Marte e Terra: quella sottile linea rossa

Agli inizi della sua storia, il Sistema Solare fu teatro di episodi infinitamente più violenti anche del noto meteorite che 65 milioni di anni fa sterminò i due terzi di ogni forma di vita sul nostro pianeta. Lo scontro della Terra primigenia con un corpo grande quanto Marte (Theia) generò —per nostra fortuna — la Luna [1]. Poco dopo, un’altra collisione violenta tra Marte e un corpo grande quasi quanto la Luna fu probabilmente causa della peculiare orografia del Pianeta Rosso, e anche una delle conseguenze dell’Intenso Bombardamento Tardivo suggerito dalle esplorazioni Apollo.

L’altimetria di Marte rispetto a una mediana arbitraria. l’emisfero settentrionale appare come una enorme depressione.

Da quasi mezzo secolo ormai, la topografia di Marte è più o meno altrettanto nota di quella terrestre. Infatti sono del 1965 le prime immagini riprese dall’orbita marziana dal Mariner 4 a cui seguirono con discreto successo altre sonde, rover e satelliti.Tenendo conto di una media delle diverse altezze della superficie del pianeta, vien fuori che l’emisfero settentrionale è decisamente più basso dell’emisfero opposto, tanto che è stato supposto che 3,5 miliardi di anni fa potesse essere un unico vasto ma poco profondo oceano [2].

La dicotomia marziana

Questa è nota come la Dicotomia Marziana, e fin dalla sua scoperta ha tolto il sonno dei tanti planetologi che cercavano di spiegarla. Nel 1984 venne elaborata una teoria che prevedeva un unico grande impatto con un grande corpo celeste delle dimensioni comprese tra i 1500 e i 2700 chilometri (ossia tra le dimensioni di Plutone e quelle della Luna) proprio sull’emisfero settentrionale [3] [4] con un angolo compreso fra i 30 e i 60 gradi, circa 4 – 4,5 miliardi di anni fa. Come conseguenza del cataclisma, Marte avrebbe perso anche una buona parte della sua prima atmosfera.
Tesi interessante: ma l’impatto avrebbe dovuto rilasciare abbastanza calore nel mantello superiore da generare una catena di vulcani. Quattro miliardi di anni di erosione potrebbero spiegare la scomparsa dei segni dell’impatto come i bordi e il materiale piroclastico, ma non l’assenza di vulcani, che invece sono abbondanti nell’emisfero australe. 

Nel 2014 si affacciò una curiosa variante di quella stessa teoria, senonché l’impatto con il corpo celeste potrebbe essere avvenuto nell’emisfero opposto [5][6].
In questa nuova espressione, l’impatto dette origine a un oceano di magma emisferico che raffreddandosi dette origine ai noti altopiani meridionali e alla conseguente dicotomia marziana. Inoltre esso avrebbe arricchito il nucleo marziano di una notevole quantità di ferro. La conseguente anomalia termica profonda sarebbe all’origine del vulcanismo negli altopiani meridionali e nella fascia equatoriale del pianeta. 
Se da un lato l’eccesso di attività vulcanica avrebbe avuto il pregevole effetto di restituire al pianeta una consistente atmosfera, da l’altra un minore gradiente termico tra mantello e nucleo provocato da questa anomalia termica avrebbe finito per raffreddare e far solidificare quest’ultimo, provocando quindi la scomparsa del campo magnetico planetario [7] ed esposto la nuova atmosfera appena rigenerata dall’attività vulcanica alla tremenda erosione del vento solare che di fatto l’ha cancellata. 

L’intenso bombardamento tardivo

Tra il 1969 e il 1972 le missioni Apollo portarono sulla Terra molti campioni di suolo lunare. Dall’analisi di questi si scoprì che la Luna, e di conseguenza deve esserlo stato anche il Sistema Solare Interno, fu interessata da un massiccio bombardamento asteroidale tra i 2,5 e i 3,9 miliardi di anni fa [8][9].  Questo cataclisma oggi è conosciuto come Intenso Bombardamento Tardivo. La distribuzione delle dimensioni e la frequenza degli impatti sulla Luna suggeriscono che tale fenomeno sia stato così imponente da interessare anche il pianeta Mercurio.  Ci sono diverse teorie che cercano di spiegare l’IBT: dalla migrazione di Giove alla sua attuale orbita causata da una risonanza orbitale con Saturno di 2:1 fino alla formazione tardiva dei due pianeti giganti esterni che avrebbero scombussolato le orbite di oggetti transnettuniani accelerandoli in orbite più eccentriche. Altre teorie chiamano in causa un ipotetico quinto pianeta — che sarebbe poi finito nel Sole — dopo aver portato scompiglio nella fascia di asteroidi  principale.
Io credo che la prima sia la migliore: la stragrande maggioranza dei corpi transnettuniani non possiedono significative quantità di elementi pesanti e sono composti perlopiù da ghiaccio d’acqua e metano;  sono in sostanza delle comete e nessuna di queste avrebbe potuto arrivare a spegnere il debole nucleo fuso di Marte come in effetti pare sia avvenuto. Inoltre Marte potrebbe essersi formato molto più in là e solo dopo la migrazione (10^5 anni) di un Giove — più piccolo di oggi — attraverso il Sistema Solare [cite]https://arxiv.org/abs/1602.06573[/cite] avrebbe spostato Marte verso orbite più interne e dato origine all’odierna fascia di asteroidi ricca di silicati e ferro; zona da cui più probabilmente poi sarebbe provenuto l’asteroide che ha colpito Marte.

Conclusioni

In un sistema dinamico complesso come un sistema planetario non è possibile immaginare che un singolo evento da qualche sua parte non sia legato a qualcos’altro da qualche altra parte. La formazione del sistema Terra-Luna, la Dicotomia Marziana, l’acqua sulla Terra e tanti altri eventi e situazioni oggi date per scontate, hanno tutte un motivo per essere come le osserviamo.  La linea temporale che descrive gli eventi del primo Sistema Solare è piuttosto complessa e merita un articolo tutto per sé, per questo vi dico che la narrazione di questa storia non termina qui.

L’effetto Shapiro e le teorie MOND

Il 17 agosto del 2017 è uno spartiacque nella storia dell’astronomia, ma soprattutto della cosmologia. È un momento che potremmo paragonare alla scoperta dell’inconsistenza della teoria dell’Etere Luminifero o quella della fine dell’universo statico sia nel tempo che nello spazio. Ma comunque, è ingiusto adesso pensare che l’aver speso tempo ed energie a studiare e proporre teorie della gravitazione che andassero al di la della Relatività Generale sia stato inutile. In fondo anche l’opera di Einstein appariva inutile visto che già c’era la Teoria di Gravitazione di Newton e che pareva funzionare quasi alla perfezione. Il tempo speso a meditare cose nuove o a vedere cose vecchie con spirito nuovo non è tempo buttato ma il sale della scienza.
E a chi afferma che di scienza si debbano occupare esclusivamente gli accademici, vorrei ricordare Milton Humason, collaboratore di Edwin Hubble e che insieme al celebre astronomo scoprì l’espansione dell’Universo, frequentò la scuola fino a 14 anni; Michael Faraday, uno dei padri dell’elettromagnetismo, era nato poverissimo e divenne garzone di bottega a 13 anni, fino a che a 23 anni non divenne assistente e cameriere di un professore di chimica:  Sir Humphry Davy. E potrei continuare all’infinito: Guglielmo Marconi era un autodidatta, proprio come me; Konstantin Ciolkovski, uno dei padri del volo coi razzi, anche lui era un autodidatta.
La scienza non è di nessuno, è di tutta l’umanità e soprattutto, non ha caste.

