Riscaldamento globale o cambiamento climatico?

Osservate questa immagine

Il Sahara e il clima

con i suoi 9400 km2 è il più grande deserto della Terra, ma non è sempre stato un deserto: il clima del Sahara ha subito un’enorme variazione passando da un clima umido a uno estremamente secco più volte negli ultimi 100 mila anni. Durante l’ultima era glaciale, il Sahara era ancora più grande di quanto lo sia oggi. La fine del periodo glaciale portò più pioggia nel Sahara, nel periodo tra l’ 8000 aC e il 6000 aC, probabilmente a causa dell’instaurarsi di aree di bassa pressione dovute allo scioglimento dei ghiacciai europei.
Una volta che i ghiacci scomparvero, il nord del Sahara si asciugò. Nel sud del Sahara, però, la desertificazione fu contrastata dall’avvio di un regime monsonico, che portava pioggia più a nord rispetto a quella attuale. I monsoni sono dovuti al riscaldamento dell’aria sulla terra durante l’estate. L’aria calda sale e tira su aria fresca e bagnata dal mare, causando le pioggie.
La principale causa era dovuta ad una maggiore inclinazione dell’asse terrestre  rispetto a oggi, e in quel periodo il perielio avveniva alla fine di luglio.
Intorno al 3400 aC, l’area monsonica si ritirò a circa dove è oggi, provocando la progressiva desertificazione del Sahara. Questi cambiamenti climatici sono stati responsabili delle grandi migrazioni di flora e di fauna verso est conosciute anche come “Pompa del Sahara“,
Le principali migrazioni che interessarono la specie umana si riferiscono a:
* Homo erectus (ssp. ergaster) nel sud est e nell’est asiatico
* Homo heidelbergensis verso il Medio Oriente ed Europa occidentale
* Homo sapiens sapiens
Anche la diffusione delle lingue afro-asiatiche ( berbero e egiziano in Nord Africa e semitico alla Penisola Arabica e Medio Oriente) avvennero a causa di questi fenomeni migratori innescati dai cambiamenti climatici. In particolare quest’ultimo è conosciuto come evento 5,9 kiloyear ritenuto responsabile di notevoli influenze sulla storia e le società umane che si affacciano nel bacino del Mediterraneo.


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estensione dei ghiacci artici 2007- 2010 1

Il 19 settembre, il ghiaccio marino artico ha raggiunto il suo minimo per il 2010, una superficie di 4,60 milioni di chilometri quadrati.
Il  National Snow and Ice Data Center (NSIDC) ha riferito che nel 2010 il ghiaccio marino artico  ha  raggiunto il terzo valore più basso mai registato (Il minimo storico è del 2007,  con una superficie di 4,13 milioni chilometri quadrati)
Il contorno giallo è la media della  minima estensione del ghiaccio di mare raggiunta nel periodo 1979-2000. Rispetto alla media di lungo periodo, il ghiaccio del Mare del Nord tra l’Alaska e la Siberia orientale è stato particolarmente ridotto nel 2010.
Questa è una delle prove più tangibili che sia in atto un processo di cambiamento climatico nella nostra atmosfera. L’origine di questo fenomeno è tutt’ora motivo di dibattito.
C’è chi accusa le attività umane di essere le principali responsabili del cambiamento come molti ambientalisti e l’ex vicepresidente americano Al Gore, c’è chi parla di ciclicità naturali come molti  altri scienziati climatologi, o c’è chi insieme alle cause più naturali tipo l’attività solare, l’albedo della superficie del pianeta etc. unisce la sconsideratezza di alcune attività umane, come inquinamento atmosferico, deforestazione etc., come ad esempio faccio io.

