Breve storia dell’Universo

La storia dell'Universo. Credit:grandunificationtheory.com

La storia dell’Universo.
Credit:grandunificationtheory.com

Sono nato quasi 14 miliardi di anni fa, minuto più, minuto meno, nel nulla più assoluto: non c’era alcuno spazio intorno a me e nessun tempo da misurare, quelli li ho creati io.

Fu un gran bel botto ma non c’erano orecchie per sentirlo, non le avevo ancora create.
Nacqui pieno di energia, una energia ancora misteriosa che neppure il più potente acceleratore di particelle o il più massiccio quasar potrà mai ricreare.

Eppure nell’arco di appena una frazione infinitesimale di un secondo la mia energia scemò fratturandosi in quattro forze che sono l’una lo specchio dell’altra, tutte alquanto simili ma molto diverse tra loro, mentre momentaneamente mi espandevo più veloce della luce.
Subito dopo una parte della mia energia si  tramutò in materia e antimateria, che però non si sopportavano e scontrandosi si annichilivano. Ma tra le pieghe delle leggi con cui ero nato era nascosto il segreto che avrebbe permesso alla materia di uscire vittoriosa dallo scontro con l’antimateria.

Ne il primo, turbolento secondo la mia materia primordiale si raffreddò e si diluì nello spazio che via via stavo creando fino a che, dopo appena tre minuti, le mie particelle fondamentali si riunirono in particelle più complesse e in trecentomila anni in atomi.

Ora la materia increspava lo spazio curvandolo con il suo stesso  peso creando i presupposti per il mio aspetto attuale: enormi filamenti, ponti che attraversavano tutto lo spazio vuoto come il tessuto di una spugna. 

Dopo appena un miliardo di anni questi filamenti collassarono in gigantesche nubi, le protogalassie, che a loro volta si frammentarono in nubi più piccole che formarono le prime stelle.
Dai tempi in cui energia e materia erano unite tutto lo spazio risplendeva di luce blu, ma purtroppo ancora non c’erano occhi che mi potessero vedere.
Ben presto quelle magnifiche stelle blu esplosero disseminando tutto intorno a loro i semi che avrebbero costruito nuove generazioni di stelle e pianeti.

Finalmente in qualche angolo  remoto di me stesso, con quegli elementi che adesso erano parte di me, mi evolsi ancora una volta: in Vita.
Per la prima volta in 13 miliardi di anni stavo per prendere coscienza di me stesso. Avevo creato occhi per vedermi e orecchie per sentire il mio respiro. Un cervello per pensare e intelligenza per comprendermi. 

Intanto, continuo ancora ad espandermi ….

 

 

Gli straordinari risultati di AMS-02

Martedì scorso a Los Angeles il celebre cosmologo Stephen Hawking ha suggerito che l’unico modo che ha l’umanità di sopravvivere per i prossimi mille anni è quello di dedicarsi alla colonizzazione dello spazio. Questo è ragionevole: con otto miliardi di bocche da sfamare, gli equilibri economici e le risorse sempre più scarse, il rischio di guerre, pestilenze o catastrofi naturali, vivere su un solo pianeta come dice Hawking è veramente rischioso.
Ma anche andarsene da questo posto, la Terra, non è affatto facile.
Colonizzare altri mondi allo stato tecnologico attuale non è possibile. Potremmo costruire habitat orbitali come suggerì O’Neill nel 1976, colonizzare Marte con città protette da cupole gigantesche che trattengono l’atmosfera 1, spingerci fino ai confini del Sistema Solare e in futuro forse fino alle stelle più vicine con immense navi generazionali. Il Cosmo è sicuramente il posto più inospitale in assoluto che ci sia, ma è anche quello che più ci fa sognare. Un vero salto nel buio.

Rappresentazione schematica dell’Alpha Magnetic Spectrometer. – Credit: INFN

Rappresentazione schematica dell’Alpha Magnetic Spectrometer. – Credit: INFN

Uno dei misteri più grandi del cosmo riguarda la sua composizione: secondo il Modello Cosmologico Standard l’Universo è composto per il 4,9% da materia ordinaria (barionica), il 26,8% da materia di cui non se ne conosce la natura (oscura) e per il 68,3% da energia oscura 2 3. Quindi l’84,5% di tutta la materia di tutto l’Universo sfugge alla nostra comprensione. L’unica cosa certa è che questa esotica forma della materia è sensibile all’interazione gravitazionale ma non emette o assorbe la luce.

