Pi, Einstein e altre storie

Nella giornata di oggi ricorre la nascita di uno dei più grandi geni dell’umanità: Albert Einstein, nato appunto il 14 marzo 1789 a Ulm in Germania.

Questo giorno poi è stato dedicato – non so bene da chi – al numero irrazionale più conosciuto nel mondo: Pi greco.
Sicuramente è per la notazione della data nel mondo anglosassone dove prima viene il mese e poi il giorno: 3.14 .
Certo è curioso come la data di nascita di Einstein sia uguale al 3 e 14 che ci insegnano a scuola 1 .
Pi greco è certamente la costante matematica più usata in quasi tutti i campi scientifici: dall’ingegneria alla chimica, dalla fisica particellare all’astrofisica, passando per l’elettronica e, ovviamente, la geometria.
Conosciuto da almeno  4500 anni – giorno più, giorno meno – dagli antichi egizi, e sviluppato concettualmente in forma più astratta e precisa dai greci 2, la rappresentazione decimale di pi greco troncata a 11 cifre decimali è abbastanza buona per valutare la circonferenza di un cerchio che si inserisce all’interno della Terra – che non è poi così tonda – con un errore di meno di un millimetro, mentre se si vuole essere più precisi, la rappresentazione decimale di pi greco troncata alle 39 cifre decimali è sufficiente per stimare la circonferenza di un cerchio che si inserisce nell’universo osservabile con precisione paragonabile al raggio di un atomo di idrogeno.
A cosa serve quindi una maggiore precisione nella conoscenza di pi greco?
Praticamente forse a niente, in teoria serve a tutto, mantiene viva la nostra innata curiosità umana. Ricordiamoci che senza di essa oggi non saremmo qui ma penzoleremmo ancora da un ramo di qualche albero come le scimmie nostre antenate.

Buon Pi-Einstein day!


Venere e Pleiadi: una spettacolare combinazione!

Credit: Il Poliedrico

Prendete quanti giorni ci sono in un anno terrestre 1 e dividetelo per 13. Fatto?
Adesso moltiplicate quel risultato per 8. Vi viene 224 e rotti? Bene, sappiate che quel numero è qualche centesimale più grande del tempo impiegato da Venere a compiere un giro attorno al Sole espresso in giorni terrestri, che è appunto 224,700.

Credit: Il Poliedrico

Tutta questa matematica serve a dimostrare che le orbite della Terra e di Venere sono in risonanza 13/8, cioè quando Venere compie 13 orbite complete la Terra ne compie 8.
Per questo ogni 8 anni e un pezzettino – i famosi centesimali – vediamo Venere nello stesso punto relativo del cielo, e per questo ogni 8 anni – e un pezzettino – Venere passa vicinissimo allo scrigno di gioielli del Nord: le Pleidai.

Ora se osservate l’immagine piccola vedrete che Venere compie una sinusoide che allontana  Venere dalle Pleiadi sempre di più. Possiamo dire che siamo abbastanza fortunati da assistere alla proiezione del pianeta proprio sopra l’ammasso, condizione che si ripeterà solo per i prossimi 48 anni, ad intervalli di 8.

Come osservare?
Con un binocolo o con uno strumento a grande campo e basso ingrandimento che abbracci tutte le Pleiadi e poco più, tanto più che la dispettosa Luna è in fase crescente dall’altra parte del cielo poco sotto a Marte.
Per questo sarà difficile gustare appieno l’evento ad occhio nudo, senza dimenticare che Venere è sempre più brillante, verso la fine del mese riuscirà a proiettare anche la sua pallida ombra.
Provate a fare anche qualche foto, credo che ne varrà la pena!

Buchi neri di un altro universo?

Distribuzione spaziale di 2074 GRBs osservati da BATSE, strumento a bordo del Compton Gamma Ray Observatory – Credit: Wikipedia .

Nel 1973 uno dei satelliti spia americani incaricati della sorveglianza degli esperimenti atomici Vela, registrò il primo lampo in luce gamma mai registrato nella storia dell’astronautica.
Fu però nel 1991 con il lancio del Compton Gamma Ray Observatory che la ricerca scientifica sui Gamma Ray Burst (GRB) potè progredire. Si scoprì che questi lampi – o almeno quasi tutti – non erano di origine galattica 1.