Questo non è tenere un piede su due staffe, e ve lo spiego.
Le cause naturali responsabili che possono provocare un cambiamento climatico importante sono tante e  le variabili in gioco sono praticamente infinite e tutte interconnesse intimamente tra loro.
Abbiamo iniziato a comprenderle solo da pochi decenni: la circolazione termoalina degli oceani, la composizione atmosferica e i fenomeni vulcanici, la percentuale di luce riflessa dalle nubi, dal suolo, dal mare e dalle calotte polari, la desertificazione naturale e quella prodotta dall’uomo…, tutte singole voci che possono sembrare insignificanti o esagerate a seconda di quello che si vuole osservare, ma che invece dovrebbero essere scientificamente valutate assieme, e non indicate ora questa ora quella come responsabile di tutti i mali del mondo o la panecea per essi.
Ad esempio, le ipotesi che indicavano un calo dell’irradiazione solare durante i periodi di minima attività solare, potrebbe essere ridimensionate stando a questi studi, inficiando i modelli teorici sul clima fin qui studiati.  Questo indica che su un tema così delicato è impossibile fare previsioni certe e che le certezze (per alcuni) invalicabili di oggi, domani potrebbero non esserlo più alla luce di nuove informazioni. D’altronde questo è il bello della Scienza.

La prossima volta che vi sentirete dire che il cambiamento climatico in atto è una bufala degli scienziati catastrofisti o  un complotto malthusiano per sterminare tre quarti della popolazione mondiale,  ricordatevi di questa immagine.

Fonte: http://earthobservatory.nasa.gov/IOTD/view.php?id=46282

Carburante sintetico dall’anidride carbonica


Nel 1990 uno studente universitario di nome Lin Chao della Princeton University usò una cella elettrolitica con dei catodi di palladio e un catalizzatore chiamato piridinio (un sottoprodotto della raffinazione del petrolio) per costruire molecole di metanolo partendo dalla CO2 facendovi scorrere energia elettrica. I suoi studi furono pubblicati nel 1994, ma nessuno se ne era mai interessato, finora.
Nel 2003 Andrew Bocarlsky riprese interesse per quella scoperta mentre stava cercando un modo per limitare l’effetto serra dovuto all’accumulo di CO2 nell’atmosfera. La studente Emily Barton riprese da dove gli studi di Chao si erano interrotti utilizzando una cella elettrochimica che si avvale di un materiale semiconduttore utilizzato nelle celle solari fotovoltaiche per uno dei suoi elettrodi, riuscendo a usare la luce solare per trasformare la CO2 in carburante di base.
“Fino a pochi anni fa l’unico rimedio all’accumulo di CO2 era quello di seppellirla in profondità nei giacimenti petroliferi esausti, ma adesso con questa nuova tecnologia si aprono strade completamente nuove” -dice Bocarlsky -“prendendo la CO2, acqua, sole e il giusto catalizzatore si può generare un combustibile alcolico”.
Per sfruttare questa nuova e promettente tecnologia è stata creata anche una società per attrarre i capitali necessari: la Liquid Light.
“Prendi l’elettricità e l’idrogeno, li si combinano con le emissioni di CO2 e ottieni la benzina”, spiega Arun Majumdar, direttore della ricerca Advanced Projects Agency-Energy (ARPA-e) che sta studiando queste tecnologie, in una conferenza nel mese di marzo.  “Questo è come prendere quattro piccioni con una fava, cioè sicurezza energetica, i cambiamenti climatici, il deficit federale e, potenzialmente, la disoccupazione.”
“Quando queste nuove tecnologie arrivano alla fase commerciale, questi posti di lavoro finiscono sempre negli Stati Uniti”, sostiene Alan Weimer ingegnere chimico dell’Università del Colorado a Boulder, che sta lavorando su altri generatori di carburante solare.
Per questo genere di combustibili sintetici ricavati ‘usando l’energia solare, si è mossa anche l’US Air Force, tra i principali finanziatori di questi progetti.
Michael Berman della US Air Force Office of Scientific Research dice: “Il paese e l’Air Force, hanno bisogno di  fonti sostenibili e sicure di energia …. Dato che il sole fornisce l’energia sufficiente per le nostre esigenze, il nostro obiettivo è quello di avere un carburante a base di CO2 partendo dalla luce solare e acqua come prodotti di base per produrre un combustibile chimico che può veicolare l’energia solare  in una forma che possiamo usare dove e quando abbiamo bisogno “.