Lo scorso 3 aprile il team di ricercatori guidati dal premio Nobel Samuel Ting del MIT/CERN ha annunciato che l’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02 4) dalla sua installazione sulla Stazione Spaziale Internazionale (2011) a fine 2012 oggi ha contato più di 400.000 positroni, l’equivalente antimateria degli elettroni.
Di per sé non è poi così difficile produrre positroni in laboratorio, basta bombardare la materia con fotoni ad alta energia 5 o sfruttare il naturale processo di decadimento radioattivo di alcuni isotopi (decadimento β+) ma, essendo il nostro universo dominato dalla materia, la sopravvivenza – emivita – di questa antiparticella è limitata all’incontro con un elettrone con cui si annichila emettendo due fotoni gamma da 511 kev emessi in direzioni opposte 6.

Il decadimento b+

Il decadimento β+

Per questo rilevare 400 mila positroni fra i 25 miliardi di eventi 7 registrati in 18 mesi (maggio 2011 – dicembre 2012) è straordinario.
Che i raggi cosmici contenessero un po’ di antimateria era risaputo almeno dal 2009 8, ma non in quantità così insolite: almeno il 10% del totale degli eventi dovuti a elettroni e positroni è dovuto da questi ultimi.

Una pulsar può accelerare le coppie di particelle-antiparticelle che AMS-02 ha rilevato.

Cosa produca tutti questi positroni in un universo di materia è un mistero. Questo potrebbe essere un indizio importante per scovare finalmente la materia oscura.

Per spiegare la natura della materia oscura sono state avanzate le più disparate teorie, dai neutrini massivi a particelle esotiche supersimmetriche 9  chiamate neutralini, che collidendo tra loro dovrebbero produrre un gran numero di positroni ad alta energia.

Un’altra sorgente di positroni molto meno esotica ma che vale comunque la pena di prendere in considerazione è nascosta nelle pulsar.
Le pulsar sono stelle di neutroni che si formano in seguito alle esplosioni di supernova. Questi resti ruotano sul loro asse migliaia di volte al secondo e hanno un campo magnetico milioni di volte più potente di quello che possiamo creare in laboratorio 10.
Le pulsar in pratica sono dei fantastici acceleratori naturali di particelle tra cui  coppie di elettroni e positroni, che possono spiegare le quantità rilevate da AMS-02.
Come riconosce Samuel Ting l’unico modo per distinguere l’origine dei positroni è quello di raccogliere altri dati e coprire un più ampio spettro di energia che per ora l’Alpha Magnetic Specrometer ha solo iniziato a mostrare 11.
L’ASM-02 rimarrà in funzione almeno fino al 2020 e potrà aiutare a risolvere finalmente il mistero della materia oscura.


Effetto serra nella primitiva atmosfera marziana

Purtroppo questo mese starò un po’ più lontano del solito da queste pagine. Lo scorso settembre decisi di dare una svolta alla mia vita e adesso quel momento è finalmente arrivato. Tranquilli, la mia assenza sarà solo temporanea, ve l’assicuro. Nel frattempo portate pazienza per un po’.

Rappresentazione artistica dell'interno di Marte. Credit: NASA/JPL

Rappresentazione artistica dell’interno di Marte.
Credit: NASA/JPL

Con la scoperta di bacini argillosi su Marte  ad opera del rover Curiosity il dibattito sull’antica presenza di acqua su Marte si fa sempre più acceso 1.

La presenza di acqua allo stato liquido presuppone che le condizioni ambientali marziane per un periodo passato siano state molto diverse da quelle attuali: innanzitutto Marte doveva essere molto più caldo di adesso. Come avevo evidenziato in passato 2 la Zona Goldilocks del Sole attualmente si estende tra 0,8 e 1,2 U.A. dalla stella, mentre Marte orbita un po’ più in là, a  circa 1,52 U.A. Quindi su Marte avrebbe dovuto  essere presente un fenomeno naturale capace di innalzare la temperatura fin oltre i 273° kelvin, ossia di almeno 50 gradi centigradi rispetto alla radiazione solare attuale 3 e almeno 70° a quella presente durante il Periodo Noachiano. Un meccanismo naturale capace di innalzare così le temperature esiste eccome: è l’Effetto Serra 4. Alcuni gas hanno la capacità di trattenere il calore più di altri tanto da sconvolgere l’equilibro termico naturale 5.

Il Monte Olimpo, il più grande vulcano conosciuto del Sistema Solare.

Il Monte Olimpo, il più grande vulcano conosciuto del Sistema Solare.

