Quando la politica distrugge la Scienza

Dubium sapientiae initium, Nel dubbio inizia la sapienza.
Forse con questo post mi attirerò gli strali di molti voi lettori ma ritengo che le dimissioni della Commissione Grandi Rischi sia stato un pessimo autogol della comunità scientifica italiana che stavolta non è andata di là del proprio naso.

Innanzitutto un po’ di storia.

Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.
Queste sette persone sono stati ritenute colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose dal tribunale dell’Aquila per i fatti del terribile terremoto che il 6 aprile 2009 distrusse la città, uccise 308 persone e causò migliaia di sfollati e senza tetto.
I fatti contestati riguardano una riunione – alquanto irrituale a detta poi di  Enzo Boschi, uno dei condannati, visto che di solito gli incontri avvenivano a Roma – della Commissione Grandi Rischi tenutasi a L’Aquila il 31 marzo 2009, sei giorni prima del catastrofico sisma.
Quella riunione fu imposta dall’allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso che definì la convocazione degli esperti “un’operazione mediaticaperché vogliamo tranquillizzare la gente“, come risulta da una intercettazione telefonica registrata dai Carabinieri per un’altra indagine in cui lo stesso Bertolaso era indagato.
La riunione durò solo 45 minuti e e da esse non uscì alcun verbale, anzi, sempre lo stesso Enzo Boschi rivela che il verbale che appare adesso lui lo firmò solo dopo il terremoto: “Il verbale che mi inchioda non so chi l’abbia scritto, è apparso dopo il sisma, mi hanno fatto mettere una firma quando era già successo tutto”.
Per solidarietà verso i loro colleghi, l’attuale ufficio di presidenza della Commissione Nazionale dei Grandi Rischi – composto dal Presidente, Luciano Maiani, dal Presidente emerito, Giuseppe Zamberletti, e dal Vicepresidente, Mauro Rosi – ha rassegnato le sue dimissioni al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Questi sono i fatti, nudi e crudi.
Penso che le motivazioni della sentenza siano comunque assurde – mi riservo di leggere le carte della sentenza quando queste saranno depositate e rese pubbliche –  e che la pena di sei anni inflitta ai membri della Commissione sia comunque eccessiva,  soprattutto quando in questo Paese chi ruba Denaro Pubblico, chi paga tangenti ai politici (!) in cambio di lucrosi appalti, oppure evade le tasse, non rischia praticamente niente grazie allo smantellamento ininterrotto dello stato di diritto perpetrato ininterrottamente in questi ultimi venti anni di II Repubblica, mentre le carceri sono strapiene di ladruncoli di strada, tossicodipendenti e gente disperata.
Ritengo però che il dolo da parte dei membri della Commissione in quei giorni ci fu, e che sia particolarmente grave perché fatto da accademici che in quel momento abiurarono la scienza, al di là del loro colore o credo politico.
Essi si mostrarono pavidi verso un’operazione puramente mediatica voluta dal governo politico di allora, chinarono il capo con piaggeria al volere del potere politico, cosa che un vero uomo votato alla scienza non dovrebbe mai e poi mai fare.
Non è possibile prevedere i terremoti, lo so e l’ho scritto diverse volte, né con i cassoni per raccogliere il radon, né guardando le fasi lunari, l’allineamento dei pianeti e neppure con i fondi di caffè o le frattaglie di bove.
Loro non potevano raccontare alla popolazione che nessun terremoto di forte intensità sarebbe mai arrivato o che ci sarebbe stato dopo sei giorni, nessuno di loro avrebbe potuto prevederlo. Non erano semplicemente in grado di dirlo e proprio per questo avrebbero dovuto far emergere il principio di precauzione, e quindi il dubbio, dicendo:
Non siamo assolutamente in grado di dire se ci sarà o meno un forte sisma in futuro. Suggeriamo che comunque siano prese misure particolari per evitare – o limitare – una eventuale emergenza almeno finché l’attuale sciame sismico in atto continua la sua attività.
Ma siccome un simile sensato annuncio non uscì – e un finto verbale della riunione apparve solo dopo il terremoto – è fin troppo evidente l’assoluta sottomissione della Commissione Grandi Rischi al volere politico. Questo non è il senno del poi, ma assoluto buonsenso che quella sciagurata sera non emerse.