Tratto da Scientific American (articolo originale di David Biello, 23 settembre 2010)

 

Non voglio ripetermi sulle scelte scellerate di un’intera classe politica che riduce i fondi per la ricerca mentre aumentano gli sprechi e i clientelismi che producono altro debito pubblico. L’articolo è già eloquente con le voci dei protagonisti di queste ricerche. Vorrei però sottolineare la diversa mentalità di fare impresa al di qua dell’oceano e al di là. Un’industria automobilistica, ancorché storica ma decotta come la Chrysler non attraeva più i capitali americani necessari per sopravvvivere; c’è voluto l’intervento della Fiat italiana per continuare ad esistere. Però negli USA i capitali, i venture-capital come li chiamano loro, esistono. Per creare la Liquid Light i capitali sono stati trovati, magari molti meno che quelli necessari a finanziare una industria automobilistica pre-fallita, ma se l’idea di ricavare combustibile dalla CO2 funziona potrà dare centinaia di volte questi ultimi. In Italia, e continuo con Marchionne e la Fiat, quei capitali gettati per risollevare la Chrysler americana, avrebbero potuto essere investiti nel paese e per il paese con ricerca e società innovative. Quanto potrà durare il mercato dell’auto mondiale? 10, forse 20 anni ancora, se sarà lungimirante e punterà alla ricerca per continuare a rinnovarsi. Checché ne dicano i vertici Fiat, la Fabbrica Italiana Automobili Torino è sopravvissuta così a lungo solo grazie agli aiuti di Stato, elargiti in tutti i modi possibili e immaginabili da tutti i governi italiani: sgravi fiscali, cassa integrazione, incentivi alla rottamazione. L’Italia ha la fortuna di essere bagnata dal mare per tre dei suoi quattro lati: bene, il traffico marittimo non è mai stato potenziato per privilegiare il trasporto su gomma. La rete ferroviaria non è mai stata riammodernata dalla Seconda Guerra Mondiale, ad esclusione di ritocchi quasi puramente estetici. L’alta velocità ferroviaria in realtà è stata una presa per i fondelli agli italiani: linee nuove (!)  pagate dalla collettività almeno quattro volte che quelle di altri paesi per treni che viaggiano a 180-200 km/h, mentre il TGV francese opera sui 250 km/h su linee di 30 anni. Problemi di orografia? parliamone: Il Giappone, uno dei paesi col più alto rischio sismico del mondo, ha le sue linee ad alta velocità dal 1964 e i treni a levitazione magnetica che operano sui 400 km/h. Il celebre Avvocato Agnelli diceva che se andava bene la Fiat, andava bene anche l’Italia, io non ne sarei tanto sicuro..

Un altro incidente ad una piattaforma petrolifera a Vermilion Bay, Louisiana

The Coast Guard is reporting that they have responded to a rig explosion that happened 80 miles south of Vermilion Bay Thursday morning.

The accident reportedly happened around 8:00 a.m. Thursday morning. The Coast Guard was notified by Rotor Aircraft of a report of smoke and fire onboard the Vermillion Oil Rig 380.

The rig is reportedly owned by Mariner Energy which is based in Houston, with an office in Lafayette.

Reports say 13 people were on the rig, and they have all been accounted for. One was injured, but the other 12 are reportedly OK

fonte:

Oil rig explosion off coast of Vermilion Bay – KPLC 7 News, Lake Charles, Louisiana.

Ricerca di base per l’ambiente

C’è chi ancora pensa che gli scienziati del CERN (Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare) siano delle specie di talpe che vivono sottoterra a giocare con il destino del mondo con i loro acceleratori di particelle, che progettino di costruire buchi neri che inghiottano la Terra, che facciano ricerche blasfeme sulla Particella di Dio (il bosone di Higgs). Più semplicemente – e generalmente – c’è chi vede nella Scienza tutto il male possibile dell’uomo e  della sua natura autodistruttiva. Non è così, e vorrei un attimino spiegare il perché di quella Scienza con la lettera maiuscola: essa è figlia dell’intelletto e del ragionamento umano, al contrario della pseudo-scienza frutto dell’ignoranza e della superstizione che oggi è purtroppo tanto di moda.