Senza dubbio questi tre gas combinati insieme hanno prodotto sul primitivo Marte un massiccio effetto serra che ha innalzato le temperature quel tanto che era sufficiente a mantenere l’acqua liquida. Sicuramente un ruolo importante l’ha avuto la crosta marziana che nel momento in cui si è solidificata ha ceduto la parte di acqua e anidride carbonica che tratteneva dando origine a una primitiva atmosfera. Nuovi studi sull’ipotetica composizione chimica e le condizioni fisiche dell’interno marziano 6 suggeriscono che particolari condizioni del mantello fuso del pianeta possono essere state responsabili attraverso gli imponenti vulcani del pianeta del rilascio di quantità significative di metano – che sappiamo essere uno dei più potenti gas serra – nella sua atmosfera. Finché è durata l’attività vulcanica marziana quindi Marte ha goduto dei benefici di un potente effetto serra che ha reso la sottile atmosfera marziana – non dimentichiamoci che Marte è grande la metà della Terra e nove volte meno pesante – abbastanza densa e calda.

Come suggerisce anche la sua densità 7, Marte è il meno denso dei pianeti rocciosi e nonostante tutto la percentuale di ferro contenuta nel suo mantello è insolitamente alta rispetto agli altri pianeti interni. Questo indica che la differenziazione chimica nota anche come Catastrofe del Ferro non si è mai conclusa per il Pianeta Rosso. Complice le ridotte dimensioni, un’atmosfera più sottile, e probabilmente,  meno elementi radioattivi pesanti come il torio (Th) e l’uranio (U) ereditati dalla nebulosa primordiale – che sulla Terra mantengono fluido il mantello e il nucleo – l’interno del pianeta si è raffreddato troppo presto, non si è sviluppato un nucleo fluido rotante capace di produrre un campo magnetico planetario importante in grado di proteggere l’atmosfera dall’azione ablativa del vento solare e dei raggi cosmici, si è interrotta l’attività vulcanica che alimentava l’atmosfera di metano.

Se Marte ha ospitato le condizioni a contorno necessarie allo sviluppo della vita, probabilmente queste si sono affacciate troppo presto e per troppo poco tempo nella storia marziana per essere significative.


Altri  riferimenti:
NASA rover studies geology of Mars’s crater, Physics Today, 3 aprile 2013.
Martian interior inside Mars, Esa Mars Express 7 gennaio 2007.

M31 – PanSTARRS: una congiunzione straordinaria

Credit: Vesa Vauhkonen on April 2, 2013 @ Rautalampi, Finland

Credit: Vesa Vauhkonen on April 2, 2013 @ Rautalampi, Finland

Bella, vero?
Questa foto è stata scattata L’altra sera da Vesa Vauhkonen a Rautalampi​ in Finlandia.
Per chi, come me, ha dovuto subire l’inclemenza meteorologica di tutto il mese di marzo, almeno la soddisfazione di vederla in cartolina … volete mettere?
A parte gli scherzi, non mi è proprio stato possibile vedere questa splendida cometa proprio per colpa del maltempo che ha colpito l’Italia praticamente per tutto il mese. E quando le condizioni meteo sembravano migliorare un attimino, il mio lavoro e altri impegni – non da  ultimo la violazione del Blog – mi hanno tenuto lontano dallo scrutare il cielo.

Oltre alla mirabile estetica, c’è comunque un’altra ragione per cui ho scelto questa immagine. La congiunzione apparente di due astri fra loro lontanissimi almeno 2,5 milioni di anni luce. Una infatti è una galassia, Messier 31 conosciuta anche come la la Galassia di Andromeda, composta da mille miliardi di stelle che brillano di luce propria, mentre l’altra è una montagna di neve sporca che si è avvicinata al Sole e per questo sta sublimando gas che riflettono la luce del nostro astro.
Il loro accostamento nel cielo è solo apparente, esattamente come fa un qualsiasi altro pianeta del Sistema Solare che si  proietta in una porzione di cielo che prende il nome dalla costellazione che ospita.
Esattamente come accade con le stelle fra loro lontanissime e indipendenti che condividono la stessa porzione di cielo e che noi, per comodità, per ragioni storiche e mitologiche, chiamiamo costellazioni.

Quindi quando sentirete parlare di Plutone nel Sagittario, Marte nei Pesci e Giove nei Gemelli sappiate che queste sono soltanto proiezioni apparenti e nient’altro; esattamente come la C/2011L4 PanSTARRS e M 31 che nella foto dominano la costellazione di Andromeda.