Eppur si muove! (tx2025el reflow)

Prendo a prestito la celeberrima battuta attribuita all’astronomo Galileo Galilei che pronunciò  quando gli fu imposto da scriteriati omuncoli di abiurare l’eliocentrismo, dedicandola al mio resuscitato portatile (uno dei diversi) glorioso HP TX2025el.


Hewlett-Packard tx2025el

Agli inizi dello scorso mese, durante la mia convalescenza dall’infortunio che mi era capitato, mi morì letteralmente tra le braccia il mio portatile.

Ora chi mi conosce, sa della mia mania per i computer e quanto ci tenga a loro; ho una collezione infinita che parte addirittura dagli anni ’80 del secolo scorso, praticamente da quando ho iniziato a spippolare su questi cosi. Ovviamente non ho tutti quelli che avrei voluto o  piaciuto avere, alcuni di quelli che ho avuto non esistono più oramai da anni, avendo per un  certo periodo cannibalizzato macchine di classe PC in nuove configurazioni più performanti, riciclandone i componenti ancora validi (dischi, schede audio e video, schede di rete etc…). Adesso, anche quelli che mi hanno conoscono attraverso il Poliedrico, sanno di questa mia mania.

Nome del prodotto tx2025el
Codice prodotto KM115EA
Microprocessore Tecnologia mobile AMD Turion 64 X 2 TL-64
Cache microprocessore 512 KB + 512 KB di cache livello 2
Memoria 2048 MB (2 x 1024 MB)
Memoria max Fino a 2 GB di memoria DDR2
Scheda video NVIDIA GeForce Go 6150
Memoria video Fino a 527 MB
Disco rigido 250 (5400 rpm)
Drive multimediale Masterizzatore DVD Lightscribe Super Multi (+/-R +/-RW) con supporto a doppio strato
Display Schermo Widescreen BrightView WXGA da 12,1″ ad alta definizione (1280 x 800)
Fax/Modem Modem da 56K ad alta velocità
Scheda di rete Interfaccia di rete integrata Ethernet 10/100BT
Connessione wireless 802.11 pre-n

Bluetooth

Audio Altoparlanti Altec Lansing

Scheda audio compatibile 3D Soundblaster Pro integrata a 16 bit

Tastiera Tastiera compatibile da 101 tasti
Dispositivo di puntamento Touch pad con pulsante On/Off e scroll pad con scorrimento verticale dedicato, pulsanti per la regolazione del volume e disattivazione dell’audio, 2 pulsanti di avvio rapido
Slot scheda PC
  • Uno slot ExpressCard/34
Porte esterne
  • 3 USB 2.0
  • 1 porta VGA
  • 1 connettore modem RJ11
  • 1 connettore Ethernet RJ45
  • Uscita TV S-video
  • 2 uscite cuffia (1 con uscita SPDIF)
  • 1 ingresso microfono
  • 1 IEEE1394
  • 2 porte infrarossi con controllo a distanza (telecomando opzionale)
  • Microfono stereo integrato
  • Connettore docking per il cavo
Dimensioni 22,4 cm (L) x 30,6 cm (L) x 3,13 cm (H min) / 3,87 cm (H max)
Peso 1,92 kg
Livello sicurezza
  • Lettore di impronte digitali integrato
Alimentazione
  • Adattatore di alimentazione CA da 65W
  • Batteria a 4 e 8 celle agli ioni di litio (Li-Ion)

Questo gioiellino qui accanto racchiude prestazioni e accessori non comuni per un portatile in appena 3 Kg di peso compreso di batteria (ne ha in dotazione ben 2), ha un telecomando remoto agli infrarossi, un masterizzatore dual-layer con lightscribe (per le etichette) e uno schermo tattile, con penna o… dita. Quindi capite che io abbia fatto i salti mortali  per ripararlo.
Il guasto era dovuto a una dissaldatura, un banalissimo guasto dovuto all’eccessivo calore che il portatile, purtroppo, emette durante l’esercizio.

