pagati 10 volte tanto quanto ne costerebbe uno buono. Fareste costruire una centrale nucleare, una piattaforma estrattiva o una semplice galleria (guardate in proposito il valico tra Toscana ed Emilia …) a costoro?
A volte dire no in questo paese anche se forse non sembra la scelta più logica da fare, inevitabilmente si rivela col senno del poi quella più giusta.
Aggiornamento: lo studio sui costi della linea ad alta velocità Torino -Lione della Corte dei Conti francese del 2012 non è più disponibile sul sito originale ma ne esiste una copia su web.archive.org.

images (1)Un detto abbastanza comune nel mondo anglosassone “Not in my back yard!” almeno in Italia pare riscuotere molto successo. Il perché di questo è presto detto: negli ultimi anni molti comitati cittadini si sono costituiti per dire NO a tante opere e infrastrutture volute spesso imposte come necessarie ed emergenziali da un certo modo, spesso sordo e non lungimirante, di fare politica.
Ma se fino agli anni ’90 del XX secolo la notizia dell’esistenza di molti di questi comitati cittadini spesso non varcava neppure i confini della propria provincia, con l’avvento della comunicazione democratica di Internet, la notorietà di questi comitati è – giustamente – esplosa. Si possono condividere o meno le ragioni di questi comitati, ma è giusto e anche democratico scoprirne l’esistenza e conoscere i motivi della loro battaglia.
Qualche volta il valore di queste battaglie è stato usato  anche a sproposito o per fini di visibilità, onorificenze e carriere politiche, ad esempio.

NO-NUKE

Prendiamo ad esempio i due referendum sull’uso dello sfruttamento a scopo civile dell’energia nucleare. Il primo, del maggio 1986, sull’onda emotiva del disastro di Chernobyl gli italiani scelsero di abbandonare quel settore, nonostante che fosse ben evidente che la centrale nucleare sovietica era ben più pericolosa di una italiana: diversi i sistemi di raffreddamento del nocciolo combustibile e gli scopi per cui era stata creata. Uno di quei promotori di quel NO al nucleare vent’anni dopo, due legislature politiche e incarichi altrettanto prestigiosi, decise che era giunto il momento per l’Italia di riconsiderare le proprie scelte energetiche e, da buon lobbista, questa volta si schierò per il ritorno del nucleare in Italia.
Si dice che è prerogativa unica degli stolti quella di non cambiare mai idea, e infatti, non mi vergogno affatto a dirlo, nel 1986 infatti votai per l’uso civile dell’energia nucleare in Italia perché non esistevano ancora alternative economicamente più vantaggiose all’uso dei combustibili fossili.
Quello che negli anni mi ha spinto a riconsiderare la mia posizione  non è legata al mio percorso scientifico, politico e formativo, quanto piuttosto alle mutate condizioni socio-economiche del nostro Belpaese.
In primis le condizioni economiche e la tecnologia per lo sfruttamento delle tecnologie rinnovabili hanno reso virtualmente improponibile una riproposizione dell’energia nucleare in questo paese. Un centrale elettronucleare ha una vita tutto sommato breve a fronte dei suoi ingenti costi di realizzazione e gestione. Adesso non siamo nella situazione molto più rosea per i conti pubblici degli anni ’90. Con un debito pubblico così alto gli incentivi economici necessari al recupero della somma investita sarebbero improponibili, scaricando così i costi su tutta la collettività, mentre invece un investimento serio su un piano di rientro energetico a lungo termine basato sulle fonti rinnovabili sarebbe molto più economico, al di là delle solite bischerate raccontate sui costi indotti di queste.
Poi c’è l’aspetto secondo me ben più importante, anche se sembra di parte: la corruzione che parte dal piccolo “Lei non sa chi sono io!” fino ai vertici politici di questo Paese che non ha abbastanza memoria per ricordare i suoi macroscopici errori, come ad esempio – e perdonatemi se parto da lontano – gli infiniti errori nella pianificazione e nella costruzione della diga del Vajont, ma anche dei piloni dei cavalcavia che crollano prima – per fortuna – dell’inaugurazione delle strade, dei controsoffitti in materiale scadente di molti edifici scolastici, delle case della New Town del dopo terremoto dell’Aquila. Fareste costruire una centrale nucleare a chi lucra sulla bontà dei materiali una centrale elettronucleare anche se questa sulla carta fosse la più sicura del mondo? Io credo proprio di no, e principalmente per questi due motivi nel 2011 mi sono apertamente schierato per dire NO al ritorno del nucleare in Italia.
Ma se il mio NO al nucleare non vi sembra supportato da buoni motivi, esiste anche il mio NO alla linea ad alta velocità in Val di Susa.