La prima e indubbiamente più eclatante previsione della Relatività Generale di Einstein fu quella relativa alla deviazione della luce delle stelle in presenza di oggetti dalla massa così enorme da piegare letteralmente lo spazio.
La conferma del fenomeno la fornì nel 1920 l’astronomo inglese Sir Arthur Eddington quando pubblicò i risultati delle sue osservazioni svolte durante l’eclissi totale di Sole del 1919. Qui è la distorsione dello spazio-tempo causata da una grande massa a flettere il percorso di un raggio luminoso. È il principio su cui si basano le lenti gravitazionali che ci consentono di veder le altre galassie dietro alla linea di vista di una galassia più vicina.

L’effetto Shapiro

Ma non di meno, una distorsione dello spazio-tempo causata da una massa ha anche un altro importante, e soprattutto misurabile, effetto: un ritardo temporale, conosciuto come effetto Shapiro [10].
Quando un segnale luminoso (ad esempio un segnale radar) passa vicino ad una massa importante impiega un po ‘più di tempo per colpire il bersaglio e tornare indietro rispetto a quando la suddetta massa non è presente. Tale ritardo di tempo è prodotto dalla distorsione dello spazio che aumenta la lunghezza fisica del percorso. Questo non è l’effetto della dilatazione temporale dovuta al pozzo gravitazionale (redshift gravitazionale) e anche se spesso i due effetti sono confusi fra loro, è proprio un’altra cosa [11].

Una delle prime immagini di Doppler di Venere fatta con un interferometro radar, le antenne Haystack e Westford in tandem, nel 1967. Sono riconoscibili le regioni Alpha e Beta, e la complessità di quest’ultima. Tener conto dell’effetto Shapiro è stato fondamentale per ottenere questo risultato. Credit: Alan EE Rogers.

Quando negli anni ’60 furono esplorati gli altri pianeti come Venere e Mercurio coi radar dalla Terra, fu assai importante tenere conto dell’effetto Shapiro per ottenere le prime immagini del suolo di quei pianeti: il ritardo del segnale radio causato dalla massa del Sole era sì piccolo, appena 200 microsecondi per Venere,  ma importante.
Lo stesso discorso vale per ogni altro segnale luminoso che viaggia nell’Universo. Se idealmente depurassimo ogni segnale luminoso dai redshift gravitazionali, i moti intrinseci dovuti dalla sorgente e dall’osservatore e da quello dell’espansione universale, quel che rimane è il ritardo temporale causato dall’effetto Shapiro, che è espressione indiretta delle distorsioni dello spazio causate da tutta la massa cosmologica presente tra la sorgente e l’osservatore. La massa cosmologica in questo caso è intesa essere la somma della massa barionica più il contributo della materia oscura, rilevabile esclusivamente dalla distorsione della metrica spazio-tempo. La certezza che la distorsione dello spazio-tempo sia dovuta a entrambe le due componenti viene dalle analisi del confronto delle radiazioni elettromagnetiche e il flusso di neutrini rilevato nell’occasione della supernova SN1987A [12] e altri studi sulle pulsar millisecondo  [cite]https://arxiv.org/abs/1210.1167[/cite].

Ma torniamo per un attimo al magico anno 1915. Fino a quel momento si era pensato alla gravità come una forza che agisce istantaneamente tra due corpi [13]. Se il Sole fosse misteriosamente scomparso dal Sistema Solare, i pianeti avrebbero immediatamente preso a girovagare nello spazio per la tangente, in virtù del principio di conservazione della quantità di moto. Per la Relatività invece, la gravità è concepita come una distorsione dello spazio-tempo: l’orbita di un corpo appare ellittica perché lo spazio in cui esso si muove è curvo. Nel tal caso i pianeti avrebbero continuato a percorrere le loro orbite finché lo spazio-tempo per loro non si fosse disteso: per esempio per la Terra questo accadrebbe dopo soli 500 secondi, per Giove dopo 43 minuti. Questo perché le le distorsioni nella metrica dello spazio, come lo sono anche le onde gravitazionali, si muovono alla velocità della luce [1.  La simmetria di Lorentz implica che tutto ciò che non è dotato di massa si propaghi nel vuoto alla velocità della luce e questo vale anche per le onde. Tuttavia quando un mezzo è presente, questa simmetria viene violata spontaneamente e anche le velocità di propagazione possono essere diverse. Pertanto, in virtù di questo principio, nella Relatività Generale ogni alterazione dello spazio-tempo viaggia — nel vuoto —  alla massima velocità possibile per un’onda priva di massa: la velocità della luce c. ] e che quindi risentono della presenza di tutto ciò che può alterare lo spazio, ossia di tutta la materia ordinaria e di quella che oggi etichettiamo come materia oscura.

Le teorie MOND

Le teorie MOND sono una classe di teorie che tentano di spiegare la curva di velocità delle galassie assumendo che le Leggi di Newton non siano corrette se interpretate su scala galattica.

Ogni tentativo di conciliare la Relatività Generale con la Meccanica Quantistica è finora sempre fallito. È però apparso evidente fin da subito che una Teoria del Tutto avrebbe richiesto di passare per una riscrittura del concetto di gravità, che per la Relatività Generale è intesa come una distorsione nella metrica spazio-tempo piuttosto che come particella. Negli anni sono state tentate vie come la Teoria delle Stringhe, le Teorie M-Brane, suggerito nuove forze intese come tensori metrici che modificano la geometria dello spazio-tempo su scala cosmologica e dimensioni extra nel tentativo di spiegare certe anomalie che apparivano dai dati raccolti da nuovi e sempre più raffinati strumenti e da nuove scoperte riguardanti concetti come la Materia Oscura [14], l’Inflazione  post Big Bang e l’Energia Oscura 1.
Però intanto anche i test finora proposti hanno sempre mostrato che la Relatività Generale non è affatto facile da sostituire. L’unica soluzione possibile pare essere quella in cui il formalismo della Relatività Generale appare come caso speciale in un nuovo schema più fondamentale della Gravità allo stesso modo in cui il formalismo della Gravità di Newton appare all’interno della Relatività Generale. 
Le teorie che tentano di spiegare la piattezza delle curve di rotazione delle galassie senza ricorrere a nuove forme di materia esotica sono conosciute come Teorie MOND (MOdified Newtonian Dynamics), dette anche emulatori di materia oscura. Per questa classe di teorie sono le leggi della gravitazione di Newton (e quindi per estensione anche la Relatività Generale) a essere in errore  quando si tratta di piccolissime accelerazioni su scala galattica e comunque molto al di sotto di quello che oggi possiamo sperimentare all’interno del Sistema Solare.

