In ricordo di Tullio Regge …

In memoria dello scomparso Tullio Regge, ospito sul Blog un  articolo scritto da Stefania Genovese, già ospite di TuttiDentro e GruppoLocale, con la tacita speranza che questo sia l’inizio di una felice collaborazione futura.

Umberto Genovese


… uno scienziato aperto e versatile, un grande fisico, ma soprattutto una persona speciale dotata di una grande mente, creativa ed aperta non solo alla comprensione delle teorie scientifiche ma anche agli aspetti sociologici dei nostri tempi…

Tullio Regge

Tullio Regge

Il filosofo, specificatamente l’ epistemologo a me concettualmente più vicino, come consonanza di idee, è sicuramente P.K.Feyerabend! Così, mi piace sempre ricordare che lui sosteneva quanto le nuove idee avessero bisogno di tempo, per evidenziare i loro vantaggi e la loro forza e per sopravvivere agli attacchi iniziali. Grande pensatore, affascinato dal pensiero di John Stuart Mill, e «dialetticamente combattivo» nei confronti del suo «maestro» Karl Popper e del suo metodo, nemico di coloro che propugnavano i propri asserti con una inoppugnabile sicumera e con tronfia ed immobilista sicurezza, egli era più che convinto che i difensori delle nuove idee dovessero lasciar perdere i conflitti «prima facie» con la logica, l’evidenza ed i principi consolidati e lucidamente notava che «spesso i padri della scienza, illuminati dal carattere universale, inesorabile ed immutabile delle leggi fondamentali di Natura, ma anche circondati da comete, nuove stelle, strane forme geologiche, malattie sconosciute, meteore, stranezze celesti e metereologiche, non comprendevano che anche
l’ascesa della scienza era dipesa da una cecità, da una ostinazione, esattamente dello stesso genere, e che queste varietà di esperienze fossero altrettanto degne di considerazione. I primi pensatori cinesi, invece prendevano più sul serio la varietà dell’esperienza, ed avevano favorito la diversificazione ed erano andati a caccia di anomalie invece di eliminarle, cercando di dare loro una spiegazione. E che dire di scienziati come Tycho Brahe che prendevano sul serio alcune idiosincrasie cosmiche, e di Keplero che nelle anomalie cercava di scoprirvi causazioni diversificate, mentre il grande Newton, sia per ragioni empiriche sia teologiche, vedeva in loro il dito di Dio?».
Ho sentito la necessità di questa premessa prima di descrivere l’incontro con un illustre scienziato, che, a mio giudizio, nella sua storia personale e nella sua carriera professionale, è stato tra coloro che ha saputo dimostrare quanto le concezioni di Feyerabend si basassero su considerazioni molte veritiere e fattive; il prof. Tullio Regge… Fu per me un grande privilegio poterlo incontrare e relazionarmi con lui, discutendo di molte tematiche che, ancora oggi, mi inducono a riflettere su quanto il suo pensiero sia ancora straordinariamente attuale, non solo per le sue importanti teorizzazioni nel campo matematico ed astrofisico, ma anche per la sua lucida analisi della nostra società e del suo rapporto, purtroppo “distorto” e “superficiale” con la scienza.

Stefania Luisa Genovese, autrice di questo articolo.

Stefania Luisa Genovese, autrice di questo articolo.