Una striscia di Getter

Il CERN non è solo ricerca sui protoni, quark e affini: chi pensa che la ricerca di base sia una spesa inutile (come spesso la vedono gli ottusi responsabili dei bilanci statali e coloro che sono preposti a difendere l’istituto dell’istruzione fondamentale nel nostro paese) sbaglia: pensate se Tim Berners-Lee e Robert Cailliau nel 1989 avessero tenuto per sé le loro intuizioni e brevettato il World Wide Web: ora sarebbero arci-mega-pluri-fantastiliardari e vivrebbero in un deposito a Paperopoli, solo per fare uno dei più eclatanti esempi di invenzioni e scoperte che il CERN ha fatto dall’anno della sua fondazione.

Adesso una tecnologia che è fondamentale per lo studio delle particelle sta per rivelarsi importantissima nel campo delle energie alternative del solare termico, facendo fare a quest’ultima (spesso a torto considerata “il solare dei poveri”) un balzo enorme nella cattura dell’energia solare.
Una società di ingegneria civile ha recentemente iniziato ad utilizzare pannelli solari termici basati sulla tecnologia ultra alto vuoto sviluppato al CERN. In questi pannelli  le perdite di calore sono  state ridotte al minimo, consentendo ai fluidi vettori di raggiungere diverse centinaia di gradi anche in un ambiente con ridotta irradiazione solare, come ad esempio lo è il Nord Europa. A Ginevra infatti, lo scorso 15 giugno, la società di ingegneria civile Colas ha aperto un nuovo impianto di energia solare basato sulla tecnologia del vuoto del CERN. Si tratta di  un totale di 80 metri quadrati e funziona riscaldando circa 80.000 metri cubi di bitume a 180 gradi.

Questo è stato reso possibile attraverso l’uso della tecnologia dell’ultra alto vuoto  che viene usata al CERN all’interno degli acceleratori di particelle inventata dal fisico italiano Cristoforo Benvenuti, che ha sostituito il tradizionale nastro Getter con un film sottile di materiale Getter realizzato con speciali leghe metalliche messe a punto nei laboratori del Cern e  deposto su tutta la superficie interna delle camere da vuoto, tecnologia sviluppata prima per il LEP e poi adottata anche per l’LHC.

IL VUOTO DELL’LHC

Per realizzare il vuoto negli acceleratori di particelle, l’aria viene dapprima evacuata mediante normali pompe meccaniche. L’anello viene poi successivamente scaldato a 150 gradi per eliminare il vapore acqueo ancora presente sulle superfici interne. A questo punto restano da eliminare le molecole di gas (soprattutto idrogeno) che ancora  permeano le pareti. Durante il funzionamento dell’ acceleratore infatti, le pareti interne subiscono il violento bombardamento della luce di sincrotone, la quale produce un’ ulteriore emissione di gas che deve essere eliminato. Entra qui in gioco il nastro Getter  il quale cattura le molecole vaganti fissandole sotto forma di composti chimici stabili come ossidi, nitruri e carburi.

Cristoforo Benvenuti con la sua invenzione

La ridotta dispersione di calore  è ciò che rende questi pannelli solari  innovativi: per poter aumentare la temperatura d’esercizio è necessario ridurre al minimo la perdita di calore e il vuoto appunto è il miglior isolante termico che la natura stessa può offrire.  La luce diffusa o indiretta – che può rappresentare anche più del 50% del totale dell’energia solare disponibile nei paesi del Centro e Nord Europa, viene recuperata utilizzando un dispositivo riflettente costituito da due specchi cilindrici (vedi foto) e permette all’impianto di  creare vapore anche  in assenza di luce solare diretta.
Questa nuova tecnologia di costruzione dei pannelli solari potrebbe rivelarsi  interessante per le industrie che l’adotteranno, consentendo dei notevoli progressi nel contenimento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. In ogni caso, ci sono già i piani per estenderla a tutti gli impianti Colas in Svizzera. Tuttavia, è di minore interesse per l’uso abitativo civile: infatti questi pannelli solari producono acqua calda, ma a temperature molto elevate, fino a 300 gradi, quindi  per un semplice uso domestico è necessario che l’intero sistema venga semplificato e reso meno costoso.

alta marea nera

 Un dettagliato studio di modelli realizzato al computer e pubblicato il 3 giugno 2010 (ieri), indica che la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico potrebbe presto estendersi lungo migliaia di chilometri di costa atlantica e l’oceano aperto già questa estate. I risultati della modellizzazione sono colti in una serie di animazioni prodotte dal National Center for Atmospheric Research (NCAR) e collaboratori. L’articolo completo può essere letto a questo indirizzo.