La rivoluzione delle onde gravitazionali

Per le Teorie MOND le onde gravitazionali (in viola) percorrerebbero geodetiche molto diverse rispetto alla loro controparte elettromagnetica (in giallo) in quanto l’effetto Shapiro è molto diverso. Credit: Il Poliedrico

Il 17 agosto scorso la scoperta del primo segnale gravitazionale associato a un evento visibile (GRB 170817A), una kilonova 2  fu una scoperta grandiosa. Essa permise di misurare esattamente l’intervallo tra due tipi molto diversi di emissioni dello stesso evento: l’onda gravitazionale e l’impulso gamma scaturiti entrambi dalla coalescenza di una coppia di stelle di neutroni. Il dato fu molto interessante:1,74 secondi tra l’arrivo del treno di onde gravitazionali e il primo impulso elettromagnetico gamma.
Un niente se paragonato alla scala della distanza percorsa, 130 milioni di anni luce. Inoltre la differenza temporale tra i due eventi non ha in sé niente di trascendentale; anzi. Le onde gravitazionali hanno avuto origine pochissimi istanti prima della coalescenza delle due stelle di neutroni, quando cioè i due oggetti stavano cadendo l’uno sull’altro nella loro danza cosmica sempre più vorticosa. L’impulso gamma invece si è generato al contatto, quando cioè i due oggetti sono diventati uno solo. Ecco spiegato il ritardo tra i due impulsi: il GW170817 e il GRB170817A. Questo ci dice che entrambi gli impulsi hanno percorso i 130 milioni di anni luce alla medesima velocità.
Per la Relatività Generale, sia le onde gravitazionali che le elettromagnetiche percorrono le stesse geodetiche, ossia affrontano lo stesso percorso attraverso lo spazio-tempo. Per le teorie MOND invece le geodetiche percorse dai due tipi di onde sarebbero state molto diverse. Questo avverrebbe perché per loro la forza gravitazionale è intesa agire in modo assai diverso, essendo per questa classe di teorie la curvatura di potenziale gravitazionale dovuta esclusivamente dalla materia barionica ordinaria, lasciando tutto il resto alla reinterpretazione della gravitazione. In altre parole in base alla loro interpretazione, non essendo più la gravità una costante, di conseguenza finirebbe per non esserlo neppure il percorso delle onde gravitazionali rispetto alla luce. Pertanto se fossero state in qualche modo vere le basi delle teorie MOND avremmo dovuto registrare l’arrivo delle onde gravitazionali dell’evento GW170817 centinaia di giorni prima dell’evento elettromagnetico GRB170817A (e ovviamente a questo punto anche gli eventi avrebbero avuto nomi diversi).

Con l’aver registrato la sostanziale contemporaneità dell’evento gravitazionale con quello elettromagnetico si ottiene un altro punto fermo a cui ogni altra teoria alternativa o successiva alla Relatività Generale — ad esempio una Teoria del Tutto — deve per forza soggiacere per essere coerente con l’Universo che osserviamo. Di fatto questa osservazione contraddice in pratica ogni teoria che cerca di spiegare gli effetti che oggi attribuiamo alla materia oscura con una modifica delle leggi di gravitazione. Ma non solo. Anche ogni altro tentativo di spiegazione dei fenomeni che oggi osserviamo e i modi con cui tentiamo di spiegare l’Universo e come esso è nato, dovranno tener conto anche di questo importante paletto. 

 

Kilonova

No, una kilonova non è è una nova che si vende al mercato un tanto al chilo come si fa con le aringhe. E neppure è una miniera d’oro come alcuni roboanti titoli delle scorse ore, quelle seguenti l’annuncio della scoperta della prima controparte ottica di una sorgente di onde gravitazionali — anche questo è un termine alquanto impreciso in quanto tutti gli oggetti dotati di una grande massa che si muovono nello spazio in qualche modo lo sono —  hanno cercato di sottolineare. È un altro tipo dei tanti eventi violenti dell’Universo, ma solo un migliaio di volte, da qui il nome appunto di kilonova, di una nova comune.

Rappresentazione artistica dei resti di una kilonova. In giallo il nome di alcuni degli elementi prodotti dalla sintesi per cattura neutronica veloce che popolano la nebulosa finale. Tra parentesi il loro numero atomico. Credit: Il Poliedrico

L’Universo è una fonte inesauribile di meraviglie e di cose altrettanto grandiose. Dal pacato vuoto intergalattico alle possenti forze di un buco nero, dal flebile canto dell’atomo di idrogeno al cozzare di galassie in un balletto che dura milioni di anni. E in mezzo a tutto questo ci sono miriadi di fenomeni che ancora ci sono per la gran parte ignoti e che soltanto negli ultimi anni con l’avvento delle tecnologie radio e satellitari abbiamo imparato a vedere.
Ora alla pletora di strumenti che usiamo per scrutare il cosmo se n’è aggiunto un altro: l’interferometria gravitazionale. Per ora sono soltanto tre strumenti, due negli USA, a Hanford, Washington, e a Livingston, Louisiana che formano il complesso interferometrico LIGO, e l’altro è Virgo, a Cascina (PI), frutto di una collaborazione italo-francese (ad appena 83 chilometri da dove sono ora).

Un po’ di storia

Ma partiamo dall’inizio, come piace a me.
I primi evidenti segni che qualcosa ancora mancava al quadro generale dell’Universo, era che nonostante fosse stato compreso come si formassero gli elementi più pesanti dell’idrogeno — quelli che gli astrofisici apostrofano come metalli: carbonio, ossigeno, ferro, uranio, etc. — [15] era comunque difficile comprendere le quantità relative di alcuni elementi più pesanti del ferro che, come ho narrato nello scorso articolo sulle supernove [16], non sono prodotti dalla normale attività di fusione nucleare di una stella ma per cattura neutronica quando questa esplode 1. Doveva esserci quindi qualche altro processo cosmico ancora sconosciuto che ricorresse alla cattura neutronica veloce (r-process) al di fuori delle supernove comuni per giustificarne le quantità osservate.
Intanto si erano scoperti anche i lampi di raggi gamma (Gamma Ray Burst o GRB), i più violenti fenomeni dell’intero Universo, capaci di sterilizzare interi mondi a una distanza di migliaia di anni luce [17].
Si è scoperto che questi eventi, che di solito durano da qualche secondo a qualche minuto mentre la loro energia luminosa decade verso frequenze più basse come raggi X, ultravioletto, visibile, etc., sono di solito associati a eventi di supernova mentre questa decade verso una stella di neutroni o un buco nero. I precursori più probabili per emettere un lampo gamma finale sono le stelle molto massicce come le Wolf-Rayet: η Carinae e WR 104 sono le nostre più vicine (entrambe tra i 7500 e gli 8200 anni luce, per nostra fortuna).
Ma ci sono anche GRB molto più rapidi, dell’ordine di un paio di secondi o meno. Questi sono difficili da spiegare con lo stesso meccanismo delle supernove, eppure sono capaci di rilasciare lo stesso energia sulla scala delle loro galassie ospiti nell’arco di pochissimi secondi. Una plausibile spiegazione a questi fenomeni parossistici arrivò nel 2007 coi lavori di  Benjamin P. Abbott del LIGO – Caltech [cite]https://arxiv.org/abs/0709.0766[/cite] che ipotizzò essere generati dalla fusione di due stelle di neutroni o tra una stella di neutroni e un buco nero.