La scheda video -una GPU GO 6150- è montata su uno zoccolo mxm (Mobile PCI Express Module), il che lo porta ad essere teoricamente sostituibile, on po’ come si fa con le normali schede video nei fratelli maggiori PCI Express, ed è direttamente tenuta alla scheda madre da piccole sfere di stagno che  oltre  il contatto elettrico offrono anche una tenuta meccanica tra le due schede. Dato che in un portatile le dimensioni sono scarse (sennò che portatile è?), la CPU, in questo caso l’energivora stufetta AMD Turion, e la GPU, la Nvidia Go 6150, sono costrette a condividere lo stesso dissipatore e la stessa ventola. Essendo questi integrati vicini, ma su piani diversi, i progettisti hanno fatto ricorso a quella che i romani chiamano tacchia, ovvero una zeppa, per raggiungere la GPU che sta un paio di millimetri più in basso, più uno spessorino di silicone, che secondo me, non aiutava affatto la dissipazione del calore.
Partendo da queste premesse,  e sapendo che l’alternativa era quella di recuperare l’hard disk e buttare il resto (si, perché queste cose accadono sempre dopo la scadenza della garanzia), mi sono accinto a operare il portatile, e siccome ho le dita come prosciutti 8-), sono stato assistito dalle ottime mani di mia moglie.

La sceda madre, nuda e cruda

Dopo aver estratto l’estraibile -il lettore dvd è estraibile-  e svitato lo svitabile, ho avuto l’onore di avere tra le mani la scheda madre.
A questo punto è stato necessario ripulire accuratamente tutte le superfici a contatto col dissipatore con i soliti scovolini per le orecchie e alcool dalla vecchia pasta termica, ormai secca.

Ho costruito una sagoma di cartone in cui ho praticato un foro all’altezza e delle dimensioni dello zoccolo mxm della GPU e l’ho ricoperta di stagnola per poter dissipare il calore che l’avrebbe investita. Ho quindi fissato la scheda madre dal lato opposto alla GPU e sparato aria calda con l’asciugacapelli da 1500W per circa 2 minuti facendo cura di mantenere una certa pressione sullo zoccolo mmx dal lato opposto. Poi ho ripetuto la stessa operazione sul lato componenti avendo cura di metterci sempre il cartone stagnato a protezione della scheda madre. Il grave rischio di questa operazioone è infatti quello di provocare il distacco delle piste ramate della scheda madre, per cui, a chiunque venga in mente di seguire il mio disperato -e scellerato-  intervento, sa a quali rischi si  può esporre.

'a tacchia

A questo punto, si nota come tra la GPU e il dissipatore, rimane comunque un vuoto di circa mezzo millimetro, che ho avuto cura di riempire con uno spessore  di rame (‘a tacchia) per garantire il necessario smaltimento termico.

A questo punto ho ricoperto tutte le superfici a contatto del dissipatore con la pasta termica argentata (più efficace del normale gel siliconico bianco) e riassemblato il portatile; è sufficiente ripercorrere i passi fatti per smontarlo nell’ordine inverso, facendo attenzione alle viti.

Et voilà, l’HP tx2025el Betelgeuse è tornato a vivere!

Mi raccomando comunque ai possessori di portatili di usare sempre e comunque il profilo bilanciato  nelle opzioni del risparmio energetico di Microsoft Windows © o gli strumenti di risparmio energetico come CPU Frequency Scaling Monitor (applet di Gnome) o Powerdevil Power Management di KDE 4.x a cui è doveroso unire cpufrequtils per gestire il profilo energetico sotto GNU/Linux: i portatili non sono stati progettati per giocarci!


Una postilla è comunque doverosa: la tecnica che ho usato si chiama reflow,  quasi sicuramente è da considerarsi un rimedio temporaneo, in quanto probabilmente i nuovi contatti elettrici non sono stabili nel tempo e che il danno sia esteso anche alla GPU stessa; la soluzione migliore sarebbe comunque quella di far sostituire la GPU in un laboratorio attrezzato con una nuova, ma finché dura l’avventura… a caval donato non si guarda in bocca!