Global Warming sui ghiacci polari

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ICESat 1 Cortesia NASA
Il ricercatore Thorsten Markus, del NASA Goddard Space Flight Center, ha utilizzato il satellite della NASA ICESat per monitorare lo spessore del ghiaccio marino intorno ai poli della Terra.Le misurazioni prima venivano effettuate mediante carotaggi e la loro precisione non era poi tanto accurata rispetto al monitoraggio satellitare.
I risultati da ICESat hanno dimostrato che da quando è stato lanciato nel 2003 (è stato spento all’inizio dell’anno, in attesa che venga lanciato il successore ICESat II), lo spessore del ghiaccio marino si è ridotto di oltre due metri diminuendo di oltre il 40 per cento durante questo periodo.
Il monitoraggio satellitare dell’ICESat funziona inviando impulsi laser da 600 km di altitudine e misurando il ritardo dell’impulso di ritorno dopo la riflessione della superficie, e consente misurazioni continue di appena due centimetri di scarto. Attraverso queste misurazioni è stato possibile determinare lo spessore e la variabilità stagionale dei ghiacci polari direttamente dallo spazio.
Il ghiaccio marino svolge un ruolo chiave nel sistema climatico terrestre: esso riflette la maggior parte della luce solare verso lo spazio, mentre l’acqua oceanica è molto scura e assorbe quasi tutta la radiazione incidente; pertanto, ogni variazione della copertura di ghiaccio marino ha un profondo impatto sul bilancio energetico globale.
2007-artic-ice-cap[1]
Variazione della Calotta polare Artica
dal 1979 al 2007

Quando il ghiaccio marino si forma, questo rilascia la maggior parte del suo sale nell’oceano. E l’aumento di salinità rende le masse d’acqua superiori dell’oceano più dense e pesanti, che sprofondando nel mare attivano un’immensa pompa di calore chiamata circolazione termoalina oceanica, che influenza fortemente il nostro tempo e il clima, come avevo già accennato in questo articolo: Meteorologia e riscaldamento globale.

I ghiacci si muovono grazie all’azione dei venti e delle correnti oceaniche. Quindi oltre che a fondersi localmente il ghiaccio marino artico va alla deriva nell’oceano, soprattutto nella parte orientale della Groenlandia. La quantità del ghiaccio marino artico che si disperde è immensa. Il risultato è che il ghiaccio più antico, che cioè si è depositato in più anni ed è anche quello più compatto e resistente, si è ridotto del 40 per cento dal 2003, diventando anche più mobile e, come accadde già nel 2007, può ancora succedere che i venti spingano gran parte del ghiaccio fuori l’oceano artico frenando così la circolazione termoalina della Corrente del Golfo provocando ondate di freddo intenso nell’emisfero nord.

Per 500.000 dollari in più.

Il Denaro è un Dio Pagano che tutto corrompe e che troppo spesso richiede barbari sacrifici umani ben peggiori di quelli delle antiche divinità pagane, in quanto il barbaro sacrificio si tramanda anche alle future generazioni, perché non si accontenta di spezzare poche vite in cerimoniali di poche ore, ma pretende l’idolatria  tutti i giorni per tutto l’anno tutti gli anni attraverso la sua icona che è il PIL, ad essa vanno sacrificate intere nazioni come ora la Grecia, interi popoli come quelli africani, l’intero pianeta con l’inquinamento.
Per il primo trimestre 2010, la BP (British Petroleum) ha appena annunciato un aumento del 135% dei suoi profitti, ossia 6 miliardi di dollari.

La BP non era direttamente proprietaria della piattaforma esplosa nel Golfo del Messico “Deepwater Horizon“, ma aveva un contratto di perforazione con la Transocean, la vera proprietaria della piattaforma e gli 11 morti nell’incidente erano suoi dipendenti. Anche qui una sorta di contratti e società che, come le scatole cinesi, limitano i costi e le responsabilità delle multinazionali, scaricando questi ultimi sui subappaltatori.