Kilonova

Queste immagini furono scattate dal NASA Hubble Space Telescope il 13 giugno e poi il 3 luglio 2013 e rivelano un nuovo tipo di esplosione stellare prodotta dalla fusione di due oggetti compatti: due stelle di neutroni o una stella di neutroni e un buco nero. Credit: NASA, ESA, N. Tanvir (Università di Leicester) e A. Fruchter, Z. Levay (Space Telescope Science Institute), A. Levan (Università di Warwick)

Una teoria interessante che trovò la prima conferma quando il 3 giugno del 2013  il telescopio per raggi  gamma Swift intercettò un evento che durò poco meno di due secondi proveniente da una galassia a 4 miliardi di anni luce, GRB130603B. In seguito, il 13 giugno, l’Hubble Telescope registrò nello stesso posto una sorgente  infrarossa in decadimento. L’analisi spettrale della sorgente mostrava una inusuale abbondanza di elementi chimici più pesanti del ferro tipici di un processo di cattura neutronica rapida r-process 2 rispetto agli altri spettri usuali di supernova.
Quando due stelle di neutroni finiscono per fondersi parte della loro energia cinetica si disperde sotto forma di increspature dello spazio-tempo, ossia onde gravitazionali allo stesso modo del merging di due buchi neri come già VIGO era riuscito a rilevare in passato e a quelle rilevate col GW170817 [18]. Un’altra parte invece viene assorbita dai due oggetti che sì disintegrano disperdendo così una buona parte della loro massa. È qui, nel materiale espulso che avvengono le reazioni di cattura neutronica: in pratica un immenso guscio di neutroni ancora ad altissima densità e temperatura (ρ > 3 x1011 gm/cm3 e T > 9×109 K) in cui le reazioni di nucleogenesi fino ad allora inibite dalla possente gravità delle precedenti stelle di neutroni riprendono vigore [cite]https://arxiv.org/abs/1105.2453[/cite]. 
In una kilonova quindi il processo di nucleogenesi per cattura neutronica rapida pare essere la principale reazione nucleare presente. Tale reazione consente la formazione di nuovi elementi più pesanti del ferro, ed è pertanto una reazione che assorbe energia dal sistema (reazione endotermica), raffreddandolo. Per questo appare debole come flusso elettromagnetico, da un decimo a un centesimo rispetto a una normale supernova; una parte assai importante dell’energia viene assorbita dalla creazione di elementi pesanti attraverso l’unico processo possibile: la cattura nucleare di altri neutroni. Il raffreddamento del materiale eiettato aumenta in modo drammatico l’opacità dell stesso spostando di conseguenza l’emissione radiativa principale verso frequenze sempre più basse piuttosto in fretta. Per questo l’Hubble Telescope non poté che registrare che il 3 luglio 2013, dopo appena un mese dal lampo gamma GRB130603B, l’evento era quasi scomparso anche dalla banda dell’infrarosso.

Il processo-r

Il reazioni di nucleogenesi per cattura neutronica rapida che danno origine a nuclei atomici più pesanti del ferro (u > 55) sono endotermiche, assorbono cioè energia all’ambiente dove avvengono. In una supernova esse sono responsabili della perdita di equilibrio della stella che finisce così per esplodere. Dal momento dell’esplosione, la densità neutronica della stella decresce rapidamente così che queste reazioni cessano abbastanza in fretta.  Inoltre i processi di fotodisintegrazione causati dai fotoni più energetici che colpiscono i nuclei più instabili estinguono la produzione di atomi pesanti altrettanto rapidamente. 
Nel caso di fusione di due stelle di neutroni invece la densità energetica dei fotoni è alquanto minore mentre la densità dei neutroni liberati nell’evento è molto più grande rispetto a un normale evento di supernova di tipo II (T ≥ 1,2 x 109 K e nn > 1 x 1022 cm-3).  Qui processi di cattura neutronica sono molto più importanti e anche il decadimento beta che spinge i nuclei più instabili verso la formazione di atomi più stabili ha più tempo per prodursi prima che intervengano i processi di fotodisintegrazione. 
La sottrazione di energia dal sistema è anch’essa molto importante perché pone un limite minimo al di sotto del quale comunque le reazioni di cattura neutronica cessano. Una volta cessata la produzione di nuclidi instabili ricchi di neutroni, è il decadimento radioattivo di questi a dominare la scena della nebulosa creatasi dopo il merging dei due corpi originali.

Conclusioni

L’ultimo evento scoperto, GW170817 è il secondo caso ormai accertato di una kilonova.  La rilevazione delle onde gravitazionali prodotte durante l’evento di coalescenza fissa drammaticamente un limite alle masse delle stelle di neutroni coinvolte e questo permette così di studiare più in dettaglio questo genere di fenomeni e le reazioni nucleari che lo governano.
Un altro importante traguardo è stata la stima della differente velocità delle onde gravitazionali rispetto alle onde elettromagnetiche su un percorso di ben 130 milioni di anni luce: 1,7 secondi a vantaggio delle prime. Dal punto di vista cosmologico questo è un grande risultato che spazza via tante teorie che puntavano a modificare la gravità pur di eliminare il problema della materia oscura. Ma questo potrà essere argomento di un’altra storia.

Controparte ottica per l’onda gravitazionale GW170817

[video_lightbox_youtube video_id=”Uvlu3VtrYug&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]

Se l’altro giorno avessi scommesso sulla natura dell’annuncio dell’ESO oggi sarei milionario. Infatti è stato annunciata pubblicamente la scoperta della prima controparte ottica di un evento gravitazionale originato dalla coalescenza di due stelle di neutroni. La contemporanea osservazione dell’onda gravitazionale da parte di LIGO (due antenne, una a Hanford, Washington, e una a Livingston, Louisiana)  e di Virgo a Cascina in Toscana, ha permesso di triangolare  con un relativamente piccolo margine di errore la zona di cielo da cui è emerso l’evento. Immediatamente si sono attivate le ricerche nello spettro elettromagnetico, dai raggi gamma alle onde radio. E la controparte ottica c’era. Un rapidissimo GRB (Gamma Ray Burst, lampo gamma) è stato osservato e poi giù, nell’ultravioletto e nel visibile, dove gli strumenti dellESO hanno potuto risolverne lo spettro identificandolo come quello di nucleosintesi noto come Processo-r, un processo nato per spiegare le attuali abbondanze degli elementi pesanti presenti nell’Universo che si pensava appartenesse solo alle supernove più grandi, ma che alcuni studiosi ipotizzavano presente anche della fusione di due  stelle di neutroni [19] [20].
Il resto della storia è lì, nel video qui sopra, narrata da chi ha vissuto quei febbrili momenti.