Il mondo è Tuo, abbine cura


Dedico questo post a mio figlio, che è appena partito per l’Inghilterra per 15 giorni di vacanza-studio presso il St Leonards-Mayfield School nel Sussex


Sono orgoglioso e felice di dare a mio figlio questa possibilità che io purtroppo non ho avuto, e non era solo una questione di altri tempi: sono cresciuto -e non mi vergogno affatto di dirlo, anzi ne vado fiero- ai limiti quasi dell’indigenza. Alle elementari ascoltavo con attenzione gli altri bambini che si narravano le scene viste in televisione dei loro programmi preferiti, per poi non farmi trovare impreparato qualora mi fosse chiesto qualcosa sull’argomento, non avevo mai visto un televisore, anche se sapevo cos’era. A casa mia non esistevano docce o vasche, non c’era neppure il bidet; c’era una tinozza però, con l’acqua tiepida d’estate (il bombola del gas costava troppo per le nostre tasche) mentre d’inverno le cose erano diverse: l’acqua la scaldava una pratica cucina economica a legna. Casa mia era un sottotetto, che quando tirava vento, sembrava di essere in motorino -senza casco – e quando pioveva forte, nella mia stanza il termine “acqua corrente” acquistava il suo vero significato; la tinozza del bagno era fantastica per raccogliere l’acqua piovana. Eppure ricordo di avere pianto quando ta 14 anni traslocai in una casa più confortevole e con i servizi sanitari, anche se  da allora acquistai immediatamente l’abitudine di farmi almeno una doccia al giorno.

Gli altri bambini per queste mie miserrime condizioni, spesso mi emarginavano, sanno essere spietatamente feroci i bambini.
Ma non me ne curavo, loro giocavano al calcio? io passavo quasi tutti i pomeriggi nella biblioteca comunale a leggere e studiare; gli altri bambini erano belli, atletici e sicuri di sé, io ero gracile, spaventato e insicuro, ma trovavo nell’apprendimento il mio riscatto. Fu a quel tempo che mi fu attribuito il possesso  della  “conoscenza a macchie di leopardo” e ne sono sempre andato fiero.
Per questo oggi sorrido quando sento parlare di “”gggiovani bruciati da alcool e droga” a causa del disagio e del degrado familiare:
Ma de che???
allora io sarei già dovuto essere al camposanto o in carcere, o forse perchè ero troppo povero anche per comprarmi uno spinellino-ino o troppo orgoglioso per abbassarmi a delinquere per avere un po’ più di denaro.

No, non mi sono arreso allora, e non lo faccio neppure adesso. La mia infanzia così meschina mi ha reso quello che oggi sono. Gli sbagli dei miei genitori di cui sono stato incolpevole vittima, oggi io non li voglio ripetere, cerco di dare ai miei figli tutto l’amore e le opportunità che io non ho avuto; poi essi sceglieranno il loro destino, ma non voglio che mi incolpino di avergli negato qualsiasi opportunità.
Ho raccontato ai miei figli la mia infanzia affinché facciano tesoro delle mie esperienze e comprendano il valore di quello che hanno e che dò loro: li ho visti soffrire per me, e questo me li ha fatti amare ancora di più.

Ora tocca a Francesco, che ha sempre ricambiato le mie attenzioni verso la sua istruzione con ottimi voti, a guadagnarsi questo viaggio; in futuro arriverà il momento anche per Leonardo, che ancora è troppo piccolo ma viene su bene anche lui.

Ricerca di base per l’ambiente

C’è chi ancora pensa che gli scienziati del CERN (Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare) siano delle specie di talpe che vivono sottoterra a giocare con il destino del mondo con i loro acceleratori di particelle, che progettino di costruire buchi neri che inghiottano la Terra, che facciano ricerche blasfeme sulla Particella di Dio (il bosone di Higgs). Più semplicemente – e generalmente – c’è chi vede nella Scienza tutto il male possibile dell’uomo e  della sua natura autodistruttiva. Non è così, e vorrei un attimino spiegare il perché di quella Scienza con la lettera maiuscola: essa è figlia dell’intelletto e del ragionamento umano, al contrario della pseudo-scienza frutto dell’ignoranza e della superstizione che oggi è purtroppo tanto di moda.