Infine voglio fare esternare, in questo Paese tutti lo fanno – anche a sproposito, il mio disappunto su come vengono gestite le calamità naturali:
l’Italia è un paese a forte rischio sismico, come lo sono la penisola della California e il Giappone. Nonostante questo innegabile fatto scientifico la stragrande edilizia di questo paese non è costruita su principi e tecnologie antisismiche, tutt’altro: la famosa Casa dello Studente dell’Aquila era costruita in maniera molto approssimativa, con materiali scadenti, come allo stesso modo era stato costruito l’Ospedale San Salvatore dell’Aquila 1, con la sabbia al posto del cemento.
Purtroppo è così, è innegabilmente da irresponsabili non ammetterlo, che molta edilizia italiana sia così malmessa, tangenti, appalti al massimo ribasso e criminalità organizzata hanno prodotto questo in Italia: edifici fatiscenti già prima della loro inaugurazione, levitazione spropositata dei costi di realizzazione e sperpero di denaro pubblico 2.
Un’edilizia moderna e sicura, progettata secondo le ben collaudate regole edilizie adottate negli altri paesi ad elevato rischio sismico avrebbe un positivo impatto sull’economia del Paese.
La messa in sicurezza del territorio dai rischi di disastro idrogeologico ha costi non indifferenti all’inizio, ma ripaga rispetto alle spese da sostenere nelle infinite emergenze che accompagnano i disastri che si sarebbero potuti evitare.

Infine rivolgo un appello al Prof. Maiani affinché ritiri le sue dimissioni e prenda invece le distanze da chi non ha saputo – o voluto – opporsi a una mera manovra politica come fece quando il suo vicepresidente glorificava il terremoto in Giappone come Volontà Divina 3.
La scienza non può e non deve mai scendere a compromessi con la politica, il costo sarebbe poi troppo alto.

La costante di Hubble e i modelli cosmologici

Probabilmente la scoperta più importante mai fatta in cosmologia è che il nostro Universo si sta espandendo.
Insieme al Principio Copernicano, che non esiste un posto preferito nell’Universo, e il paradosso di Olbers 1  che il cielo è buio di notte, questa è una pietra miliare della moderna cosmologia.
Questa scoperta ha costretto i cosmologi a formulare modelli dinamici dell’universo, il che impone anche l’esistenza di un inizio e una fine per l’Universo.

 

La geometria locale dell'universo è determinata dalla sua densità. media come indicato nell'articolo.  Dall'alto in basso: un universo è sferico se il rapporto di densità media supera il valore critico 1 (Ω> 1, k> 0) e in questo caso si ha il suo successivo collasso (Big Crunch); un universo iperbolico nel caso di un rapporto di densità media inferiore a 1 (Ω <1, k <0) e quindi destinato all'espansione perpetua (Big Rip); e un universo piatto possiede esattamente il rapporto di densità critico (Ω = 1, k = 0). L'universo, a differenza dei diagrammi, è tridimensionale.

La geometria locale dell’universo è determinata dalla sua densità. media come indicato nell’articolo. Dall’alto in basso: un universo è sferico se il rapporto di densità media supera il valore critico 1 (Ω> 1, k> 0) e in questo caso si ha il suo successivo collasso (Big Crunch); un universo iperbolico nel caso di un rapporto di densità media inferiore a 1 (Ω <1, k <0) e quindi destinato all’espansione perpetua (Big Rip); e un universo piatto possiede esattamente il rapporto di densità critico (Ω = 1, k = 0). L’universo, a differenza dei diagrammi, è tridimensionale.

Nel 1916 Einstein formulò la Relatività Generale, la prima coerente descrizione matematica dell’Universo che soppiantò definitivamente la meccanica newtoniana che in condizioni estreme – si pensi al caso della precessione dell’orbita di Mercurio – falliva le sue previsioni.
Basandosi sul potere descrittivo della Relatività Generale nel 1917 Albert Einstein provò a formulare il primo modello cosmologico moderno dell’Universo.
L’universo immaginato da Einstein era statico, aveva un volume finito ma senza limiti, l’analogo quadridimensionale della superficie di una sfera, che è dotata di un’area finita ma illimitata.
Però subito si accorse che un universo statico non era affatto stabile – la sua massa lo avrebbe fatto contrarre fino ad una singolarità 2 – e per questo introdusse nel suo modello  una costante cosmologica repulsiva per controbilanciare l’effetto attrattivo della massa su scala cosmologica.
Ma con o senza una costante cosmologica un modello di universo statico stabile  era impossibile, come dimostrarono indipendentemente il russo Alexander Friedmann nel 1922 e poi il belga George Lemaître.
Fu così che l’idea di un universo statico di volume finito ma illimitato cadde miseramente, è il caso di dire sotto il suo peso.