Oggi nasce una nuova forma di astronomia, che come quella delle onde radio e poi quella dei satelliti per le lunghezze d’onda più brevi, promette di regalarci un sacco di emozioni e di eccitanti scoperte.

Que será, será

Que será, será
Whatever will be, will be
The future’s not ours to see
Que será, será
What will be, will be.

Que será, será
Quel che sarà, sarà;
non ci è concesso conoscere il futuro Que sera sera,
Quel che sarà sarà

No, non è la celebre canzone di Doris Day del film L’uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock. Mi riferisco invece agli annunci che sia l’ESO (European Southern Observatory) [21] che LIGO-Virgo (LIGO Scientific Collaboration and Virgo Collaboration [22]terranno in luoghi diversi ma alla stessa identica ora (16 ottobre alle 16:oo CEST).

Come era solito dire un noto politico italiano ormai scomparso “A pensar male sempre si sbaglia ma spesso ci si azzecca“, due conferenze stampa di due istituzioni scientifiche così importanti contemporaneamente fanno sorgere il sospetto che si possa essere di fronte all’annuncio di qualcosa che sia in qualche modo connesso; tanto più che la conferenza VIGO-Lirgo è stata annunciata usando il medesimo  fuso orario, quello estivo dell’Europa Centrale, pur tenendosi a Washington D.C. dove saranno le 10 del mattino (10 EDT). Curioso, no?
Però rimane da chiedersi perché allora non fare un annuncio congiunto; non è plausibile che tali due organizzazioni non si parlino come due bimbetti dell’asilo in conflitto che si fanno i dispetti. Non resta allora che credere che le due conferenze stampa siano del tutto scollegate tra loro e che la concomitanza sia dovuta a una cattiva comunicazione tra gli uffici stampa incaricati di organizzare gli eventi. 

Non resta quindi che attendere Lunedì prossimo alle 16:00 ora estiva dell’Europa Centrale per sentire gli annunci. Io una mia idea me la sono fatta. Voi?

[video_lightbox_youtube video_id=”xZbKHDPPrrc&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]

La notte europea dei ricercatori 2017

Possiamo senz’altro dire che questo è l’anno in cui le notizie false (fake news) e la farfugliante battaglia politica contro di esse stanno, per ora, dominando il dibattito.
Trovo quella discussione priva di senso perché senza comprendere il meccanismo che si cela dietro di esse non è possibile curare tale fenomeno, un po’ come combattere un ascesso con un analgesico: si può star bene lì per lì ma l’infezione rimane e si propaga agli altri denti.
Prima di Internet e dei social network c’erano i mitici Bar dello Sport, o le osterie se preferite, dove alcuni avventori, di solito sempre gli stessi, facevano a gara a chi la sparava più grossa o magari si limitavano a raccontare fatti in modo talmente distorto e convincente da stravolgere il significato delle notizie in sé. Ma tutto rimaneva confinato nella sfera di paese e, per il fatto che tutti conoscono tutti, finiva che tali racconta storie venivano bollati per quel che erano e infine erano pochi quelli che continuavano a dar loro credito passando poi per creduloni agli occhi della comunità. Con l’arrivo di Internet e la comunicazione globale diretta tali personaggi non si sono moltiplicati ma hanno acquistato una platea infinitamente più vasta dei soliti avventori di osteria; di conseguenza anche il numero dei boccaloni disposti a dar loro credito è parimenti più ampio mentre il classico meccanismo di autodifesa che funzionava per le piccole comunità su Internet ha perso la sua efficacia.
Poi è la volta delle cancellerie e le segreterie politiche, dove la diramazione di notizie false è prassi piuttosto usata per screditare e denunciare le (presunte) malefatte degli avversari: esempi di questi gesti li si trovano all’inizio della II Guerra Mondiale con l’incidente della stazione radio tedesca nel 1939, o l’altrettanto famoso Incidente del Tonchino che scatenò la Guerra del Vietnam, oppure la ben più recente balla delle fialette di antrace (borotalco) dell’ex Segretario di Stato USA Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 2003 che portò alla II Guerra in Irak.
Ma non solo: il triste fenomeno delle fake news colpisce anche la scienza. Senza andare troppo lontano nella memoria basta ricordare l’impossibile miracolo promesso dal Metodo di Bella o dallo Stamina di Vannoni che sono costati milioni di euro di sperimentazioni a tutta la comunità italiana, oppure il caso del pittoresco transistor organico del ricercatore tedesco Jan Hendrik Schön che pubblicava un articolo scientifico (falso) mediamente ogni 8 giorni e che rischiò anche di vincere addirittura un Nobel per le sue finte scoperte. Per carità la scienza ha alcuni suoi automatismi che impediscono alle frodi scientifiche e alle fake news di fare danni irreparabili, come l’obbligo di riproducibilità degli esperimenti, la divulgazione dei dati e la revisione tra pari. Ma tutto questo non basta, basta guardare l’attuale dibattito scientifico sul Global Warming o quello appena più vecchio sulla tossicità del fumo del tabacco prima che questa venisse universalmente accettata e che è costata la vita di milioni di persone mentre i dati delle ricerche scientifiche incaricate di valutarne gli effetti venivano alterati o omessi fino alla palese evidenza che qualcosa non tornava.

In verità esistono antidoti alle fake news e le frodi in generale: la conoscenza e la cultura.
Io – parlo per me e le mia povera cultura, ovviamente – per esempio quando sento di apocalittiche catastrofi che stanno per colpire la Terra, come la recente ma periodica bischerata di Nibiru (il Pianeta IX) che starebbe per collidere con la Terra, quella legata al calendario Maya del 2012, o le tante altre scemenze come le scie chimiche degli aerei sorrido, perché so quel che sono: panzane. Ma chi non è dotato delle conoscenze adeguate sul campo preso di mira dalla fandonia — perché questo sono le fake news: bugie create scientemente ad arte — è assai facile da abbindolare. Per questo è importante dare ascolto a chi studia ed conosce quello specifico argomento.
Per questo la Commissione Europea promuove e finanzia ogni anno la Settimana della Scienza e l’evento conclusivo La Notte Europea dei Ricercatori che quest’anno ci sarà il 29 di settembre 2017. Del tema della manifestazione di quest’anno curata da Frascati Scienza ne ho parlato nello scorso articolo, così come l’elenco delle università e enti scientifici che da questa sono coordinate per conto della Commissione Europea.

Conoscere, cercare la verità ovunque si celi, essere culturalmente preparati.  È questo quel che serve per riconoscere una fandonia o una frode, e la Notte Europea dei Ricercatori non è certo la cura ma è un assai promettente inizio da non lasciarsi senz’altro sfuggire.
Certi della Vostra partecipazione, all’evento di quest’anno (29 settembre), Frascati Scienza, la Commissione Europea, io ma sopratutto le migliaia di ricercatori che lavorano e studiano per noi ogni giorno dell’anno vi ringraziamo.