Incontrai il Professore nella sua casa di Torino; a quei tempi era purtroppo già stato colpito da distrofia muscolare, ed ancora ora lo ricordo sofferente, ma dotato di una lucidità mentale e di una capacità di introspezione notevole. I suoi occhi denotavano una intelligenza vivida che lo avevano portato ad insegnare relatività e teorie quantistiche della materia al Politecnico di Torino e persino a lavorare all’Institute for Advanced Studies di Princeton, nonché a ricevere riconoscimenti internazionali e a formulare una teoria nella meccanica quantistica che appunto porta il suo nome, «i Poli di Regge». Poiché ho sempre avuto una grande stima per lui (nonché per la professoressa Hack, miti della mia infanzia dedita alla passione per lo spazio), mi sentivo molto impacciata ed intimorita, ma Regge, per mettermi a mio agio, mi invitò a servirmi di qualche dolcetto posto in un grazioso cabaret sul tavolo, e mi regalò un disegno realizzato da lui al computer, in cui aveva virtualmente e quasi oserei dire oniricamente reinterpretato la mia visita (credo che un qualunque bravo psicologo di fede junghiana lo avrebbe trovato a dir poco predittivo e vi avrebbe riscontrato certamente delle buone basi della teoria della sincronicità: alcuni particolari mi colpirono molto. Il fatto che io fossi ritratta con i capelli biondi, con un vestito rosa, mio colore preferito, e che tra i vari elementi molto affini alla mia personalità vi fossero persino i girasoli, che ho sempre amato). Sorge a questo punto il dubbio che il prof. Regge, e lo dico con la massima reverenza e serietà, non solo fosse un eminente scienziato ma anche un artista «sui generis» dotato di intuito e di predittività non comuni. In realtà credo che Regge fosse dotato di grande sensibilità e di grande coraggio, soprattutto quando nel 1993 presentò alla Commissione Ricerca e Tecnologia (CERT) una mozione per la costituzione di un Centro Europeo per lo studio dei fenomeni UFO, portando all’attenzione dell’establishment scientifico internazionale il problema degli avvistamenti di anomali oggetti volanti nei cieli d’Europa. Avvenimento che lo segnò alquanto e da cui ricavò un’esperienza che lo amareggiò non poco. D’altronde, già in un interessantissimo libro scritto con Giulio Giorello ed Elio Sindoni, (Europa Universitas), aveva già raccontato molte vicende legate alla sua permanenza al Parlamento Europeo e di quanto molto spesso la politica fosse assurda, sproloquiante ed immoderata, e non certamente amica del corretto uso della scienza e dell’antianalfabetismo scientifico, ancora oggi, purtroppo molto dilagante!
Mi raccontò lui stesso cosa accadde durante la presidenza De Sama, quando su consiglio del collega Elio Di Rupo, preoccupato per i continui avvistamenti occorsi in Belgio nei primi anni Novanta, si cercò di costituire una commissione federale di ricerca sugli UFO. In quel periodo a Liegi, Eupen e Verviers furono riportate numerose testimonianze di apparizioni di aeromobili a forma di triangolo e la stessa aviazione belga ebbe dei contatti radar con oggetti che si muovevano ad altissima velocità e che avevano accelerazioni improvvise. Regge chiese perciò informazioni alle Forze aeree delle nazioni europee affinché gli spedissero documentazioni e registrazioni inerenti gli avvistamenti di UFO. Ricevette diverse risposte, molto contrastanti; gli spagnoli, ad esempio si rifiutarono di fornirgli il materiale, dicendo che era segreto, salvo poi, l’anno seguente, togliere il divieto di consultazione degli incartamenti. Gli italiani gli inviarono numerose scartoffie poco significative, i tedeschi lo indirizzarono verso l’ufficio sbagliato, mentre i francesi, sul cui territorio operava il SEPRA (un centro di ricerca, presieduto dallo scienziato Jean Jacques Velasco, che raccoglieva informazioni sugli avvistamenti in collaborazione con la Gendarmeria e l’Agenzia spaziale francese), si mostrarono i più disponibili. All’interrogazione parlamentare presentata per conoscere cosa stesse accadendo nei cieli belgi, Regge, cercando di tenere conto della necessità di stabilire una fonte di informazione imparziale e credibile sull’argomento, propose il SEPRA come organismo serio ed adatto al compito di studiare il fenomeno UFO. A costo zero, chiedeva di estendere a livello comunitario le competenze della struttura francese. Ma l’occasione era troppo ghiotta per non essere sfruttata mediaticamente, a fini politici. E così, a causa delle pressioni demagogiche dei laburisti inglesi Ford e Bowes («dei veri lupi in cerca di notorietà e fama», dirà Regge) e della stampa inglese che li appoggiò ignominiosamente ridicolizzando la vicenda, il 21 gennaio 1994 la discussione del rapporto sugli UFO venne annullata; ma rimase comunque agli atti, con l’inconfessata speranza che il CERT potesse in seguito riproporre al Parlamento Europeo la possibilità di affrontare lo studio del fenomeno UFO; ovviamente, perseguendo parametri scientifici, pragmatici e scrupolosi, affidandosi ad enti seri come il SEPRA il vaglio della documentazione; poco alla volta il clamore della vicenda si estinse e lo stesso Regge invitò gli ufologi, che avevano iniziato a cavalcato la vicenda, al silenzio.
Chi meglio di lui, dunque, poteva fornirmi un giudizio quanto mai esaustivo sul fenomeno UFO e sui suoi «appassionati» sostenitori? Mi disse Regge: «Gli UFO risultano essere un fattore complesso generato da molteplici elementi come meteore, fulmini globulari, burle ben congegnate, falsi misticismi indotti dalla New Age; ma soprattutto questi fenomeni sono generati sia da una generalizzata diffidenza verso la scienza, sia da un forma di analfabetismo scientifico, purtroppo abbastanza diffuso in questo Italia». «Per questo motivo», proseguì Regge, «è molto difficile definire l’ufologia, che può essere considerata secondo tre diverse tipologie: quella di coloro che inseguono una sorta di misticismo religioso e proiettano sugli UFO le proprie aspettative; queste persone si comportano come una tribù che esclude i fatti esterni perché essi potrebbero danneggiare la propria visione collettiva e destabilizzare il sistema di credenze del gruppo (mi astengo di riferire i commenti,
peraltro condivisi anche da me, riportatimi dal prof. Regge su alcuni «fastidiosi» e «assurdi» rappresentanti dell’ufologia nostrana; N.d.A). Poi vi sono coloro i quali spacciano l’ufologia come «medium» tipicamente commerciale che mira al sensazionalismo e ad irretire la gente per mera speculazione e, per concludere, esiste anche una ricerca ufologica seria e scientifica che rientra nello studio dei fenomeni anomali, come quella condotta sui fulmini globulari ad esempio dal dottor David Funkelstein ad Atlanta (noi abbiamo avuto la seria ricerca del dottor Albino Carbognani; N.d.A.), nonché quella che si applica ai plasmi luminosi come quelli studiati ad Hessdalen dall’astrofisico Massimo Teodorani e da un gruppo di scienziati del CNR».
Il prof. Regge non si è mai dimostrato contrario dunque allo studio degli UFO, poiché riteneva che essi rientrassero tra quei numerosi fenomeni anomali che la scienza ha il compito di affrontare! «E non sarebbe un comportamento degno scientificamente» asserì Regge, «quello di provare la non esistenza di un fenomeno perché non si hanno spiegazioni sufficientemente consone o alternative ad esso: è necessario infatti adottare una metodologia che consenta di distinguere i casi che hanno rilevanza per le scienze del comportamento da quelli invece che ne hanno per le scienze fisiche, ed infine occorre selezionare dei sottogruppi che distinguono i fenomeni conosciuti da quelli effettivamente inusuali. Inoltre occorre vagliare e considerare le testimonianze di coloro che raccontano di aver osservato fenomeni anomali ed inconsueti, rispettando queste persone e mai schernendole». Affrontare questa tematica significa essere esenti da suggestioni e da plagi, nonché sottoporre il tutto a ripetuti controlli fattuali privi di giudizi e considerazioni aprioristiche, sottoporli costantemente al principio di demarcazione di Karl Popper, unico sistema che ne garantirebbe un criterio valido di scientificità. Parlando di anomalie e curiosità che avrebbero potuto porre sotto scacco la scienza, Regge mi raccontò questa vicenda: «Tra il 1974 ed il 1976 un caposala della compagnia aerea Sabena mi aveva raccontato di avere avvistato una luce in cielo che procedeva molto velocemente e che compiva virate improvvise; la medesima luce era stata notata da un pilota in volo che, avvertito dal radar di Mortara di avere accanto un oggetto sconosciuto, voltatosi a 70 gradi rischiò di scontrarsi con esso. Il pilota riferì di aver visto questo globo di luce allontanarsi con una velocità impressionante e non usuale… Quando si tratta di piloti che hanno molte ore di volo sulle spalle, le testimonianze diventano interessanti e degne di essere prese in considerazione, anche se spesso, come in questo caso, era stato difficile trovare una spiegazione scientifica a ciò che è stato osservato». Attorno allo stesso periodo, nel 1973, accade un altro fatto curioso di cui gli parlò un suo collega, il prof. Paolo Gregorio, docente di Termodinamica al Politecnico di Torino (il prof.Gregorio, tra l’altro, mi anticipò che il prof. Regge mi avrebbe sicuramente donato un suo disegno, come suo costume per gli ospiti). Il docente si era recato alle pendici di Rocciamelone, in Val di Susa, dove erano comparse delle strane orme impresse sulla neve a guisa di grandi zampe di palmipedi. «Nonostante fosse munito di strumentazioni varie e di contatore geiger, non rilevò alcunché e, benché i segni parevano essere sorti dal nulla, si scoprì che il tutto era stata una beffa ben congegnata», disse Regge.