NO-TAV

 Ulteriori dettagli Rapporto Alpinfo 2010 - Andamento 1980-2010 dei traffici ferroviari e stradali attraverso le Alpi. Credit Wikipedia

Rapporto Alpinfo 2010 – Andamento 1980-2010 dei traffici ferroviari e stradali attraverso le Alpi.
Credit Wikipedia

Il progetto della ferrovia Torino-Lione nasce in un contesto di viabilità europea sviluppato tra gli anni ’90 e il 2000. Il mastodontico progetto da 23 miliardi di euro nacque in un quadro economico precedente alla crisi economica del 2008 e dal quale l’Italia, ben lungi dai canti di sirena dei vari governi che si sono succeduti nel frattempo,  non è mai risorta. Qui valgono le stesse motivazioni economiche del quadro precedente e dico che essa è troppo costosa per potercela permettere. Inoltre proprio li vicino esiste già un’altro tracciato ferroviario molto simile: quello del Frejus. Questo tracciato, che già collega la Francia con l’Italia nacque nel XIX secolo ma durante tutto il ‘900 e il decennio appena trascorso è stato più volte aggiornato agli standard dell’epoca. L’ultima opera di ammodernamento risale al periodo 2003-2011 per un costo complessivo ufficiale di 108 milioni di euro (alcune voci parlano che in  realtà il costo finale sia stato intorno ai 400 e non stento a crederlo) ma che per colpa dei francesi che volevano risparmiare dalla loro parte l’opera in realtà è riuscita zoppa, facendo così di conseguenza lievitare i costi di manutenzione della tratta [cite]http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=11149[/cite].
Nel frattempo l’ipotesi che rendeva apparentemente spendibile il tratto Torino-Lione, lo scambio merci principalmente tra i due paesi in un più vasto quadro di collegamenti europei, veniva meno quando già diversi rapporti internazionali indicavano in realtà un prepotente calo nel transito delle stesse. Come se questo non bastasse, anche la stessa Corte dei Conti francese dichiarava nel 2012 che il costo di questa nuova infrastruttura era ben più alto rispetto ai benefici raggiunti [gview file=”https://ilpoliedrico.com/wp-content/uploads/2016/03/rapport_situation_perspectives_finances_publiques_2012.pdf”]
Poi dal punto di vista ambientale ci sono i rischi ambientali legati alla natura metamorfica delle rocce in quel tratto. Uno studio del 2003 del Centro di Geotecnologie dell’Università di Siena [cite]http://www.spintadalbass.org/images/sienaamianto.pdf[/cite] ha evidenziato la presenza di minerali di amianto, che ricordo essere estremamente tossico per gli esseri umani, che andrebbero smaltiti in modo poi adeguato per non esporre tutte le comunità montane limitrofe alle polveri del minerale, con conseguente innalzamento spropositato dei costi delle operazioni di scavo 1.

LTF (Lyon Turin Ferroviarie) ha stimato che i due tunnel principali (il tunnel di base e il tunnel di Bussoleno), le discenderie, ecc. riceveranno un flusso cumulativo di acque sotterranee compreso tra 1951 e 3973 L/s nel caso stabilizzato. Ciò equivale a una portata compresa fra i 60 e i 125 Milioni di m3 /anno, comparabile alla fornitura d’acqua necessaria a una città di circa 1 milione di abitanti. Il drenaggio delle acque sotterranee è tutt’altro che trascurabile comparativamente al ricarico totale delle acque sotterranee nelle zone situate lungo il tunnel. (Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione-Torino,   Client : European Commission – DG-TREN [cite]http://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf[/cite])