Il Presidente americano Obama ha detto che la BP è la sola responsabile e che per questo deve pagare; il Ceo di BP, Tony Hayward, ammette le responsabilità della BP e che la società rimborserà le spese di bonifica e i danni a persone e cose interessate, pur non riconoscendo l’incidente come proprio e opponendosi comunque a norme di sicurezza più severe. In una lettera diffusa infatti da ABC News, il vice presidente della BP America, Richard Morrison, ha scritto alla Minerals Manegement Service (MMS, l’ente per la gestione delle estrazioni del governo americano) che la società di opporrà ad una revisione restrittiva dei regolamenti estrattivi. Intanto già si stima che il costo dei danni ambientali raggiungerà  almeno i 2 miliardi di dollari, ossia un terzo dei guadagni del primo trimestre della BP.
Comunque la BP è stata multata più volte nel passato: nel 2003 ricevette una multa di 75.000 dollari per non avere adeguato la pressione dell’acqua in uno dei sistemi di protezione antincendio di una piattaforma e altri 80.000 dollari di multa per non avere inserito gli allarmi di sicurezza sui dispositivi ad alta pressione.
Nel 2005 fu ritenuta responsabile dell’esplosione della raffineria di Texas City che uccise 15 persone ferendone altre 170, venne multata con 135 milioni di dollari dal governo americano e risarcì i familiari delle vittime con 1,6 miliardi di dollari (quell’anno dichiarò un utile per 19 miliardi).
Nel 2006 fu anche indagata per l’inquinamento dei campi petroliferi di Prudhoe Bay in Alaska.
La stessa OSHA (l’Ufficio per la Salute e Sicurezza sul Lavoro) ha scoperto più di 300 violazioni alle norme di tutela della salute e dei regolamenti di sicurezzadei regolamenti nel 2005,  e ha multato la BP  per 21,4 milioni dollari, fino a quel momento la più grande nella storia dell’agenzia. Nel 2007, la BP è stata dichiarata colpevole per non aver scritto le linee guida in vigore presso le raffinerie e per esporre i lavoratori a emissioni tossiche ed è stata multata per 50 milioni di dollari.
“Le imprudenze di BP nel progetto Atlantis (quello per le estrazioni off-shore nel Golfo del Messico, nda) sono l’esempio manifesto del modo di cui un’impresa nega adottare anche gli standard industriali minimi in materia di sicurezza ambientalista e dei lavoratori”, dichiara l’ingegnere Max Sawer, per Truthout.
Dietro all’incidente intanto vengono fuori i primi gravi difetti della piattaforma, che vanno dalle saldature delle condotte sottomarine agli strumenti di controllo non conformi.
Tra l’altro il pozzo della Deepwater Horizon non era dotato di un particolare dispositivo di innesco acustico del BOP (blow-out preventer), un’accessorio alla valvola di sicurezza che ne permette la chiuura tramite un segnale acustico inviato da una nave; questo accessorio è obbligatorio negli impianti off-shore di Norvegia e Brasile e costa 500.000 dollari, ma nel ’92 l’amministrazione Bush sr. permise l’autoregolamentazione alle compagnie petrolifere togliendo le supervisioni federali e questo è il risultato, ma non l’unico.
Una relazione del 1999 sempre dell’MMS, fatta dalla senatrice democratica Maria Cantwell di Washington, ha dimostrato che nel periodo di due anni intorno alla fine del 1990 ci furono 117 fallimenti di valvole BOP.

Comunque senza andare troppo indietro nel tempo tra l’agosto e il novembre 2009 c’è stato un’altro grave incidente a un’altra piattaforma off-shore, la West Atlas, nel mare di Timor, fra l’Australia e le Filippine, che ha scaricato (si stima) dai 10.000 ai 30.000 metri cubi di petrolio creando una chiazza di di petrolio 6.000 chilometri quadrati  che ha raggiunto le acque indonesiane. Gli agricoltori di alghe indonesiani e i pescatori a Timor Ovest riferirono che la catastrofe abbia distrutto il loro raccolto e ridotto la pesca fino all’80%. Anche lì,  sono occorse 11 settimane e una nuova trivellazione per fermare la marea nera. Ancora una volta una BOP senza il dispositivo d’azionamento acustico ha fallito.