L’energia prodotta da un lampo gamma è enorme e nel corso degli anni sono tate proposte diversi meccanismi che possono innescare l’GRB, un po’ come avviene per le supernovae che si differenziano nel tipo di emissione luminosa a seconda dell’evento che ne è responsabile.

Animazione di una Collasar (click sull’immagine) Credit: NASA

Uno di questi è il modello Collapsar, ossia gigantesche stelle molto povere di metalli, con una massa attorno alle 40 masse solari e un momento angolare molto elevato che al termine della loro esistenza esplodono in supernova e il loro nucleo diventa un buco nero.
La materia degli strati esterni della stella precipita dentro il buco nero  appena formato creando un piccolo e densissimo disco di accrescimento. A questo punto si formano due getti di materia lungo l’asse di rotazione della precedente stella diventata buco nero; materia che ha velocità relativistiche pari 0,9999 c  e che rilascia la sua energia sotto forma di raggi gamma fortemente collimati, osservabili quindi da un osservatore che si trova lungo  il loro percorso.

La radiazione di Hawking
La Radiazione di Hawking viene prodotta in prossimità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero dalle continue fluttuazioni quantistiche del vuoto che generano coppie di particelle virtuali 2 che si annichiliscono normalmente subito dopo essersi formate  (per questo non viene violato il 1° principio della termodinamica). Quando una coppia di particelle si forma vicino all’orizzonte degli eventi una di queste può cadere nel buco nero mentre l’altra sfugge e diventa reale; quella che cade è l’opposto della particella sfuggita, così il buco nero è in difetto di massa rispetto all’universo e quindi evapora.

Stelle con queste caratteristiche erano molto comuni all’inizio dell’Universo, quando era molto più piccolo di oggi.
Questo spiegherebbe anche la relativa isotropia, ossia l’uniformità nella distribuzione di questi lampi gamma nel cielo senza alcuna preferenza particolare per una qualsiasi direzione, osservata.

Anche altri modelli, non mutualmente escludibili secondo me, sono stati proposti per spiegare i GRB: dalla fusione di due  stelle di neutroni fino all’evaporazione di buchi neri primordiali 3 per effetto della Radiazione di Hawking.

La velocità di evaporazione prevista dalle equazioni di Hawking per un buco nero è inversamente  proporzionale alla sua massa, questo significa che questi buchi neri primordiali stanno terminando la loro esistenza circa in questo momento della storia dell’Universo e – almeno una parte – dei GRB osservati potrebbe essere il lampo di radiazione gamma che testimonia la fine di un buco nero primordiale 4.

Ma per due cosmologi, Bernard Carr della Queen Mary University di Londra e Alan Coley della Dalhousie University in Canada, oltre ai buchi neri primordiali dovremmo tenere conto anche di un’altra classe di buchi neri che non sono di questo universo ma addirittura di quello precedente, creatosi cioè prima del Big Bang attuale 5.

Il modello dell’universo ciclico – Credit: HowStuffWorks

Esiste una teoria cosmologica chiamata Universo Ciclico 6, che vuole che il nostro Universo sia nato da un altro universo che ha subito un precedente Big Crunch. Dopo il collasso avvenuto per contrazione gravitazionale, tutta la materia del precedente universo contratto fino a diventare una singolarità, rimbalza, creando un nuovo universo – il nostro – passando sempre da un Big Bang. Per questa teoria anche il nostro Universo alla fine dovrà ricomporsi in una singolarità per dar modo a un nuovo universo – successivo al nostro – di nascere.
Anche se la teoria dell’Universo  Ciclico fosse vera 7 e tutta la materia e l’energia dell’universo precedente è confluita in un punto per poi risorgere in un nuovo Big Bang, perché anche tutta l’informazione dello stato precedente non è andata distrutta?
Per i due scienziati i buchi neri che possono essersi generati nel precedente universo prima del Big Crunch possono essere sopravvissuti al Big Bang e essersi diffusi nell’attuale Universo preservando quindi l’informazione dell’universo precedente 8.
La massa di questi buchi neri pre-crunch sarebbe paragonabile a quella dei buchi neri primordiali del nostro Universo: da  qualche centinaio di milioni di chilogrammi fino a una massa solare. Praticamente i buchi neri con questo range di masse sarebbero riusciti a preservare la loro struttura rimanendo separati dalla singolarità creata dal Big Crunch e riuscendo a sopravvivere nel successivo Big Bang, penetrando così nel nuovo universo.