A suo giudizio, peraltro, gli avvenimenti più strani ed incredibili, che spesso generano l’impressione di trovarsi di fronte a degli UFO, li possono inaspettatamente creare i fulmini globulari! «Infatti», mi disse Regge, «un fisico dell’Università di Bordeaux mi raccontò un giorno di aver osservato un fulmine rotondeggiante cadere su una chiesa e da lì rotolare come una palla fino ai piedi di un albero e poi scomparire all’improvviso. E questo caso non è isolato. Ci sono numerose persone che si sono trovate persino nella propria abitazione uno di questi concentrati di scariche elettriche, che, passato attraverso il lampadario, si è mosso lungo un corridoio prima di esaurire la sua energia». Anche a me sono stati recentemente raccontati due casi analoghi; uno riguardava un mio amico d’infanzia; si trovava in Trentino assieme alla sua truppa, durante una ispezione, quando si era trovato ad osservare una palla luminosa e veloce; l’oggetto era sfrecciato dinnanzi al gruppo ed era diventato in pochi istanti evanescente; in un altro episodio una famiglia di miei concittadini si era più volte trovata in casa, inaspettatamente, fulmini globulari che l’aveva più volte atterrita; è significativo rilevare che la casa sorgeva al di sotto dei tralicci dell’energia elettrica…
Potrebbe sembrare semplicistico ricondurre alcuni avvistamenti UFO ai fulmini globulari, eppure per Regge non è così. A suo giudizio ancora oggi, pur sapendo che essi si registrino con l’alta pressione atmosferica, non siamo ancora riusciti completamente a scoprire come e perché si manifestino in quel modo. Ma, come diceva Shakespeare in una sua opera, «ci sono più cose in cielo…».
Il prof. Regge si è cimentato anche nella fantascienza, scrivendo un racconto, Non abbiate paura; gli ho domandato cosa ne pensasse di questo genere letterario. Mi rispose che, per lui, scrivere racconti fantascientifici significava a volte motteggiare alcuni aspetti troppo seri e severi della scienza, nonché le esagerazioni e le assurdità che molti presunti maghi o operanti del paranormale cercano di propinare (a volte i suoi personaggi sono reali, ma hanno nomi e personalità mutate portate all’iperbole). Quindi, da buon feyerabandiano (mi si consenta la qualifica «attributiva»), era più che convinto che occorresse alimentare sempre un sano spirito umoristico, sinonimo di un’intelligenza vivida e libera da schemi precostituiti. Senza alcun dubbio la fantascienza per Regge poteva anticipare ed anche concedersi la possibilità di rischiare ipotesi più azzardate e futuribili, come è stato per i romanzi dell’astronomo Fred Hoyle, ad esempio. Nell’episodio da lui scritto in quel libro, troviamo un uovo cosmico fatto di materia esotica, che viaggia per gli spazi siderali alla ricerca di un pianeta dove trovare il suo nutrimento: uranio puro. L’uovo è in realtà una sonda di Von Neumann, biologica e naturale; la razza che lo ha deposto, antecedente alla razza umana, gli ha dato la possibilità di sciamare nel cosmo per colonizzare la galassia in cerca di pianeti ricchi di nutrimento adatto al proprio metabolismo basato sulle reazioni nucleari di fissione. È sempre opportuno immaginare una possibile vita aliena sempre cercando di attenersi alle ipotesi cosmologiche ed esobiologiche attuali. Tornando alla ricerca reale come spunto da cui attingere per la fantasy, Regge scrisse una novella anche su Hessdalen, intitolata La Tempesta e la Stringa. Gli interpreti principali sono gli scienziati del Project Hessdalen, soprattutto un certo Theodoran che, innamoratosi di un’aliena, cercando di raggiungerla attraverso una stringa cosmica (una sorta di passaggio interdimensionale) rischia di far saltare in aria la vallata; ma almeno dimostrerà veridiche le sue teorie (il prof. Regge nutriva molta simpatia per l’eclettico astrofisico Massimo Teodorani e ne condivideva la passione per i gatti; entrambi avevano un grazioso micio di nome Dundy).
La nostra conversazione proseguì su come il simpatico professore immaginasse un contatto con civiltà extraterrestri; su questo punto non era molto ottimista, perché, per ragioni epistemiche, la vita come la possiamo intendere noi sarebbe molto difficile. A suo giudizio, dovrebbero esistere delle condizioni particolari per il contatto, ed il tempo non è d’aiuto: potremmo ricevere ora un messaggio da una civiltà che si è estinta già da millenni e la nostra risposta impiegherebbe troppo tempo per raggiungere la stella da cui proviene il segnale. Tullio Regge pensava pessimisticamente che il SETI fosse piuttosto da definirsi paleontologia archeologica galattica. Tuttavia, pur non avendo assolutamente prove, anche lui crede all’esistenza di vita extraterrestre, in qualche parte del cosmo, e crede sia giusto provare a contattarla. «Certamente», asserì il Professore, «seguendo un ragionamento scientifico, se noi venissimo a contatto con civiltà aliene, temo che esse potrebbero essere molto diverse da noi, e certamente molto più evolute. La vita potrebbe anche essere sorta in altri brodi di natura chimica, completamente diversa, incompatibile con la nostra esistenza. Spesso sono portato a considerare gli ipotetici alieni in due gruppi diversi: extraterrestri descritti dallo scienziato Frank Dyson, grandi animali a sangue freddo, molto lenti perché lontani dal centro della galassia e dal Big Bang; oppure alieni simili a quelli ipotizzati dal chimico Ilya Prygogine, secondo cui, non esistendo limite alla evoluzione di forme di organizzazione (anche dal caos può nascere un ordine), potremmo trovare anche piccole creature (più vicine al Big Bang) dotate di una vita molto breve, accelerata, e con una temperatura elevata, magari dotate di coscienza, che non si accorgono però della loro breve esistenza». Un vero zoo alla Clifford Pickover!).
Come la Prof.Margherita Hack, egli sosteneva che il mondo scientifico si stava allontanando sempre più da una visione sana della scienza, asservendosi pìù che ai bisogni essenziali e primari della gente comune, alle lucrose necessità di creare tecnologie pseudo-informative che giovavano solo all’establishment economico-commerciale. La scienza del Terzo Millennio stava perdendo molti contenuti etici (così sostiene Regge nella sua autobiografia, asserendo che essa non ha più quella connotazione primaria di «gioco creativo» atto a conoscere il mondo); la sua critica alla “analfabetizzazione scientifica”, preminente soprattutto qui in Italia, dal momento che non si investe più nella cultura, continuando a recidere i fondi alle Università e alla ricerca, rende immobile lo «status» della innovazione e dello sviluppo, asservendoli al profitto e al clientelismo, è purtroppo ancora quanto mai attuale. Inoltre il prof. Regge nutriva un grande rammarico per la diffusione, in Italia, di molte riviste che vantano una apparente patina di serietà, ma che in verità nella speranza di attirare il vasto pubblico con argomenti scientifici, rendono banale e ridicola ogni loro trattazione, proponendo argomenti degni più di chiacchiericcio, e da gossip parascientifico, piuttosto che una veridica esposizione di formazione rigorosamente razionale… Riguardo a ciò, ho apprezzato molto il suo libro “Europa Universitas.Tre saggi sull’impresa scientifica europea”, scritto in collaborazione con il Professori Salvatore Veca e Giulio Giorello: ancora oggi mi avvedo quanta verità ci fosse nella sua disanima sferzante agli sprechi, ed alle scelte superficiali compiute in seno alla UE, nei confronti della ricerca scientifica. Le sue analisi, oggi, possono essere considerate molto più che circostanziali, anzi oserei dire profetiche, dato il vigente “status quo”.
Quando ci congedammo, per l’emozione di averlo potuto incontrare mi scordai di scattarci una foto insieme ( la mia caporedattrice mi sgridò per questa imperdonabile dimenticanza); tuttavia oltre al ricordo di aver potuto colloquiare amabilmente con lui, conservo il suo disegno ed una copia del suo libro autografato, L’Universo senza fine. Breve storia del Tutto; passato e futuro del cosmo, una summa originale e creativa di divulgazione fisica ed astrofisica, in grado di appassionare tutti per gli aspetti storico-filosofici e l’enfasi appassionata ed estetica con cui celebre l’immensa bellezza insita nel cosmo.
Purtroppo il Prof.Regge è recentemente scomparso; so che venne insignito nel 1979 della Medaglia Einstein, una prestigiosa onorificenza, oltre la quale c’è solo il Nobel, che, a mio giudizio, avrebbe degnamente meritato per la elaborazione di una sua teoria in grado di quantizzare la gravità, ora definita come “Regge Calculus” … La sua poliedricità resterà imperituro esempio di come uno scienziato, possa, coniugando fantasia e matematica, umanesimo e scientificità,astrazione e fisica pura, adoprarsi a comprendere, gli aspetti molteplici dello scibile, analizzandone con piglio critico ma anche sensibile, i suoi più disparati linguaggi. Il suo ultimo libro, in collaborazione con Stefano Sandrelli, è “L’Infinito cercare. Autobiografia di un curioso” edito da Einaudi. E già dal titolo si può evincere quanto questo Professore, fosse veramente innamorato del sapere, uno spirito libero, sempre coinvolto nella ricerca ed ugualmente appassionato revisore della realtà in cui viveva…