Quindi, ovunque
ci sia in ballo il denaro e il potere che da esso deriva, l’obbiettivo è quello di portare a casa il massimo dei profitti, anche quando questi vanno a scapito delle più elementari norme di sicurezza ambientali e personali:
questo, Signore e Signori,  è il Capitalismo.

Domani ci sarà sempre un’altra alba.

Una bellissima alba colorata o un bel tramonto rosso vermiglio può essere il frutto delle polveri del vulcano Eyjafjallajökull ma anche degli incendi tropicali, degli scarichi delle auto e di tutte le altre fonti di inquinamento. Forse anche dell’estremo tentativo di salvare le coste della Louisiana dalla marea nera che fuoriesce continuamente dalla piattaforma petrolifera affondata nei giorni scorsi nel Golfo del Messico incendiando il petrolio.
Questa piattaformaè affondata certamente per un Errore Umano, sì avete capito bene: Errore Umano. L’errore fisico, ultimo, che ha portato alla deflagrazione non so come sia accaduto e francamente non mi importa. L’Errore Umano c’è quando per puro profitto, convenienza o per inazione si violenta l’Ambiente.
Nella tradizione buddista quando qualcuno muore le cerimonie di commemorazione si protraggono per molto tempo. Si chiamano Hoji, ma non sono dei servizi commemorativi come le nostre funzioni. In giapponese Hoji significa “via dell’insegnamento” e serve a insegnare il concetto di interconnessione tra le cose e gli eventi, l’uno precede o ne è conseguenza di un altro gesto e così via. Diversamente da altre religioni, in cui i credenti possono usare Dio come un capro espiatorio a cui attribuire ogni genere di catastrofi, nel buddismo vi è un forte senso di responsabilità personale per  l’interconnessione delle cose. Cosa altrettanto importante, si insiste sul senso scientifico sulle leggi della causalità e non attraverso il misticismo soprannaturale proprio delle superstizioni.
Quindi quello che noi occidentali dovremmo imparare dalla filosofia buddista è che ogni nostro singolo gesto, ogni nostra singola scelta porta ad altre conseguenze, magari inattese, ma di cui invece dovremmo magari un giorno render conto.
L’inquinamento ambientale è il prodotto finale delle nostre richieste e le nostre scelte, e la quantità di questo iniettato nell’atmosfera impallidisce in confronto alla polvere vulcanica del vulcano islandese, i danni ambientali prodotti dalla macchia di greggio, fuoriuscita dalla piattaforma esplosa, sotto la superficie del mare comprometteranno la quantità e la salubrità dei frutti di mare negli anni a venire e queste conseguenze influiranno a loro volta sulla vita di altre specie che adesso non prendiamo neppure in considerazione.
Sul nostro pianeta, esseri viventi e sistemi non viventi sono interconnessi, Volenti o nolenti la nostra simbiosi con l’ambiente che ci circonda è totale, solo che ce lo siamo volutamente dimenticato.
Come dice il detto comune “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, è così che ci comportiamo quando si tratta di danni ambientali. La maggior parte di noi esprime preoccupazioneper l’ambiente quando accade qualcosa, ma col passare dei giorni l’attenzione dei media scompare e ci si dimentica del disastro, abbiamo una memoria troppo corta. Non ci rendiamo conto che ogni grande catastrofe ambientale, così come spesso quasi ogni nostra azione quotidiana ha un cartellino col prezzo da pagare nel lungo periodo, un po’ come il “prendi oggi e paghi a rate fra un anno”. Gli effetti a catena che si ripercuotono sia attraverso i sistemi viventi che quelli non viventi possono essere piccoli o non misurabili singolarmente, ma prima o poi portano sempre indietro la loro cambiale.

Così la prossima volta che ci godremo un’altra alba o un tramonto, o che ascolteremo il canto di un uccello, o oppure  che respiriamo, ripensiamo agli infiniti punti di contatto che abbiamo col nostro pianeta e a quanto effimeri siamo nei suoi confronti. Facciamo un Hoji personale, torniamo ad apprendere dal mondo che ci circonda. Non nascondiamo la testa sotto la sabbia continuando ad ignorare la realtà delle conseguenze delle nostre scelte e delle nostre azioni.