URANOPEDIA

No, non sto abbandonando questo blog. È vero, negli ultimi tempi ho trattato di argomenti assai complessi, dall’entropia dei buchi neri agli UFO, dalla ricerca della vita extrasolare alle dimensioni dell’Universo. Tutti argomenti questi che mi hanno richiesto grande impegno e lunghe ricerche. È giunto il momento quindi che mi riposi un attimo per ricaricare le … batterie. E allora eccomi qui, tutto preso nello sforzo (è più forte di me e lo trovo assai rilassante) di realizzare il mio antico progetto, mai tramontato, di un astroinseguitore astronomico 1. Per questo ho ripristinato l’antico spazio web de Il Poliedrico su Blogspot con un nuovo nome: URANOPEDIA, il nome con cui all’inizio avevo pensato di chiamare questo blog ma che poi avevo messo da parte.
Qui ho deciso di mettere parte i miei progressi e le mie esperienze su questo e altri progetti futuri dello stesso genere sperando che esse siano di aiuto e ispirazione anche ad altri che decidono di avviare esperienze o progetti simili. Avrei potuto scrivere qui le mie ricerche ma il timore di generare ancora più confusione nei visitatori occasionali di questo sito era troppo grande.

URANOPEDIA cercherà di non essere l’ennesimo blog di elettronica open source dove verrà proposto il tipico schema senza troppe spiegazioni e listatini in croce senza aiuto. Il mio intento è quello di aiutare coloro che non masticano certi argomenti, così come con queste pagine cerco di spiegare argomenti complessi ad un pubblico più vasto. E spero di riuscirvi.
Ora non vi resta che seguirmi anche lì. Cieli sereni.

Settimana della scienza 2017

Giorni fa avevo delle faccende da sbrigare a Ciampino — per chi non è pratico dico che è vicino a Roma, poco prima di Frascati — ma essendo in netto anticipo, decido di passar a fare visita a un mio caro amico presso l’osservatorio astronomico di Monte Porzio Catone. Non conoscendo esattamente la strada, come ormai tutti siamo abituati a fare ho semplicemente digitato la località di destinazione sul navigatore satellitare dell’auto e mi sono lasciato guidare fino a destinazione.
Ecco, quello è un perfetto esempio, banale quanto volete, di applicazione pratica della ricerca scientifica di base. Quando nel 1905 un brillante e alquanto squattrinato (dovette accettare un noiosissimo lavoro all’Ufficio Brevetti di Berna per mandare avanti la famiglia) scienziato riscrisse le leggi della meccanica celeste attraverso la nota Relatività Ristretta, tutti si chiesero se avesse un senso pratico riformulare i concetti di corpi inerziali e in accelerazione, e stabilire che la velocità della luce è invariante rispetto al sistema di rifermento. Dieci anni dopo lo stesso brillante e un po’squinternato — in senso buono, ovviamente — scienziato si spinse ancora più in là riscrivendo la teoria di gravitazione e postulando il concetto di spazio-tempo. Ancora i benpensanti si chiesero se servisse a qualcosa sapere se la luce veniva deviata da una grande massa o se se il Sole fosse scomparso noi ne avremmo percepito gli effetti istantaneamente o solo dopo otto minuti. 
Non c’era, ai loro occhi, alcuna utilità pratica in questo sapere; non come l’empirica termodinamica o nelle — allora ancora nuove — leggi dell’elettromagnetismo che avevano appena regalato all’umanità le radiocomunicazioni. Eppure, se oggi possiamo andare in un posto sconosciuto o mai visitato prima qui sulla Terra, lo dobbiamo alla ricerca di base di quel ragazzotto geniale e testardo, Albert Einstein, che sognava di cavalcare un raggio di luce.
Oppure se volete stare più sul recente, non potremmo stare qui su Internet se a cavallo degli anni settanta un gruppo di ragazzotti un po’
nerd (sfigati) non avesse incominciato a trovarsi e a condividere ognuno le proprie idee ed esperienze su circuiti logici e lampadine progettati per tutt’altro che l’home computing (l’Homebrew Club), gettando così le basi per i personal computer.
Provate per un attimo ad immaginarvi di essere coloro che per primi compresero il concetto di ruota e vedere oggi un’autostrada o di fare il bagno dentro una tinozza come Archimede di Siracusa e vedere poi una immensa portaerei nucleare. Le leggi sul rotolamento dei corpi e l’idrostatica esistevano da prima della loro scoperta ma da quando ci sono diventate note abbiamo trovato miriadi di modi per sfruttarle a nostro vantaggio.

Ogni anno centinaia di eventi hanno luogo simultaneamente in Europa e nei paesi confinanti.

Source: RICERCA E INNOVAZIONE: La notte Europea dei Ricercatori 2017

La scienza e la tanto bistrattata ricerca di base sono questo, servono a scoprire e a capire oggi  per restituire a tutto il genere umano qualcosa di concreto nel futuro.  Lo scopo della prossima Settimana della Scienza in programma dal 23 al 30 settembre 2017 è proprio questo: far conoscere — e in qualche caso coinvolgere — al pubblico le più recenti conquiste e ricerche europee in ogni campo scientifico. 
Sì, europee, perché come ogni anno l’evento finale —  promosso e finanziato dalla Commissione  Europea nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 — è la Notte Europea dei Ricercatori.
Come anticipato l’anno scorso, il titolo della Settimana della Scienza coordinata da Frascati Scienza rimane il medesimo della volta scorsa: Made in Science. Frascati Scienza si occuperà di dirigere gli avvenimenti organizzati dalla Regione Lazio, Comune di Frascati, ASI, CNR, CINECA, CREA, ESA-ESRIN, GARR, INAF, INFN, INGV, ISPRA, ISS, Sapienza Università di Roma, Sardegna Ricerche, Università di Cagliari, Università di Cassino, Università LUMSA di Roma e Palermo, Università di Parma, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Università degli Studi Roma Tre, Università di Sassari, Università della Tuscia, Astronomitaly, Associazione Tuscolana di Astronomia, Explora, G.Eco, Ludis, Osservatorio astronomico di Gorga (RM), Fondazione GAL Hassin di Isnello (PA), Sotacarbo.

Ora non vi resta che partecipare … numerosi.
Cieli sereni!

Perseidi 2017: i risultati

20170812_224144

Suggestiva, vero? LG V10 appoggiato a un sasso per 8 secondi a 700 ISO. Unico tentativo!
Credit: Il Poliedrico

Cercando di fare scienza occorre tenere sempre a mente che i fallimenti, proprio come nella vita, sono sempre dietro l’angolo. Il fallimento in questi casi non va inteso come esperienza negativa. E come spesso accade o dovrebbe accadere nella vita, ogni fallimento nella scienza insegna sempre comunque qualcosa; come iersera. 
Era previsto che sarebbe stato assai arduo provare a fare una sessione fotografica per immortalare il picco delle Perseidi: sapevo che l’alzarsi della Luna proprio intorno alle 23:00 avrebbe vanificato ogni mio sforzo per cercare la località perfetta. Per questo me ne sono restato buono nel mio giardino, che è lo stesso abbastanza buio per questo genere di riprese. 
Anche se deludente dal punto di vista del risultato, almeno mi è servito come ennesimo banco di prova per i prossimi sciami meteorici.