Anche il padre dei twistori Roger Penrose affermò di scorgere gli echi di onde gravitazionali di un universo precedente sotto forma di impronte nella radiazione cosmica di fondo, rimettendo in dubbio l’attuale modello inflattivo largamente accettato in cosmologia.

Certo è che questa ipotesi più che offrire un meccanismo che spieghi l’origine dei GRB, pare offrire lo spunto per una profonda riflessione sulla cosmologia e la fisica. Vera o sbagliata che sia questa ipotesi, è comunque Scienza.


Stelle neonate

Oggi Il Poliedrico è stato vittima di un attacco che ne aveva deturpato articoli e link degli ultimi tre mesi. Nonostante le precauzioni prese c’è sempre qualcuno più bravo pronto a scavallarle e ad approfittarne.
Ma per fortuna una lettrice attenta (grazie Raffaella!) mi ha avvertito e così ho potuto ripristinare Il Poliedrico dal precedente backup di ieri sera.
Questo infatti è un post per verificare che tutto sia tornato alla normalità d’esercizio.

Credit: NASA, ESA, and the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration Acknowledgment: R. O'Connell (University of Virginia) and the WFC3 Scientific Oversight Committee

NGC 5128

Questa è una fotografia di NGC 5128 conosciuta anche come Centaurus A, una galassia a circa 11 milioni di anni luce dalla Terra. La ripresa del telescopio spaziale Hubble comprende, oltre al visibile, la banda ultravioletta e il vicino infrarosso, mettendo così in risalto il legame fra questi due estremi della luce e la nascita di nuove stelle.
I giovani ammassi stellari sono blu mentre i dischi di polvere protostellare dominano nell’infrarosso.

Il disco di polvere di Centaurus A è presumibilmente il risultato di una passata collisione – e fusione -con un’altra galassia. Il risultato di questa collisione è una nuova fase di nascite di stelle.
Come ho più volte detto la collisione di due galassie va inteso come due nuvole che si incontrano nel cielo e si fondono piuttosto che due auto che si scontrano: lo spazio fra le singole stelle è immenso e vuoto, e la velocità reciproca delle due galassie nonostante che sembri alta dà modo alle stelle di adattarsi alla mutata condizione gravitazionale.
Praticamente solo i gas e le polveri sono immediatamente coinvolti e reagiscono formando nuove  stelle.

Riferimenti:Firestorm of Star Birth in Galaxy Centaurus A


Congiunzione di sera bel tempo si spera!

Congiunzione Venere – Giove 12-13 marzo 2012
Credit: Il Poliedrico

La congiunzione Giove - Mercurio - Venere del 26 maggio 2013 - Credit: Il Poliedrico

Ormai mancano pochi giorni all’evento clou di questo mese: la congiunzione tra Giove e Venere.
Come potete vedere dall’animazione che ho preparato i momenti migliori saranno il 12 e il 13 marzo, quando Venere e Giove saranno separati da appena tre gradi.
Consiglio di iniziare le osservazioni già verso le 18:30, giusto per gareggiare, magari in compagnia di amici, a chi riesce a scorgerli per primo 1 anche se sarà possibile osservare i due astri vicini fin dopo le 22:00.
I consigli per un ricordo fotografico non sono poi molti. I due pianeti sono molto luminosi che anche con un tempo di scatto inferiore al mezzo secondo si ottengono ottimi risultati (ovvio comunque l’ausilio di un cavalletto o di un buon appoggio).
Un albero spoglio o la sagoma di una persona possono arricchire il quadro altrimenti vuoto, a voi la scelta della cornice. Non eccedete con gli ISO, tanto non ce n’è bisogno.
Un ultimo trucco: molte compatte non hanno la possibilità dello scatto remoto: usate il timer dell’autoscatto!