All’incirca negli stessi anni l’astronomo Edwin P. Hubble  dall’Osservatorio di Monte Wilson  stava studiando quelle che all’epoca venivano ancora chiamate nebulose a spirale e che in quel momento si riteneva facessero parte della nostra Galassia.
Grazie al nuovissimo (allora) Telescopio Hooker da 2,5 metri, Hubble riuscì ad identificare alcune Cefeidi 3 nelle galassie M31 e Triangolo, calcolando così la loro reale distanza 4. Fu evidente fin da subito che le nebulose in questione non appartenevano alla nostra Galassia, demolendo quindi l’opinione allora diffusa tra gli astronomi.
Combinando i suoi lavori con quelli di Humason, di Slipher e della Leavitt 5 fu possibile per Hubble correlare gli spettri delle singole galassie con la loro distanza secondo una precisa legge matematica: z = H0 D / c dove D è la distanza della galassia osservatac è la velocità della luce, H0 è appunto la Costante di Hubble e z lo spostamento verso il rosso osservato.
Fu così evidente che tutti gli spettri mostravano un sistematico spostamento verso il rosso delle righe spettrali proporzionale alla loro distanza; era come se le altre galassie fuggissero da noi o che l’Universo era effettivamente in espansione, come dimostravano indirettamente le equazioni della Relatività Generale che aborrivano un universo statico.
Il valore che nel 1929 Hubble calcolò per la costante di espansione cosmologica Ho era di ben 500 (km/s)/Mpc 6, ovvero una galassia a un milione di parsec aveva una  velocità di recessione pari a 500 chilometri al secondo,  a 2 Mpc di 1000 e così via, un valore altissimo rispetto a quello attuale di appena 74,3 ± 2,1 (km/s)/Mpc che l’osservatorio spaziale infrarosso Spitzer 7  ha calcolato proprio in questi giorni 8.
Il valore calcolato da Hubble fu ritoccato poi al ribasso in più riprese proprio dal suo allievo e successore, Allan Sandage, arrivando fino a un valore comunemente accettato dagli astronomi tra 50 e 100 km al secondo per megaparsec a seconda della scuola di pensiero; qui è proprio il caso di dire che la verità sta in mezzo.

La Costante di Hubble pertanto esprime la rapidità con cui l’Universo si va espandendo. Questa è chiamata costante perché ci si attende che sia la stessa in tutto l’Universo, ma solo nello stesso momento. La Costante di Hubble si suppone infatti che vari nel tempo perché il ritmo con cui l’Universo si espande risente di diversi fattori, questo viene rallentato dall’attrazione gravitazionale di tutta la materia presente nell’Universo, ΩM, e accelera per l’effetto dell’altra costante cosmologica repulsiva Lambda (Λ) 9

Il valore della Costante di Hubble è altrettanto importante per stabilire un’altro dato fondamentale nelle teorie cosmologiche dinamiche: il suo inverso (1 / H0) è infatti chiamato tempo di Hubble, o più comunemente età dell’Universo. Proviamo adesso a calcolarlo per il valore della Costante di Hubble come è stata rivista da Spitzer assumendo che il valore medio di H0 non si sia discostato di molto nel tempo dal suo valore attuale 10:

1/(74,3 km/s)*Mpc  = 1/(74,3 * 3,09E+19) = 4,36E+17 secondi dalla nascita dell’Universo. Siccome ci sono 3,1536E+16 in un miliardo di anni 11, allora l’Universo ha 13,831 miliardi di anni, ora più ora meno.

A questo punto appare evidente che se si vuole sviluppare un modello cosmologico coerente con la nostra realtà occorre tenere presenti alcuni fatti scientifici accertati: l’età e il tasso di espansione sono solo alcuni di questi, mentre la geometria e tutta la materia e l’energia presenti nell’Universo ancora sono oggetto di studio.


Superconduzione nelle stelle di neutroni

La nebulosa HEIC 0609a, i resti di Cas A
Credit: NASA , ESA , and the Hubble Heritage STScI /AURA )-ESA /Hubble Collaboration. Acknowledgement: Robert A. Fesen (Dartmouth College, USA) and James Long (ESA/Hubble)

Forse la vide il Flamsteed, 332 anni fa, come una debole stellina di sesta magnitudine lassù sopra a Caph (β Cas), proprio dove le polveri del piano galattico sono più spesse.