Stefania Genovese

Cosa c’era prima e il centro dell’Universo

 

Per la scienza sono più importanti le domande che le risposte. Potremmo considerarle, a ragione, proprio il motore dell’evoluzione umana. Le risposte sono invece, quasi per definizione, parziali e imprecise. Se non lo fossero, a risentirne sarebbe proprio lo sviluppo del pensiero umano, Se ci fossimo accontentati della cosmologia aristotelica, forse ora sarei qui a parlare di emicicli. Se avessimo seguito la convinzione imperante alla fine del XIX secolo che tutto era stato ormai scoperto, sicuramente oggi non saremmo qui perché la rivoluzione elettrica ed elettronica non sarebbe stata possibile senza il coraggio di chi ha saputo rimettere in discussione quanto era stato prima affermato.
Anche le mie risposte possono rivelarsi sbagliate, d’altronde non ho la scienza infusa in me e né pretendo di averla; questo lo lascio giudicare a voi. Comunque ricordate che sono sempre le domande che fanno il progresso.

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Qualche volta mi è capitato di partecipare a convegni e conferenze di cosmologia e tra gli interventi del pubblico in sala al momento del dibattito ricorrono spesso delle domande apparentemente banali, quasi fanciullesche nell’esposizione ma che in realtà invece sono terribilmente complesse. 
Rispondere a queste domande non è facile quanto porle, il problema vero sta nella nostra naturale e limitata capacità di intuire l’Universo e nel linguaggio per esprimerlo.
Come ebbe a dire Galileo Galilei, la matematica è l’alfabeto con cui Dio ha scritto l’Universo e il linguaggio per descriverlo il più fedelmente possibile è appunto la matematica. Invece il linguaggio naturale che abbiamo sempre parlato è un linguaggio limitato per esseri limitati, descriviamo tutto coi nostri sensi, con le nostre esperienze e limiti. Diamo per scontato che tutto abbia un inizio e quindi poi una fine; che ci siano solo tre dimensioni spaziali perché sperimentiamo continuamente un sopra e un sotto, un qui e là, un avanti e un indietro. 
Un magistrale racconto  scritto nel 1884 da Edwin Abbott, Flatlandia 1, esprime più di ogni altra parola il concetto della ristrettezza del nostro linguaggio naturale. Questa limitata capacità di linguaggio si riflette poi nella comprensione della complessità del Cosmo; per questo viene spontaneo farsi queste domande.

  • Se è vero che l’Universo si espande, attraverso cosa si espande?

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Tutti noi abbiamo un orologio o un segnatempo, sia  esso anche una clessidra per cuocere le uova.
Quando lo osserviamo non ci stupiamo dei secondi, dei minuti e delle ore che crescono sempre. Lo diamo per scontato, assumiamo per vero e inconfutabile che oggi è un giorno più di ieri come dopodomani saranno due giorni a partire da oggi. Come diamo anche per scontato che nel tempo di una clessidra, un uovo immerso nell’acqua bollente si cuocia.
Le notizie che il tempo scorre sempre e solo nella direzione in cui aumenta e che una volta cotto un uovo non possa mai tornare crudo, non ci scandalizzano affatto.
Da quando Albert Einstein dimostrò che il tempo è in effetti una quarta dimensione di un insieme più ampio chiamato spaziotempo, è perfettamente naturale aspettarsi che lo stesso dinamismo valga anche per le tre restanti dimensioni spaziali.
E in effetti anche le distanze tra gli oggetti nel nostro universo aumentano inesorabilmente: è quella che chiamiamo Espansione Universale, scoperta da Hubble negli anni 20 del XX secolo riguardo all’allontanamento reciproco delle galassie [cite]http://ilpoliedrico.com/2012/10/la-costante-di-hubble-e-i-modelli-cosmologici.html[/cite]. Il valore oggi più accreditato per la Costante di Hubble $H_0$  è di 74,3 km/s per megaparsec, ossia ogni secondo un megaparsec è più grande del secondo precedente di 74,3 chilometri. Se vi sembra un numero gigantesco, considerate che ogni secondo un metro di spazio si allunga di  2,407 attometri 2. Pensate che perché un metro si allunghi tanto da includere un atomo di idrogeno (50 picometri 3) occorrono più di 20 milioni di anni.
Esso cresce continuamente, ma non per questo significa che si espanda dentro qualcosa, aumenta le sue dimensioni stirando e appiattendo lo spazio precedente, continuando ancora oggi l’esperienza della sua formazione 4.
Come vedete, lo spazio si comporta esattamente come il tempo. Anche la direzione è la stessa. Il tempo, lo spazio e la direzione dell’entropia puntano esattamente nella stessa direzione, forse l’unica direzione che permette la vita nell’Universo e la stessa che vi garantisce un uovo alla coque nel tempo di una clessidra. 

  • Dov’è il centro dell’Universo?

Credit: il Poliedrico

Credit: il Poliedrico

Semplice, nell’osservatore; il che equivale che lui e solo lui è nella condizione privilegiata di esserlo o che lo è ogni punto dell’Universo.
Un osservatore vedrà la stessa cosa ovunque egli sia e in qualsiasi epoca: il raggio d’azione dei suoi sensi è legato all’età stessa dell’Universo, il tempo di Hubble 5.
Pertanto che si trovi qui ora, o sulla galassia più lontana nel passato, nel presente o nel futuro, avrà il privilegio di percepirsi sempre al centro dell’Universo. Per quanto ai nostri sensi appaia incredibile un vero centro geometrico l’Universo non ce l’ha!

  • Cosa c’era prima del Big Bang?

Mappa della radiazione cosmica di fondo dell?Universo. È il più antico segnale che potremmo mai ricevere.

Mappa della radiazione cosmica di fondo dell?Universo. È il più antico segnale che potremmo mai ricevere.