Altri sudi scientifici (anche dello stesso consorzio committente, la Lyon Turin Ferroviarie, presentato alla Commissione Europea) indicano che l’impatto ambientale sul sistema idreogeologico non sono poi così piccoli come spesso si vuole far credere da chi vuole quest’opera. È inutile girarci intorno, i motivi per dire NO a questa costosissima e inutile opera pubblica internazionale sono tanti, mentre a favore cantano solo coloro che vogliono realizzarla costi quel che costi, anche a scapito di tutti i pareri e degli studi scientifici e qualificati, che ne dimostrano la totale inutilità. Forse anche per questo il governo italiano (Monti) nel 2012 cessa di considerare prioritario il traffico merci per una versione a più basso costo della tratta internazionale, ma i costi comunque sarebbero ancora troppo alti rispetto ai dubbi vantaggi che può portare, soprattutto considerando l’investimento – a paragone molto più contenuto – dell’ammodernamento del Frejus che i tirchi francesi hanno cannato.
Ma se anche qui i motivi economici non bastano (chissà perché quando si tratta di far risparmiare denaro della collettività questi motivi non vengono mai ascoltati), ecco che spuntano inchieste della magistratura italiana che dimostrano che “… negli ultimi trent’anni l’Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata…” [cite]http://www.repubblica.it/cronaca/2012/03/06/news/tav_saviano-31013967/[/cite] [cite]http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/25/tav-aderenze-politiche-di-imprenditore-coinvolto-in-processo-per-mafia-per-lui-interventi-del-senatore-esposito/2067985/[/cite] [cite]http://video.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/de-magistris-la-tav-imbroglio-serve-far-fare-quattrini-mafia/bf9acb26-87b3-11e5-b16f-562f60a54edb[/cite] dimostrando ancora una volta di più la mia seconda convinzione sul NO convinto al nucleare si applica esattamente anche a questo caso. Garda a volte le coincidenze!

NO-TRIV

Il caso sul prossimo referendum del 17 aprile p.v. è un vero guazzabuglio giuridico che spesso confonde gli elettori. Non entro nel merito di discutere le motivazioni storiche che hanno portato 10 regioni (in seguito 9 perché l’Abruzzo, fino ad allora in prima fila per la battaglia referendaria poi improvvisamente si è ritirato) a chiedere il referendum nazionale perché riguardano anche lo spirito politico personale di ognuno di voi e di me e io non voglio influenzare nessuno facendo una sterile campagna politica.
Nonostante vi siano molti siti internet che spiegano le ragioni del dire SI e del NO, una valutazione scientifica ed economica sono necessarie per decidere cosa scegliere di votare.
Questo è il testo del quesito referendario:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

Ora andarsi a leggere tutto il decreto e le sue successive modifiche è una fatica immane che mi sento di risparmiarvi, dico solo che il bizantinismo delle leggi italiane è qualcosa di unico fatto apposta perché le persone normali non possano interpretarlo, un po’ come la supercazzola del Conte Mascetti nell’ottimo film “Amici miei“; uguale.

Questo è il quadro normativo che uscirebbe in caso di vittoria del SI 2, in neretto barrato le parti che verrebbero cancellate:

«17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione , rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell’inquinamento marino.»

Credit: il Sole 24 Ore

Credit: il Sole 24 Ore

Questo significa che ai pozzi estrattivi entro le 12 miglia marine, principalmente il giacimento di Guendalina (Eni) nel Medio Adriatico, il giacimento Rospo (Edison) davanti all’Abruzzo e il giacimento Vega (Edison) al largo di Ragusa, debbano cessare le estrazioni al termine della durata di concessione. Sul Sole 24 Ore del 22 febbraio scorso si suggerisce che gli altri sono troppo vecchi e quasi completamente esauriti per essere interessanti o non rientrano nello spettro delle dodici miglia dalla costa: oppure no?
Ora possiamo leggere dal suddetto articolo di legge (quello toccato dal referendum) che ogni attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione 3 di idrocarburi non siano comunque consentite entro le 12 miglia marine, ma prevede anche però per le concessioni già esistenti la prosecuzione delle suddette attività per tutta la loro durata temporale. La vecchia disciplina italiana (normata dalla legge n. 9 del 1991 e n. 152 del 2006) prevedeva concessioni della durata trentennale, prorogabili per tre volte: la prima proroga sarebbe stata di dieci anni le altre due di cinque. Scaduti i 50 anni complessivi, le aziende avevano la possibilità di proseguire le trivellazioni, previa richiesta, fino all’esaurimento del giacimento senza però svolgere altre ricerche. Con la modifica imposta nella Legge di Stabilità del 2015 si è voluto estendere tutta la durata delle concessioni fino all’esaurimento dei giacimenti ma, siccome il diavolo è spesso nei dettagli, questo garantisce anche la possibilità di fare nuove ricerche, prospezioni e estrarre da nuovi pozzi accanto a quelli già esauriti con la stessa concessione!
Di fatto la situazione legislativa attuale tornerebbe ad ad essere quella prevista dalle leggi del 1991 e 2006; basta. Torneranno a non essere possibili nuove ricerche, prospezioni ed estrazioni entro le dodici miglia marine per coloro che attualmente detengono una concessione entro questo limite da sfruttare, che invece in caso di vittoria del fronte del NO o di non raggiungimento del quorum sarebbero trasformate de facto in concessioni a tempo quasi indeterminato col diritto di ricerca e sfruttamento in perpetuo.

