la neurobiologia del mondo vegetale

 

Prendetemi pure per pazzo ma io parlo alle piante. Dialogo con loro, manifesto loro tutto  il mio affetto parlandoci, accarezzandone le foglie e abbracciando il loro tronco. Quindi perdonatemi se mi lascerò trasportare dall’argomento.

Anche nel rinascimento si credeva che nella gerarchia delle cose le piante fossero appena poco più sopra al mondo inanimato.

Anche nel rinascimento si credeva che nella gerarchia delle cose le piante fossero appena poco più sopra al mondo inanimato.

Eterotrofi simbionti con autotrofi fotosintetici“. Questa bella definizione di noi umani, che possiamo tranquillamente a tutto il regno animale, è di Carl Sagan, scritta nel suo meraviglioso libro Cosmos.
Ingiustamente, nell’arco della storia umana il mondo vegetale è stato quasi sempre considerato appena al di sopra del regno inanimato. Anche l’espressione medica stato vegetativo indica uno stato quasi irrecuperabile della condizione di vita di un paziente, equiparandolo appunto a un vegetale; appena un gradino sopra all’inanimato.
Questo perché i processi vitali nel mondo vegetale sono estremamente lenti, pressoché impercettibili alla nostra scala temporale. Vediamo un albero spogliarsi e cambiare periodicamente le foglie col mutare delle stagioni, lo sbocciare dei fiori e l’aprirsi e chiudersi di questi durante l’arco della giornata, ma poco altro. la scala temporale del mondo vegetale ci è talmente aliena che a stento le piante sono state  considerate vive nell’arco dei secoli.

Le radici aeree della Palma che cammina, la Socratea exorrhiza, Costa Rica, National Parc La Amistad

Le radici aeree della Palma che cammina, la Socratea exorrhiza, Costa Rica, National Parc La Amistad. Credit: Wikipedia

Certo non mancano neppure le leggende su alberi che camminano, come la celebre Socratea exorrhiza, una palma sudamericana che ha radici aeree che sembrano trampoli. Anche se diverse ipotesi sono state formulate nel corso degli anni sul perché questa palma sia dotata di simili radici, non ci sono prove scientifiche valide che questa cammini 1.

Per molto tempo la botanica si è limitata alla semplice opera di catalogazione delle diverse specie vegetali e poco più. Solo adesso iniziamo a capire che il mondo vegetale è complesso quanto il regno animale. Le prerogative che credevamo esclusive degli animali finalmente le stiamo scoprendo anche nel mondo vegetale, con meccanismi fino a poco tempo fa ignoti o ampiamente sottovalutati.
Ferormoni per la comunicazione, strategie sessuali uniche e curiose, impulsi microelettrici che si propagano lungo tutta la pianta analoghi agli impulsi nervosi animali. Perfino un complesso sistema che svolge funzioni analoghe al sistema nervoso centrale animale è stato individuato dal Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze guidato dal prof. Stefano Mancuso 2. Anche qui il sistema neurale vegetale mostra strategie evolutive interessanti per certi versi simili gli animali: un reale sistema di reti complesse 3 in grado di discernere i diversi stimoli esterni. Ma mentre negli organismi bilaterali e nei vertebrati il complesso nervoso si è evoluto verso un unico complesso organo, nelle piante è distribuito in poche cellule presenti nell’apice radicale, subito dietro il meristema. Ciò nonostante l’elevato numero di apici radicali presenti in una pianta sana fa presupporre che l’apparato neurale vegetale sia estremamente altrettanto complesso quanto quello animale.

Lascio parlare il prof. Mancuso che saprà essere molto più esauriente di me.

Lo studio di questi sistemi vitali, così vicini eppure così alieni, apre nuove e interessanti prospettive anche nell’esobiologia e nella ricerca di altre forme di vita extraterrestri. Sapremo mai riconoscere le capacità senzienti in altre forme di vita quando e se le incontreremo?


Altri riferimenti:

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Note:

Una fragola in cielo?