Questa è la domanda delle domande. Forse è la più diffusa e difficile a cui rispondere, e forse perché non c’è veramente una risposta.
Potrei dire che la scienza ufficiale non può dare una risposta perché essa è limitata dalla fisicità dell’universo. Le leggi fisiche finora conosciute ci consentono di  esplorare fino a pochi istanti prima di quel fenomeno, chiamato Big Bang, che supponiamo abbia originato il nostro universo. Per andare ancora oltre quei primissimi istanti occorre una legge della gravità quantistica, che sappia cioè unire la forma della gravità relativistica classica con i principi della meccanica quantistica.
Purtroppo, pur intuendone molti aspetti esteriori, una legge simile ancora non è stata trovata [cite]http://ilpoliedrico.com/2014/04/ricerca-santo-graal-fisica-gravita-quantistica.html[/cite].
Innanzitutto occorre precisare che nessuno mai potrà vedere direttamente il Big Bang. L’evento più vicino al Big Bang che è possibile vedere direttamente è la Radiazione Cosmica di Fondo a microonde che altro non è che il fronte di quando l’Universo divenne abbastanza grande e freddo da permettere alla materia e l’energia di disaccoppiarsi quando l’Universo aveva appena 380 000 anni.
Si suppone che i fotoni generati dal Big Bang possano aver lasciato la loro orma su questo muro sotto forma di radiazione altamente polarizzata, ed è quello che si sta cercando di capire attraverso una mappatura estremamente accurata con vari strumenti sia in orbita che sulla Terra [cite]http://ilpoliedrico.com/2014/04/echi-lontano-passato-novita.html[/cite] [cite]http://ilpoliedrico.com/2014/06/echi-lontano-passato-incertezze.html[/cite].

Before the Big Bang Copyrigh: Iole Vaccaro Emozioni Grafiche in Movimento

Before the Big Bang
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Ma di tutto quello che accadde tra il Big Bang e il disaccoppiamento materia-energia è frutto di simulazioni matematiche basate sulle leggi fisiche conosciute e applicate a quelle condizioni particolari. Questo metodo consente di risalire a condizioni fisiche esistenti fino a poche frazioni di secondo a partire dal Big Bang. Ovviamente queste condizioni particolari della materia-energia nell’Universo primordiale sono state verificate con esperimenti della Fisica delle Alte Energie, quindi anche se poi alla luce di nuove scoperte scientifiche dovessero rivelarsi errate, è importante ricordare che comunque non sono semplici ipotesi campate in aria. Risolvere l’altra frazione di secondo è tutta un’altra storia; come ho detto occorre una nuova fisica che contempli sia la gravità classica che la meccanica quantistica in un’unica, nuova, struttura.
Di conseguenza non sappiamo nulla dell’istante in cui è nato l’Universo, sappiamo solo quello che è successo in seguito. La scienza si ferma qui, questo è il limite ultimo in cui uno scienziato può rispondere con sicurezza. Il resto sono solo speculazioni e congetture che esulano dalla scienza ed entrano nel campo della metafisica.

 Dopo questa importante premessa sui limiti dell’attuale scienza potremmo anche avviarci lungo un cammino per esplorare le varie risposte date da cosmologi, fisici e teologi che vanno da un ribollio caotico di nuovi universi in perenne nascita con leggi fisiche e dimensioni diverse fino al disegno intelligente di qualcosa che si pone fuori dalla creazione che di cui ne è anzi opera.
A questo punto il cammino per scoprire cosa c’era prima del Big Bang si fa incerto, senza l’appoggio di un bastone affidabile come la scienza, quale percorso scegliere? 


Note:

I catastrofismi di mezza estate

Sono diversi giorni che va in scena la favola del super brillamento solare, o evento Carrington , prossimo venturo.; tant’è che anche blasonate riviste scientifiche hanno abboccato, pur riconoscendo loro una correttezza nell’esporre i fatti che altre testate hanno tralasciato.
Un evento Carrington ha la probabilità di realizzarsi in media ogni 150 anni e la probabilità statistica che possa verificarsi di nuovo entro 10 anni è circa del 12%. L’ultima volta fu nel 1859 [cite]http://ilpoliedrico.com/2011/03/brillamenti-solari-e-tempeste-geomagnetiche.html[/cite]; da qui il teorema che tanto assilla in questi giorni d’estate.
Restando in tema catastrofico, ci si aspetta che il Vesuvio faccia un’eruzione di tipo pliniano da non so più quanti anni. Eppure continuano a costruire case fin quasi al cratere principale e, ci sono stato, scappare da lì è praticamente impossibile, ci sono pochissime strade che portano all’autostrada principale dopo un viaggio che normalmente richiede 40 minuti. Se dovesse accadere una eruzione pliniana al Vesuvio, i morti sarebbero milioni nel giro di molto meno tempo, mentre un evento Carrington potrà mettere in ginocchio forse un continente per un po’ ma non tutto il pianeta ….

Pulizie di primavera

183384_533430200007485_289387534_nUna lunga serie di ristrutturazioni nella piattaforma di hosting condiviso che ospita questo Blog e il suo gemello Progetto Drake ha comportato il disagio temporaneo dei giorni scorsi che aveva visto i due siti andare spesso in tilt.
Ne ho approfittato per mettere in ordine un po’ nel sistema e togliere alcune funzionalità lente e non più utilizzabili sostituendole con altre più performanti.
È il caso di Transposh, il sistema di autotraduzione che aveva cessato di funzionare da quando Google aveva bloccato le vecchie API gratuite per metterle a pagamento, mentre adesso il sistema di traduzione è affidato a Bing. È un po’ spartano ma non appesantisce il sito. Pare che il plugin della Microsoft lavori abbastanza bene e ora l’autotraduzione è disponibile anche su Progetto Drake.
Lo stesso dicasi per i bottoni di sharing: il sistema Shareaholic era molto pesante e faceva largo uso di files sparsi  su diverse piattaforme distribuite, un problema ad una di queste e il sistema ne avrebbe risentito pesantemente. Un nuovo plugin molto più leggero (tanto mica deve fare il caffè) svolge lo stesso compito con una grafica altrettanto deliziosa.
Infine, è tornata la capacità di lettura degli articoli sul Il Poliedrico, un ritorno alle origini che sicuramente apprezzerete e che ancora molti di Voi ricorderanno. Per ora questa funzionalità è limitata da 4 ore di lettura al mese, ma almeno gli ipovedenti saranno di nuovo felici. Pertanto invito coloro che non hanno particolari handicap di lasciare questa comoda funzionalità ha che ne ha davvero bisogno.
Anche passare a Progetto Drake e viceversa è facile: basta cliccare sul nome che appare nel menù di entrambi i siti, mentre ancora il Calendario Astronomico, ancora più veloce, è disponibile solo qui, su Il Poliedrico.
Infine la Images Gallery è stata spostata. Non più come galleria interna, pesante e piuttosto scomoda, ma adesso è su Flickr.com, dove è tutto molto più comodo.

Con tutte queste modifiche e migliorie la velocità di caricamento delle pagine di entrambi i Blog è velocissima, rallentata purtroppo dalla latenza dell’host condiviso che non è mio. Ma forse, magari col vostro aiuto, anche questo non sarà più un broblema.