Un’argomento che ricorre spesso – a sproposito secondo me – al fronte del NO è che così in caso di vittoria del SI l’Italia rinuncerebbe a 126 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio accertate a fronte di 58 milioni di tonnellate equivalenti di consumo complessivo. Questo equivarrebbe al fabbisogno energetico di appena due anni (25 mesi appena!). Attualmente però solo il 7% del fabbisogno energetico italiano di origine fossile viene estratto nel territorio italiano. Solo appena qualche mese fa (12 dicembre 2015) e solo pochi giorni prima della pessima trovata nella Legge di Stabilità (28 dicembre) il governo italiano aveva firmato l’Accordo Internazionale sul Clima (Conferenza di Parigi) COP 21; in più, accordi interni all’Unione Europea (Accordo Europeo 2020) impegnano il nostro Paese a ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990, a raggiungere entro tale scadenza il 20% (almeno) del fabbisogno energetico nazionale da fonti rinnovabili (e non coi trucchetti delle equiparate del CIP 6 che consentono di bruciare le peggio schifezze dei residuati petroliferi e la spazzatura!) e un aumento sempre del 20% almeno dell’efficienza energetica. Invece con la vittoria del NO o con il mancato raggiungimento del quorum si sta perseguendo una strada pericolosa e in netta controtendenza con le raccomandazioni e gli impegni presi dall’Italia in sede internazionale.
Molte altre sciocchezze poi sono state dette dal fronte del NO che non sto a ricordarle e ribatterle tutte; già ora ho scritto tantissimo e ho molte altre cose da dire (o sassolini da togliermi dalla scarpa).

Il bastian contrario

La strategia europea 2020 prevede che entro il 2020 si aumenti almeno del 20% l'efficienza energetica rispetto al 1990. Da come è illluminata la Penisola Italiana vista di notte dallo spazio direi che in realtà c'è ancora molto da lavorare sul fronte dell'effficientamento.

La strategia europea 2020 prevede che entro il 2020 si aumenti almeno del 20% l’efficienza energetica rispetto al 1990. Da come è illuminata la Penisola Italiana vista di notte dallo spazio direi che in realtà c’è ancora molto da lavorare sul fronte dell’efficientamento.