Vulcani protagonisti della Storia

In questi giorni tutti parlano della poderosa eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull (per  chi non conosce l’islandese si pronuncia ay-yah-fyah’-plah-yer-kuh-duhl) e delle conseguenze economiche legate allo stop dei voli sui cieli d’Europa conseguenti alla nube di cenere e zolfo emessi; pochi sanno invece di quanto possano essere importanti le conseguenze geopolitiche di un’eruzione vulcanica.

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A sinistra l’immagine  del Vulcano Eyjafjallajökull ripreso
in luce visibile e a destra nell’infrarosso il 17 aprile 2010
dallo strumento Hiperion a bordo del NASA Earth Observing-1
Crediti: NASA/JPL/EO-1 missione EO-1/GSGC/Ashley Davis

Per otto mesi il gruppo vulcanico Laki situato nel sud dell’Islanda eruttò lava e gas velenosi dall’8 giugno 1783 al febbraio 1784, devastando l’agricoltura dell’isola e la sua economia. Si stima che circa un quarto della  popolazione sia morta per l’ondata di carestia susseguente.

Allora, come oggi, gli effetti dell’eruzione più importanti furono quelli su vasta scala. In Norvegia, Paesi Bassi, le Isole Britanniche, Francia, Germania, Italia, Spagna, in Nord America finanche in Egitto, l’eruzione del Laki ebbe le sue conseguenze, come la nebbia di polvere e particelle di zolfo rilasciate dal vulcano su gran parte dell’emisfero settentrionale.
Le navi rimasero ormeggiate nei porti per molti giorni a causa dei banchi di nebbia. Le colture agricole furono colpite dalle conseguenze del fall-out dell’eruzione continua che coincise (o ne fu l’effetto) con un’estate insolitamente calda. Un pastore, il reverendo Sir John Cullum, scrisse alla Royal Society che le coltivazioni di orzo «sono diventate marrone e appassite … così come le foglie di avena, la segale ha l’aspetto di essere ammuffita».
Il naturalista britannico Gilbert White descrisse nella sua Storia Naturale di Selborne l’estate come «incredibile e portentosa… la foschia peculiare, o nebbia fumosa, che ha prevalso per molte settimane in questa isola, e in ogni parte d’Europa, e anche oltre i suoi limiti, è stato un aspetto più straordinario, a differenza di qualsiasi cosa conosciuta a memoria d’uomo.
Il sole, a mezzogiorno sembra vuoto come una luna offuscata e getta una luce color ruggine ferruginosa a terra… ma è particolarmente lurido e color sangue al sorgere e tramontare. Allo stesso tempo il calore è così intenso che la carne da macello non può essere mangiata il giorno dopo che è stata uccisa e le mosche sciamano così nei vicoli e le siepi che rendono i cavalli frenetici… la gente di campagna ha cominciato a guardare con un timore superstizioso al rosso, lurido aspetto del sole».
Sembra quasi che il curato White descriva l’Inferno o perlomeno uno degli incubi peggiori.
Dall’altra parte dell’Atlantico, Benjamin Franklin scrisse di «una nebbia costante per tutta l’Europa, e gran parte del Nord America».
In contrapposizione all’estate particolarmente torrida, l’inverno successivo fu insolitamente duro, con conseguente allagamento primaverile mietendo ancora più vite. In America, il Mississippi congelò a New Orleans.
Si suppone che l’eruzione abbia interrotto il ciclo dei monsoni asiatici, provocando un’ondata di carestia in Egitto. Alcuni storici ambientali hanno inoltre sottolineato come le disfunzioni nelle economie del Nord Europa, come la povertà alimentare sia stata un fattore importante nella Rivoluzione Francese del 1789.
Quindi non è solo il blocco dei voli in Europa a preoccuparmi, ma le conseguenze climatiche che si vedranno a partire nei prossimi mesi e ribadisco ancora una volta di più, come già accennai nell’altro mio articolo Meteorologia e riscaldamento globale, che l’idea del premio Nobel Crutzen di inondare la stratosfera con lo zolfo, che pare il vulcano abbia esaudito, sia stupida, appunto per le capacità chimiche che ha lo zolfo nell’intaccare la fascia di ozono del pianeta che per le piogge acide che potrebbero devastare  l’economia agricola di un intero continente.