Le veterane dello spazio: le sonde Voyager

Voyager2

Riproduzione artistica della Voyager 2. Credit: il Poliedrico

Voyager 1 e 2, così come Pioneer 10 e 11, si stanno avvicinando ai margini del sistema solare. Credit: NASA / Jet Propulsion Laboratory

Voyager 1 e 2, così come Pioneer 10 e 11, si stanno avvicinando ai margini del sistema solare. Credit: NASA / Jet Propulsion Laboratory

Sono passati 37 ani e le due sonde Voyager sono a oltre 17 ore luce da noi. Il loro segnale quando giunge sulla Terra è appena un miliardesimo di miliardesimo di watt. Eppure entrambe ancora oggi paiono in buona salute, tanto da far sperare che lavorino ancora per i prossimi 10 anni. Costruirle ha rappresentato una sfida ingegneristica incredibile e quasi irripetibile, con la tecnologia degli anni ’70 che oggi tutti riteniamo obsoleta.

L’epopea di una manciata di fotoni

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Baldacchino di S. Pietro

Credit: Il Poliedrico

Circa 15 milioni di anni fa nel nucleo del Sole, un gruppo di protoni riuscirono a superare la barriera coloumbiana di altrettanti loro simili fondendosi con questi.

\textsuperscript1H+\textsuperscript1H\textsuperscript2H+e\textsuperscript++νe

Il nucleo di ogni stella però è formato in più o meno egual numero dei protoni ($\textsuperscript{1}H$) anche da elettroni ($e$), un tempo legati insieme a formare atomi di idrogeno ($H$). Per questo i positroni ($e\textsuperscript{+}$) hanno una vita molto breve: appena prodotti incontrano un elettrone e … bang! si annichiliscono con questi producendo 2 bei fotoni gamma da 1,02 MeV.

e\textsuperscript++e\textsuperscript+2γ

Tutta questa energia viene assorbita dai protoni circostanti dando loro la forza necessaria per tentare di fondersi con altri protoni. Non sempre la fusione avviene e l’energia ricevuta viene riemessa per essere catturata da altri protoni, meno quella spesa nel tentativo di fondersi, è ovvio.
E così, con un lento processo di assorbimento e riemissione che può durare anche 15 milioni di anni, pian pianino i fotoni prodotti da quella lontana fusione raggiungono la superficie del Sole, stremati e spenti da quella fatica che è costata loro quasi tutta la loro energia 1.
Ma la loro strada non è ancora finita. Finalmente liberi dalla densa materia del Sole si tuffano giù in un’ultima folle corsa che dura poco più di 8 dei nostri minuti e si infrangono sotto i miei occhi sull’altare della Basilica di San Pietro, dopo aver attraversato le vetrate orientali della chiesa.

Sapere la natura del raggio di luce, come è nato e quando, comprendere la dualità onda-particella dei fotoni, la sua energia e tutto il resto, non svilisce la maestosità della scena che ho visto accadere sotto i miei occhi. Al contrario, me l’ha resa più bella e misteriosa nel suo accadere.
Tutta la scienza possibile può aiutarmi a comprendere come avvengono le cose che mi circondano; il perché io le possa osservare, no.

Buon Natale


Note:

 

Addio Margherita Hack, L’ Amica delle Stelle

Ho avuto modo di vedere Margherita Hack solo una volta, ad una conferenza organizzata dal locale circolo astrofilo (Unione Astrofili Senesi) sulla genesi stellare molti anni fa.
Sotto la semplicità della sua persona e l”inconfondibile accento toscano che le faceva da contorno, mi colpì il suo intelletto, capace di esporre argomenti difficilissimi con parole semplici, proprio come lei.
Non ho proprio parole per esprimere il vuoto che mi lascia dentro, così prendo in prestito le parole che Sabrina Masiero ha appena pubblicato sul suo Blog TuttiDentro.

Umberto Genovese

Margherita Hack

Margherita Hack, la grande astrofisica italiana, ci ha lasciati questa notte. Fonte Wise Society: http://wisesociety.it/wise-people/margherita-hack/

Doloroso per me scrivere questo addio ad una Grande Donna, Grande Scienziata, Grande protagonista della ricerca italiana degli ultimi settant’anni. Per me non è un vero Addio, è soltanto un GRAZIE PROFONDO PER QUANTO HA ISPIRATO LA MIA VITA E QUELLA DI MIGLIAIA E MIGLIAIA DI PERSONE.

Margherita, così voleva essere chiamata. Semplicemente Margherita. Anche se non sono mai riuscita a chiamarla così. Mi sfuggiva il Professoressa, per rispetto, per sincera ammirazione e grande orgoglio personale.

Il primo libro dove capii che il nostro Sole era una stella, la più vicina a noi, fu da un suo libro. Avevo una decina di anni. E così, dalle sue parole iniziai a sognare anch’io mondi lontani fino a trasformare quella passione in vero e proprio lavoro.

Sono stata fortunata ad incontrarla e a stare in sua compagnia per qualche ora al di là delle telecamere, al di là degli eventi pubblici. Diceva:

«Il compito della scienza è cercare di capire quali siano le leggi che regolano l’Universo senza ricorrere a Dio. Altrimenti sarebbe come se Dio ci desse da fare le parole crociate che tanto poi, se non si fanno, ce le spiega lui. »

Margherita Hack

Margherita Tino ed io

Margherita Hack firma autografi alla fine della Conferenza tenuta a Santa Maria di Sala il 13 marzo 2010 organizzata dal Gruppo Astrofili Salese Galileo Galilei di S. Maria di Sala, Venezia in occasione della XIII Mostra di Astronomia. Alla sinistra, il Presidente del Gruppo Astrofili, Tino Testolina, alla destra la sottoscritta. E’ stato un incontro indimenticabile per me. Crediti: S. Masiero.

Margherita Hack e il ciclismo

Margherita Hack e il suo grande amore per la bicicletta.
Crediti :http://bicisnob.wordpress.com/tag/margherita-hack/
Fonte immagine:http://bicisnob.files.wordpress.com/2012/02/hack-salvaiclisti.jpg?w=1014 .

Riguardo alle opportunità che ha avuto nella vita, se ha avuto le stesse oppurtunità di un uomo o meno, Margherita risponde:

Margherita Hack 2

Citazione di Margherita Hack e fotografia tratte da Venity Fair. Crediti: VanityFair.it –http://www.vanityfair.it/news/italia/12/10/30/margherita-hack-per-fortuna-sono-stata-choosy .

«Io problemi non ne ho mai avuti. Molto dipende anche dalle donne, che spesso sono complessate. Sono state educate fin da bambine a considerarsi diverse dagli uomini. Conosco parecchie coppie in ambito scientifico, marito e moglie che lavorano insieme. Spesso la donna è l’elemento trainante, ma quando si tratta di presentare un lavoro a un congresso mandano avanti lui. Sono poco combattive. A me ha aiutato lo sport. Impari a voler vincere». 

Margherita Hack.

Margherita_Hack

Fonte AfNews: http://www.afnews.info/wordpress/category/afnewskids/page/11/ . Fumetto-intervista di Valentina Camerini, pubblicata su Topolino 2854, disegnata da Paolo Mottura. Sito web: http://www.afnews.info/wordpress/2010/08/lalieno-casalingo-di-margherita-hack/

Nell’arte, vi suggerisco questo link dove potete trovare un olio su tela meraviglioso realizzato da Mauro Baroncini:  http://maurobaronciniarte.blogspot.it/2013/01/io-e-le-stelle-margherita-hack-olio-su.html .