Una striscia di Getter

Il CERN non è solo ricerca sui protoni, quark e affini: chi pensa che la ricerca di base sia una spesa inutile (come spesso la vedono gli ottusi responsabili dei bilanci statali e coloro che sono preposti a difendere l’istituto dell’istruzione fondamentale nel nostro paese) sbaglia: pensate se Tim Berners-Lee e Robert Cailliau nel 1989 avessero tenuto per sé le loro intuizioni e brevettato il World Wide Web: ora sarebbero arci-mega-pluri-fantastiliardari e vivrebbero in un deposito a Paperopoli, solo per fare uno dei più eclatanti esempi di invenzioni e scoperte che il CERN ha fatto dall’anno della sua fondazione.

Adesso una tecnologia che è fondamentale per lo studio delle particelle sta per rivelarsi importantissima nel campo delle energie alternative del solare termico, facendo fare a quest’ultima (spesso a torto considerata “il solare dei poveri”) un balzo enorme nella cattura dell’energia solare.
Una società di ingegneria civile ha recentemente iniziato ad utilizzare pannelli solari termici basati sulla tecnologia ultra alto vuoto sviluppato al CERN. In questi pannelli  le perdite di calore sono  state ridotte al minimo, consentendo ai fluidi vettori di raggiungere diverse centinaia di gradi anche in un ambiente con ridotta irradiazione solare, come ad esempio lo è il Nord Europa. A Ginevra infatti, lo scorso 15 giugno, la società di ingegneria civile Colas ha aperto un nuovo impianto di energia solare basato sulla tecnologia del vuoto del CERN. Si tratta di  un totale di 80 metri quadrati e funziona riscaldando circa 80.000 metri cubi di bitume a 180 gradi.

Questo è stato reso possibile attraverso l’uso della tecnologia dell’ultra alto vuoto  che viene usata al CERN all’interno degli acceleratori di particelle inventata dal fisico italiano Cristoforo Benvenuti, che ha sostituito il tradizionale nastro Getter con un film sottile di materiale Getter realizzato con speciali leghe metalliche messe a punto nei laboratori del Cern e  deposto su tutta la superficie interna delle camere da vuoto, tecnologia sviluppata prima per il LEP e poi adottata anche per l’LHC.

IL VUOTO DELL’LHC

Per realizzare il vuoto negli acceleratori di particelle, l’aria viene dapprima evacuata mediante normali pompe meccaniche. L’anello viene poi successivamente scaldato a 150 gradi per eliminare il vapore acqueo ancora presente sulle superfici interne. A questo punto restano da eliminare le molecole di gas (soprattutto idrogeno) che ancora  permeano le pareti. Durante il funzionamento dell’ acceleratore infatti, le pareti interne subiscono il violento bombardamento della luce di sincrotone, la quale produce un’ ulteriore emissione di gas che deve essere eliminato. Entra qui in gioco il nastro Getter  il quale cattura le molecole vaganti fissandole sotto forma di composti chimici stabili come ossidi, nitruri e carburi.

Cristoforo Benvenuti con la sua invenzione

La ridotta dispersione di calore  è ciò che rende questi pannelli solari  innovativi: per poter aumentare la temperatura d’esercizio è necessario ridurre al minimo la perdita di calore e il vuoto appunto è il miglior isolante termico che la natura stessa può offrire.  La luce diffusa o indiretta – che può rappresentare anche più del 50% del totale dell’energia solare disponibile nei paesi del Centro e Nord Europa, viene recuperata utilizzando un dispositivo riflettente costituito da due specchi cilindrici (vedi foto) e permette all’impianto di  creare vapore anche  in assenza di luce solare diretta.
Questa nuova tecnologia di costruzione dei pannelli solari potrebbe rivelarsi  interessante per le industrie che l’adotteranno, consentendo dei notevoli progressi nel contenimento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. In ogni caso, ci sono già i piani per estenderla a tutti gli impianti Colas in Svizzera. Tuttavia, è di minore interesse per l’uso abitativo civile: infatti questi pannelli solari producono acqua calda, ma a temperature molto elevate, fino a 300 gradi, quindi  per un semplice uso domestico è necessario che l’intero sistema venga semplificato e reso meno costoso.

L’antica storia della Terra

Ho già affrontato l’enigma dell’età della Terra, adesso tocca alla sua origine, o meglio, alla sua straordinaria atmosfera.