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

Il 23 giugno scorso fu Luna Piena. Un evento abbastanza normale, accade una volta al mese! Vero, ma la Luna era anche al suo perigeo e anche questo accade una volta al mese. Poi vuoi mettere che era la prima Luna Piena dopo il Solstizio d’Estate? I nordamericani la chiamano Strawberry Moon, la Luna delle Fragole, perché verso la fine di giugno avviene appunto la raccolta delle fragole nel loro continente.
Quindi la Strawberry Moon non ha niente a che vedere con il colore della Luna al suo sorgere o tramontare; quello dipende unicamente da altri fattori che avvengono … ogni giorno.
La luce di ogni astro – pianeta o stella che sia – viene arrossata e rifratta dall’aria quando si avvicina all’orizzonte perché deve attraversare sempre più strati d’aria rispetto a quando gli stessi astri sono allo zenit.

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

Questo fenomeno si chiama Scattering di Rayleigh 1 ed è responsabile del colore azzurro del cielo. L’arrossamento della luce è più significativo quando l’astro è vicino all’orizzonte, perché il volume di aria attraverso cui deve passare la sua luce è significativamente più grande rispetto a quando è alto nel cielo. Presso l’orizzonte il tragitto più lungo della luce nell’atmosfera disperde quasi tutte le componenti della luce durante il percorso diretto verso l’osservatore; quello che resta è la componente di lunghezza d’onda maggiore. Per questo tutti gli astri osservati da terra hanno un aspetto rossiccio più o meno accentuato quando sono in prossimità dell’orizzonte.

Laser per la correzione delle turbolenze atmosferiche all'European Southern Observatory's Very Large Telescope.

Laser per la correzione delle turbolenze atmosferiche all’European Southern Observatory’s Very Large Telescope.

Soprattutto nelle sorgenti puntiformi come le stelle ma non solo,  si nota anche un altro fenomeno: la scintillazione 2 3.
La scintillazione è dovuta dalla luce che passa attraverso sacche di aria con diversa temperatura e densità, causando la rifrazione e dispersione della luce attraverso l’aria non omogenea. Quindi per effetto del maggiore tragitto che compie la luce all’orizzonte rispetto che allo zenit, l’effetto della scintillazione è maggiore quando la sorgente è bassa nel cielo.

Comunque la curiosità meno appariscente ma non meno reale e bizzarra è che gli astri in prossimità dell’orizzonte non sono proprio dove sembra che siano.
Questa si chiama Aberrazione Atmosferica 4 ed è unicamente dovuta dalla diversa densità del mezzo che la luce dell’astro deve percorrere per arrivare all’osservatore. Per questo la luce sembra provenire da un punto un po’ più verticale rispetto all’osservatore, il quale percepisce l’astro ad una altezza maggiore rispetto all’orizzonte. Anche questo effetto diviene via via più pronunciato man mano che si osservano oggetti meno distanti di 45° dall’orizzonte.

Per questo il 23 giugno non c’era nessuna fragola in cielo, e anche se apparentemente sembrava che ci fosse, sicuramente non era proprio neppure lì!


Note:

Venere e Terra, gemelli diversi

Nel nostro sistema solare il pianeta più simile alla Terra è Venere. Composizione chimica, densità e dimensioni sono molto simili tra i due pianeti. Anche la loro distanza al Sole è tutto sommato abbastanza simile. Eppure Venere, a dispetto del nome che evoca la dea romana della bellezza, è in realtà un inferno, torrido e secco. Tutta l’acqua presente sul pianeta risiede nella sommità delle sue nubi e quando lì decide di piovere, piove acido solforico.
Un nuovo studio giapponese spiega come sia avvenuto.

Venere e Terra sono molti simili dal punto di vista fisico ma hanno avuto storie molto diverse a causa della diversa distanza dal Sole.

Venere e Terra sono molti simili dal punto di vista fisico ma hanno avuto storie molto diverse a causa della diversa distanza dal Sole.