Comunque posso però dire che è stato bello anche solo provarci. Cieli sereni.

[video_lightbox_youtube video_id=”yCoPEsQxks4&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Timelapse di 307 immagini RAW
Canon EOS 70D
Samyang 10mm F/2,8
ISO 1600 – tempo 14.9 secondi

La colonna sonora è Cast A Tall Shadow (royalty free)

Fantasie metropolitane e fenomeno UFO: Conclusioni

Dedico questa serie di articoli a un caro amico che ancora mi sopporta. Si è ammalato così, all’improvviso e io non posso farci niente se non essergli idealmente vicino, aspettando con ansia il momento di poterlo riabbracciare ormai guarito.
Quando uscì il primo articolo pensò che mi riferissi a lui che spesso mi chiedeva in tono scherzoso se per caso non fossi stato rapito dagli alieni anch’io. No, Stefano; non sono stato rapito da alcun ‘lieno anche se pensare, cercare di capire un certo fenomeno e perfino l’atto del dubitare può apparire alieno ai più.

Il Monte Amiata visto da Bibbiano (Buonconvento). Da lì la vetta del monte dista ancora 30 chilometri. In condizioni ottimali di luce e di purezza del cielo si possono ancora scorgere dettagli nelle sfumature dei boschi che lo avvolgono e altri dettagli. Credit: Il Poliedrico.

Per tutta la sua plurimillenaria storia l’uomo ha cercato di carpire i segreti della natura che lo circondava e di interpretare i segni che scorgeva in cielo. Le eclissi per esempio furono all’inizio spiegate come epiche battaglie fra divinità celesti fintantoché i pensatori di quella che fu la prima e più evoluta civiltà dedita alla conoscenza scientifica di quel tempo, la civiltà Classica Greca, non riuscirono a spiegarle in maniera elegante ed esatta. Sì perché la Scienza è innanzitutto elegante; elegante e aggraziata come può esserlo un pregevole brano musicale o una poesia. Anche un fenomeno estremo e imprevedibile come un fulmine è elegantemente spiegato dal Teorema di Gauss senza scomodare idoli perennemente arrabbiati per le miserie umane. 
Ma se credete che la scienza sappia ormai tutto ciò che accade di naturale nella nostra atmosfera vi sbagliate. I fulmini Sprite (Folletto) sono noti solo da 20 anni, I fulmini globulari, probabilmente una versione più energetica dei Fuochi di S. Elmo, pur presenti in letteratura e in numerose testimonianze fin dalla notte dei tempi, non sono mai ancora stati studiati perché essi sono troppo sporadici e imprevedibili.
Ogni epoca ha avuto le sue visioni celesti e chi le ha vissute le ha dato le sue particolari interpretazioni: i primi cristiani vedevano angeli e carri celesti; gli egizi addirittura abbracciarono per breve tempo una fede monoteista basata sul culto del Sole [23], forse per scelta politica o forse in seguito a qualche evento interpretato come segno divino di cui oggi non vi è più alcuna traccia; l’Imperatore Flavio Valerio Aurelio Costantino fece abbracciare la fede Cristiana a tutto l’Impero Romano dopo aver visto in cielo uno scudo crociato [24].
L’atavica attrazione per i fenomeni celesti e atmosferici ha spinto molte persone a credere di vedere le cose più improbabili in cielo, ognuno in base alla propria cultura e periodo storico 1.

Bolide sul Banff National Park, CA. Dec. 2014
Credit: Brett Abernethy

Anche a me è capitato di vedere miraggi e cose nel cielo molto bizzarre.
Ho incontrato giornate talmente limpide e asciutte che il Monte Amiata (abito intorno a Siena, in Toscana) sembrava di toccarlo con una mano, eppure sono 50 chilometri in linea d’aria. Mi ricordo che un inverno, nel paese in cui abitavo, iniziarono ad apparire uno o due cerchi di luce che sembravano danzare tra le nuvole, ma se si prestava attenzione si potevano ancora scorgere a malapena anche quando il cielo era limpido. Il curioso fenomeno appariva in genere dopo cena, il sabato e qualche volta anche la domenica. Qualcuno dei miei amici si spinse fino a parlare di fenomeno UFO. In realtà erano fari pubblicitari — per fortuna poi li tolsero — di una nota discoteca vicino a Chianciano, ben 30 km a sud-est del mio luogo!  
Una volta (nel 1991 o 1992, comunque d’estate), in compagnia di amici, ero a Pienza e stavo andando in un pub che avevamo iniziato a frequentare. Qui assistemmo al passaggio di un bolide estremamente luminoso e assolutamente silenzioso che dietro di sé lasciò una tenue coda quasi invisibile con le luci del paese. L’evento fu spettacolare e durò solo pochissimi secondi. Probabilmente era un bolide del tipo Earth-grazer come lo chiamano gli anglofoni, ossia un meteoroide che ha un angolo di incidenza talmente basso che rimbalza nell’atmosfera superiore dopo essersi incendiato; un po’ come un sasso piatto lanciato di striscio su uno specchio d’acqua. La nostra prospettiva era talmente particolare che a noi sembrò quasi provenire dal basso.
E poi luci riflesse dalle finestre delle case lontane al tramonto, fusoliere di aerei illuminati dal sole, riflessi di pannelli solari dei satelliti in orbita, fenomeni atmosferici singolari come i miraggi, i Fata Morgana e i Fuochi di S. Elmo e così via.  Posso dire che di cose assolutamente bizzarre ne ho viste tante, ma mai una di queste che potesse convincermi della bontà del fenomeno UFO inteso come contatti  o avvistamenti di navi extraterrestri e dei loro occupanti.

Il business UFO

I have come to support less and less the idea that UFOs are ‘nuts and bolts’ spacecraft from other worlds. There are just too many things going against this theory. To me, it seems ridiculous that super intelligences would travel great distances to do relatively stupid things like stop cars, collect soil samples, and frighten people. I think we must begin to re-examine the evidence. We must begin to look closer to home.

Inizio a sostenere sempre meno l’idea che gli UFO siano nella loro fisicità astronavi provenienti da altri pianeti. Vi sono troppe cose che depongono contro questa teoria. A me appare ridicolo che intelligenze superiori viaggino per lunghissime distanze siderali per fare cose relativamente stupide come fermare le macchine, raccogliere campioni di terreno, e spaventare la gente. Credo che dovremmo cominciare a riesaminare l’evidenza. Dovremmo guardare più vicino a casa.