Per la maggior parte della sua storia l’uomo ha creduto che la Terra fosse immutabile ed eterna, salvo quando accadevano i terremoti, alluvioni o le eruzioni vulcaniche che ne rimodellavano repentinamente l’aspetto. In questi casi la causa era quasi sempre attribuita alla scelleratezza umana, punita a questo modo dalle diverse divinità del pantheon di riferimento.
Per questo all’aria, invisibile e intangibile, ma sede dei più comuni e violenti fenomeni naturali come inondazioni, tempeste e anche siccità, era generalmente attribuito il regno delle divinità più potenti: Zeus, ad esempio, oltre ad essere continuamente alla ricerca di nuove amanti, era sempre arrabbiato per qualcosa, e scagliava fulmini e saette come punizione divina.
Adesso sappiamo che non è così, non crediamo più a certe superstizioni, anche se talvolta il genere umano meriterebbe qualche scappellotto per la sua immorale condotta ambientale. Non crediamo più alla teoria geocentrica e alla Terra piatta, anche se ci sono ancora sacche di resistenza di questo mito ancora oggi, come la Flat Earth Society che si propone di dimostrare la piattezza della terra con un filo a piombo e uno specchio d’acqua.
Ma esiste un’altra credenza dura a morire: l’immutabilità dell’atmosfera, o meglio della sua composizione principale: 78% di azoto e il 20% di ossigeno, più altri gas che sommati fanno il rimanente 2%. Non è sempre stato così: nell’arco dei 4,5 miliardi di anni  di vita del nostro pianeta l’atmosfera planetaria è cambiata più volte sostituendosi completamente alla precedente.

La nascita della Terra

Aria e acqua: i componenti indispensabili alla vita sulla Terra: distruggerli dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità

La Terra nacque per aggregazione dei resti della nebulosa che dette origine al Sole, in una zona dove i silicati e il ferro erano una parte importante della composizione del disco protoplanetario, appena 10 milioni di anni dopo al Sole.
In quel periodo si formarono non uno, ma ben due pianeti a circa 150 milioni di chilometri di distanza l’uno dall’altro in un punto lagrangiano detto L5 del pianeta più grande, la Terra;  l’altro era un po’ più piccolo, poco meno di Marte, oggi battezzato come Theia.
La Terra (e Theia) avevano raccolto anche una parte del gas residuo della nebulosa protoplanetaria, soprattutto idrogeno ed elio. La Terra allora molto piccola, era appena la metà di oggi e non aveva quindi un’importante campo gravitazionale come oggi; sotto la pressione del vento solare del Sole appena nato (fase T Tauri) e il calore del pianeta ancora molto alto, ben presto quell’atmosfera evaporò. Questa è stata la 1a atmosfera della Terra: idrogeno ed elio.

Fase T Tauri

Appena nasce una stella, l’avvio dei processi di fusione termonucleare, genera anche un fortissimo vento stellare che spazza via in pochi milioni di anni i gas residui della protostella. Questa fase prende  il nome dal prototipo di questa classe T Tauri,. Solo dopo la stella entrerà nella sequenza principale

Le rocce fuse che componevano il pianeta emettevano grandi quantità di diossido di carbonio che rapidamente sostituirono la 1a atmosfera, ed essendo più pesante il diossido di carbonio dell’idrogeno, questo resistette un po’ di più alla dispersione causata dal vento solare che, non avendo la Terra un campo magnetico molto forte, non poteva contrastare. Questa è stata la 2a atmosfera della Terra: diossido di carbonio.

