Il Canto delle Stelle

“Quid?, hic – inquam – quis est, qui complet aures meas tantus et tam dulcis sonus?” “Hic est – inquit – ille, qui intervallis coinunctus imparibus, sed tamen pro rata parte ratione distinctis, impulsu et motu ipsorum orbium efficitur et acuta cum gravibus temperans varios aequabiliter concentus efficit; nec enim silentio tanti motus incitari possunt, et natura fert, ut extrema ex altera parte graviter, ex altera autem acute sonent. (Somnium Scipionis, 18)
“Ma che suono è questo, così intenso e armonioso, che riempie le mie orecchie?” “È il suono”, rispose, “che sull’accordo di intervalli regolari, eppure distinti da una razionale proporzione, risulta dalla spinta e dal movimento delle orbite stesse e, equilibrando i toni acuti con i gravi, crea accordi uniformemente variati; del resto, movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi l’una, acuti l’altra”.

Nella teoria pitagorica, il tessuto dell’Universo era composto da ritmi, numeri e proporzioni. Secondo il filosofo GiamblicoPitagora possedeva il dono di udire l’armonia musicale 1 degli astri 2. Pitagora fu colpito dalla proporzionalità matematica delle note emesse da una corda in vibrazione e la sua lunghezza 3, e si convinse che la stessa armonia governava le leggi cosmiche. Fino alla rivoluzione copernicana, filosofi e scienziati hanno speculato sulle proprietà matematiche dei sette pianeti allora conosciuti 4 associando ad essi una diversa nota musicale 5.

Con l’avvento della scienza moderna, la rivoluzione copernicana e il Metodo Sperimentale di Galileo, tutte le elucubrazioni filosofiche sulla musica delle sfere finirono. Finalmente fu compresa la reale natura del suono 6 e leggi della sua propagazione.

Questo è lo schema fondamentale di ogni ricevitore (li costruivo a 14 anni).  Dalla radiolina al radiotelescopio, il principio è esattamente lo stesso.

Questo è lo schema fondamentale di ogni ricevitore radio (li costruivo a 14 anni). Dalla radiolina al radiotelescopio, il principio è esattamente lo stesso.

E con Maxwell e l’elettromagnetismo si scoprì che alcuni fenomeni piuttosto comuni (la luce, il magnetismo e l’elettricità) erano diversi aspetti di un’unica cosa: la radiazione elettromagnetica. Questo aprì la strada alle invenzioni che avrebbero cambiato gli ultimi cento anni: il telefono e la radio. Queste invenzioni si basano sulla capacità di trasportare informazioni a bassa frequenza (audio e/o video) su un segnale elettromagnetico ad alta frequenza che si propaga a grande distanza senza un qualsiasi mezzo apparente che ne faccia da tramite 7.

Nel 1930 l’ingegnere della Bell Telephone Company Karl Jansky scoprì le emissioni radio provenienti dal centro della Via Lattea e in seguito molti altri continuarono le sue ricerche. A parte l’intervallo della Seconda Guerra Mondiale che assorbì quasi tutte le risorse economiche e molti scienziati nella guerra, le ricerche sui segnali radio extraterrestri continuarono. Anzi, molte scoperte e invenzioni fatte proprio durante il conflitto (il radar, i computer e l’ingegneria elettronica) furono fondamentali per lo sviluppo della nuova branca scientifica chiamata radioastronomia.

Adesso finalmente riusciamo a sentire il Canto delle Stelle.


Note:

Elucubrazioni matematiche

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Lungi da me l’idea di scrivere un corso sulla Meccanica Celeste, non credo che sarei neppure un mediocre insegnante, per carità, ma sento il dovere di spiegare come ho raggiunto i risultati illustrati nell’articolo scorso. Qualcuno penserà che un articolo simile è come voler spiegare una barzelletta dopo averla raccontata male, io penso invece che dimostrare il proprio metodo sia la cosa che distingue i ciarlatani dagli uomini di scienza, a cui non modestamente ho da sempre aspirato.

kepler II lawNello sorso articolo ho fatto riferimento alla velocità di un corpo all’interno del Sistema Solare.  Non è difficile quanto sembri calcolare questo dato;  basta applicare un po’ di meccanica celeste e via.