Josef Allen Hynek, astronomo e ufologo

Così come è inteso oggi, il fenomeno UFO è un grande affare: un intricato intreccio di interessi spesso diversi ma che alla fine prosperano sull’ingenuità popolare.
In diverse occasioni i militari hanno saputo sapientemente sfruttare l’occasione, come a Roswell e per l’Area 51, per nascondere piani di spionaggio assai arditi e costosi facendoli passare per UFO. Sicuramente a questo punto alcuni obbietteranno citando le indagini ufficiali militari, come quelle del noto Blue Book Project e di altre agenzie analoghe nei vari paesi. In alcune di queste sono stati citati anche scienziati e astronomi famosi quali testimoni.
È vero, ma nessuna di loro ha mai trovato alcuna prova riguardo a navicelle interstellari o a veicoli provenienti da altre dimensioni e universi paralleli o da un tempo diverso (sì perché ci sono anche teoremi in tal senso), proprio perché non ce n’erano.
Ma è anche vero che la stessa attenzione legata a un possibile, per quanto improbabile, attacco nazista dopo il 1946 si era rivolta verso un nuovo nemico: l’Unione Sovietica. La storia di Kenneth Arnold ingigantita dai mass media e episodi come quello della sonda Mogul n°4 amplificarono l’isteria di massa. Per questo i servizi di intelligence finirono per occuparsene [25]: c’era il sospetto che i sovietici avrebbero potuto usare quelle voci per scatenare un attacco militare oppure che potessero essere entrati in possesso di una tecnologia sconosciuta all’Occidente e molto più avanzata. Nel corso degli anni furono avviate molte indagini sul fenomeno UFO in tutto il Blocco Occidentale. Ognuna di loro però giungeva sempre alla medesima conclusione: nessun oggetto proveniente da altri mondi o comunque alieno aveva raggiunto la Terra.
Ma per l’equazione dei grandi numeri applicata agli esseri umani, quella che il celebre scrittore Isaac Asimov avrebbe chiamato psicostoria, una negazione ufficiale equivale a un assordante assenso. Chiamatela Teoria del Complotto, mania paranoide o sfiducia nelle Istituzioni: ogni volta che viene annunciata una qualsiasi presa di posizione ufficiale su un qualsiasi argomento, ci sarà sempre un gruppo più o meno numeroso, più o meno grottesco o pittoresco che affermerà sempre l’esatto contrario. Accade con i terrapiattisti, con chi nega l’Olocausto nazista e con gli antivaccinisti tout court.

La crisi economica degli anni settanta, la sfiducia generale nelle istituzioni pubbliche ufficiali che più volte erano state scoperte a mentire, fornirono un ottimo terreno per gli speculatori su cui attecchire. La crisi che colpì molte zone rurali dopo la Guerra del Vietnam spinse molte di queste a cercare nuovi orizzonti economici.
Tutto questo portò ad esempio la comunità di Roswell a investire sul turismo scatenato dalla nota favola sul suo incidente. E più o meno a Marfa, in Texas, avvenne lo stesso: le leggende nate intorno alle sue luci fantasma spinsero l’economia turistica locale ben più di quanto le riprese del film Il Gigante abbiano a suo tempo permesso. In mezzo a tutto questo intanto personaggi assai fantasiosi ne approfittarono per scrivere i loro libri infarciti di storie inverosimili e altre invenzioni condite da un pizzico di complottismo e di segreti nascosti a cui la gente malgrado tutto, credeva.

[video_lightbox_youtube video_id=”KFqHB_O9CFg&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Credit: Eclecticopedia

Ormai assuefatte dalla cinematografia e dalla televisione dove le intelligenze extraterrestri venivano date per scontate, molte persone iniziarono a vedere alieni e navi aliene ovunque. Un tizio presentò una foto di un momento bucolico con due strani oggetti in formazione e ben evidenti ripresi nel cielo sull’angolo superiore destro vicino al bordo asserendo che al momento dello scatto essi non c’erano. Una analisi della foto appurò che non era stato ripreso alcun veicolo alieno ma che qualcuno aveva spillato con la cucitrice il negativo prima dello sviluppo! Ma non solo: nel 1955 un paio di anziane signore asserirono di aver registrato parte di un messaggio radio alieno [26]; una più approfondita analisi rivelò che quel presunto messaggio alieno altro non era che banale codice Morse 2.
Casi come questi ce ne sono tantissimi, ma altrettanti furono anche i casi di imbrogli e di scherzi di burloni che fotografavano piatti lanciati dalla finestra oppure appesi alle lenze da pesca. Con l’avvento dell’hobby dei droni, il fenomeno dei falsi avvistamenti ha raggiunto vette ancor più sublimi: droni travestiti da astronavi aliene con led e diodi laser, e ancora prima lanterne cinesi, razzi di segnalazione e bengala o palloncini di Mylar riempiti di elio. La fantasia in questi casi non ha davvero limite.

In physics, as in much of all science, there are no permanent truths, There is a set of approximations, getting closer and closer, and people must always be ready to revise what has been in the past thought to be the absolute gospel truth. If I might say, to revise opinions, is one which is frequent in science, and less frequent in politics.

Nella fisica, come accade in quasi tutte le altre discipline scientifiche, non esistono verità permanenti. Esiste [piuttosto] un insieme di approssimazioni che si avvicina sempre più [al vero] e la gente deve sempre essere pronta a rivedere ciò che in passato era considerato come verità assoluta. Se mi è permesso dire, ridiscutere delle opinioni è una cosa frequente nella scienza ma meno nella politica.

Carl Sagan

Dovessimo quindi escludere le prese in giro manifeste, i fenomeni naturali o artificiali non riconosciuti e le missioni militari segrete, del fenomeno UFO non rimarrebbe granché. Qualche caso potrebbe ancora sfuggire alla nostra comprensione perché magari potrebbe esserci ancora qualche lacuna nei dati che lo accompagnano oppure che l’investigazione non ha saputo andare oltre un certo punto.
Comunque, come ebbe a raccomandare anche Carl Sagan, la ricerca della vita intelligente extraterrestre, in altre parole Civiltà Tecnologiche Extraterrestri, non va lasciata in mano a uno sparuto gruppo di manipolatori mediatici senza arte né parte. Per questo motivo esistono tutta una pletora di ricerche scientifiche serie che spaziano dall’astrobiologia alle missioni scientifiche su Marte, il Programma SETI e così via.
E come esistono comunità di appassionati per ogni argomento dello scibile umano, come ad esempio gli astrofili per l’astronomia, troverei altrettanto giusto che ci fossero anche degli appassionati del fenomeno UFO purché le loro indagini seguano un rigido percorso scientifico come il peer review.
Come ho sottolineato nel primo articolo di questo mio speciale sul fenomeno UFO, non è mia intenzione affermare che non esista a priori tale fenomeno, quanto piuttosto dimostrare che una rigorosa indagine scientifica e sociale di fatto non è mai stata compiuta e questo mina ormai la credibilità scientifica a questo genere di ricerca amatoriale. 

A molti fa comodo lo spauracchio UFO quando c’è da guadagnare raccontando fanfaluche in libri e trasmissioni o quando serve celare un fatto scomodo. Ad altri invece serve qualcosa da sventolare alla bisogna per bollare di antiscientifico chi affronta simili argomenti. Ma questa non è scienza, è la sua negazione.