In realtà quella stellina era una  supernova del tipo IIb, ovvero il risultato del collasso di una massiccia supergigante rossa al termine della sua vita, distante 11000 anni luce. Solo l’assorbimento della polvere interstellare lungo il piano galattico ha impedito che fosse più visibile di una debole stellina di appena 6a magnitudine agli osservatori della fine del XVII secolo.
Questa supernova fu riscoperta nel 1947 con i primi radiotelescopi, rivelandosi da subito come la sorgente radio extrasolare più brillante del cielo.
Cas A, questo è il suo nome, continua ancora a stupire gli scienziati dopo tutti questi anni.
Alcune teorie in passato  ipotizzavano che della supernova fosse rimasto un buco  nero, ma forse in questo caso sbagliavano.
Probabilmente quello che resta della supergigante è una stella di neutroni,  una stella così densa che gli elettroni e i protoni riescono a fondersi insieme annullando la loro opposta carica elettrica trasformandosi in neutroni 1.

L’osservatorio spaziale a raggi X Chandra ha scoperto che questa stella di neutroni si è raffreddata di circa il quattro per cento durante un periodo di osservazioni di 10 anni.
Questo calo di temperatura indica che qualcosa di insolito sta accadendo all’interno di Cas A.
In una serie di lavori apparsi su alcune riviste riviste scientifiche più di un anno fa, si è discusso di questo curioso raffreddamento, arrivando alla conclusione che probabilmente la stella di neutroni sta attraversando un periodo in cui i protoni rimanenti nel nucleo della stella sono in uno stato superfluido. In questo caso i protoni -che sono portatori di carica elettrica – creano un superconduttore 2 3.

Questi studi ampliano la nostra conoscenza sugli stati della materia degenere in condizioni limite, che in questo caso porta a creare uno stato di superconduttività a temperature prossime al miliardo di gradi quando sulla Terra si può ottenere la superconduttività solo con materiali e condizioni particolari a temperature bassissime.

Cas A non solo quindi ci dà l’opportunità – rara se non unica – di studiare una stella di neutroni molto giovane e di verificare subito i nostri modelli teorici su questo particolare tipo di oggetti, ma possiamo studiare come si comporta la materia allo stato iperdenso e come si comporta la forza nucleare forte, che lega le particelle subatomiche, in condizioni così critiche.


Una meridiana venusiana

Lo so, sono mancato per troppo tempo e vi dovevo questa risposta.
Purtroppo ho avuto una settimana infernale, e per giunta domenica pomeriggio mi è caduto pure il telescopio (rompendo anche una doppia finestra).
Spero che comprendiate il mio silenzio.

Credit: Il Poliedrico

 

 

Credit: Il Poliedrico

Questa qui sopra è la foto originale da cui ho tratto la protagonista dell’ultimo quiz 1 dopo una laboriosa opera di restauro.
Quella che vedete non è frutto di inquinamento luminoso, che lascia un’ombra assolutamente non definita.
E  neppure la Luna, che avrebbe riprodotto un’immagine ben più luminosa.
Questa è l’ombra di Venere che sono finalmente riuscito a registrare lo scorso 20 aprile in una strada di campagna tra le colline senesi, in Val di Crevole.
La ripresa non fa certo giustizia all’evento, ma solo perché ho usato una fotocamera compatta (A650 Powershot) riprogrammata con CHDK 2 per scattare una lunga serie di foto in sequenza con un tempo di esposizione di 5 secondi, diaframma a 2,8 e distanza focale di 8,2 millimetri.
Se volete potete scaricare l’immagine e rielabolarla voi stessi.

In quelle sere Venere era nelle migliori condizioni per proiettare un’ombra sulla Terra: la sua falce calante verso la congiunzione inferiore del 6 giugno 3 (il transito di Venere sul disco solare) era ancora abbastanza ampia da riflettere molta luce del Sole e la sua distanza rispetto alla Terra era abbastanza ridotta da arrivare in quei giorni a una magnitudine di -4,5.
Per questo Venere è riuscita a proiettare la sua ombra, che è ben più netta di quella lasciata dal Sole, dalla Luna o da qualsiasi altra fonte luminosa non puntiforme.