L’equazione da me usata è comune per tutti gli oggetti in movimento nello spazio,  siano essi un satellite in orbita,  un pianeta, una cometa o un asteroide:

\[

v=\sqrt{ GM \mult \left ( \frac{2}{d}-\frac{1}{a} \right ) }

\]

dove $G$ è la Costante di gravitazione Universale,  pari a $6,67428 \cdot 10^{-11} \frac{m^3}{kg \cdot s^2}$ e $M$ è la massa del corpo principale (in questo caso il Sole, pari a $1,98914 \cdot 10^{30}kg$) espressa in chilogrammi, supponendo che la massa dell’oggetto in indagine sia trascurabile rispetto a questa.
$d$ è la distanza del baricentro dell’oggetto in esame dal baricentro del corpo principale che occupa uno dei fuochi dell’orbita ed ovviamente è espressa in metri. $a$ invece è il semiasse maggiore e anch’esso è espresso in metri. Ma spesso questa informazione è espressa in U.A.  per cui basta moltiplicare questo valore per $1, 496 \cdot 10^{11}$ metri per avere il dato richiesto.

A puro titolo informativo, anche se non è il caso descritto nell’articolo, per i corpi in orbita ellittica 1 è comune usare un parametro indicato con $e$ per identificare l’eccentricità di un’orbita. In un’orbita ellittica questo parametro non è altro che il rapporto tra la distanza di un fuoco dal centro ed il semiasse maggiore dell’orbita. Per cui basta moltiplicare il semiasse maggiore per $1-e$ per ottenere il periapside (il punto più vicino dell’orbita al fuoco principale),  e per $1+e$ per l’apoapside (il punto più lontano).

In quell’articolo ho citato anche un altro dato: il Limite di Roche, che indica la distanza che un qualsiasi oggetto celeste può raggiungere prima di essere frantumato dagli effetti di marea causati dal corpo verso cui orbita 2. Questo limite è proporzionale alla radice cubica del rapporto tra la densità del corpo principale $\rho_M$ e la densità del corpo secondario $\rho_m$ moltiplicata per il raggio del corpo principale $R_M$ (in questo caso il Sole, pari a $6,96 \cdot 10^{8}$) e un numero fisso approssimato a $2,44$ per i corpi solidi e $2,423$ per i corpi fluidi. Usando appunto quest’ultimo ho notato che i valori a me restituiti erano coerenti con altre osservazioni precedenti di cui ero a conoscenza.

\[

d = 2.423\mult R_M  \sqrt[3]{ \frac {\rho_M} {\rho_m}}

\]

Anche qui i valori delle distanze e le lunghezze sono espresse in metri  mentre le densità per mia comodità sono espresse in $g/cm^{3}$ ma nulla vieta di usare altre scale come $kg/m^{3}$.

Con questo credo di aver finito, altre piccole cose le lascio scoprire a voi lettori che avrete la pazienza di ripercorrere il mio lavoro. Chissà potrei aver sbagliato qualcosa e non essermene accorto!


Note:

Le incerte sorti della C/2012 S1 (ISON)

Non è nel mio costume azzardare previsioni campate in aria. Quello è un compito che lascio volentieri agli ‘strologi e alle migliaia di altri ciarlatani che si nascondono dietro nomi e titoli altrettanto roboanti. Qui mi limiterò a far presente quello che potrebbe andare storto alla cometa C/2012 S1 durante il suo passaggio al perielio.

La cometa C/2012 S1 (ISON) ripresa il 14 settembre da Gianluca  Masi per VirtualTelescope. Qui sono riportate anche le magnitudini di due stelle per la calibrazione visuale.

La cometa C/2012 S1 (ISON) ripresa il 14 settembre da Gianluca Masi per VirtualTelescope.
Qui sono riportate anche le magnitudini di due stelle per la calibrazione visuale.