Se poi per motivi meteorologici o altro vi dovreste perdere questo evento, niente paura: la congiunzione del prossimo anno vedrà partecipe anche Mercurio in un fazzolettino di appena un paio di gradi quadrati, sarà più bassa all’orizzonte, ma sarà pur sempre un gran bello spettacolo!

Nuova CME dal Sole: AR1429

Il CME di stamani nell'ultraviolettto - Credit: NASA SDO

Il recente gruppo di macchie solari appena apparso sul Sole AR1429, ha appena dato prova della sua violenta attività con una serie di esplosioni, di cui per ora la più intensa è avvenuta stamattina alle 04:13 UT.

L’eruzione di classe X1 ha prodotto una espulsione di massa coronale che probabilmente colpirà di striscio la Terra con conseguenti tempeste geomagnetiche nei prossimi giorni.

Potete seguire come al solito l’attività solare attraverso questo link.

 

Lo sfuggente Mercurio

Il cielo il 5 marzo 2012 - Credit: Il Poliedrico

Si narra che il grande Copernico non fosse mai riuscito a vedere di persona il pianeta Mercurio, il più sfuggente dei pianeti del sistema solare. Probabilmente anche questa storia è altrettanto apocrifa quanto lo sia la famosa mela di Newton o forse sono vere entrambe, questo non possiamo saperlo, mentre è un dato di fatto che osservare Mercurio è sempre stato difficile.

Anche se in realtà si riesce a scorgere Mercurio – in condizioni ottimali – da circa 8-10 giorni, il prossimo 5 marzo sarà una delle poche volte all’anno in cui la visibilità di questo sfuggente astro sarà ottimale, infatti raggiungerà la sua massima elongazione orientale proprio il 5 verso le 12:00.
La sera subito dopo il tramonto basterà seguire la retta immaginaria che unisce Giove e Venere in direzione del Sole 1  per scoprire un puntino luminoso di magnitudine apparente di -0,6 ad appena 10 gradi sopra l’orizzonte: quello è Mercurio.
Io consiglio di provare a cercarlo dopo le 18:30 (il Sole tramonta alle 18:08), verso la fine del crepuscolo civile, allora il riverbero del tramonto non dovrebbe limitare l’osservazione del pianeta.

Nel corso del mese di marzo ci saranno anche altri eventi interessanti come la congiunzione Venere-Giove del 13-14 marzo (appena 3° di separazione!), ma avremo occasione di parlarne per prepararci anche a questo. Intanto untate gli arnesi!

Cieli sereni!

INCROCI

Umby

Poco dopo la fantastica esperienza del Carnevale della Fisica n°27 improntato sui legami tra scienza e la letteratura, Marco Castellani e il suo blog GruppoLocale.it ha lanciato l’idea di un forum che rendesse in qualche modo permanente quello spirito a cui Il Poliedrico ha subito aderito.

Credit: Il Poliedrico

Adesso il forum Incroci è direttamente disponibile da qualche giorno anche dall’home page di questo blog, mentre accanto agli articoli esiste un  widget RSS  che mostra gli ultimi interventi sul forum.
Questo forum vuole fare incontrare la scienza con le altre discipline culturali, arte, letteratura, scuola etc. fino alle più banali esperienze quotidiane di ciascuno di noi.
Spero che presto il forum Incroci diventi uno dei vostri forum di riferimento e che vi iscriviate numerosi.

Intanto vi propongo il manifesto di apertura di Incroci scritto dal suo amministratore Marco Castellani:

Perché Incroci

Un incrocio è un incrocio. Su questo non ci piove. E’ una possibilità di contatto tra due strade, due percorsi. Due percorsi che in quel momento, in quel punto dello spazio, mostrano di essere uno.

Così è bello parlare di scienza e di letteratura insieme. Di scienza e di poesia. Non guardando le vie di fuga come lontane e divergenti, ma affinando l’occhio e la sensibilità del cuore per trovare tutti i punti di convergenza.