La nascita della Luna

Cortesia Harvard College Observatory

Cortesia Harvard College Observatory

Vi ricordate della gemella Theia?  Fu in quel periodo che cadde sulla Terra: la colpa  come al solito, fu di Giove, non la divinità – anche se qualche antico greco potrebbe sentirsi di attribuire a lui la causa – ma il pianeta. Con i suoi passaggi orbitali causava una leggerissima spinta ai pianeti interni e, spingi oggi e spingi domani, alla fine destabilizzò l’orbita di Theia  abbastanza da farla uscire dal punto lagrangiano e farla cadere sulla Terra. L’impatto fu devastante: il nucleo terrestre che aveva iniziato a differenziarsi durante la catastrofe del ferro, si arricchì ulteriormente del nucleo probabilmente già differenziato di Theia, formando un nucleo ferroso molto più grande ed esteso degli altri pianeti interni del sistema solare. Un nucleo così grande era capace di sprigionare un intenso campo magnetico in grado di contrastare efficacemente l’azione ionizzante e dispersiva del vento solare, ma sarebbe stato anche determinante per lo sviluppo di forme di vita superiori sulla Terra.
Circa il 2% della crosta dei due pianeti fu proiettata in  orbita e finì per formare un anello di particelle incandescenti. Adesso la Terra poteva anche lei vantare il suo anello a 20.000 – 25.000 chilometri di quota, mentre la durata del giorno passò da 8 a 5 ore e anche la seconda atmosfera appena formata (qui una simulazione) andò perduta.
Lo spettacolo degli anelli non durò a lungo: nei primi 100 anni i frammenti di crosta terrestre proiettati in orbita cominciarono a coagularsi tra loro dando origine alla Luna.Il neonato satellite generava forze di marea sulla crosta ancora fusa (1.600° centigradi) 3.400 volte più forti di quelle attuali arrivando anche a deformare la struttura interna della Terra, ma stabilizzando l’asse di rotazione di questa nei pressi dei valori odierni e rallentandone notevolmente la rotazione, un po’ come un pattinatore che piroetta allarga le braccia per fermarsi.
Anche il gigantesco nucleo fece la sua parte generando a sua volta tensioni nella parte superiore del mantello abbastanza forti da impedire la formazione di un’unica crosta solida: è l’inizio della formazione delle zolle continentali.

Le comete

Una giornata al mare nell’Adeano

Il sistema solare allora era un posto piuttosto affollato: asteroidi e comete orbitavano intorno alla nuova stella e precipitavano spesso sui pianeti più grandi appena formati. Fu così che si formò la 3a atmosfera della Terra.
La composizione chimica delle comete è nota: ghiaccio d’acqua, metano, ammoniaca e altri idrocarburi: nella sua opera di spazzino la neonata Terra si arricchì di altra materia e di acqua, la quale raffreddò la superficie fino a creare definitivamente una crosta solida e i primi oceani che, sotto l’azione dell’attrazione lunare, contribuirono ulteriormente a rallentare la rotazione terrestre finendo per portare la durata del giorno a 22 ore.
Questi impatti   cometari quindi, oltre che a creare gli oceani, portarono sulla Terra gli elementi che avrebbero prodotto una nuova atmosfera, molto più ricca e densa: metano, ammoniaca e diossido di carbonio, e forse… la Vita. A  quel tempo l’ossigeno molecolare (O2) era rarissimo: le molecole di ossigeno appena erano disponibili si legavano chimicamente con i minerali della crosta e con quelli disciolti negli oceani, che a quel tempo, per la presenza di questi, avevano una bella colorazione verde; dimenticavo: a quel tempo l’aria non era blu come oggi per colpa dell’ossigeno: era rosa per colpa del metano, che con l’azoto era il gas più importante dell’atmosfera.

La rivoluzione fotosintetica

Sviluppo della concentrazione dell’ossigeno atmosferico

Fu con lo sviluppo delle prime forme di vita unicellulari, i cianobatteri, che la composizione dell’atmosfera cambiò radicalmente per la quarta volta, avvicinandosi alla composizione attuale: queste forme di vita, avevano letteralmente ricoperto gli oceani ed emettevano una grandissima quantità di ossigeno molecolare nell’atmosfera; finché ci furono minerali (come ad esempio le rocce ricche di ferro) disponibili per l’ossidazione, i livelli dell’O2 nell’atmosfera rimasero bassi, dopo incominciarono a salire rapidamente sostituendosi al metano. Questa è la 4a atmosfera della Terra. Una premessa: a quel tempo il Sole era circa il 20% più piccolo di oggi e l’energia solare da sola non bastava a mantenere l’acqua allo stato  liquido: il metano, che è un gas serra 23 volte più efficace dell’anidride carbonica, suppliva alla mancanza di energia con un poderoso effetto serra, che però venne a mancare quando fu sostituito dall’ossigeno.
Questo provocò il rapido congelamento degli oceani fino all’equatore trasformando un pianeta ricco di vita, una vita che ne aveva ristrutturato pesantemente la composizione chimica superficiale e atmosferica,  in una enorme palla di neve di quasi 13.000 chilometri di diametro.