L’acqua liquida non è solo necessaria alla vita come la conosciamo. Questa è importante anche per il suo ruolo di lubrificante per le placche tettoniche e del mantello superiore. Essendo infatti abbastanza solubile nei silicati fusi, l’acqua penetra in profondità giù fino al mantello e permette alle placche tettoniche di muoversi più facilmente riducendone l’attrito reciproco. È quindi una componente importante della litosfera, lo strato più esterno del pianeta, che comprende la crosta e la parte più esterna del mantello responsabile della tettonica a zolle.
All’epoca della sua formazione, la relativamente poca acqua presente nella fascia più interna del Sistema Solare era chimicamente legata a silicati idrati e ai composti del carbonio più pesanti. Questa era però sufficiente a fornire una discreta quantità di acqua 1 ai neonati pianeti.
Le condizioni di pressione e temperatura che si stabilirono nei pianeti subito dopo il raggiungimento dell’autosostentamento gravitazionale favorirono la loro differenziazione chimica in base al peso atomico e molecolare degli elementi: nel nucleo si accumularono quelli più pesanti, mentre nella parte più esterna si raccolsero tutti gli elementi più leggeri 2.
Questa differenziazione, altrimenti nota come Catastrofe del Ferro, liberò l’acqua dai silicati fusi e fornì ai pianeti ancora non del tutto formati una prima, spessa atmosfera composta da diossido di carbonio e vapore acqueo.
Al di sotto di quella coltre di gas, i pianeti non avevano ancora una crosta solida ma una superficie di magma caldo e viscoso.

Lo studio giapponese

Due tipi distinti di pianeta terrestre. L'asse x superiore mostra la corrispondente radiazione stellare netto iniziale. La freccia indica la troposferico limite di radiazioni. Il critico distanza orbitale di acr, 0,76 AU separa l'orbitale regimi dei due tipi di pianeta. una, tempo di solidificazione. Le linee tratteggiate indicano il tempo richiesto per la completa perdita di acqua primordiale. Questo fornisce una buona approssimazione del tempo di solidificazione di pianeti di tipo II. il massimo viene visualizzato anche il tempo di solidificazione per I pianeti di tipo (vedi supplementare Informazioni). b, Totale rimanenze acqua al momento della completa solidificazione. A forte transizione è esposta a circa acr.

Le due distinte classi di pianeti rocciosi simili alla Terra
L’ascissa superiore mostra la radiazione stellare iniziale. La freccia indica il limite troposferico alle radiazioni. La distanza orbitale critica di circa 0,76 UA distingue i due tipi di pianeta. Nel riquadro a  è indicato il tempo di solidificazione. Le linee tratteggiate indicano il tempo necessario alla completa perdita dell’acqua primordiale. Questo dato fornisce una buona stima del tempo necessario alla solidificazione dei pianeti di tipo II. il massimo viene visualizzato anche il tempo di solidificazione per I pianeti di tipo I.
Nel riquadro b viene indicata la quantità di acqua rimasta al momento della completa solidificazione della crosta planetaria.
Credit: Keiko Hamano.

Qui entra in gioco uno studio del dipartimento Terra e Scienze planetarie dell’Università di Tokyo condotto da Keiko Hamano, Hidenori Genda e Yutaka Abe e pubblicato su Nature a fine maggio scorso.
Questo studio mostra come la distanza dalla loro stella possa influenzare l’evoluzione dei pianeti rocciosi.

Entro una certa distanza la radiazione stellare 3 impedirebbe la dispersione del calore in eccesso dei pianeti ancora fusi con conseguenze catastrofiche per la loro evoluzione.
L’evoluzione termica di un oceano di magma è strettamente legata alla formazione di vapore  acqueo nell’atmosfera. Una massiccia presenza di vapore acqueo nell’atmosfera comporta un tremendo effetto serra che diminuisce la radiazione in uscita dal pianeta e ritarda il processo di solidificazione.  A sua volta se questo flusso radiativo viene interrotto da uno stato di equilibro energetico con la radiazione stellare allora la superficie planetaria non può solidificarsi e il processo di rilascio dell’acqua sotto forma di vapore da parte del magma continua, ipersaturando l’atmosfera e svuotando il pianeta di tutta la sua acqua.
Questo processo di feedback positivo può prolungare l’opera di solidificazione del magma fino a 100 milioni di anni portando il pianeta al suo totale disseccamento.
Il resto dell’evoluzione è abbastanza chiara: l’assenza di acqua nella litosfera impedisce la formazione di zolle continentali e quindi di qualsiasi processo tettonico. La crosta planetaria diventa quindi più spessa e uniforme bloccando il flusso di calore che dal nucleo si propaga prima nel mantello e poi alla superficie.
In assenza di correnti convettive nel mantello anche la rotazione differenziale del nucleo si arresta e smette di generare un campo magnetico planetario 4. Intanto la radiazione stellare dissocia il vapore acqueo nei suoi componenti e soffia via l’idrogeno dall’atmosfera, mentre l’ossigeno si lega al monossido di carbonio trasformandosi in anidride carbonica. Così l’atmosfera del pianeta si satura di anidride carbonica 5 e l’effetto serra prima dovuto principalmente al vapore acqueo adesso è sostituito dalla quasi altrettanto efficace CO2.
Così la superficie planetaria rimane molto calda, il calore dell’interno non può quasi più defluire mentre l’atmosfera diviene sede di importanti moti convettivi dovuti all’incredibile gradiente termico tra la superficie del pianeta e lo spazio esterno.