Nei giorni scorsi il direttore di una nota rivista scientifica accomunava i NO a tutto, NO-NUKE, NO-TRIV (i SI al prossimo referendum), NO-EOLICO, NO-OGM e così  via agli antivaccinisti, agli anti pesticidi e così via cantando, salvo poi giustificare poche ore dopo il suo strambo ragionamento affermando che “non esiste un pasto gratis“. È vero non esistono pasti gratis, soprattutto quando dovremmo cercare di preservare senza stravolgere inquinare e distruggere quello che abbiamo e che dovremmo preservare per le generazioni future.
Io trovo che sia demenziale distruggere un bosco, un campo o un prato per piazzarci supra centinaia di metri quadrati di pannelli solari, quando gli stessi potrebbero essere integrati ben più produttivamente sui tetti delle case e dei fabbricati industriali e rivedere in concreto il paradigma della produzione centralizzata di energia.
Trovo demenziale devastare i fianchi delle montagne per le centrali geotermiche (vedi il caso Amiata) a grande entalpia quando sarebbe ben più produttivo, ecologico e sicuro (anche come impatto ambientale e paesaggistico) costruire le nuove strutture, e adattare quelle più vecchie, allo sfruttamento del geotermico a bassa entalpia che si può usare anche in zone non geotermicamente sensibili (a Follonica (GR) esiste dal 2011 un quartiere dove le abitazioni sono virtualmente a costo zero per l’energia consumata).
Trovo addirittura idiota rendere l’intera penisola uno spazioporto per gli  assai improbabili alieni con tutta quella luce improduttiva rivolta contro il cielo; da astrofilo e uomo di scienza la trovo un insulto all’intelligenza e da italiano come un furto alle mie tasche.
Invece di volere sventrare montagne come in Val di Susa, di voler costruire improbabili centrali elettronucleari che richiedono molta acqua per funzionare (le facciamo sul PO, l’Arno o il Tevere?) e la cui produzione di energia non è né semplice – tutte le riserve mondiali di uranio e torio coprono appena un arco temporale di 50-100 anni e sono tutte in mano straniera –  e né facile da modulare (quella notturna i cari cugini d’oltralpe sono costretti a svenderla quasi sottocosto, altro che pasto gratis!), distruggere la fauna ittica (e così anche la nostra industria ittica e tutto il suo indotto di centinaia di migliaia di famiglie 4 ) entro le nostre 12 miglia per qualche bicchiere di maleodorante bitume o una sniffata di metano (come gas serra il metano è ben più pericoloso – 23 volte – dell’anidride carbonica tanto che gli allevatori neozelandesi pagano 60 centesimi l’anno per ogni bovino e ben 8 euro per ogni pecora), non crede caro direttore che sia giunta l’ora di mettersi a investire sul serio (di buzzo bono come diciamo a Siena) su soluzioni concrete al problema energetico italiano con un piano di riconversione serio che escluda – per principio – l’uso di energia fossile se non come soluzione temporanea d’emergenza?
Altri paesi si stanno ingegnando per raggiungere la piena autosufficienza energetica puntando tutto sulle risorse rinnovabili; perché non dovremmo fare altrettanto noi? La porta di questo blog sarà sempre aperta ad una sua risposta.

ps. Io, mia moglie e i miei due figli siamo tutti vaccinati, mangiamo pasta di frumento Creso e sfruttiamo l’energia solare termodinamica per lavarci tutto l’anno.
pps. Io possiedo e uso un’ottima auto ibrida …


Note:

  1. In verità nei prospetti progettuali questo rischio e la probabilità di trovare sterri radioattivi è stato discusso e vengono proposte le stesse soluzioni adottate per i tunnel del San Gottardo e del Lötscheberg. Ma in quei casi i rischi di incontrare amianto furono molto inferiori a quanto indicato dai prospetti geologici del tratto Torino-Lione.
  2. Attenzione, questo è un referendum abrogativo, che cioè elimina alcune parti indesiderate di una legge.  In questo caso dire SI è dire NO. Tutta questione di semantica.
  3. L’opera di estrazione commerciale è detta coltivazione. Il concessionario (gestore) può mirare ad effettuare progetti di produzione che magari diano bassi recuperi di minerale ma che comportino dei tempi di ritorno degli investimenti molto brevi. Questo significa però che i giacimenti tecnicamente ed economicamente coltivabili vengano così distrutti (le parti residuate non sono, da sole, più economicamente coltivabili) e dovrebbe essere proibito per legge (?) dallo Stato (proprietario ultimo dei giacimenti).
  4. Così la grigliata di pesce estiva a cui non si può mai rinunciare dovremmo importarla per via aerea come per la frutta esotica, altro che pasto gratis!

La Notte Europea dei Ricercatori: ormai ci siamo!

RhOME for denCity! L’Italia è campione del mondo in Architettura Sostenibile

In un mondo sempre più globalizzato e con gran parte del lavoro manifatturiero affidato sempre più alle macchine e sempre meno all’uomo, la redistribuzione della ricchezza globale – che porta benessere – generata finora per la maggior parte dalla produzione industriale rischia di bloccarsi definitivamente. Emerge quindi la necessità di spostare  la richiesta di lavoro dalla produzione di beni verso nuovi servizi e comparti dove la presenza umana è importante. Questa sfida può essere vinta solo puntando sulla scolarizzazione universitaria di massa, sulle specializzazioni e la ricerca scientifica.
A chi obbietta che “la cultura non si mangia”  e a chi esprime perplessità sulla ricerca di base definendola dispendiosa e senza ricadute immediate, basta ricordargli le zampette di rana di Alessandro Volta o gli esperimenti di Michael Faraday che dettero l’abbrivio per le Equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo. Senza il contributo di scienziati e ricercatori come loro non ci sarebbero state tutte le comodità, i beni e i servizi che abbiamo oggi.
Per questo l’Unione Europea conta molto sulla scienza, la cultura e la ricerca per il suo futuro.