 

Una stellina piccina picciò


La nana bruna è quella stellina rossa al centro dell'immagine


È stata scoperta quella che sembra essere la più fredda delle 14 stelle mancate conosciute finora nel nostro universo. Queste stelle mancate sono chiamate nane brune, esse sono così fredde e deboli che sono invisibili anche ai più potenti telescopi che operano alle lunghezze d’onda della luce visibile. La scoperta è stata resa possibile dal telescopio spaziale a infrarossi Spitzer che ne ha catturato il debole bagliore.
Le nane brune sono oggetti strani del cosmo: non sono pianeti di alcuna stella, e non hanno raggiunto una massa sufficientemente grande da innescare fusioni termonucleari nel nucleo per diventare stelle. Raggiungono temperature comprese tra i 450 Kelvin e i 1300 Kelvin dovuto alla loro lenta contrazione gravitazionale e hanno una massa compresa tra le 5 volte la massa del nostro pianeta Giove e le 0,08 masse solari necessarie a fondere l’idrogeno in elio.
L’altro progetto, il NASA Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE), che ha il compito di scandagliare tutto il cielo alle lunghezze d’onda infrarosse, dovrebbe trovare centinaia di oggetti di questo tipo.
La maggior parte delle nane brune scoperte da Spitzer appartengono alla nuova classe stellare più recente coniata proprio per le nane brune chiamata T, ossia con una temperatura inferiore ai 1300 Kelvin. Questa stellina mancata, chiamata per ora con l’improbabile nome diSDWFS J143524.44+335334.6 ha una temperatura di appena 700 Kelvin, il che la pone direttamente al limite del ramo Y a lungo cercato e per ora ancora teorico creato apposta per una classe di oggetti quasi stellari ancora più freddi. Qui sotto potete vedere il diagramma di temperatura usato dagli astronomi per classificare le stelle.

Oh Be A Fine Girl, Kiss Me *


Temperatura in Kelvin stelle
O 60.000 – 30.000 giganti azzurre (Zeta Orionis, Zeta Puppis)
B 30.000 – 10.000 bianco-azzurre (Rigel, Spica)
A 10.000 – 7.500 bianche (Sirio, Deneb, Altair, Vega)
F 7.500 – 6.000 bianco-gialle (Canopo, Polaris)
G 6.000 – 5.000 gialle (Alpha Centauri A, Capella, Tau Ceti, Sole, Zeta Reticuli)
K 5.000 – 3.500 arancio (Alpha Centauri B, Epsilon Eridani, Arturo, Aldebaran)
M < 3.500 rosse (Betelgeuse, Antares (supergiganti), Gliese 581 (nana rossa))
L 2.000 – 1.300 stelle al limite e nane brune massicce
T 1.300 – 700 nane? brune
Y < 600 sub nane brune (teorico)

* (e poi dicono che gli astronomi sono dei secchioni e non sanno fare le battute)

Si presume quindi che se esistono oggetti appartenenti alla classe Y, WISE sia in grado di trovarli, ha affermato Davy Kirkpatrick, membro del team scientifico WISE presso il California Institute of Technology di Pasadena, in California.
Kirkpatrick accenna anche alla possibilità che WISE possa trovare il, per ora solo ipotetico, oggetto responsabile delle perturbazioni delle orbite di Urano e Nettuno, problema che per ora è rimasto senza soluzione. Vi è una certa speculazione tra gli scienziati che un tale corpo possa esistere veramente, che si suppone possa essere una nana bruna compagna del Sole a migliaia di unità astronomiche da esso e responsabile di cicliche perturbazioni nella Nube di Oort. Questo ipotetico oggetto è stato per ora soprannominato col lugubre nome di “Nemesis“.

“Stiamo chiamando la ipotetica nana bruna Tyche, al posto di Nemesis”, ha chiarito Kirkpatrick. [1]
Anche se è per ora prematuro affermare che Tyche esista o meno, WISE dovrebbe essere in grado di trovarla, o di escludere definitivamente questa ipotesi.


[1] Fonte: http://www.spitzer.caltech.edu/news/1137-feature10-08-The-Coolest-Stars-Come-Out-of-the-Dark