Tutto questo è stato possibile da un iniziale stato di equilibrio energetico tra la radiazione stellare incidente e la temperatura dell’atmosfera del pianeta ancora fuso.
Nel caso in cui invece al calore sia consentito di defluire nello spazio il processo di raffreddamento procede molto più velocemente – pochi milioni di anni – consentendo al pianeta di mantenere gran parte della sua acqua nel mantello e favorendo così lo sviluppo di placche continentali. Una superficie molto più fresca consente al calore del nucleo di raggiungere la superficie attraverso moti convettivi che rimescolano il mantello e consentono al nucleo di girare indipendentemente dal resto del pianeta e generare un campo magnetico planetario. Col raffreddamento della superficie il vapore si converte in pioggia e assorbe parte dell’anidride carbonica dall’atmosfera sotto forma di acido carbonico. La riduzione dei gas serra rende l’atmosfera ancora più trasparente alla radiazione infrarossa che così disperde più energia nello spazio.
Il feedback negativo è evidente, così il pianeta si raffredda così velocemente che in pochi milioni di anni è completamente diverso dal suo gemello nato più vicino alla stella.

Conclusioni

Non c’è motivo per dubitare che gli altri sistemi planetari si siano formati in maniera dissimile al nostro, pertanto è ragionevole pensare che meccanismi simili si possano verificare anche per altri sistemi planetari.
Le supposizioni dello studio giapponese si adattano alla perfezione a quello che sembra che sia successo qui, con Venere caldo e secco e la Terra così fresca e umida.
Un meccanismo semplice, la distanza dal Sole, che si sposa perfettamente con i dati osservativi che abbiamo.
I ricercatori giapponesi suddividono così i pianeti rocciosi in due classi: il tipo I, la Terra che si è evoluta in un mondo fresco e umido, e il tipo II, caldo e secco come Venere. Il limite lo pongono a circa 0,8 U.A. dal Sole 6.
Fermo restando la suddivisione in due diverse classi di pianeti, io credo che sia meglio parlare di limite inferiore per lo sviluppo geologico di un pianeta potenzialmente abitabile. Così come esiste una Circumstellar Habitable Zone dimensionata dalla radiazione stellare, ora scopriamo che questa impone anche un limite che regola l’evoluzione geologica di un pianeta ed è un altro dettaglio importante da non trascurare nella ricerca dei pianeti potenzialmente abitabili.


Bibliografia:

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Note:

Hardware bricolage

A me non piacciono gli sprechi. Non mi piace buttare via una cosa a meno che non sia irrecuperabile e che non abbia almeno provato a riparare.

Personal computer

Un pc recuperato.  Credit: Il Poliedrico

Un pc recuperato.
Credit: Il Poliedrico

Un paio di settimane fa entrai in possesso di un po’ di vecchi personal computer da ufficio provenienti da diverse aste giudiziarie.
Erano macchine ormai obsolete, del 2004 o 2005, i primi Pentium 4 della serie Prescott con clock da 3 Ghz e socket 775. Essendo destinate ad uso di ufficio non disponevano di particolari dotazioni hardware come schede video o altro, tranne una, che era una stazione di videosorveglianza con tanto di controller dedicato e una scheda video PCI-express da 128M.
Adesso questo pc è stato recuperato con successo usando i componenti come RAM, hard disk, case etc. delle altre macchine sacrificate e irrecuperabili nell’hardware troppo obsoleto e ormai incompatibile con i sistemi operativi attuali.
Questo è la sua – discreta – dotazione hardware:

  1. Motherboard: Intel ® P5GD1 pro (chipset 915P) 
  2. Processore: Intel ®  Pentium 4 Prescott 3,4 Ghz
  3. RAM: 3 G DDR400
  4. hard disk: SATA 250 G
  5. Masterizzatore: CD/DVD
  6. Scheda video: ATI ® Radeon X550 PCI-e 128 M 
  7. Rete wireless: Atheros  ®
  8. Alimentatore: 450 W

Insomma, una macchina che sicuramente qualche anno fa era ancora al top di gamma e che sarebbe costata molte centinaia di euro e che adesso non finirà certo in discarica ma regalerà senz’altro grandi soddisfazioni al suo nuovo proprietario ancora per molti anni.

Tablet

Aprire l’Acer A500 è molto meno difficile di quanto si pensi.
Credit:  Ronel Adigue

L’altro giorno il mio fido tablet Acer ® Iconia A500 mi aveva abbandonato decidendo di non accendersi più. Si era guastato il pulsante di accensione.
Guardo i documenti relativi, le diverse garanzie (avevo acquistato insieme al tablet una estensione della garanzia) e scopro a malincuore che il mio caso non è coperto. Inoltre la garanzia originale del prodotto non copre due anni ma soltanto uno, pertanto risulta scaduta dal settembre scorso.
Decido comunque di contattare l’assistenza la quale però non sa darmi precise indicazioni sul costo dell’intervento. Si limita a consigliarmi di spedire l’oggetto al loro centro per avere una valutazione e, siccome la garanzia è scaduta, in caso di rifiuto del preventivo avrei comunque dovuto spendere 20 € + IVA per il consulto, più il ritiro del prodotto sempre a mie spese. Totale 15 € di spedizione  più 24,2 € per il preventivo: totale circa 40 € solo per sapere se vale la pena riparare un tablet del 2011!

La motherboard dell'Acer A500

La motherboard dell’Acer A500.
Credit: Bill Detwiler / TechRepublic

Scaduta per decaduta, la garanzia ormai è nel mio caso aria fritta, così decido di procedere da buon smanettone all’apertura del gingillo, che poi non è affatto difficile: basta una spatolina di plastica (io ho usato quella per fare i dolci!) per forzare il guscio e farlo saltare.
Il pulsante dell’accensione è davvero microscopico ed è accanto alla presa jack delle cuffie, in alto a destra in questa foto.
Addirittura è più piccolo degli assai meno utilizzati tasti per la regolazione del volume di cui è quasi la metà!
Questo e altri indizi scovati leggendo i vari forum  e lo stesso modulo di richiesta di assistenza Acer che prevede proprio questo tipo particolare di guasto, mi avevano fatto sospettare ad un caso di obsolescenza programmata, ovverosia un particolare progettato apposta per essere particolarmente fragile.

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

Una volta estratta la motherboard ho infatti notato che il pulsante di accensione si era scollato parzialmente dalla scheda assumendo una posizione alquanto innaturale ed era sostenuto soltanto dai suoi contatti saldati.
Quindi mi è bastato applicare una goccia di cianoacrilato con una siringa e il suo ago – per non danneggiare inavvertitamente gli altri componenti vicini, per esempio il motorino della vibrazione – sotto al pulsantino e applicare una pinza a molla per tenerlo in pressione e al suo posto durante l’asciugatura della colla.

Credit:Il Poliedrico

I tre pulsanti fisici dell’A500. Notare le diverse dimensioni tra i pulsanti del volume e quello di accensione.
Credit:Il Poliedrico

Risultato?
Il tablet è di nuovo acceso e funzionante con tutti i suoi programmi e i dati di nuovo disponibili, ma soprattutto ho risparmiato  non pochi euro per comprarne uno nuovo o far riparare questo fuori garanzia.

Come ho raccontato, bastano un po’ di ingegno e di pazienza per ottenere piccoli miracoli, come quello di recuperare un buon pc da hardware obsoleto e ripristinare un tablet ormai dato per defunto, risparmiando qualcosina e divertendosi pure!