Lo smog di Titano

Titano ripreso in falsi colori dalla sonda Cassini - Credit: NASA/JPL/Space Science Institute

Quante volte ci è capitato, specie da un luogo abbastanza alto, di vedere una cappa di smog nelle pianure più in basso e magari pensare che quello schifo lo respiriamo anche noi per tutto l’anno. Quello è un sottoprodotto delle nostre automobili che pompano ossidi di azoto e altre schifezze simili nell’atmosfera inferiore, dove la luce del Sole li trasforma in particelle di aerosol.
Un altro mondo ricco di smog, ma di altra natura, è Titano, la cui atmosfera, come quella terrestre, è dominata dall’azoto.
L’atmosfera di Titano contiene anche un po’ di metano (CH4). Sotto la luce solare questi due gas si comportano come lo smog sulla terra: si ricombinano formando strati di aerosol opachi che impediscono l’osservazione della superficie del satellite.
Si era supposto che la foschia di Titano fosse dovuta principalmente da etano (C2H6) che avrebbe dovuto creare una continua pioggia sulla superficie, eppure quando la sonda Huygens atterrò (o attitanò?) su Titano non fece ‘splash’, ma ‘punf’, come ci insegnano i fumetti.

I criovulcani di Encelado Credit: NASA/JPL/Space Science Institute

Questo tonfo in parte inatteso, mise in allarme i ricercatori dell’atmosfera di Titano, che dovettero in parte rivedere le loro teorie. Si scoprì che ad esempio, l’atmosfera del satellite conteneva anche un po’ d’ossigeno, come rivelò nel 2004 la sonda Cassini. Il responsabile probabilmente era Encelado, che spruzza continuamente vapore acqueo nello spazio attraverso quei fenomeni che oggi sono conosciuti come criovulcanismo, dove questo viene poi dissociato in ossigeno e idrogeno dalla radiazione solare. Tutto questo rende la chimica della parte superiore dell’atmosfera di Titano molto più interessante.

Le particelle ricreate in laboratorio (toline) osservate al microscopio elettronico. Credit: Edith Hadamuck / UPMC / Univ. di Parigi

Un team di ricerca internazionale guidato dalla studentessa laureata Sarah Horst [1] ha avuto l’idea di riprodurre l’atmosfera superiore di Titano, rifacendosi un po’ agli esperimenti di Miller-Hurey pompando energia a microonde in una miscela di azoto, metano e ossigeno a bassa pressione.
Il risultato è stato una nebbiolina composta da idrocarburi non più grandi di 0,1 micron non dissimile a quella responsabile dello smog nell’atmosfera di Titano chiamati toline. La parte più eccitante della scoperta è stata quando Horst e il suo team ha analizzato la composizione di quelle goccioline: tra di loro c’erano i cinque nucleotidi necessari alla formazione del DNA e RNA (adenina, citosina, guanina, timina, uracile) e un’altra manciata di amminoacidi. Scherzando, ma non troppo, Hurst ha definito i risultati “Come se qualcuno avesse starnutito nella provetta”, ma accurati controlli successivi hanno escluso qualsiasi ipotesi di contaminazione, confermando che questi composti erano stati sintetizzati durante l’esperimento.

Chimica delle toline nell'atmosfera di Titano Credit: NASA Jet Propulsion Laboratory (NASA-JPL)

Il termine Toline (dal greco Tholos che vuol dire fango) fu coniato dall’astronomo Carl Sagan [2] per descrivere le sostanze organiche che dovrebbero generarsi quando miscele ricche di azoto e metano, tipiche in alcune atmosfere planetarie e nelle comete, interagiscono sotto l’azione della radiazione ultravioletta delle stelle. Non è quindi una mescola specifica ma è un termine generalmente usato per descrivere la componente organica rossastra di alcune superfici planetarie del sistema solare esterno e di alcuni gusci protoplanetari.

Le toline possono pertanto essere un efficace schermo per la radiazione ultravioletta, da consentire la possibile esistenza di microbiche forme di vita sulla superficie del satellite [3].
Quindi le toline potrebbebbero essere il principale alimento per microscopici microrganismi eterotrofi evolutisi ancora prima di batteri autotrofi come ad esempio i metanogeni [4].
Lo scenario aperto da questi esperimenti, combinati con i dati in arrivo continuamente dalla sonda Cassini, apre quindi un nuovo interessante dibattito scientifico sulla Vita extraterrestre: non c’è quindi bisogno di una superficie solida o di uno specchio d’acqua per sviluppare una chimica prebiotica importante: si può addirittura ipotizzare che possa svilupparsi una vita microbica sulla superficie planetaria che utilizzerebbe le toline come sua unica fonte di carbonio e di energia, che per essa rappresenterebbe una vera manna dal cielo.


[1] http://www.lpl.arizona.edu/spotlight.php?ID=73

[2] http://www.nature.com/nature/journal/v277/n5692/abs/277102a0.html

[3] http://www.spectroscopynow.com/coi/cda/detail.cda?chId=4&id=14793&type=Feature&page=1

[4] http://adsabs.harvard.edu/abs/1990Icar…85..241S

Umberto Genovese

Autodidatta in tutto - o quasi, e curioso di tutto - o quasi. L'astronomia è una delle sue più grandi passioni. Purtroppo una malattia invalidante che lo ha colpito da adulto limita i suoi propositi ma non frena il suo spirito e la sua curiosità. Ha creato il Blog Il Poliedrico nel 2010 e successivamente il Progetto Drake (un polo di aggregazione di informazioni, articoli e link sulla celebre equazione di Frank Drake e proposto al l 4° Congresso IAA (International Academy of Astronautics) “Cercando tracce di vita nell’Universo” (2012, San Marino)) e collabora saltuariamente con varie riviste di astronomia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro "Interminati mondi e infiniti quesiti" sulla ricerca di vita intelligente nell'Universo, riscuotendo interessanti apprezzamenti. Definisce sé stesso "Cercatore".

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