Io intanto mi prodigavo con l’altra fotocamera ben più performante e ho fatto questa per immortalare l’evento:

Venus


La cometa di Natale 2013

L’anno prossimo checché ne dicano le apocalittiche cassandre che ancora speculano sulla prossima fine del mondo, sarà ottimo per le osservazioni dei fenomeni celesti, in special modo le comete.

Credit: Il Poliedrico

Scoperta solo pochi giorni fa – 21 settembre e ufficializzata il 24 dal minor Planet Center –  da Vitali Nevski (Bielorussia) e Artyom Novichonok (Russia), la cometa C/2012 S1 (ISON) certamente il prossimo anno farà parlare di sé.
Per una volta incominciamo dai numeri, o meglio, dalle date:

  • Il  1 ottobre la Ison sarà a circa 10.000.000 di chilometri da Marte.
  • Il 28 novembre la Ison transiterà al suo perielio poco dopo le 20:00 (UTC)  ad appena 1,8 milioni di chilometri  dal fuoco dell’orbita (1,1 milioni di chilometri dalla fotosfera solare).
  • Se sopravviverà al passaggio nella cromosfera del Sole. la Ison il 26 dicembre passerà a 60 milioni di chilometri dalla Terra, rendendosi visibile nell’emisfero nord come   lo è stato la Lovejoy all’inizio di quest’anno per l’emisfero sud.

L’orbita della Grande Cometa del 1680 rappresentata nei Principia Mathematica di Newton.

Sì, ho detto se sopravviverà perché la Ison è una sungrazing, o cometa radente, ovvero una cometa il cui periapside e il fuoco dell’orbita sono  molto vicini, tanto da portarla a transitare  a meno di 3 raggi solari 1 dal centro di gravità della sua orbita. Non è certo un record, la Grande Cometa del 1680 2  passò ad appena 200.000 km dal Sole e sopravvisse.

Una cometa ovviamente non emette luce ma brilla di luce riflessa, quindi sono tre i fattori che ne determinano il suo splendore:

  • La quantità di polveri e gas che può emettere.
  • La sua distanza dal Sole al perielio.
  • La sua minima distanza dalla Terra.

La C/2012 S1 (ISON) alla sua minima distanza dalla Terra. Le orbite seguono un movimento antiorario,per cui la Terra ha già sorpassato la cometa quando questo avviene.

Dai dati orbitali finora elaborati questa pare essere una nuova cometa proveniente dalla Nube di Oort 3, quindi senz’altro molto ricca di materiali volatili necessari per una coda  importante.
Come ho detto la Ison passerà a meno di due raggi solari dalla superficie del Sole.  Pertanto  – se resisterà all’azione mareale del Sole e al calore della sua corona –  dovremmo attenderci un drammatico aumento della sua attività nucleare a tutto vantaggio della sua chioma e la sua coda, quindi anche della sua luminosità. Statisticamente, tutte le comete che posseggono un perielio inferiore a 75 milioni di chilometri (0,5 AU)  possono diventare una Grande Cometa.
Anche la Grande Cometa di Newton passò a 60 milioni di chilometri dalla Terra, proprio come potrebbe fare questa. Stando alle cronache dell’epoca, quella volta la Grande Cometa produsse una coda di ben 50-70°, per cui anche la Ison potrebbe essere protagonista di una performance simile e regalarci uno splendido spettacolo per il Natale 2013. Auguri.


Una meridiana un po’ particolare

20 aprile 2012 Credit: Il Poliedrico

Lo so, la foto qui sopra fa un po’ schifo, sgranata, in bianco e nero,  oggetti non bene identificabili. La fotocamera di ripresa è una Powershot A650, macchina eccellente ma pur sempre una compatta, con tutti i suoi limiti di ripresa in condizioni di luminosità quasi nulla.
Per diverso tempo i fotogrammi sono stati dimenticati in una directory  fino a che l’altro giorno li ho ripescati e sottoposti a pesante restauro. Questo fotogramma  è uno di loro, l’ho recuperato da uno apparentemente nero e questo è proprio il massimo che sono riuscito a fare.
Quello che vedete è un tergicristallo alzato di un’auto, dietro c’è un foglio bianco su ci il braccetto del tergicristallo ha proiettato un’ombra. Il concetto del mio esperimento è lo stesso di un meridiana.

La domanda appunto è:

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Fra una settimana lo saprete!