Poco tempo fa illustrai per sommi capi la prossima Notte Europea dei Ricercatori, progetto finanziato dalla Commissione Europea nata per sensibilizzare il pubblico sull’importanza della ricerca scientifica in Europa.
La manifestazione che ne fa da cornice è la Settimana della Scienza che inizia il 22 settembre e termina il 26, il cui tema, ricordo, è la Sostenibilità intesa nelle sue diverse espressioni: dall’ambiente all’architettura, dall’agricoltura all’energia, passando per tutte le voci interessate, ma non solo. Ad esempio a Roma si parlerà anche di dinosauri e di vulcani extraterrestri, ma anche di scuola nell’era  della globalizzazione per un futuro sostenibile, mentre a Frascati sarà ospite l’astronauta italiano Paolo Nespoli.
Insomma i temi trattati sono ampi e vari, vale la pena di consultare il link al programma della Notte Europea dei Ricercatori disponibile qui, o cercare tra le varie città più vicine cosa offrono per l’occasione.
E come ormai è uopo ricorrere ai servizi di social networking per coinvolgere sempre più persone, anche per la Notte Europea Dei Ricercatori dalle 20:00 del 26 settembre sarà disponibile l’hashtag Twitter #ern. Così sarà possibile seguire in tempo reale la manifestazione ovunque voi siate.

 

Quando la politica distrugge la Scienza

Dubium sapientiae initium, Nel dubbio inizia la sapienza.
Forse con questo post mi attirerò gli strali di molti voi lettori ma ritengo che le dimissioni della Commissione Grandi Rischi sia stato un pessimo autogol della comunità scientifica italiana che stavolta non è andata di là del proprio naso.

Innanzitutto un po’ di storia.

Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.
Queste sette persone sono stati ritenute colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose dal tribunale dell’Aquila per i fatti del terribile terremoto che il 6 aprile 2009 distrusse la città, uccise 308 persone e causò migliaia di sfollati e senza tetto.
I fatti contestati riguardano una riunione – alquanto irrituale a detta poi di  Enzo Boschi, uno dei condannati, visto che di solito gli incontri avvenivano a Roma – della Commissione Grandi Rischi tenutasi a L’Aquila il 31 marzo 2009, sei giorni prima del catastrofico sisma.
Quella riunione fu imposta dall’allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso che definì la convocazione degli esperti “un’operazione mediaticaperché vogliamo tranquillizzare la gente“, come risulta da una intercettazione telefonica registrata dai Carabinieri per un’altra indagine in cui lo stesso Bertolaso era indagato.
La riunione durò solo 45 minuti e e da esse non uscì alcun verbale, anzi, sempre lo stesso Enzo Boschi rivela che il verbale che appare adesso lui lo firmò solo dopo il terremoto: “Il verbale che mi inchioda non so chi l’abbia scritto, è apparso dopo il sisma, mi hanno fatto mettere una firma quando era già successo tutto”.
Per solidarietà verso i loro colleghi, l’attuale ufficio di presidenza della Commissione Nazionale dei Grandi Rischi – composto dal Presidente, Luciano Maiani, dal Presidente emerito, Giuseppe Zamberletti, e dal Vicepresidente, Mauro Rosi – ha rassegnato le sue dimissioni al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Questi sono i fatti, nudi e crudi.
Penso che le motivazioni della sentenza siano comunque assurde – mi riservo di leggere le carte della sentenza quando queste saranno depositate e rese pubbliche –  e che la pena di sei anni inflitta ai membri della Commissione sia comunque eccessiva,  soprattutto quando in questo Paese chi ruba Denaro Pubblico, chi paga tangenti ai politici (!) in cambio di lucrosi appalti, oppure evade le tasse, non rischia praticamente niente grazie allo smantellamento ininterrotto dello stato di diritto perpetrato ininterrottamente in questi ultimi venti anni di II Repubblica, mentre le carceri sono strapiene di ladruncoli di strada, tossicodipendenti e gente disperata.
Ritengo però che il dolo da parte dei membri della Commissione in quei giorni ci fu, e che sia particolarmente grave perché fatto da accademici che in quel momento abiurarono la scienza, al di là del loro colore o credo politico.
Essi si mostrarono pavidi verso un’operazione puramente mediatica voluta dal governo politico di allora, chinarono il capo con piaggeria al volere del potere politico, cosa che un vero uomo votato alla scienza non dovrebbe mai e poi mai fare.
Non è possibile prevedere i terremoti, lo so e l’ho scritto diverse volte, né con i cassoni per raccogliere il radon, né guardando le fasi lunari, l’allineamento dei pianeti e neppure con i fondi di caffè o le frattaglie di bove.
Loro non potevano raccontare alla popolazione che nessun terremoto di forte intensità sarebbe mai arrivato o che ci sarebbe stato dopo sei giorni, nessuno di loro avrebbe potuto prevederlo. Non erano semplicemente in grado di dirlo e proprio per questo avrebbero dovuto far emergere il principio di precauzione, e quindi il dubbio, dicendo:
Non siamo assolutamente in grado di dire se ci sarà o meno un forte sisma in futuro. Suggeriamo che comunque siano prese misure particolari per evitare – o limitare – una eventuale emergenza almeno finché l’attuale sciame sismico in atto continua la sua attività.
Ma siccome un simile sensato annuncio non uscì – e un finto verbale della riunione apparve solo dopo il terremoto – è fin troppo evidente l’assoluta sottomissione della Commissione Grandi Rischi al volere politico. Questo non è il senno del poi, ma assoluto buonsenso che quella sciagurata sera non emerse.