Margherita ha ispirato tutti gli ambiti del sapere umano. Ci lascia un grande patrimonio culturale e una grande umiltà.

MargheritaHack_1

Margherita Kack a Padova, RadioOndaUno trasmette la diretta http://tuttidentro.wordpress.com/2012/08/02/margherita-hack-a-padova-radioondauno-trasmette-la-diretta/

Questo è stata l’ultima occasione in cui ho potuto parlare con Margherita. Intervenuta ad una conferenza tra Scienza e Fede, la sua dolcezza e il suo grande pensiero sono stati  strepitosi. 7 giugno 2012, Padova, Caffè Pedrocchi. Ringrazio Massimo Lombardi di RadioOndaUno per aver mandato in onda la diretta della presentazione e per avermi invitata.

Grazie, Margherita.

 


Altre informazioni disponibili su TuttiDentro dedicate a Margherita Hack:

Margherita, la stella più luminosa del nostro cielo:http://tuttidentro.wordpress.com/2010/03/14/margherita-la-stella-piu-luminosa-del-nostro-cielo/

Così parlano le stelle, così parla Margherita Hack:http://tuttidentro.wordpress.com/2010/03/12/cosi-parlano-le-stelle-cosi-parla-margherita-hack/

Margherita Hack al Caffè Pedrocchi a Padova:http://tuttidentro.wordpress.com/2012/06/07/margherita-hack-al-caffe-pedrocchi-di-padova/

Post inizialmente apparso su http://tuttidentro.wordpress.com/2013/06/29/addio-margherita-hack-l-amica-delle-stelle/

Castore & Polluce

Non capita poi spesso ma qualche volta mi stupisco anch’io. Come per questa foto ripresa nel bel mezzo del nulla, con il mio smartphone appoggiato sul tettuccio dell’auto e sorretto dal  portamonete.

Questa sera stavo percorrendo la mia solita strada ad un’ora piuttosto insolita – per me – per sbrigare una faccenda.
Bassa all’orizzonte, vividissima, appariva Venere rapendomi il mio sguardo. Non conto più le volte che ho osservato quella luce vividissima, al mattino, prima dell’alba, la sera subito dopo il tramonto fino a tardissimo quando è più lontana dal Sole. Ho persino visto la sua ombra, quando è più brillante che mai.
Così decido al ritorno di fermarmi a fotografare il fulgido pianeta, giusto per provare un nuovo programma di scatto sul mio smartphone che promette di regolare il tempo di esposizione.
Quello che vedete è il risultato: la risoluzione non eccelle, 1280 x 720 a lunga esposizione, ma 3200 ISO, apertura f/2,4 per una lunghezza focale di 4,48 millimetri e soprattutto ben 5 secondi di esposizione hanno fatto la differenza.

Così nella foto ho trovato Venere, Castore, Polluce e Capella. Una buona ripresa, non c’è che dire!

Breve storia dell’Universo

La storia dell'Universo. Credit:grandunificationtheory.com

La storia dell’Universo.
Credit:grandunificationtheory.com

Sono nato quasi 14 miliardi di anni fa, minuto più, minuto meno, nel nulla più assoluto: non c’era alcuno spazio intorno a me e nessun tempo da misurare, quelli li ho creati io.

Fu un gran bel botto ma non c’erano orecchie per sentirlo, non le avevo ancora create.
Nacqui pieno di energia, una energia ancora misteriosa che neppure il più potente acceleratore di particelle o il più massiccio quasar potrà mai ricreare.

Eppure nell’arco di appena una frazione infinitesimale di un secondo la mia energia scemò fratturandosi in quattro forze che sono l’una lo specchio dell’altra, tutte alquanto simili ma molto diverse tra loro, mentre momentaneamente mi espandevo più veloce della luce.
Subito dopo una parte della mia energia si  tramutò in materia e antimateria, che però non si sopportavano e scontrandosi si annichilivano. Ma tra le pieghe delle leggi con cui ero nato era nascosto il segreto che avrebbe permesso alla materia di uscire vittoriosa dallo scontro con l’antimateria.

Ne il primo, turbolento secondo la mia materia primordiale si raffreddò e si diluì nello spazio che via via stavo creando fino a che, dopo appena tre minuti, le mie particelle fondamentali si riunirono in particelle più complesse e in trecentomila anni in atomi.

Ora la materia increspava lo spazio curvandolo con il suo stesso  peso creando i presupposti per il mio aspetto attuale: enormi filamenti, ponti che attraversavano tutto lo spazio vuoto come il tessuto di una spugna. 

Dopo appena un miliardo di anni questi filamenti collassarono in gigantesche nubi, le protogalassie, che a loro volta si frammentarono in nubi più piccole che formarono le prime stelle.
Dai tempi in cui energia e materia erano unite tutto lo spazio risplendeva di luce blu, ma purtroppo ancora non c’erano occhi che mi potessero vedere.
Ben presto quelle magnifiche stelle blu esplosero disseminando tutto intorno a loro i semi che avrebbero costruito nuove generazioni di stelle e pianeti.

Finalmente in qualche angolo  remoto di me stesso, con quegli elementi che adesso erano parte di me, mi evolsi ancora una volta: in Vita.
Per la prima volta in 13 miliardi di anni stavo per prendere coscienza di me stesso. Avevo creato occhi per vedermi e orecchie per sentire il mio respiro. Un cervello per pensare e intelligenza per comprendermi. 

Intanto, continuo ancora ad espandermi ….

 

 

Carnevale della fisica n° 41, le conclusioni

Questo 41esimo Carnevale della Fisica improntato a “La Fisica e la saggezza contadina” è terminato. Il prossimo, il numero 42, avrà come tema “Personaggi e scoperte della Fisica moderna, da Planck e Einstein all’LHC” e sarà ospitato nel mese di aprile sul blog Scienza e Musica di Leonardo Petrillo a cui cedo il prestigioso testimone.
Per me è stata una così stimolante esperienza che invito tutti i bloggers scientifici a farla almeno una volta e non è detto che mi riproporrò di ospitare una delle prossime edizioni di questa straordinaria iniziativa.
E adesso p
ermettetemi questa digressione, anche se ovviamente sarebbe stato più opportuno parlare di fisica nel Carnevale della Fisica. Vorrei più in generale parlare di Scienza, vista la vastità dei temi trattati e le importanti riflessioni che questi stimolano. 