La C/2012 S1 (ISON) è, come ho già avuto modo di scrivere, una cometa proveniente dalla Nube di Oort al suo primo passaggio attorno al Sole. Purtroppo le stime della luminosità della cometa fatte al momento della sua scoperta si sono rivelate fin troppo ottimistiche: da una magnitudine di -16 al momento del perielio fino all’attuale -4 / -6 attuale.
Tutto questo ha che vedere con la quantità di ghiaccio ed altri elementi volatili sublimati dalla radiazione solare da un certo punto in poi – la famosa linea del ghiaccio -della sua attuale orbita. Ovviamente qui entrano in gioco altri importanti fattori, come le dimensioni, la composizione chimica e la densità 1 [cite]10.1007/978-94-011-3378-4_9[/cite] 2. Le stime più recenti offrono un diametro della C/2012 S1 pari 4.5 -5 chilometri, per cui il volume potrà essere tra 1 (se fosse una specie di grossa patata allungata) e 65 chilometri cubici (se fosse uno sferoide) 3.
La composizione chimica la si può rilevare attraverso una analisi spettroscopica dei gas espulsi nella chioma, ma anche questo è solo un dato parziale: la composizione chimica della chioma varia significativamente lungo il percorso orbitale, alcuni elementi -come il metanolo o la più semplice anidride carbonica – sublimano a temperature e pressioni molto diverse da quelle dell’acqua, e anche l’albedo totale della cometa gioca un ruolo significativo nella temperatura superficiale dell’astro.
La C/2012 S1 si è formata presumibilmente in una zona dove l’influenza gravitazionale del Sole – nella Nube di Oort – è bassissima. Lì raggiungere l’autosostentamento gravitazionale è facilissimo: non essendoci importanti sollecitazioni gravitazionali come nel Sistema Solare Interno, corpi di pochi centimetri possono rimanere aggregati per molto tempo pur avendo densità molto basse. quindi c’è da aspettarsi che la densità media della C/2012 S1 sia comunque più bassa rispetto alle comete provenienti ad esempio dalla fascia di Kuiper.

La curva di luce prevista per la C/2012 S1 (ISON)

La curva di luce prevista per la C/2012 S1 (ISON)

Da una cometa di densità media molto bassa possiamo aspettarci che manifesti un’intensa attività del nucleo a distanze molto maggiori dal perielio rispetto alle comete più dense 4. Infatti, man mano che la C/2012 S1 si avvicina al Sole, la sua attività rimane grossomodo costante, in linea comunque con il corpo eccezionale qual è.
Semmai appunto è stata l’insolita attività manifestata quando era molto lontana a far sovrastimare le sue capacità al perielio.

Ma cosa succederà al perielio?
Gran bella domanda. Nel giro di 25 giorni – dal 6 ottobre al 1 novembre – la C/2012 S1 avrà attraversato la distanza che separa l’orbita di Marte da quella della Terra alla velocità compresa tra 32 e i 40 km/s e, nell’arco di altrettanti 27 giorni arriverà a sfiorare il Sole a soli 1,2 milioni di chilometri dalla superficie a una velocità attorno ai 370 km/s, ben entro al suo Limite di Roche 5, che io stimo essere tra i 2 e i 4 milioni di chilometri dal centro del Sole, in base appunto alla densità della cometa 6.

A questo punto tutti gli scenari sono aperti: se la cometa sarà abbastanza compatta resterà entro il Limite di Roche per circa 2 ore, forse abbastanza poco per non essere distrutta, mentre nell’altro caso estremo sarà sottoposta alla violenza mareale del Sole per oltre 6-7 ore, forse troppe per uscirne indenne. Conoscere anche la forma geometrica e la rotazione assiale della cometa sarebbero importanti per prevederne le sorti, ma sono dati purtroppo ancora sconosciuti.

Cosa accadrà alla cometa C/2012 S1(ISON) al momento del suo passaggio al perielio lo sapremo solo dopo il 28 novembre; per ora i dati che ho sono troppo pochi e arrivare fin qui non è stato affatto semplice. Troppe incognite, come massa e densità ho dovuto azzardarmele, mentre la forma, la composizione chimica, la percentuale di polveri solide e altri fattori che hanno un ruolo importante nell’esistenza della cometa mi sono sconosciute.

Ringrazio Euclide, Pitagora, Keplero e Roche per l’uso poco ortodosso che ho fatto della loro matematica per raggiungere questi risultati.


Altre citazioni:


Note:

La Congiunzione Luna – Saturno del 9 settembre

La congiunzione Luna-Saturno del 9 settembre 2013.
Credit: Il Poliedrico

Giustamente anch’io mi sono preso una pausa dallo scrivere, e me ne sono andato in vacanza.
In quest’ultimo anno ho scritto forse un po’ meno degli anni precedenti ma spesso ho trattato argomenti piuttosto impegnativi come le atmosfere planetarie, l’oscillazione dei neutrini e la presunta discesa da … Marte della vita su questo pianeta che hanno prosciugato la mia linfa.
Ora riprendo, con calma, donandovi questa porzione di cielo del 9 settembre scorso di cui – finalmente – sono stato testimone.

Cieli sereni