Infine voglio fare esternare, in questo Paese tutti lo fanno – anche a sproposito, il mio disappunto su come vengono gestite le calamità naturali:
l’Italia è un paese a forte rischio sismico, come lo sono la penisola della California e il Giappone. Nonostante questo innegabile fatto scientifico la stragrande edilizia di questo paese non è costruita su principi e tecnologie antisismiche, tutt’altro: la famosa Casa dello Studente dell’Aquila era costruita in maniera molto approssimativa, con materiali scadenti, come allo stesso modo era stato costruito l’Ospedale San Salvatore dell’Aquila 1, con la sabbia al posto del cemento.
Purtroppo è così, è innegabilmente da irresponsabili non ammetterlo, che molta edilizia italiana sia così malmessa, tangenti, appalti al massimo ribasso e criminalità organizzata hanno prodotto questo in Italia: edifici fatiscenti già prima della loro inaugurazione, levitazione spropositata dei costi di realizzazione e sperpero di denaro pubblico 2.
Un’edilizia moderna e sicura, progettata secondo le ben collaudate regole edilizie adottate negli altri paesi ad elevato rischio sismico avrebbe un positivo impatto sull’economia del Paese.
La messa in sicurezza del territorio dai rischi di disastro idrogeologico ha costi non indifferenti all’inizio, ma ripaga rispetto alle spese da sostenere nelle infinite emergenze che accompagnano i disastri che si sarebbero potuti evitare.

Infine rivolgo un appello al Prof. Maiani affinché ritiri le sue dimissioni e prenda invece le distanze da chi non ha saputo – o voluto – opporsi a una mera manovra politica come fece quando il suo vicepresidente glorificava il terremoto in Giappone come Volontà Divina 3.
La scienza non può e non deve mai scendere a compromessi con la politica, il costo sarebbe poi troppo alto.

  1. Ospedale dell’Aquila crollato nel sisma – Sei indagati per “disastro colposo”
  2. Checché ne dicano i soliti soloni che vaneggiano di scarsa competitività delle risorse italiane, della mancanza di investimenti stranieri imputandoli solo all’alto costo della manodopera in Italia e gli eccessi dei Diritti dei Lavoratori, i veri motivi degli alti costi italiani sono questi: lungaggini burocratiche, tangenti e il ricorso alla corruzione per accedere alle vie preferenziali (scorciatoie) nelle pratiche amministrative, la lentezza della Giustizia per via del consolidato tentativo al ricorso del meccanismo della prescrizione della pena per i reati amministrativi e finanziari (basterebbe che la prescrizione iniziasse al momento della scoperta del dolo e terminasse al rinvio a giudizio di primo grado come avviene in tutti gli altri paesi).
  3. “Terremoti segno della bontà di Dio” – E’ bufera sul vicepresidente del Cnr.