Quello che ci muove è ben espresso da quanto ha scritto il poeta Davide Rondoni per il Carnevale della Fisica ospitato in gennaio da http://www.gruppolocale.it

La poesia e la scienza non sono opposte, non lo erano nelle origini della meraviglia che percepisce il mondo come primo passo, e non lo sono dopo il lungo cammino di entrambe, quando si concepiscono e attuano come tensione alla conoscenza del mistero del reale. Quel che Ungaretti chiamava il “segreto” del mondo.

http://goo.gl/4w7dw

Poesia, scienza, meraviglia, mistero…. e gli infiniti percorsi che scorrono fitti tra questi poli. Ci sembra interessante il tentativo di proporre uno spazio di discussione per i temi scientifici, certo, ma con un’enfasi particolare alle possibili, infinite, connessioni con gli altri ambiti dell’umana avventura.

Il tempo dirà se questa proposta sarà apprezzata. Per ora diciamo soltanto che siamo aperti a suggerimenti, contatti e collaborazioni. La cultura vive e si esalta con incroci e ibridazioni: può essere una bella avventura parlarne qui :)

Marco Castellani

 

Una congiunzione a barchetta: le foto

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Credit: Il Poliedrico

Dopo diversi mesi in cui non sono mai riuscito a registrare nulla vuoi per il freddo, il cattivo tempo e forse anche un po’ per pigrizia, finalmente la sera  del 25 febbraio sono riuscito a fare un po’ di foto della congiunzione Venere.Luna, con questa insolitamente adagiata sulla sua rotonda pancina, detta anche Luna a Barchetta.
Questo è un fenomeno abbastanza inconsueto per le nostre latitudini, si verifica nei giorni successivi al novilunio e con l’eclittica perpendicolare 1 – o quasi – alla linea dell’orizzonte nelle ore del tramonto. La fortunata combinazione di questi tre elementi porta al realizzarsi della Luna a barchetta, mentre se la perpendicolarità dell’eclittica si verifica all’alba nei giorni precedenti al novilunio si ha la cosiddetta Luna a ponte.

La galleria Congiunzioni avrà probabilmente delle  aggiunte nei prossimi giorni, intanto godetevi le foto.

Non tutto è fumo di quel che brucia (Temporal Distortion)

Credit: Video by Randy Halverson, music by Bear McCreary

 

Questo timelapse magistralmente eseguito – accompagnato dalla colonna sonora originale di Bear McCreary, l’autore di colonne sonore come Battlestar Galactica, Caprica, Terminator: The Sarah Connor Chronicles – merita un articolo.
Oltre alla magnificenza del cielo settentrionale notturno dominato dalla Via Lattea, si possono scorgere altri particolari degni di nota come la scia persistente lasciata da un meteorite al minuto 00:53 e la potente eruzione di un’aurora boreale. Molte sono le curiosità visibili nel filmato, passaggi di satelliti, meteore, aurore elettriche e pure un cervo.

Voglio solo soffermarmi sulla scia persistente (nella realtà dura quasi mezz’ora!) lasciata dal bolide visibile alla fine del primo minuto: quando una meteora impatta con la nostra atmosfera, lo fa con una velocità altissima, 10 – 15 chilometri al secondo. Quest’urto comprime e riscalda l’aria fino a ionizzarla, cioè spoglia gli atomi che la compongono dei loro elettroni esterni.  Questo fronte d’onda precede la meteora, la scalda e spesso la distrugge.
Tutto questo avviene nella mesosfera, tra i 60 e i 100 chilometri di quota, dove la densità dell’aria incomincia a farsi importante  e di cui ancora purtroppo sappiamo ben poco sulla dinamica dei venti.
La scia persistente non è quindi il fumo del meteorite che brucia, ma l’aria ionizzata dall’impatto che lentamente si ricombina ed emette luce, esattamente come accade nelle lampadine a fluorescenza.
Una meteora piccola creerà un fronte d’onda ionizzato piccolo mentre una meteora più grande, tipo una palla da calcio, ne farà uno molto più grande, da essere visibile anche di giorno.
A seconda dei venti mesosferici l’aria ionizzata verrà arricciata e soffiata via prima che si ricombini ed emetta luce, per cui ecco spiegata la sua persistenza e le curiose forme che assume nel cielo.
In questo timelapse si vede benissimo il curioso fenomeno.

Buona visione.