Perché, secondo l’opinion mia, a chi vuol una cosa ritrovare, bisogna adoperar la fantasia, e giocar d’invenzione, e ‘ndovinare

Galileo Galilei,
Contro il portar la toga

In fondo è proprio questo lo spirito della Scienza, ricerca scoperte e invenzioni sono state possibili solo quando come uomini abbiamo abbandonato la rozza e primitiva natura di animale e abbiamo iniziato a interrogarci sul “di là” delle cose. Così abbiamo scoperto il fuoco, la natura dei metalli e la ruota. Abbiamo “adoperato la fantasia”  e siamo riusciti a misurar le stelle, come ha scritto sul suo blog Dropsea Gianluigi Filippelli in Misurare le distanze celesti, a scoprire gli angoli più intimi della materia con il Large Hadron Collider in La natura ama nascondersi  – sempre di A. Filippelli, a studiare la natura più intima della materia come ci mostra Massimo Auci con SPECIALE BOSONE DI HIGGS: LE CONSEGUENZE su Gravità Zero, a inventarci cose sempre più straordinarie giocando con la luce come ci mostra Annarita Ruberto con i suoi interessanti contributi pubblicati su Scientificando su: La Femtofotografia: Il Mondo Ad Un Trilione Di Fotogrammi al secondo e in KM3NeT: Telescopio Sottomarino Per Neutrini Cosmici.

Vi chiederete cosa c’entri tutto questo col tema di questo Carnevale.  C’entra, perché è la volontà di superare i limiti naturali che conta, non chi li supera.
Ad esempio ora tutti noi diamo per scontato forse troppe cose, il frigo che mantiene freschi i nostri alimenti, l’energia elettrica nelle nostre case, i trasporti veloci, ma non è sempre stato così, almeno per quasi tutta la nostra storia su questo pianeta.
I nostri antenati avevano imparato a farsi le loro previsioni meteo giorno per giorno senza i supercomputer e i satelliti 1 che abbiamo imparato a costruire oggi, e senza quei preziosi strumenti come la radio e la televisione 2 che quotidianamente ci informano, semplicemente guardando il tramonto, come ci racconta Mauro Merlotti in Rosso di sera sul suo Zibaldone Scientifico. Blog che sfogliandolo – anzi vi invito a scorrere anche gli altri blog che qui cito, troverete cose altrettanto interessanti, ci regala altre perle simili come Equinozio di primavera e, giusto per rimanere in tema con la Pasqua, 118. … e la data della Pasqua?
logo-poliedrico1Sabrina Masiero di Tuttidentro ci racconta che fu un contadino appassionato di astronomia, Johann Georg Palitzsch, ad osservare il previsto ritorno della cometa di Halley la notte di Natale del 1758 nel suo Le comete e gli antichi, quando ancora si credeva – in verità qualcuno le teme ancora oggi – che le comete fossero fonte di sciagura e maledizioni.
Eppure proprio i contadini, i nostri avi, non erano solo depositari di saperi che solo oggi la scienza sa spiegare, ma seguivano regole del buon vivere in armonia con la natura che purtroppo oggi abbiamo dimenticato, come ci ricorda Rosa Maria Mistretta nel suo COME I CONTADINI PREVENIVANO LE FRANE… su La Scuola del Sapere. Non solo tecniche di prevenzione del degrado del territorio quindi, ma come dimostra Andrea Mameli nel suo Linguaggio Macchina con l’articolo Il verme tagliato perdona l’aratro. Ma non il trattore, l’incredibile sviluppo tecnologico applicato all’agricoltura senza alcun criterio scientifico è addirittura fonte di aberrazioni incredibili e inaspettate che soltanto oggi a quasi cent’anni dall’invenzione del primo trattore a combustione interna 3 iniziamo a comprendere.

Tutto questo ovviamente mi fa riflettere: cosa sono dunque il sapere, la conoscenza? Sono questi sinonimo di scolarizzazione e progresso?
Ecco quello che volevo mostrare quando ho scelto questo tema.
La scolarizzazione non previene la superficialità nell’affrontare i problemi della nostra esistenza come non è affatto vero che credere acriticamente in non meglio identificate influenze astrali degli oroscopi, nelle scie chimiche o nelle alchimie alternative sia sinonimo di mentalità progressista.
E qui si ritorna agli insegnamenti del Sommo Galileo, allo osservare e sperimentare, alla vera chiave della conoscenza scientifica.
Anche quando è impensabile verificare sperimentalmente una rivoluzionaria idea come la deriva dei continenti – ce ne parla su Gravità Zero Tiziana Brazzatti 4 nel suo ANCHE LA “SCIENZA” SBAGLIA: WEGENER E LA TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI – occorre reimparare a guardarsi intorno e sforzarsi di capire, come cercò di fare Darwin nel 1835 quando ipotizzò un possibile nesso tra  il terremoto del 20 febbraio 1835 in Cile, la precedente eruzione del vulcano Osorno a cui assistì e le naturali formazioni geologiche che aveva osservato esplorando le Ande durante il suo lungo viaggio col brigantino Beagle.
E la Saggezza Contadina in fondo è appunto questa: imparare a osservare e sforzarsi di capire il mondo che ci circonda, che esso sia un tramonto, una volta stellata o un mucchietto di uva appassita, come ho spiegato nel mio La scienza del vino dei miracoli su questo blog.

Quando esiste la volontà di superare il limite, di andare oltre le proprie conoscenze allora si fa della buona Scienza. A questo punto appare chiaro che perfino la scolarizzazione è solo uno strumento, un mezzo che ci aiuta a comprendere meglio le cose, non il fine ultimo della nostra esistenza.
Il grande astronomo Milton L. Humason aveva solo una formazione scolare primaria, eppure questo non gli impedì di assistere Edwin Hubble nelle sue ricerche cosmologiche e di essere un ottimo scienziato.
E così oggi scopriamo che Wegener amava i palloni aerostatici, che ci hanno tanto aiutato a comprendere la natura del mondo, e gli aquiloni, che sono sì giochi da bambini, ma anche strumenti di indagine degli straordinari fenomeni elettrici dell’atmosfera.
Giocattoli e giochi da bambini, come le stranote bolle di sapone con cui i nostri nonni hanno sicuramente giocato, pur non sapendo assolutamente niente dei complessi fenomeni fisici e chimici che danno origine alla loro straordinaria natura che sempre Annarita Ruberto narra nel suo articolo: Affascinanti Bolle Di Sapone E Tensione Superficiale.

Vedete? io ci vedo un nesso tra tutte queste storie che narrano di scoperte scientifiche, invenzioni, di tecnologia. Sono tutte frutto di chi ha saputo osare al di là delle proprie conoscenze, di chi ha saputo guardare il mondo con occhi di bambino come se lo vedesse per la prima volta. Higgs avrà forse immaginato la natura della massa delle particelle come se queste dovessero farsi strada nella gelatina, Wegener come se i continenti del Globo fossero le tessere di un puzzle, Einstein si ispirò per la Relatività Speciale immaginandosi a cavallo di un raggio di luce, mentre l’umile contadino avrà una volta accarezzato le messi al tramonto sicuro di una bella giornata per il dì successivo. Tutti loro hanno saputo guardare il mondo con occhi nuovi, lontani da qualsiasi forma di ortodossia che suggeriva loro di lasciar perdere.

ps. non credevo che arrivassero così tanti contributi per questa edizione del Carnevale che fino a pochi giorni fa temevo andasse deserta. E siccome non è mia intenzione non citarli, eccovi l’elenco completo di tutti i lavori che mi sono pervenuti in ordine di arrivo.
Spero che li leggerete come ho fatto io, sorseggiando un buon vinsanto invecchiato seduti comodi in una poltrona. Se poi non sapete come nasce il vinsanto, ve lo spiego nel mio articolo: